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Autore: Ivy001    02/07/2021    1 recensioni
Quando la felicità di una famiglia viene distrutta da un evento inaspettato e inspiegabile...qualcuno scompare, la Banda si riunisce
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Panico, caos, ansia, disordine, confusione.

Si respira di tutto in casa “Sanchez”.

A percepire la tensione sono Alba e Sebastìan che, seduti sul divano, osservano i Dalì mobilitarsi, muoversi continuamente di camera in camera, con in mano computer, radio…

Nairobi è la prima a dirigersi verso l’uscita quando ascolta Hanna comunicare al gruppo la notizia ricevuta da Emilio.

Lei, nonostante la poca fiducia verso quel ragazzo che l’ha baciata, mandando  a puttane il suo matrimonio, crede fortemente nelle sue parole. Non esita un solo istante.

“Dove vai? Non puoi andare fin lì! E’ rischioso…” – la trattiene Tokyo, afferrandola per un braccio.

“Io vado a riprendermi mia figlia! Cazzo, sapete cosa significa questo per me? Sono giorni che è lontana, che ho temuto fosse stata rapita dalla polizia o da qualche maniaco! E adesso che è si trova a pochi kilometri da qui, credete davvero che me ne stia in casa a girarmi i pollici?” – decisa ad intervenire in prima persona, la Jimenez si rivolge al marito – “Andiamo insieme?”

Ma il saldatore è in silenzio e sembra non darle sostegno in una decisione che, al contrario, sarebbe dovuta essere condivisa da ambo i genitori.

“Aspetta, Nairo! Non è bene che qualcuno vi veda lì” – interviene il Professore – “Se la maestra vi riconoscesse, potrebbe, a questo punto, smascherarvi”

“Se Emilio stesse bleffando?” – aggiunge Bogotá, intromettendosi con aria alquanto seccata. Solo nominare il primogenito, lo irrita terribilmente e gli riporta alla mente una scena disgustosa tra il ventisettenne e Agata.

“Cosa cazzo stai dicendo? Non lo farebbe, papà” – aggiunge Drazen, spiazzato dalla considerazione paterna.

“Ehm…. fratello, lascia stare” – Julian, a sostegno del padre, zittisce il consanguineo.

Sono poche le possibilità allora: devono agire i soli sconosciuti, sia alla nota maestrina che alla stessa Ginevra. I soli Non Ricercati del gruppo.

“Andiamo noi” – la voce di Axel attira l’attenzione. Il ventunenne è posizionato di fianco a Ivana, vicino la porta d’ingresso del salone e ha chiare intenzioni di agire in prima persona.

“Voi chi?” – chiede la gitana.

“Io e Varsavia!” – spiega il ragazzo, prendendo la mano della sorella che gli è accanto.

E quel gesto, tanto dolce e amorevole, confonde i Dalì che si guardano tra loro cercando, ciascuno, risposta nello sguardo degli altri.

“Ma, tesoro, non è sicuro che voi…”

“Mamma, per favore. Direi che è bene che nessuno sappia né di me né di Ivana, per poter spiare meglio la situazione” – puntualizza Avana.

“Emilio mi tiene aggiornata, man mano! Ha detto di affrettarsi...” spiega Hanna, sostenendo la proposta dei due candidati alla missione.

“Io qui, ferma, muoio” – commenta Nairobi, tesa come una corda di violino.

“Tu devi pensare a Ginevra! Fallo per lei, ok? Resisti” – con quelle parole, il giovane gitano abbraccia la madre e le sussurra – “Riporterò la mia sorellina a casa”

Ivana, nel frattempo, si è avvicinata a Bogotà.

“Papà, per favore, metti da parte il rancore. Qualsiasi cosa sia successa, che non vuoi raccontare, fidati di noi”
“Io di voi mi fido!” – afferma certo il saldatore, accarezzando con dolcezza i morbidi capelli biondi della ragazza – “E’ di tuo fratello maggiore che mi fido meno”

Pronunciando quell’affermazione, gli occhi dell’uomo si posano sulla moglie.

