Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: Jeremymarsh    28/06/2021    5 recensioni
[AU ambientata nel Sengoku Jidai]
Durante una semplice operazione di perlustrazione, Inuyasha, generale in una guerra tra demoni e umani che va ormai avanti da due anni, si spinge fino oltre il territorio nemico per raggiungere il villaggio in cui la sua promessa sposa viveva prima che il conflitto scoppiasse. Qui viene scoperto dalla sorella minore di lei che gli rivela intenzionalmente una cosa che non avrebbe dovuto.
Scioccato, Inuyasha decide di imbarcarsi in una nuova e pericolosa missione che potrebbe costargli la vita o peggio.
[Inukag con piccola parentesi Inukik]
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, Kaede, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo Cinque: Sfortuna
 

 
“Correva, con gli occhi sgranati, vedendo pochissimo della terra e nulla del cielo. Era perfettamente conscio della solitudine, del silenzio, della pace, ma ancora correva, facilmente, irresistibilmente. Poi gli si parò davanti un bosco e Milton vi puntò dritto. Come entrò sotto gli alberi, questi parvero serrare e far muro e a un metro da quel muro crollò.”




 
 
Il sole non era ancora calato quando Koga e il suo branco di lupi stavano tornando verso il castello dove Toga aspettava notizie da lui.
 
Proprio come il Generale aveva ordinato, quella mattina lui e un gruppo scelto si erano recati verso il confine seguendo le tracce di Inuyasha. Avendo notato che proseguivano oltre, in terra nemica, Koga stava per mandare i due demoni più veloci oltre lui a chiedere i rinforzi e addentrarsi oltre il confine ma non ne ebbe il tempo perché delle voci dall’altro lato lo bloccarono.
 
Ordinò quindi agli altri di non fiatare mentre lui oltrepassava il confine e tentava di ascoltare quello che dicevano – dopo essersi assicurato che non ci fosse nessun uomo dotato di poteri spirituali tra loro.
 
Erano tre cacciatori, alti, spalle larghe, braccia possenti e… zero cervello.
 
Era evidente che la guerra non aveva insegnato molto a questi imbecilli visto che se ne stavano vicino al confine nemico, blaterando a voce alta roba che magari si sarebbero tenuti per sé se avessero avuto un briciolo di intelligenza – beh, meglio per lui. Non che si aspettasse nulla dai cacciatori, uomini più crudeli e spietati dei peggiori demoni quando si trattava di uccidere e mutilare.
 
Purtroppo, però, in quello che il demone lupo ascoltò non c’era nulla di buono. Scoprì che quella notte Inuyasha era stato sorpreso molto a Est – che diamine aveva combinato quel dannato botolo ringhioso? Perché era andato in pieno territorio nemico? – e che dopo una caccia abbastanza lunga era stato colpito da una freccia sacra ed era caduto.
 
Koga sapeva che per i mezzo demoni una freccia sacra non rappresentava la morte ma solo la trasformazione in umano. A quel punto in guerra entravano in gioco i cacciatori che prima di ucciderli si divertivano il più possibile con loro. Però la preda che avevano catturato era il figlio del Generale e sentì che avevano intenzione di usarlo come merce di scambio per un monaco che si trovava attualmente nelle prigioni del castello.
 
Il demone lupo non si faceva illusioni, sapeva che anche se questo aveva assicurato Inuyasha la salvezza, non gli assicurava meno sofferenza. Un cipiglio profondo si materializzò sulla suo fronte al pensiero e subito dopo fece una smorfia. Come avrebbe rivelato all’Inu-no-Taisho che suo figlio, l’amato figlio nato dalla moglie ormai morta, era attualmente nelle mani di uomini sadici e senza cuore?
 
Koga avrebbe voluto prendere almeno uno di quei cacciatori in ostaggio e uccidere gli altri due – meno ce n’erano in giro meglio era – ma non ebbe tempo perché sentì del potere spirituale che si avvicinava e senza pensarci due volte rientrò nei confini demoniaci. Raccontò ai suoi compagni l’accaduto e loro, come in un corteo funebre, si voltarono verso Ovest per tornare al castello.
 
In realtà, se Koga fosse rimasto anche solo cinque secondi in più ad ascoltare quello che i cacciatori stavano dicendo, avrebbe capito che sì, Inuyasha era stato colpito da una freccia sacra, ma non era stato catturato e al momento nessuno sapeva dov’era. Non era stato preso prigioniero e c’era ancora speranza.
 
