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Autore: miss_MZ93    04/07/2021    2 recensioni
Marinette ed Adrien hanno ormai diciotto anni. Le loro vite continuano ad essere minacciate dalla presenza di Papillon ma qualcosa sta per cambiare. Gli anni iniziano a farsi sentire e gli equilibri fragili che esistevano tra i due ragazzi iniziano a spezzarsi. Tra Adrien e Marinette qualcosa cambierà radicalmente, lasciando uno spiraglio per qualcuno che, in segreto, non ha mai smesso di provare grandi sentimenti per Marinette.
Tra dolci e sensuali drammi, i nostri protagonisti dovranno affrontare anche un nuovo pericolo per Ladybug.
Ho iniziato a scrivere la storia prima dell'uscita della terza stagione, quindi mancheranno alcuni personaggi o dettagli particolari.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Luka Couffaine, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Ti avevo detto di stare attenta…”
Ombre e luci.
“Ti avevo detto di stare attenta…”
Il rumore di qualcosa che si muove fuori controllo.
“Ti avevo detto di stare attenta…”
I palazzi che si susseguono.
“Ti avevo detto di stare attenta…”
L’odore del lucido per pelle.
Poi, solo il buio in cui la mia mente ha continuato a rivivere tutto ciò che è successo oggi.
 
Non so esattamente cosa sia successo dopo quella battaglia. Ricordo solo di aver faticato a raggiungere un palazzo ed il desiderio di toccare terra senza ferirmi ulteriormente. Un volto, forse il suo volto, non ne sono sicura. Qualcosa, o meglio qualcuno, deve avermi salvata da una caduta che mi sarebbe valsa molti lividi e graffi, se non ferite peggiori. Ricordo solo la paura di averlo al mio fianco sapendo che la trasformazione non sarebbe durata ancora a lungo ma davvero non riesco a rammentare chi sia stato a salvarmi.
La testa pulsa, dolorante e frastornata. Il mio corpo sembra non riuscire a seguire i comandi del mio cervello, rifiutando ogni movimento. Le palpebre sembrano pesanti come macigni e più mi sforzo di aprire gli occhi, di mettere a fuoco ciò che mi circonda, meno sembro riuscirci.
Immagini distorte, confuse, affollano la mia mente. Mi sembra di sentire odore di legno, o forse di intonaco fresco, non riesco a distinguere bene i profumi che mi circondano. Per un momento mi è parso anche di sentirmi muovere dolcemente, come cullata da un andamento tranquillo ma forse si è solamente trattato di qualcosa di freddo sostituito più volte sul mio corpo. Fatico a fare qualunque cosa, anche la più semplice, come respirare, capire dove mi trovo o chi sia la persona che ogni tanto sento parlarmi.
“Dovresti… cura di… stessa”
Penso siano rimproveri per lo più ma qualunque cosa mi dica, la mia mente ne registra la metà appena. Qualche volte penso di averlo sentito parlare con qualcuno, qualcuno di molto familiare.
“Vorrei… aiutare”
“Non… lo permetterebbe… Nemmeno a lui”
“Lo so ma… poter fare qualcosa per…”
Detesto non comprendere appieno i loro discorsi ma più il tempo passa più la mia testa sembra schiarirsi, permettendomi almeno di capire cosa sia il gelo che sento costantemente sul mio corpo. Qualcuno, lui, mi sta rinfrescando la fronte, probabilmente con un panno bagnato. Il motivo, però, ancora mi sfugge.
 
Sembra passata un’eternità, eppure l’ora sulla sveglia segna solamente le quattro del pomeriggio. Dovrebbe essere passata appena un’ora dalla fine della battaglia, forse anche meno. Nella stanza risuona una melodia dolce, qualcosa che credo di aver già sentito ma di cui non ricordo minimamente il titolo o le parole. Una nota dopo l’altra, la sua voce asseconda la sua passione per la musica mentre io rimango ferma ad osservare i secondi passare inesorabilmente. Osservo il panno bagnato scivolare dalla mia fronte e posarsi sul cuscino su cui ho riposato finora, bagnandolo leggermente. Il movimento risveglia la sua attenzione ed i suoi occhi si posano su di me mentre pronuncia il mio nome.
“Ti sei svegliata”
Uno strano borbottio esce dalle mie labbra mentre la mia testa ancora è occupata da mille e più pensieri. Cosa dovrei dirgli? Dovrei ringraziarlo? Dovrei rimproverarlo? Dovrei supplicarlo di non dire nulla a nessuno? Oppure dovrei costringerlo a mantenere il mio segreto? E se non volesse farlo? Ha idea del pericolo a cui si è esposto?
