Nairobi,
avvolta dalle esili braccia di suo
figlio, rincasa, cercando di mostrarsi quanto più forte
possibile. Difficile
farlo sapendo che Ginevra è probabilmente assieme alle
persone che la gitana
odia di più al mondo, difficile farlo sapendo di aver
distrutto definitivamente
la relazione con Bogotá, difficile farlo sapendo che anche
Emilio, costruitosi
una storia d’amore degna di Oscar nella sua testa, deve
lasciare la missione
per ordine di suo padre.
Quando
i due Jimenez raggiungono la Banda,
notano una strana tensione nell’aria.
E
quando Agata chiede spiegazioni a Tokyo, l’amica
le dice - “Abbiamo avuto conferma. Eravate sulla pista
giusta. L’auto su cui è
salita Ginny è quella del tuo patrigno, Nairo”
Il
corpo di Axel s’irrigidisce sentendo
tirare in ballo quell’uomo.
“Dobbiamo
portarla via da quell’inferno.
Potrebbero farle del male, magari somministrarle alcool, droghe per
stordirla,
magari hanno intenzione di usarla come merce di scambio con la polizia,
cazzo
dobbiamo agire” – e il panico del gitano non tarda
a mostrarsi.
“Manteniamo
la calma, per favore” –
interviene Sergio – “Abbiamo valutato bene la
faccenda e pensavamo di
indirizzarci su qualcuno in particolare..”
“Chi?”
– domanda Agata.
“Betta”
– risponde Sebastìan.
“Una
bambina? No! Assolutamente no!”
“Pensaci,
è l’unica che può agire per noi
dall’interno” – la fa riflettere Lisbona.
“Ok,
ma se dovessero scoprirla e farle del
male? Non me lo perdonerei”
“Faremo
in modo che nulla di tutto ciò
accada. Fidati” – ribadisce il Professore.
“Vi
giuro che se le succede qualcosa, io sono
disposta anche a costituirmi…”
“Non dire stronzate” – aggiunge Denver
– “Manderesti a puttane tutta la tua
felicità, sai che fine farebbero i tuoi figli?”
È
chiaro il riferimento che Daniel Ramos fa
in quell’istante.
Sì,
Nairobi sa bene cosa potrebbe accadere se
si fosse costituita come penitenza per il male procurato ad
innocenti…lei sa
bene che ciò ricadrebbe su Bogotà, che verrebbe
automaticamente catturato e
sbattuto in galera…e i bambini?...loro
vivrebbero esattamente come
ha vissuto Axel, senza genitori, in case famiglia, affidati ai servizi
sociali.
La
Jimenez rabbrividisce al solo pensiero e
scende a compromessi con il Marquina – “Betta deve
essere protetta ventiquattro
ore su ventiquattro. Nessuno, dico nessuno, dovrà torcerle
un solo capello”
Soddisfatti
di averla convinta, i Dalì le
promettono quanto detto.
“Non
metterò in pericolo nessun altro. Già
voi siete a rischio, non devono essercene altri!” –
aggiunge la gitana, con
voce tremante, prossima a cedere al pianto.
“Adesso è me che devi ascoltare!”
– a quel punto interviene dal fondo della
stanza colui che anni addietro fu salvato dai Dalì
– “Tu non hai esitato a
metterti nella tana del lupo quando mi catturarono, dodici anni fa.
Tutti avete
rischiato, per una mia cazzata. Stavolta non c'è nessuna
cazzata di mezzo,
stavolta si tratta di una bambina…e i bambini, dannazione, i
bambini…no, non si
toccano. Quindi fanculo i sensi di colpa, non devono esistere. Noi
siamo
responsabili per le decisioni che prendiamo. E se abbiamo accettato, lo
facciamo non sotto costrizione, non perché ti dobbiamo un
favore! Cazzo,
Nairobi, si tratta di Ginevra! Io l’ho vista nascere quella
bambina… è per me
una figlia, e i figli sono sacri. Nessuno tocca un figlio di uno dei
Dalì!”
Le
parole di Rio sono l’esatto pensiero di
ogni membro presente che annuendo, spalleggia Cortès.
“Siete
la famiglia migliore del mondo” – si
commuove Nairobi e finalmente, dopo giorni di apatia e totale perdita
di
lucidità, riesce a ringraziare gli amici, come meritano
davvero.
Accolta
dagli abbracci di tutti, inclusi i
figli di Bogotá, Agata sente di aver ripreso a vivere. Il
cuore è tornato a
batterle, nonostante il dolore che ancora preme e le toglie il fiato.
“Adesso
devi risolvere con tuo marito, però!
Noi potremmo anche essere la famiglia migliore del mondo, ma lui
è il tuo
cuore. E sai bene che senza cuore non si può
vivere” – le sussurra Silene
all’orecchio, invitandola a raggiungere il consorte chiuso da
ore in camera.