Se Koga fosse rimasto anche solo cinque secondi in più, avrebbe risparmiato al Generale momenti di agonia che un cuore già debole e provato non dovrebbe mai sperimentare.
 



L’aria che si respirava a castello subito dopo che Toga ebbe ricevuto la notizia da Koga non era delle migliori. La spedizione che aveva dato la notizia era sollevata di non essere stata vittima della rabbia del Generale, ma… il demone cane era sempre stata un’anima magnanima. Anche durante i suoi momenti peggiori era sempre stato equo e giusto.
 
Sì, Toga era estremamente deluso del fatto che nessuno lo avesse informato della scomparsa di Inuyasha, ma non c’era nessuno contro cui puntare il dito e l’angoscia e la paura che gli attanagliavano il cuore al momento erano più forti della rabbia. Non voleva nemmeno immaginare quali erano le torture alle quali stavano sottoponendo suo figlio al momento. Che avrebbe potuto fare Inuyasha contro loro nella sua forma umana?
 
Fosse stato informato in tempo, lui stesso sarebbe andato in cerca del figlio, anche se in terreno nemico – per uno come lui non ci sarebbe voluto molto per tornare al castello. Avrebbero fatto ancora in tempo a salvarlo, ovunque quello stupido si fosse cacciato, perché stando a quanto detto da Koga era stato catturato solo poco prima dell’alba.
 
Dannazione!
 
Era stanco di tutto, di vedere giovani morire in continuazione, di sangue versato inutilmente – proprio come l’ultima volta – di soffrire. Il cuore si strinse al pensiero della moglie che ormai mancava da due anni, il cui ricordo era ancora vivido, impresso nella mente, quel sorriso e gli occhi pieni d’amore. Cosa avrebbe detto Izayoi se avesse saputo che non era riuscito a salvare nemmeno Inuyasha da quelle sofferenze? Cosa gli avrebbe detto se avesse saputo che chiuso in se stesso a causa del dolore Toga aveva ignorato il dolore del figlio?
 
Magari, avesse prestato più attenzione a Inuyasha, avrebbe saputo perché si era spinto tanto oltre in territorio nemico. Ma lui non lo sapeva, no, Toga non conosceva più chi era diventato il figlio in quegli ultimi due anni e non aveva idea di cosa potesse essergli successo.
 
“Mi stai guardando ora, Anata?” sussurrò al vento mentre dalla finestra della camera che un tempo era stata di entrambi osservava le distese di terre che da sempre si occupava di difendere. Eppure non era riuscito a difendere la sua amata, né suo figlio. “Ti ho deluso, vero? Cosa mi diresti ora sapendo in che modo vergognoso ho fallito sia con te che con nostro figlio?”
 
Gli occhi, della stessa tonalità dorata del secondogenito – quelli di Sesshomaru, invece, erano leggermente più scuri – si fecero lucidi, ma nemmeno una lacrima fu versata. Non aveva intenzione di versarne per un figlio la cui sorte era ancora sconosciuta e che molto probabilmente non era ancora morto.
 
Se lo sarebbe ripreso, avrebbe concluso questa guerra inutile per una volta per tutte. Si sarebbe ripreso il figlio e gli avrebbe chiesto perdono. Nulla era ancora perso.
 
La prima cosa da fare sarebbe stato interrogare i prigionieri attualmente nei sotterranei, qualcuno tra loro gli era sembrato più disposto a collaborare di altri. Magari sarebbe riuscito a carpire qualche informazione utile.
 
Il volto si fece serio, l’espressione si indurì. Il grande demone cane girò sui tacchi e lasciò le sue stanze determinato a non concludere quella dannata guerra con un altro profondo rimpianto.
 
Dalle pareti di quella stanza che aveva appena lasciato, il volto di una donna dai lunghi capelli color dell’ebano e gli occhi dolci, gli sorrideva.
 



Kagome osservava il sorriso beffardo di quel monaco mentre avanzava verso il gruppo, il braccio stretto attorno alle spalle della sorella e l’obiettivo saldo in mente. Dall’espressione scontenta che quasi tutti avevano, era evidente che avevano cercato in lungo e largo, magari seguendo anche la pista lasciata da Rin con il sangue di coniglio, e non avevano trovato nulla.
 
Magari, pensò la ragazza, sarebbe potuta riuscire a convincerli che il demone era scappato oltre i confini anche se le tracce evidenti sparivano molto prima.
 