Un pensiero, tra tutti, si beffa di me, allarmandomi sempre più. Ha scoperto il mio segreto oggi o lo sapeva già da tempo?
Sto rischiando l’esaurimento!
“Marinette?”
Solo la sua voce riesce a svuotare la mia testa, lasciandola rimbombare nella quiete prima della tempesta.
“Come ti senti?”
La mia mano raggiunge il panno bagnato, spostandolo sul comodino accanto al letto.
“Meglio… Credo…”
La mia voce è solo un sussurro leggero. Faccio leva sul braccio per alzarmi leggermente e mettermi seduta sul suo letto. Una leggera fitta si espande dal taglio che sembra non volersi rimarginare del tutto.
“Dovresti riposare”
“Dovrei andarmene”
“Marinette…”
Mi sforzo di ignorare il dolore che inizia a farsi sentire in tutto il corpo e solo in quel momento mi accorgo di alcune confezioni di pomata sul comodino. Deve aver pensato di potermi aiutare. Si è sempre preoccupato molto per me e, dopo quello che è successo, la situazione non potrebbe che peggiore. Lui è forse l’ultima persona che avrebbe dovuto scoprire ogni cosa perché so che, da adesso in poi, sarà sempre più difficile non vederlo triste e preoccupato per me.
“Marinette…”
Continua a chiamarmi ma tutto quello a cui riesco a pensare è che non sarebbe dovuta finire così. Nessuno, mai, avrebbe dovuto vedere il vero volto di Ladybug.
“Io non…”
Le parole sembrano morirgli tra le labbra mentre appoggia la chitarra alla parete e si avvicina al suo letto, ancora occupato da me. Nei suoi occhi vedo una determinazione ed una preoccupazione che mi ricordano i sentimenti di Chat Noir, la sua preoccupazione e la sua determinazione.
Afferro la borsa da terra nella speranza di riuscire ad uscire da quella stanza ma prima di riuscire a sfiorarla, la mia mente gioca un brutto scherzo al mio equilibrio. La debolezza che provo mi lascia stordita, diretta verso il pavimento in legno. Le sue braccia corrono a salvarmi, di nuovo, riportandomi seduta sul letto.
Chiudo gli occhi per qualche istante, cercando di ritrovare quella stabilità che oggi sembra mancarmi del tutto.
“Dovresti riposare”
Lo vedo avvicinare la mano alla mia fronte per poi sospirare. Basta quel contatto per far aumentare la mia temperatura corporea, basta la sua vicinanza per confondere ancor di più i miei pensieri.
“Devi avere ancora un po’ di febbre, Marinette”
I suoi occhi scrutano i miei, decisi a costringermi a riposare qualche altro minuto. In quel momento, tutto ciò che riesco a fare è allontanarmi dalla realtà che dovrebbe terrorizzarmi. La sua vicinanza continua a mettere a dura prova la mia mente, così come ha continuato a fare nelle ultime settimane. Il mio sguardo finisce in modo poco casuale sulle sue labbra, la parte di lui che più ha saputo regalarmi emozioni sconvolgenti. Distrattamente passo la lingua sulla mia bocca, rendendomi conto di bramare quel contatto più di quanto dovrei, specialmente in un momento come questo.
Le labbra di Luka diventano il faro nella mia tempesta ed io non posso che lasciarmi vincere da quel desiderio che, ogni volta che siamo assieme, riesce a sconvolgermi. Il mio volto si avvicina al suo, in balia di queste sensazioni mentre continuo ad osservare la sua bocca immobile. Non ho il coraggio di guardare i suoi occhi, non ho il coraggio di capire quanta preoccupazione nascondano, non ho il coraggio di affrontare questa situazione, tutto ciò che voglio, in questo momento, è solo sentirmi invadere da quella passione, da quella sensazione sconvolgente nell’averlo vicino a me, di avere le sue labbra sulle mie, di avere le sue mani sul mio corpo.
È solo un attimo, una voce flebile invade i miei pensieri.
“Sai quanto tenga a te, come puoi approfittare dei suoi s-sentimenti per soddisfare i tuoi capricci?”