“Ho
fatto una cazzata, non mi perdonerà mai”
“Immagino
già, ho visto la sua faccia e
quella di Emilio, per di più lui ha lasciato la villa con la
valigia, beh…ho
fatto due più due… però,
l’importante è aver capito i tuoi sentimenti e
cosa
desideri dalla vita”
“Come
sei diventata saggia, Silene Oliveira!
Mi domando cosa ti sia accaduto” – sorride Nairobi,
seppure in lacrime per la
forte emozione.
Emozione
che contagia anche Tokyo – “Ho avuto
una brava insegnante”
Mentre
le due donne vivono un momento loro,
di tenerezza, Axel s’isola, sedendosi sulle scale che
conducono al primo piano
della villa.
“Ehi,
ancora brutti pensieri?”
“Ivana,
sei diventata il mio angelo custode?”
“Eh
che viviamo sotto lo stesso tetto,
inevitabilmente mi accorgo del tuo malessere, sai?”
La
biondina osserva il parente acquisito in
silenzio, studiando le sue espressioni.
“Sei
un’ottima osservatrice, allora” – si
complimenta, seppure mantenendo lo sguardo fisso a terra, torturandosi
le dita
delle mani in segno di nervosismo.
“Cosa
ti agita?”
“Quell’uomo!”
“Quale? Il patrigno di tua madre?”
“Esatto, se facesse del male a Ginevra?”
La preoccupazione da fratello maggiore, nei confronti di una bambina
che,
seppure consanguinea, non ha mai conosciuto, colpisce piacevolmente
Varsavia
che, gli propone.
“Ti
va di conoscere Ginny insieme a me?”
“Eh?”
– esclama lui, confuso.
“Seguimi”
– prendendolo per mano, la ragazza
lo conduce fino alla cameretta dei gemelli.
“Questo
è il suo letto, vedi? C’è la coperta
di Frozen!” – spiega l’ucraina.
“Immaginavo,
in fondo Sebastìan è più un
tipetto da macchinine e supereroi”
“Ecco,
guarda cosa c’è qui!” – dice
Ivana,
mostrando ad Axel il diario della bambina.
“Un
diario segreto!”
“Esatto,
Nairobi l’ha letto, ma non ha
precisato granché sul contenuto. Io però mi sono
incuriosita e l’ho cercato”
“Secondo te questo quaderno può dirci tanto di una
persona?” – domanda,
perplesso, il gitano.
“Provare
non costa nulla!”
Sedutisi
sul morbido tappeto rosso, posto al
centro della stanza, i due si aprono al mondo segreto di Ginevra.
Ma
Axel probabilmente mai avrebbe immaginato
di trovarsi coinvolto tra quelle pagine.
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Nairobi,
su consiglio di Tokyo, raggiunge la
porta della sua camera da letto.
Sa
bene che Bogotá è lì dentro.
La
tensione alle stelle le fa vibrare il
corpo.
Persino
la ferita, cucitale e ricucitale
dodici anni prima, pulsa con forza, come a volerle ricordare di un
dolore
talmente invasivo da impedirle di respirare.
Con
il cuore in gola e un’indescrivibile
morsa allo stomaco, la gitana dà un paio di colpetti
all’uscio.
Non
riceve alcuna risposta.
Così
riprova.
Nulla.
Bogotá sembra non interessato ad
ascoltare nessun altro.
Che
buffo pensare che proprio dove si trova
oggi,dodici anni prima stava vivendo attimi di gioia sognati da tutta
una vita.
E così, in quell’istante, si mostra chiaro e
dettagliato, l’episodio della sua
prima notte di nozze.
“Che
cosa fai? Guarda che sono pesante!”
“Ti
prendo in braccio! Non si fa così con le
spose?” – precisa Bogotà, afferrando la
sua novella moglie, con ancora indosso
un appariscente ed elegantissimo abito bianco.
Con
estrema attenzione, spaventato di poterle
fare male viste le recenti ferite da battaglia, procuratele dai loro
nemici, il
saldatore oltrepassa l’uscio della camera da letto, con la
sua donna tra le
braccia.
“Mai
nessuno mi aveva trattata come fai tu,
sai?”- sussurra Nairobi al suo orecchio, dandogli, subito
dopo, un bacio tenero
sulla guancia.
“E
tu sei la sola donna che ha saputo rapire
il mio cuore!”
“Ne
avrò cura come tu fai con il mio ogni
giorno”
Scambiatisi
dolci parole, baci delicati e fin
troppo casti per lo standard di Agata, è proprio la gitana a
mettere piede per
terra e dimenticarsi il pudore.
“Questa
prima notte di nozze sarà
indimenticabile” – lo provoca, mordicchiandosi il
labbro inferiore.
Spinge
il marito sul letto, mostrando il suo
lato più nascosto.