Kiyoshi le piaceva sempre di meno e sperava che il suo piano funzionasse; non poteva sopportare la sua presenza un altro po’. Diede un colpetto alla sorella per comunicarle di andare dentro e Rin obbedì senza problemi mentre lei alzava il viso e cominciava a parlare. “Buon uomini. Vorrete scusare il mio ritardo, ma il giardino si riempie sempre di erbacce ed è davvero una condanna,” disse passandosi le dita prima sui pantaloni per ripulirli e infine sulla guancia per togliere quel terriccio con il quale si era sporcata poco fa.
 
“Oh, non ti preoccupare, giovane sacerdotessa. È un piacere sapere che voi tutte riuscite ancora a occuparvi di queste faccende quotidiane nonostante la guerra abbia cambiato il nostro stile di vita. Mi spiace disturbare ancora, ma avremo bisogno nuovamente della vostra assistenza.” Il sorriso malefico si addolcì leggermente ma fallì nel tentativo di confortare Kagome.
 
La ragazza non riusciva a credere che quell’uomo pensasse veramente di esserle simpatico o di scaturire un sentimento diverso dal disgusto in lei; era sicura usasse le dolci parole, gli sguardi in teoria caldi, per catturare l’attenzione e i favori delle donne. Magari non era uno di quelli che violentava le donne sole in guerra, ma sicuro si approfittava della loro solitudine in altro modo. Le era stato chiaro nel momento in cui si era rilassato quando Kagome aveva finto di essere una giovane e ingenua ragazzina pronta a pendere dalle sue labbra. Purtroppo per lui, in quel villaggio era cascato proprio male.
 
“Ma certo, venerabile monaco. Come posso essere d’aiuto? Per caso avete bisogno di assistenza con qualche ferita che i vostri uomini si sono procurati nella battaglia con il demone? Spero non abbiate dovuto combattere per molto. Vi siamo molto grate per il servizio che ci offrite; non oso immaginare a come starei in pena sapendo che quel mostro è a piede libero,” disse con grande sforzo. Quelle parole avevano un sapore acidulo in bocca.
 
“Mi spiace deluderti, giovane donzella, ma non siamo riusciti a trovare traccia del demone,” cominciò Kiyoshi. “Abbiamo seguito le tracce da te indicateci, ma non abbiamo trovato la nostra preda. Il sangue si interrompe improvvisamente all’inizio di un ruscello.” La guardò dritta negli occhi e Kagome sentì un altro brivido percorrerle il corpo; era come se l’uomo cercasse di scrutarle l’anima, carpirne i segreti. Ciò nonostante non si fece abbattere e mantenne la sua recita. Dovevano pur sempre continuare a fare la parte della ragazzina spaurita.
 
Si avvicinò a Kaede, il corpo scosso dai tremiti, mentre calava il viso e faceva finta di piangere. L’anziana donna le cinse immediatamente le spalle e cercò di darle conforto.
 
“M-ma… ma come…” cominciò Kagome. “N-ne siete proprio sicuri?” Non osò alzare ancora una volta gli occhi verso il monaco perché era sicura che se le avesse fatto l’intera recita sarebbe saltata. In quel momento non poteva nascondere l’odio che provava.
 
“Sicurissimi. Le tracce scompaiono al ruscello che prosegue verso i confini demoniaci.”
 
“C’è motivo di credere che il demone abbia utilizzato il ruscello per far perdere le sue tracce allora?” si intromise Kaede. “Se è quello che si dirige a Ovest allora potrebbe aver deciso di proseguire attraverso di esso. Infatti, se ricordo bene, si addentra in quelle terre.”
 
Kiyoshi indurì ancora lo sguardo. Aveva sperato che la vecchiaccia non si intromettesse, ma evidentemente la giovane sacerdotessa era più provata di quanto aveva immaginato dall’accaduto e ovviamente la nonnetta era corsa in soccorso. “Potrebbe anche essere. Ma dubito possa aver già raggiunto il confine; era ferito e probabilmente in forma umana quando ne abbiamo perse le tracce,” rispose suo malgrado. Si risolve poi di nuovo alla ragazza, imperterrito. “Giovane sacerdotessa, tu non sai dirci nulla di più di quel che ci hai rivelato stamattina?”
 
Kagome, il corpo ancora scossi dai singhiozzi, scosse la testa. “N-no. Come v-vi ho detto non ho a-avuto il coraggio di a-a-accertarmi di altro sentiti i g-grugniti e visto il sangue. Mi d-dispiace… n-non avevo il mio a-arco; non p-potevo fare molto.”
 