Come scottata dal ricordo delle parole di Chat Noir, mi costringo a fermare la mia folle corsa verso Luka. In un istante ogni cosa perde importanza. La passione che tanto bramavo si spegne improvvisamente, lasciandomi con l’amaro in bocca per quel contatto mancato ma con la consapevolezza di dovermi abituare a tutto questo. Chiudo gli occhi con forza, convincendomi di star agendo nel migliore dei modi. Premo sul petto di Luka, trovandolo molto più attraente di quanto dovrei, tanto da ferirmi, costringendomi a spostare le mie mani dal suo corpo. I miei occhi si concentrano un solo attimo sui suoi, trovandoli confusi, preoccupati, probabilmente anche risentiti.
Sto giocando con i suoi sentimenti, sto giocando con i suoi desideri, sto giocando con lui, con l’unica persona che mi è sempre stata accanto, con l’unico ragazzo che non mi ha mai presa in giro, che non mi ha mai mentito, con lui che non ha fatto altro che assecondare i miei capricci.
“Mari...”
Scuoto lentamente la testa, abbandonando i suoi occhi e cercando di recuperare abbastanza energie da lasciare Luka e la Liberty alle mie spalle ma questo semplice gesto sembra assumere sempre più le fattezze di un’impresa titanica. Le mani di Luka tornano a posarsi sulle mie spalle ed io mi trovo a sussultare a quel tocco, come se davvero potesse scottarmi o ferirmi. I miei pensieri tornano confusi più che mai.
Da una parte vorrei solo che lui mi dicesse che sarà sempre al mio fianco, che non è sbagliato provare quello strano desiderio che io provo per lui, che non è una colpa volere le sue attenzioni, che conoscere il mio segreto non sarà un problema per lui, per la sua sicurezza e per la mia, per quella della mia famiglia, dei miei amici, di tutte le persone a cui tengo e che potrebbero diventare il bersaglio dei miei nemici.
Dall’altra, so benissimo quanto tutto questo sia inverosimile. Il nostro rapporto è molto profondo ma non abbastanza, non è amore, non è amicizia, è desiderio e passione, qualcosa che dovrei provare solamente con il mio ragazzo, con la persona a cui davvero tengo, con qualcuno che non vedo l’ora di vedere, di sentire quando non possiamo essere insieme, di baciare alla luce del sole, senza dovermi preoccupare che qualcuno ci possa scoprire.
“Non credo dovresti continuare a vedere Luka”
Chat Noir ha ragione, dovrei imparare a stare lontana da lui, per il suo bene, per il mio bene, per il bene di tutta Parigi. Se Luka venisse akumizzato, Papillon avrebbe la vittoria che agogna da anni perché nemmeno la forte Ladybug potrebbe mai resistere ai suoi ricatti ed al pensiero che le persone possano soffrire per colpa sua.
Cosa devo fare? Come posso metter fine a questo rapporto così strano tra noi e, allo stesso modo, non ferire Luka, evitare che la sua rabbia lo renda il perfetto soggetto per un’akuma? Cosa devo fare? Cosa posso fare? Cos’è giusto che faccia? Seguire i miei istinti finora non mi ha portato grandi risultati, anzi, sono riuscita solo a rivelare la mia identità, a mettere in pericolo tutti, a ferire me stessa, Tikki, Luka, Chat Noir e chiunque mi stia accanto.
Afferro la testa con le mani, stringendo più che posso e sperando di svegliarmi da questo incubo. Sento la voce di Luka cercare di raggiungermi ma le sue parole sono ormai solo lettere confuse e prive di significato. Forse sono solamente io la colpevole. Non voglio sentire nulla di ciò che potrebbe dirmi, non voglio sapere quanto possa detestarmi ed amarmi allo stesso tempo, non voglio essere consolata da lui né essere odiata.
Cosa devo fare?
Vedo una figura scura avvicinarsi, un profilo confuso, un’immagine stranamente familiare e mentre capisco cosa sia davvero, calde lacrime iniziano a rigarmi il volto, lasciandomi in preda a qualunque sentimento negativo. Nascondo il mio volto tra le mani per cercare di sfuggire alla situazione ma ottengo solamente grandi capogiri ed una nausea incredibile. La voce di Luka si mescola con le sue carezze che tentano di calmarmi ma sentire le sue mani sul mio corpo riaccendo quella fiamma che so di dover spegnere ed i miei pensieri ricominciano a vorticare attorno a ciò che dovrei e ciò che vorrei fare.
Seduta su quel letto, l’apatia che sembrava avermi avvolta al risveglio, svanisce totalmente, lasciandomi in preda ad un pianto isterico dal quale nessuno riesce a farmi uscire, nemmeno il pensiero di quell’akuma che mi osserva, avvicinandosi lentamente.
