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Autore: MrChestnut    27/06/2021    0 recensioni
Come agisce un chierico? Come agisce un cavaliere? Due mondi opposti, due strade che si incroceranno, due avventurieri che uniranno le forze per svelare il fato dei non-morti.
Il loro viaggio, nella terra degli antichi Lord, li porterà a mettere alla prova i propri ideali, in quest'avventura per vincolare la prima fiamma.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Oscar di Astora
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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DARK SOULS
-Cronache del Bianco e del Nero-
 
Capitolo 1: Rifugio

 
La notte era passata, non si sentiva più il crepitio della pioggia che, acquietandosi, aveva lasciato il posto ai lamenti degli altri detenuti e al rumore dei passi del guardiano. Tuttavia, l’acqua era riuscita a filtrare fino alla cella sotterrane. Questa era situata pochi metri sotto la superficie, costruita interamente in pietra e con le sbarre per metà arrugginite. L’acqua iniziò a gocciolare dal soffitto in pietra.
«Uno…due…tre…» cominciò a contare il detenuto di quel luogo angusto, seguendo il ritmo scandito dall’acqua. Poche cose gli permettevano di non perdere il senno, e tenere il conto delle gocce si rivelava un’opzione migliore che ascoltare i lamenti dei sui vicini. Loro lo avevano perso, il senno, erano vuoti. Alcuni detenuti erano addirittura lasciati liberi di camminare fuori dalle celle, tanto non avrebbero mai tentato la fuga, non riconoscevano se stessi figurarsi l’uscita.
«Quarantasette…quarantotto…quarantano…» ad interrompere il suo conteggio fu un tintinnio, qualcosa di metallico aveva colpito la pietra della cella. Alzò la testa e vide una chiave sul pavimento. Si alzò e la raccolse, poi avvicinò il viso alla porta della cella in cerca di chiunque l’avesse lanciata.
«Hey, chi c’è?» urlò, la sua voce rimbombo nel corridoio illuminato solo dalla luce di alcune torce, ma nessuno rispose. Per alcuni secondi guardò la chiave nella sua mano, per poi decidersi ad inserirla nella serratura.
«Non è possibile…» disse a bassa voce mentre girava la mandata della porta. La serratura scattò e lentamente aprì la porta della cella. Mise un piede fuori, si guardò a sinistra e a destra, ma non vide nessuno. Si avviò a sinistra, ricordando che era da lì che lo avevano portato in cella. Non ci volle molto prima di incontrare uno dei detenuti vuoti, intento a colpire il muro con la propria testa emettendo, nel mentre, un continuo e basso lamento.
«Immagino che non sia tu il mio benefattore» disse ironico, ma l’essere vuoto non lo degnò di attenzione, così proseguì. Andando avanti notò delle finestre sbarrate sul lato destro del corridoio. Queste si affacciavano su quello che sembrava un atrio. Dall’alto del corridoio scorgeva tutta la desolazione di quel luogo, e i quattro detenuti privi di senno lì in mezzo non miglioravano la vista. Alcune sbarre della finestra erano divelte, ed un corpo privo di vita era impalato su di esse.
«Hai cercato di fuggire, eh?» disse con tono amaro, quasi aspettandosi una risposta «Non ci sono andati leggeri con te, anche se ormai eri un miserabile vicino alla follia». Poi vide che nella mano stringeva ancora qualcosa «E questa? Una spada spezzata! Hai lottato per la tua vita, ma adesso credo che servirà più a me che a te».
Così dicendo gli tolse la spada dalle mani, poi rimosse il corpo dalle sbarre, con non poca fatica, e lo distese al suolo. Congiungendo le mani iniziò a pregare.
«Padre Lloyd, i nostri cuori sono vincolati a te, le nostre anime al sole e il nostro corpo al fuoco. Possa la bianca via mostrare a quest’anima perduta la strada per la pace eterna, tra le braccia della luce e lontano dall’oscurità dell’umanità».
Detto ciò si alzo e proseguì fino alla fine del corridoio, dove vide una scala a pioli; sicuramene portava in superficie. La salì e, una volta arrivato in cima, spostò la botola metallica che serrava la via. La luce lo accecò, sentì gli occhi quasi bruciare ma non poteva fare a meno di pensare che finalmente fosse libero.
 