L’espressione arcigna di Kiyoshi si intenerì per un momento e cercò di avvicinarsi ancora un po’ alla ragazza ma un’occhiataccia di Kaede lo fermò. I due si guardarono in cagnesco per qualche minuto mentre la sacerdotessa stringeva ancora di più in un abbraccio la ragazza. Non avrebbe lasciato che questo viscido monaco si avvicinasse ancora una volta a Kagome.
 
“Mi dispiace molto, buon uomo, ma come vede mia nipote è molto scossa. Eppure vi ha detto tutto quello che sapeva. Sareste disposto a farla soffrire ancora di più ricordandole eventi più che spiacevoli? Sono sicura che un uomo di Buddha come lei possa capire bene.” Gli riservò un’altra occhiata tagliente e suggestiva. L’uomo di Buddha doveva anche ricordare che toccare in certi modi una donna, non sposata e per giunta serva degli Dei, era sconveniente.
 
Kiyoshi strinse la mascella rendendosi conto di non poter fare di più se voleva mantenere le apparenze; se avesse forzato la mano alla vecchia avrebbe anche perso tutta la fiducia della ragazza che aveva conquistato. “Certo. Ci ha detto tutto quello che sapeva,” ripeté. “Non dovete preoccuparvi comunque, troveremo quell’animale e verrò a darvene notizia non appena il compito sarà svolto come vi avevo promesso. Non vorrei mica che tre donne sole come voi debbano rischiare tali pericoli,” aggiunse tra denti stretti. Kaede lesse la minaccia implicita in quelle parole e mentalmente pregò qualsiasi Dio che quell’uomo non potesse più tornare a far visita alla nipote. I suoi sguardi non promettevano nulla di buono e non era più sicura che la sua posizione come uomo di Buddha gli impedisse di compiere certi atti.
 
Offrì al monaco un altro cenno della testa e aspettò che abbandonassero la radura nuovamente, questa volta decisamente più scontenti di prima. Dopo qualche minuto riportò dentro la ragazza che non aveva smesso nemmeno per un secondo di tremare e tutte e tre si posizionarono davanti al fuoco. Quando Kagome alzò nuovamente il volto, questo era cinereo e le mani le tremarono ancora un po’ mentre accettava la tazza di tè che la sorella le offriva. Il suo era stato un atto certo, ma quel monaco le incuteva sempre più timore e la sua ultima promessa le era sembrata più una minaccia.
 
“Da questo momento in poi,” cominciò Kaede rivolta a entrambe le ragazze, “non voglio che vi allontaniate nemmeno per un secondo da me. Restate sempre insieme, tu Kagome porta sempre il tuo arco con te. Non c’è da scherzare con quegli uomini, sono peggio dei demoni e i nostri poteri non hanno alcun effetto su di loro.”
 
Entrambe annuirono e Kaede alzò lo sguardò. “Speriamo che la guerra vi rispiarmi altri orrori, mie giovani ragazze,” mormorò prima di bere il suo tè.
 

 
Toga non aveva perso molto tempo a dirigersi verso le prigioni per interrogare gli umani che erano stati catturati recentemente. Il figlio maggiore, appena notata la direzione in cui il padre si stava avviando, lo aveva seguito senza proferire alcuna parola.
 
L’atteggiamento di Sesshomaru in quelle ore non era stato diverso da quel che il Generale aveva immaginato. Sesshomaru odiava il suo secondogenito, come molti altri in quelle terre lo riteneva un abominio e soprattutto non aveva mai perdonato al padre la sua scelta di copulare con un’umana. Lui che era nato da un’alleanza politica e che non aveva nemmeno contatti con la madre – eppure Toga si stupiva di quanto il figlio avesse preso da lei, nonostante non l’avesse mai veramente conosciuta e lui avesse sempre cercato di instillare nel figlio saldi valori – non poteva concepire il fatto che Inuyasha fosse frutto dell’amore che suo padre provava ancora per quella misera donna umana.
 
Avevano litigato molto, sia prima che dopo la sua morte, e suo malgrado la loro relazione si era fatta difficile. Non era mai riuscito a creare quel rapporto che con Inuyasha si era sviluppato naturalmente, ma dopo il suo matrimonio con Izayoi le cose erano solo peggiorate. In seguito alla morte di lei Sesshomaru aveva provato ancora più sdegno per il padre; lo aveva definito un debole e non degno del titolo che portava se si riduceva in quel modo solo per una donna umana che sarebbe dovuta morire già tempo addietro. Quella era stata l’ultima volta in cui i due si erano rivolti la parola se non si consideravano gli ordini che il padre gli dava in riferimento alla guerra. Toga, per la prima volta in vita sua, aveva attaccato il figlio che, pur essendosi difeso egregiamente, era caduto sotto i gesti esperti del genitore. Toga gli aveva dimostrato chi era davvero il debole.
 