Un
lato che Bogotá sospettava Nairobi avesse,
ma di cui non ebbe mai prova fino a quel momento.
Guarda
la sua boss preferita, quella che gli
disse “Non ti toccherei neanche con un palo”,
liberarsi del vestito di pizzo
bianco. La donna canticchia qualcosa mentre, lentamente, si denuda. Man
mano
che indumenti cadono sul pavimento, il saldatore sente il cuore
accelerare
bruscamente. E più la studia in ogni dettaglio,
più se ne innamora …si innamora
della sua pelle, delle sue labbra, dei suoi capelli, di ogni parte del
suo
corpo. E quella notte nessuno poté mai dimenticarla.
Perché
quella fu la prima di tante notti che
regalarono alla coppia dei tasselli di felicità a quel
puzzle creato da
entrambi...un puzzle di famiglia.
“Bogotá,
sono io. Posso parlarti?” – a quel
punto, decide di prendere parola, ormai presa dai ricordi e dal
dispiacere per
il male recato all’uomo a cui aveva promesso amore
incondizionato.
Eppure
la Jimenez conosce il
marito…nonostante ciò non demorde.
Insiste,
piange, grida la sua rabbia, si
abbatte e si rialza… fa tutto ciò senza vergogna
alcuna, senza timore di
mostrarsi fragile, vogliosa soltanto di potersi specchiare di nuovo
negli occhi
del solo uomo che le ha restituito la voglia di amare.
“Vorrei
che mi dicessi ciò che senti, in
faccia. Vorrei mi gridassi quanto ti faccio schifo, perché
lo so che è così...
so di averti fatto molto male, e non ti chiedo di perdonarmi, non me lo
merito.
Chiedo di saperti insieme a me nelle ricerche di Ginevra. Adesso
abbiamo la
conferma che mia madre e il mio patrigno sono coinvolti. Non possiamo
lasciarla
nelle loro mani, ti supplico”
E’ quella comunicazione che sembra finalmente smuovere le
acque.
Il
chiavistello viene girato; niente più
serratura…la porta si spalanca.
Di
fronte a Nairobi c’è un uomo il cui volto
racconta una sofferenza difficile da spiegare a parole. Un uomo preso
in giro
dal destino e devastato da sentimenti contrastanti che lo spingono a
detestare
chi l’ha tradito, e al contempo a detestare se stesso per
aver resto possibile
tutto ciò.
“Amore
mio” – lei avanza verso l’uomo che, al
contrario, indietreggia.
“Cerchiamo
Ginevra!” – senza proferire altre
parole, il saldatore dei Dalì schiva la moglie e raggiunge
il gruppo per gli
aggiornamenti sul caso di sua figlia.
Udire
quella notizia riaccende la speranza di
un padre che per giorni si è sentito escluso, si
è sentito di troppo, si è
sentito messo costantemente da parte, un padre che ha ospitato figli
che non
vedeva da anni con la speranza di accoglierli sotto la sua ala
protettrice, un
padre costretto ad assistere ad un bacio tra due delle persone che
più ama.
“Eccoti,
finalmente! Come stai?” – domanda
Julian, andando incontro al genitore.
“Tranquillo,
figliolo! Adesso voglio sapere
cosa dobbiamo fare…qual è la prossima mossa
Professore?”
Tokyo
nota l’assenza di Nairobi intuendo che
il suo consiglio è servito a poco. E quando la vede
comparire dal fondo del
salone, ha conferma che la crisi è troppo profonda per
essere superata con due
parole di scuse.
Abbracciando
a sé la gitana, Silene le offre
la sua amicizia e la sua presenza: tutto pur di rivedere quella che
è diventata
sua sorella tornare a sorridere.
Chi
invece non sorride è Axel, che ha appena
chiuso il diario di Ginevra dopo una scioccante rivelazione.
“Mi
odia!” – commenta, amareggiato.
“No, non dire così! Abbiamo frainteso,
forse”
“No, no! Ginevra mi detesta. Ma, in fondo, come darle torto.
Sarebbe lo stesso
per chiunque se la propria mamma facesse costanti paragoni”
Lo
shock sul viso del ragazzo testimonia
l’amarezza che prova per una situazione che gli risulta fin
troppo pesante da
sopportare.
“Nairobi
è stata legata al tuo ricordo troppo
a lungo”
“E Ginny ne ha risentito! Bisogna intervenire prima che sia
troppo tardi”
“Dovremmo
ascoltare il piano del professore,
probabilmente la maestra è coinvolta”
“E’
sicuro al cento per cento. E a questo
punto, mi domando…cosa vuole quella donna da mia sorella?
Cosa la lega ai miei
nonni?”
“Probabilmente
loro minacciano l’insegnante
per costringerla ad agire in questo modo…forse
l’hanno costretta a rapire la
piccola!” – ipotizza l’ucraina.