Uscì dalla buca e rimase in piedi vicino ad essa, poter di nuovo calpestare la stessa terra baciata dal sole era stupendo. Si guardo intorno, cercando di orientarsi, poiché si trovava nella parte alta della pigione. Le scale che conducevano alle prigioni sotterranee, da cui veniva, si trovavano sotto una navata laterale. Tra le due navate c’era un enorme spazio a cielo aperto, non pavimentato in pietra, dal cui terreno affioravano alcuni ciuffi d’erba. Sul fondo si trovava una breve scalinata, che culminava con un massiccio portone in legno. Avanzò con timore verso la porta, notando che anche quella zona era caratterizzata dei lamenti dei vuoti, detenuti nelle celle sopra le nevate. Arrivato davanti al portone lo aprì e si trovò in un altro atrio, simile a quello sotterraneo, ma il tetto era sfondato e sul fondo c’era un altro portone: doveva essere l’uscita!
«Non-morto!» urlò qualcuno, e la sua voce greve risuonò per tutto l’atrio «Torna nella tua cella, non-morto, se non vuoi conoscere una sorte peggiore della prigionia».
Da un lato dell’atrio si fece avanti una figura alta, che si rivelò essere un cavaliere. L’armatura era di un nero carbone, l’elmo gli copriva per intero il volto, nella mano sinistra reggeva uno spesso scudo di metallo e in quella destra uno spadone, dall’aria così pesante da far dubitare potesse esistere uomo capace di brandirlo se non con due mani.
«Non rispondi, hai già perso il senno? Come sei arrivato fin qui?» ma non ricevette risposta. «Dunque, ti rispedirò in cella con la forza».
Il non-morto era pronto a combattere pur di non tornare in quel luogo squallido; brandì la spada spezzata, ma la differenza con lo spadone del cavaliere era quasi ridicola. Un particolare catturò l’attenzione del non-morto, ovvero un mazzetto di chiavi legato sul fianco destro del cavaliere. Perché tenerlo così in bella vista? Sembrava quasi ostentarle, come se fossero un trofeo.
Il cavaliere fece in tempo a fare un solo passo, che si sentì urlare: «Luce!»
In quel preciso istante un globo di luce comparve davanti il viso del cavaliere, accecandolo. Il non-morto si sentì afferrare per il polso e strattonare in avanti.
«Veloce, l’incantesimo lo distrarrà per un solo istante!» così dicendo, la figura afferrò con la mano libera il mazzetto di chiavi ed entrambi corsero verso la porta.
«Chi…?» provò a chiedere il non-morto
«Non è il momento!» rispose in tutta fretta l’uomo, mentre inseriva la chiave giusta nella serratura per aprirla.
«Ho cambiato idea…» disse il cavaliere nero mentre guardava i nostri, dando le spalle al globo di luce «…vi incatenerò nelle vostre celle, vi ucciderò ancora e ancora finché non sarete sul punto di perderete il senno. Ma non vi renderò vuoti».
«Parli troppo, cavaliere» disse l’uomo, sguainando una spada lucente, che il non-morto capì essere benedetta. «Non avevo intenzione di combattere, ma la tua arroganza è per me intollerabile. Io, Oscar di Astora, prenderò la tua testa» disse con spavalderia al cavaliere nero. Poi, rivolgendosi al non-morto, disse a bassa voce: «Tu vai avanti mentre io lo intrattengo, la porta è aperta. Fossimo fuggiti insieme ci avrebbe colpito entrambi alle spalle».
Il non-morto accolse a malincuore il consiglio di Oscar, ma prima che potesse avviarsi il cavaliere lo interruppe:
«Aspetta quasi dimenticavo, prendi! Credo questo sia tuo» e gli lanciò un talismano «Era nell’armeria insieme alle chiavi delle celle, dai tuoi abiti capisco che sei un chierico» a quel punto il non-morto non scappò via, ma corse in contro al cavaliere nero.
«Fermo, che fai?!»
«Padre Lloyd il mio cuore si vincola a te, mantieni saldi i mei piedi e libera il mio cammino di fede dai miei nemici…FORCE!!»
La spada del cavaliere nero si fermò ad un centimetro dal viso del chierico; poi venne respinta da un’onda d’urto che iniziò ad espandersi da tutto il copro del non-morto. Il cavaliere si ritrovò spinto indietro di diversi metri da questa forza invisibile, cadendo rovinosamente al suolo.
«Non si è fatto niente, ma abbiamo una finestra per fuggire entrambi» disse.
«…Si, certo…» rispose sorpreso Oscar.
 
Il terreno oltre la prigione si sviluppava in salita verso una rupe che affacciava a strapiombo su un burrone, di cui il fondo non era visibile.
«La strada finisce!» disse allarmato Oscar.
«Forse dobbiamo buttarci, forse è una prova di fede» rispose il chierico.
«Non dire amenità, non può essere una soluzione!» ribatté il cavaliere.
A quel punto, da sotto la rupe, un corvo si alzò in volo e afferrò con le sue zampe i due.
«Un mostro, attento!!» urlò Oscar.
«Fermo, forse è questa la via d’uscita» replicò il non-morto.
«Come fai a…».
«Abbi fede…» concluse.
Il corvo non mostrava segni di ostilità e, tenendoli saldamente nelle sue zampe, si alzò in volo portandoli via da quel luogo.
 
Il cavaliere nero si era rialzato e adesso si trovava fermo davanti al dirupo.
«Sono riusciti a scappare…» disse «...la vera prova per loro comincia adesso. Mio sole, spero tu possa tenere viva la fiamma fino all’arrivo del non-morto prescelto».
   
 
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