Sesshomaru, nonostante tutto, continuava a nutrire ammirazione per il padre ma la delusione e la distanza erano ormai incancellabili.
 
La notizia della scomparsa del fratello minore non avevano migliorato il suo umore. La gelosia non era un sentimento che lo toccava, ma il sangue gli si ribolliva al solo pensiero del padre che, ancora una volta, si lasciava andare a sentimenti che non erano degni di lui, al pensiero di quella donna che ancora si metteva in mezzo tra loro due tramite quell’indegno ammasso di carni.
 
Assistette dunque all’interrogatorio del padre senza fiatare, raccogliendo quante più informazioni possibili. Tre erano attualmente i prigionieri – coloro che catturavano non resistevano mai abbastanza sotto le abili cure dei suoi sottoposti e di conseguenza non erano mai molti – e tra di loro un solo monaco, gli altri due erano cacciatori.
 
Il monaco era colui sul quale il padre si concentrò maggiormente. Il generale non volle ascoltare i resoconti dei due cacciatori che cercarono di infastidirlo raccontandogli i vari metodi che venivano utilizzati solitamente per torturare i mezzo demoni che cadevano nelle loro mani. Sesshomaru non sapeva in che modo il padre si era trattenuto dallo spezzare il collo a entrambi; aveva percepito l’aura arrabbiata che lo circondava. Ammirò il suo controllo ma lo sguardò si assottigliò: come poteva permettere a certa feccia di parlargli in quel modo? Fece segno alle guardie di proseguire, ma il padre in risposta lo incenerì con lo sguardo e bloccò le guardie.
 
“Non abbassarti al loro livello, figliolo.”
 
Sesshomaru non rispose, ricambiò solo lo sguardo e Toga ritornò a rivolgersi al monaco – le cui condizioni attualmente non erano migliori degli altri due. “Come ti chiami?” gli chiese. Il figlio derise il suo bisogno di formalità, ma lui lo ignorò e aspettò una risposta dal monaco.
 
“Miroku,” rispose quello mantenendo lo sguardo del demone cane i cui occhi brillarono nel momento in cui udì la risposta.
 
“Miroku… il tuo nome non mi è nuovo. Ci siamo già incontrati sul campo di battaglia per caso?”
 
“Lei è abbastanza famoso nell’esercito umano, Generale, ma le assicuro che mi sarei ricordato se avessi incontrato un demone dai capelli del suo colore,” offrì Miroku. Il suo portamento rimaneva fiero nonostante l’aspetto debilitato e i movimenti bloccati.
 
“Come sei finito prigioniero nel nostro castello?” Toga continuò. Non riusciva proprio a ricordare perché quel nome gli fosse familiare. “Ti eri forse inoltrato nei nostri confini cercando di effettuare qualche manovra scaltra?”
 
Il monaco rise in risposta, nonostante la situazione. “Non sono mica così pazzo, Generale. Ero solo al momento della cattura. Crede che mi azzarderei ad attaccarvi senza aiuto? Senza contare poi che non ho mai attaccato per primo. Coloro che ho ucciso l’ho fatto sempre e solo per legittima difesa.”
 
Toga alzò un sopracciglio. “Vorresti farmi credere che non ti sei mai macchiato di qualche crimine durante questa guerra? So bene come funziona il vostro esercito, venerabile monaco. Come so che molti, siano essi cacciatori o sant’uomini, non hanno esitato a usare le loro buone maniere sui i loro stessi uomini e sulle donne indifese.” I cacciatori nella stessa cella sorrisero beffardi come per dargli conferma, Toga li guardò con disgusto condiviso anche dalle guardie e dal figlio.
 