“Dobbiamo
agire, voglio abbracciare mia
sorella e farmi amare da lei. Basta
abbattersi…d’ora in avanti il mio obiettivo
è riportare Ginny qui e dimostrarle quanto la nostra
somiglianza può essere un
bene, e non un male!”
“Così
si parla” - esclama, fiera,
Ivana, notando una insolita determinazione nel parente.
L’atteggiamento
mostrato dimostra esattamente
quanto di Nairobi è stato ereditato da quel giovane gitano.
La
sua tenacia sono la piena conferma.
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Nel
frattempo…
“Carmen,
cosa dici? Non possiamo riportare
Ginevra a casa! Sarebbe da folli”
“Invece non lo è. Io con questa miss Jones non
voglio più avere a che fare! Ci
ha soltanto usati per i suoi sporchi comodi”
“Mi amor, non urlare o ti sentirà”
“Me
ne frego. Che capisca pure quanto la
disprezzo. Sono stata zitta e buona fin troppo. Ora basta, ne va della
vita
della mia nipotina”
“Cosa
vorresti fare?” – chiede, preoccupato,
Jorge.
“Approfittare
della mattinata scolastica di
Caroline per prendere Ginny e lasciarla ai genitori”
“Non
mi sembra un’idea fattibile” – precisa
l’uomo.
“Non
m’interessa. Ho deciso. Faremo
così!”
Ma il destino, si sa, ci mette sempre lo zampino…e ad
ascoltare i due anziani è
proprio la diretta interessata.
Donna
calcolatrice, ha premeditato tutto e
sospettava già dal principio di un probabile tradimento. Per
tale ragione ha
nascosto delle telecamere nella cucina e in altre sale.
“Bene,
bene…e bravi i vecchietti! Così
vorrebbero fregarmi? Si sbagliano di grosso”
Chiusa
nella sua stanza, con un pc di fronte
a sé, collegato alle varie spie disposte in casa, la Jones
ascolta e guarda la
conversazione segreta.
“Non
mi lasciate altra scelta”
Consulta
il sito aereo a lei conveniente e
prenota due voli.
“Nessuno
mi separerà da mia figlia…nessuno”
Afferra
due borsoni e li riempie di abiti.
In
dieci minuti li carica sull’auto di Jorge,
parcheggiata nel garage.
Il
tutto le riesce facile, grazie ad un
sottoscala adiacente al vecchio bagno al piano terra.
Prossima
a mettere in atto il piano di fuga,
Caroline Jones si avvicina a Ginevra, sdraiata sul lettino a leggere
uno dei
libri regalatele dalla nonna, e le fa una proposta incredibile.
“Ti
va se lasciamo Perth per qualche giorno?”
Nessuno
avrebbe mai sospettato di lei,
nessuno avrebbe mai pensato che da lì a poche ore le due
sarebbero volate via
da Perth.
Nessuno…
Questo
pensa la signora Honey.
E
invece, stavolta, il suo folle genio
sbaglia mossa.
In
quel preciso aeroporto è presente qualcun
altro, deciso a lasciare l’Australia.
“Mamma,
si sto bene. Torno a casa”
“Cosa
succede Emilio? Scommetto che tuo padre
non ti ha accolto come meriti, vero?”
“No,
anzi. Tutto il contrario. È solo che qui
sento di aver finito la missione”
– il ventisettenne cela la
verità,
perché sarebbe sconvolgente raccontare alla madre di essersi
preso una sbandata
per la matrigna.
“Cosa vuoi dire?”
“Beh ecco….” – Yerevan, a
telefono, spiega le ragioni della sua ripartenza,
inventando storie che hanno poco di credibile.
È
ormai vicino al gate d’imbarco quando,
casualmente, riconosce una coppia appena arrivata nella sua stessa area.
“Ci
sentiamo dopo, devo chiudere” – così
dicendo saluta l’apprensivo genitore e scruta, da lontano, le
persone sospette.
“Cazzo”
– esclama poi.
Impossibile
non riconoscere precisamente di
chi si tratta.
“Puttana,
dove la sta portando!”
- preda del panico, Emilio compone il primo numero
in agenda.
“Ehi,
finalmente ti fai sentire! Dimmi che
hai cambiato idea e che hai intenzione di restare, ti prego”
– dopo alcuni
squilli, la voce della sorella finlandese dà segni di vita.
“Hanna,
ascolta, è molto importante. Devi
dire a papà e Nairobi di venire in aeroporto quanto
prima”
“Perché? Cosa stai dicendo? Non capisco!”
C’è
caos dall’altro lato della cornetta,
segno che i Dalì sono tutti sull’attenti.
“Ho
appena visto la maestra Honey! E non è da
sola… Ginevra è con lei. Ora non ho
più dubbi… la sta portando via”