“Perché dovrebbe raccontare frottole?”

“Nulla, lascia stare! Qualsiasi cosa, usate i cellulari” – conclude, per darle poi un bacio sulla fronte.

Cedute le chiavi dell’auto di famiglia, i due salutano i rispettivi figli ricordandogli per l’ennesima volta prudenza.

E con il cuore in gola, e la rabbia verso una situazione di merda che li costringe ad essere chiusi tra quattro mura, impedendogli di riprendersi ciò che gli appartiene, i coniugi cercano di distrarsi con le mosse successive, indicate dal Professore.

“Rio! C’è bisogno di te adesso” – lo chiama Sergio, dopo le raccomandazioni ad Avana e Varsavia.

“Come si muoviamo?”-  domanda Denver.

E così Cortés scatta immediatamente e si posiziona di fronte ad un paio di computer di proprietà del Marquina.

“Fratello, guarda cosa combino ai sistemi informatici dell’aeroporto di Perth” – ridacchia Anibal. Le dita del compagno di Tokyo si muovono rapide sulla tastiera.

Concentrato al massimo, mentre gli amici cercano di intuire qualcosa, di fronte ad un genio di quella portata, Rio riesce nella missione. E lo fa in pochi minuti.

“Ecco fatto” – comunica, esultando.

“Cosa avresti fatto? Non mi è chiaro” – commenta Tokyo, perplessa.

È Sergio a spiegarlo – “Ha appena creato dei disagi tecnologici che costeranno ai passeggeri di tutti i voli da Perth una perdita di tempo notevole”

“Cazzo, sei un genio” – solo allora Denver capisce il ruolo dell’amico.

“Quindi ci saranno dei ritardi nei voli, giusto?”

“Giusto, Stoccolma!”

“Ho una domanda, però!” – riflette Helsinki  – “Come faceva la maestra ad avere passaporto di bambina? Deve aver prenotato biglietti… come ha fatto?”

Dilemma a cui nessuno aveva pensato, neppure una mente tanto meticolosa come quella del capobanda.

E’ Nairobi a balzare in piedi, udendo tali considerazioni.

“Cazzo!” – esclama, correndo nella camera dove, in uno dei cassetti dell’armadio, sono di regola custoditi dei documenti importanti.

Rovista, gettando all’aria anche carte e fogli di vecchi giornali, conservati in ricordo delle rapine svolte.

“Allora? L’hai trovato?” – domanda Lisbona, raggiungendo l’amica.

Agata scuote il capo, ma non demorde.

Si sposta nella stanza dei gemelli e setaccia ogni angolo.

Nulla.

Nessun passaporto.

Niente di niente.

“Per caso quella donna è stata qui?” – chiede,  allora Nairobi a Bogotá.

L’uomo alzando gli occhi al cielo, infastidito da allusioni e apparenti rimproveri, scuote il capo.

“Mi credi scemo fino a questo punto” – commenta poi.

La Jimenez finge di non sentirlo, troppo presa dal panico per litigare con il consorte.

Così si sposta sui figli ed interroga loro.

“No, mamma! Qui non è mai venuto nessuno” – afferma, convintissima, Alba.

“E come si spiega che il documento si è volatilizzato?” – l’umore della donna, decisamente sottoterra, lascia spazio ad un nervosismo ingiustificato.

“Non lo so!”

“Non avrete mica giocato con delle carte che vi ho detto di non toccare?”

I piccoli si guardano l’un l’altro, ed è il maschietto a confessare qualcosa – “Ginny una volta ha rovistato lì dentro!”

A quel punto, la soluzione è sotto il naso di tutti. Eppure, in un primo momento, nessuno sembra carpire l’azione della bambina nascondesse la motivazione della sparizione del passaporto….e della sua stessa scomparsa.

“Lì dentro, dove?” – anche il saldatore si pone in allerta.

“Nel comodino della vostra camera da letto” – continua Seba.

Marito e moglie, inconsapevolmente, si guardano l’un l’altra, condividendo la medesima ansia.