“Generale, posso immaginare l’idea che si è fatto del nostro esercito. Siete un demone centenario e sicuramente ha più esperienza di me. Tuttavia ciò non implica che io debbia condividere le idee dei miei compagni così come immagino anche che all’interno del vostro non tutti condividono la stessa opinione.” Gli risolve un’occhiata significativa; non che gli fosse sfuggito il disgusto negli occhi di Sesshomaru quando il padre aveva parlato del mezzo demone. Toga annuì e poi aspettò che il monaco continuasse. “Non ho mai amato l’idea di questa guerra, né creduto molto nei suoi motivi. L'ho odiata quando ho visto con i miei occhi a cosa ci stesse riducendo e per questo motivo mi sono sempre limitato a difendermi e ho preferito investire i miei sforzi nel contenimento dei danni. Mi sono indaffarato nel cercare di aiutare le donne indifese, i villaggi sfollati e i bambini orfani e affamati, nonostante mi fosse sempre stato ripetuto che, in quanto monaco abbastanza dotato, dovevo solo occuparmi dell’attacco. Ed è facendo questo che sono stato catturato,” ammise infine. “Alcuni soldati del vostro esercito mi hanno catturato nelle nostre terre mentre ero di ritorno da un piccolo villaggio sul confine; avevo appena portato ai pochi superstiti delle razioni.”
 
“Vorresti dirmi che non ti hanno catturato durante un’offensiva?” chiese ancora Toga stupito dal suo racconto.
 
Miroku scrollò le spalle. “Certo, potrei dirlo, ma lei mi crederebbe? La mia parola contro quella dei suoi soldati.”
 
Toga non rispose. Certo che poteva crederci, aveva visto alcuni di quelli che popolavano il suo esercito. Il marcio esisteva da entrambi i lati eppure non diede alcun segno al monaco né a suo figlio e alle guardie che lo stavano osservando; mantenne la sua espressione neutra.
 
“Hai detto che ti hanno sempre ritenuto un monaco piuttosto valido. Credi che la gente che guida il tuo esercito possa pensare di venire a ritirarti? Ti ritengono tanto importante?”
 
“È possibile,” rispose Miroku. “Non ne sono rimasti molti come me,” ammise, “ma non so quanto possa servire. Inoltrarsi fin qui per un’operazione di salvataggio e nel frattempo perdere altri uomini? Non ne vale molto la pena.” Poi parve ripensarci su e aggiunse, “Tuttavia non sono tutti strateghi e potrebbero pensare a un piano così stupido. Se invece, come lei crede, hanno preso ostaggio suo figlio, ci sarebbero ancora più possibilità. Le somiglia molto?”
 
“Sì. Il colore dei capelli non passa inosservato.”
 
“Non so che altro dirle, Generale. Sia io che suo figlio siamo stati molto sfortunati,” Miroku disse con chiaro riferimento sia alle condizioni in cui era stato catturato che al trattamento riservatogli, non credendo nemmeno per un secondo che il mezzo demone se la stesse cavando meglio.
 
Toga strinse i pugni ripensando a come l’azione sfrontata di qualche soldato invasato avesse probabilmente portato alla cattura del figlio. O forse si poteva considerare una fortuna? Se attualmente Miroku non fosse stato loro prigioniero suo figlio sarebbe stato ucciso dopo impensabili torture. Ciò, tuttavia, non giustificava le azioni di entrambe le parti. Toga non aveva mai giustificato la violenza gratuita e constatò con piacere che il monaco condivideva le sue opinioni; era stato sincero nel dirgli che non aveva mai voluto la guerra.
 
Eppure guarda un po’ dove si trovava nonostante tutto. A condividere una cella buia con due cacciatori crudeli e violenti.
 
Annuì un’ultima volta e alzandosi lasciò la cella, non prima di aver rivolto le sue ultime parole al monaco. “Grazie per la tua disponibilità, Miroku. Mi spiace che le circostanze del nostro incontro non siano state migliori.”
 
“Si figuri, Generale,” rispose allora Miroku. Non faceva a lui una colpa della sua attuale situazione; era sempre stato a conoscenza delle sue vedute, anche prima dello scoppio della guerra. Un demone del suo calibro che prendeva in sposa una donna umana e l’amava in quel modo non sarebbe mai potuto essere la bestia crudele che alcuni nel suo esercito cercavano di dipingere. “Speri solo che suo figlio faccia una fine migliore della mia.”
 
Forse Toga sarebbe dovuto restare qualche minuto in più quella angusta cella o forse avrebbe dovuto rivolgere qualche ordine ben preciso alle guardie, ma non lo fece e i tre rimasero da soli con le suddette e un Sesshomaru che stavolta non si affrettò a seguire il padre.
 
Lo sguardo che il demone maggiore rivolse ai prigionieri avrebbe intimidito molte altre persone, ma non Miroku che ormai era un uomo rassegnato e consapevole di aver fatto quel che poteva in quella maledetta guerra. Mantenne dunque lo sguardo del demone cane per tutto il tempo, mentre le dita di quest’ultimo si alzavano per far segno alle guardie.


 

 
 
“Che stai facendo, Michi? Liberalo immediatamente. Sei impazzito? Quello è il figlio del Generale. Se gli torci anche solo un capello firmi la tua condanna a morte,” urlò Katsuo non appena ebbe studiato la situazione.
 
“Come fai a dirlo, Katsuo? Per me non è altro che un umano che cerca di intrufolarsi tra le nostre file. Il figlio del Generale è scomparso e questo potrebbe benissimo aver rubato la veste e la spada dopo averlo fatto fuori.”
 
“Tu hai perso il cervello. E pensi che il padre non riconoscerebbe il figlio? Usa i tuoi dannati sensi! Sarà pure un umano adesso ma odora sempre del Generale. Michi…” ricominciò Katsuo mentre osservava l’altra guardia esercitare ancora pressione sullo sterno del mezzo demone, “non fare stronzate. Liberalo. Rischi grosso.”
 
Il toro continuava a guardare beffardo il mezzo demone con un ghigno spaventoso sul volto e troppo preso dalla voglia di uccidere Inuyasha – ovviamente lo aveva riconosciuto, quella puzza e quel volto rimanevano inconfondibili nonostante le sembianze umane, senza contare che in quella forma assomigliava ancora di più all’umana – non si accorse che Katsuo aveva fatto segno alle altre due guardie di circondarlo.
 
Queste lo presero alla provvista e Michi, anche se di riflesso, fece scivolare la lama della spada puntata alla gola di Inuyasha e per poco non gli tranciò la giugulare. Tutti trattennero il fiato nel vedere il sangue affiorare sul collo del mezzo demone che sibilò dal dolore.
 
“Sei morto,” Katsuo ringhiò a Michi, mentre gli altri due lo trattenevano con la forza e lui si affrettava a soccorrere Inuyasha. La ferita non sembrava esageratamente grave, ma restava il fatto che era ancora in forma umana e ci era mancato poco che le cose andassero nel peggiore dei modi; un po’ più a destra e la spada gli avrebbe fatto un graffietto più considerevole.
 
Inuyasha si rialzò immediatamente e accettò il pezzo di stoffa che Katsuo gli porse per fermare il sangue che gli scorreva sul collo. Ringhiò a Michi prima di dirigersi senza troppe cerimonie verso il castello. Era decisamente stanco di riportare ferite in quella debole forma umana e non vedeva l’ora che le forze demoniache gli ritornassero.
 
Katsuo si affrettò a seguirlo dopo che i tre avevano immobilizzato Michi e poi legatolo; lo avrebbe portato con sé davanti al Generale. Non voleva certo presentarsi al suo cospetto con un figlio ferito e senza spiegazioni. Non voleva essere quello a rimetterci le penne. Le altre due guardie rimasero a controllare i cancelli con la promessa che sarebbero arrivati dei sostituiti non appena Katsuo avesse avvertito il comando.
 
Quando, non dopo poco tempo, arrivarono al castello, i tre videro un battaglione di soldati che si stava preparando a superare i confini nemici sotto l’ordine del Generale intenzionato a trovare coloro che avevano catturato il figlio. I soldati e comandanti riuniti all’esterno del castello si fermarono un attimo nel vedere arrivare un gruppo così strambo: un umano ferito e a piede libero mentre una guardia ne teneva un’altra legata e sottomessa.
 
Superato il momento di stupore, tra le file si fece avanti Koga che riconobbe immediatamente la figura dell’amico anche sotto quella forma – era l’unico oltre al padre a conoscere il suo segreto visto che era solito fargli compagnia nella notte di luna nuova anche per offrirgli protezione oltre che compagnia – e si precipitò ad accertarne le condizioni.
 
“Inuyasha!” urlò facendo sobbalzare gli altri che non lo avevano ancora riconosciuto, “che diamine ti è successo? Tuo padre è impazzito quando ha saputo della tua scomparsa. Sono arrivato al confine e ho sentito dei cacciatori che parlavano della tua cattura.” Si voltò a osservare i compagni con i quali era arrivato e alzò un sopracciglio alla vista del demone cane che teneva fermo il toro che continuava a dimenarsi. “Katsuo, perché mai hai legato Michi?”
 
Katsuo fece una smorfia in risposta prima di parlare. “È stato lui a ferire Inuyasha.” Indicò la ferita al collo che il mezzo demone ancora si teneva. “Lui si è fatto subito riconoscere, anche sotto questa forma non ci è voluto molto a capire chi fosse, ma Michi lo ha attaccato comunque.”
 