“Hai visto cosa ha preso?” – chiede il capofamiglia, inginocchiandosi di fronte al figlio.

“A questo punto, direi, il passaporto” – precisa Alba.

“Cosa cazzo doveva fare con il passaporto?” – è il dilemma che Agata non riesce a spiegarsi.

E la risposta, forte e lacerante, viene proprio da Bogotá.

“Scappare”  

*****************************************************

Invece, in aeroporto, scoppia la catastrofe operata da Rio.

Voli ritardati, sistemi informartici completamente in tilt.

“Cos’è questo casino!” – brontola Caroline Jones notando i passeggeri lamentarsi di qualcosa accaduto a cui non c’è immediata soluzione. Sospettosa, chiede spiegazioni, avvicinandosi ad un uomo con due valigie.

“Resta qui, tesoro. Torno subito” – raccomanda a Ginevra. E così la piccola, seduta in attesa, stringe tra le mani un documento importante.

Il suo passaporto.

La carta della libertà, come l’ha sempre chiamato la maestra Honey.

Fissa quel pezzo di carta e ricorda di quando, di nascosto, entrò nella stanza dei genitori, e lo portò via.

Un colpo degno di una figlia di rapinatori.

Un colpo messo a segno in un millesimo di secondo, scoperto solo, casualmente, da Sebastìan.

La mente della piccina vaga e dilaga, fino a quando una voce la fa sussultare.

“Ciao, dove vai di bello?” – le domanda una persona sconosciuta.

Un ragazzo moro dalla carnagione altrettanto scura, si siede accanto a lei.

E la piccola si ritrae – “La mia mamma mi ha sempre detto di non dare confidenza agli sconosciuti”

“Anche la mia diceva sempre questo! E diceva anche “Non accettare caramelle da chi non conosci!”!” - ridacchia il tipo, imitando la voce materna

La sua imitazione fa sorridere Ginny.

“Non temere, non ho intenzioni cattive”

“Chi me lo garantisce?” – chiede la figlia di Bogotà, mostrandosi cazzuta al pari di sua madre.

“Io sono Emilio, molto piacere” – le porge la mano, mostrandosi quanto più solare possibile.

Lo sguardo di quel tipo tranquillizza Ginevra che, seppure restia, abbassa le difese.

“Anche la mia”

“Anche la tua, cosa?”

“La mia mamma…anche la mia mamma dice sempre quella storia delle caramelle”

“Bene. E’ saggia e ha ragione”

“Io le ho disobbedito, però”

Emilio, o meglio Yerevan, finge stupore – “Come mai?”

“Beh…”

La parola di Ginevra viene zittita dalla maestra che, da qualche metro più avanti, nota la presenza dello straniero e richiama la bambina.

“Devo andare” – lo saluta afferrando la sua piccola valigia rosa.

A quel punto, il venezuelano, sospettoso, cerca conferma ai suoi pensieri.

“E’ quella la tua mamma?”

Domanda geniale.. e infatti Ginny non risponde immediatamente con un NO secco.

Esita alcuni secondi, poi annuisce.

Fa cenno con la mano, in segno di saluto, e raggiunge Caroline Jones.

“Cazzo, questa faccenda non mi piace” – riflette ad alta voce.

Fissa le due muoversi confusamente nell’aeroporto e cerca di seguirle il più possibile.

Quando le sospettate entrano in un bagno per donne, Emilio riceve la telefonata di Ivana.

 “Siamo in aeroporto. Dove sei?”

 “A pochi passi da Ginny” – spiega lui, precisando la sua posizione.

“Bene, tienila d’occhio! Stiamo arrivando”

“Credo sarà un’impresa difficile” – commenta il primogenito di Bogotá.

“Perché?”

“Non collaborerà mai. Vorrei sbagliarmi, ma… a me sembra intenzionata a rimanere con la sua rapinatrice. E questo non è un buon segno. Forse ci siamo sbagliati su tutto, forse non è stata portata via di forza, forse è volutamente scappata!! E se così fosse, sarebbero inutili piani ed escamotage. Ginevra l’avremmo perduta per sempre!”

   
 
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