Inuyasha sbuffò quando il demone cane ebbe finito il resoconto e fermò Koga prima che potesse prendere a pugni Michi; aveva riconosciuto lo sguardo omicida che l’amico assumeva ogni volta che qualcuno osava prendersi gioco di lui. Koga era un buon amico, talvolta si scontravano ma erano cresciuti insieme e si erano sempre guardati le spalle. Qualcuno gli aveva parlato alle spalle, accusandolo semplicemente di leccare i piedi al Generale tramite il figlio, proprio come parlavano male del mezzo demone a causa della sua natura, ma entrambi erano abituati a ignorare certi commenti.
 
“Muoviamoci,” Inuyasha intimò a Katsuo, “sono sicuro che a mio padre farà molto piacere sapere come svolgi bene il tuo compito, Michi.” Questa volta a ghignare fu lui. In più aveva fretta di presentarsi davanti al padre; sapeva che lo aspettava una bella ramanzina ma non voleva prolungare di molto il suo tormento. “Mandate altri due a fare da guardia al confine Nord. Katsuo e Michi verranno con me da mio padre,” ordinò poi alle file di soldati la cui missione era ovviamente saltata.
 
Mentre si avviava verso gli uffici del padre e Katsuo lo seguiva trascinando un riluttante Michi con sé, Koga lo affiancò ancora arrabbiato. “Mi dici che diamine ti è successo? Perché ti sei spinto fino al territorio nemico? Stai bene oltre a quello?” cominciò indicando la ferita al collo.
 
Inuyasha lo guardò male mentre proseguiva imperterrito, poi guardò se stesso. Era stanco, aveva corso per ore e l’acqua che Kagome gli aveva fornito era finita da tempo; le gambe quasi non lo reggevano più e il petto gli faceva male per l’eccessiva pressione che il bastardo aveva applicato poco prima. Decisamente non stava bene, non lo sarebbe stato fino a quando non sarebbe tornato al suo stato normale. “Non ho voglia né la forza di raccontare tutto più volte. Ascolterai la storia quando la racconterò a mio padre.”
 
Non erano nemmeno arrivati nel padiglione che ospitava gli uffici del Generale, quando videro quest’ultimo girare l’angolo in evidente fretta e osservare con occhi spalancati la figura del figlio ora umano. Toga aveva riconosciuto l’odore a distanza e si era precipitato ad accertarsi che la sua non fosse un’allucinazione. Constatò che il figlio, seppur non nelle sue migliori condizioni, era ancora vivo e vegeto e senza nemmeno perdere un attimo, lo strinse in un abbraccio stritolatore lasciandosi andare a manifestazioni pubbliche d’affetto che nessuno gli aveva visto fare da tempo.
 
Inuyasha, preso in contropiede, inizialmente rimase immobile, ma riconoscendo poi le emozioni del padre ne ricambiò il gesto. Le braccia si alzarono a stringere quella figura possente e, mentre senza vergogna affondava il viso nel suo petto, si ritrovò di nuovo a essere quel bambino entusiasta che accoglieva felice il padre di ritorno da una missione.
 
Ora, un mezzo demone di ben duecento anni, Inuyasha rimaneva sempre più esile e basso di Toga che lo stava stringendo in evidente sollievo, non credendo ai suoi occhi né al suo naso.
 
“Inuyasha…” disse mentre quelle emozioni rischiavano di prendere il sopravvento, “figlio mio.”

 



N/A: Finalmente Inuyasha è tornato sano e salvo al castello. 

Ho introdotto finalmente il personaggio di Sesshomaru che ho cercato di rendere quanto più possibile IC però accentuando i suoi lati negativi, ovvero prendendo come spunto più che altro dal Sesshomaru che Inuyasha e Kagome incontrano nelle prime puntate. 
Toga incontra Miroku e cominciamo anche a vedere un po' come ragiona il babbo. 
Nel prossimo capitolo abbiamo il confronto tra Inuyasha e Inu-no-Taisho oltre a uno sviluppo che credo vi scioccherà molto 🙊🙊🙊. 

Anata è un altro modo per indicare l'amata (non parlo Giapponese, sono cose che cerco in giro, ma in teoria dovrebbe significare anche il pronome 'tu'). In ogni caso, ho usato questo perché nel doppiaggio originale del terzo film "La spada del dominatore del mondo", la madre di Inuyasha lo usa per riferirsi al marito. 

Spero il capitolo vi sia piaciuto e di leggere alcune delle vostre opinioni. 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Jeremymarsh