 
Secondi, minuti, potrebbero essere passate anche ore per quello che so, l’unica cosa che riesco a ricordare sono quella presenza oscura che in questo momento non avverto più e la sensazione di aver ceduto nuovamente alla parte più debole di me, nascondendomi tra le braccia di Luka.
In questo momento, dalle fessure tra le mie dita, posso vedere solo la sua maglia, macchiata in alcuni punti dal mascara che ho usato questa mattina. Le sue dita continuano ad accarezzarmi la schiena, in un gesto lieve e continuo. Penso di esser svenuta, lasciando che il mio corpo prendesse il sopravvento sulla mia mente per qualche altro istante.
Sospiro lentamente, attirando l’attenzione di Luka che ferma le sue mani all’altezza della mia schiena.
“Dimmi che stai bene Marinette”
Un sospiro pesante lascia la sua bocca e, sotto di me, sento il suo petto sgonfiarsi. Devo averlo fatto preoccupare come mai prima. Come posso biasimarlo? A parti inverse, anche io mi sarei preoccupata per la persona a cui tengo così tanto.
Un flash, una sola immagine, mi lascia senza parole e senza fiato. La figura di Chat Noir, ferita, dolorante ma ancora preoccupata per me. Quel pensiero riesce a distaccarmi completamente dalla realtà, da quella stanza, da me, da Luka, dalla mia identità svelata.
Bastano pochi istanti per capire esattamente cosa io debba fare in questo momento ed il primo passo è allontanarmi da lui. Con tutte le forze a mia disposizione, lascio quella posizione comoda e dolce, lasciando che un buon metro mi distanzi da Luka.
Il silenzio scende nuovamente su di noi, avvolgendoci e tutto ciò che riesco a fare è balbettare qualche parola confusa in attesa che la mia mente prenda il sopravvento sul mio corpo. Solo quando la mano di Luka afferra il mio mento, capisco di aver passato gli ultimi minuti ad osservare il copriletto blu. La sua stretta riporta i miei occhi nei suoi ed è in quella pozza azzurra che trovo il coraggio di sospirare un’ultima volta, prima di affrontarlo.
Sciolgo quel legame, mettendo quanta più distanza possibile tra noi. Vedermi scostare dalla sua presa sembra ferirlo ed io non posso che temere il peggio per ciò che dovrò dirgli.
“Penso... Che dovremmo parlare”
Un sorriso triste aleggia sul volto di Luka mentre lo vedo lasciar cadere nel vuoto la mano che stava protendendo verso di me. Lo vedo appoggiarsi con la schiena alla parete della sua stanza e lasciarsi andare contro la superficie in legno con un’espressione consapevole.
“Io…”
Non riesco a spiegarmi il motivo per il quale mi riesca così difficile lasciarlo andare, così come non riesco a trovare le parole per affrontare la questione più spinosa di tutte, la mia identità segreta.
Più il silenzio ci avvolge, meno parole riesco a collegare tra loro, abbandonandomi alla consapevolezza di non riuscire a trattare al meglio quelle discussioni. Mentre io lotto contro me stessa, Luka si lascia vincere da un sospiro dopo l’altro. Le sue labbra continuano a sorridere mentre i suoi occhi guardano un punto distante da noi. Tristezza, malinconia, delusione e forse un pizzico di rabbia prendono il sopravvento su di lui ed io non riesco a non provare le stesse cose.
Sono stata una stupida, non avrei mai dovuto iniziare un gioco così pericoloso, per i miei sentimenti ma, soprattutto, per i suoi. Non avrei mai dovuto abbandonarmi a quel primo bacio tra noi. Non avrei mai dovuto cominciare a desiderare le sue labbra sulle mie, le sue mani sul mio corpo. Rifugiarmi nella scusa di aver trascorso un periodo difficile non è plausibile. Io volevo che accadesse, volevo provare ciò che ho provato e fare ciò che ho fatto e tutto perché lui riusciva a farmi sentire amata per quella che ero.
“Luka… Io…”
Il mio volto ricomincia a tingersi di calde lacrime ed il mio corpo inizia a scuotersi per i singhiozzi.
Non avrei mai pensato di poter stare così male nel far soffrire una persona, eppure eccomi qui a disperarmi per Luka, per lui che non ha colpe, per lui che ha semplicemente espresso i suoi sentimenti ad una persona che se ne è approfittata.
Il rumore dei miei singhiozzi attira la sua attenzione ed il suo sguardo torna nuovamente su di me. Nei suoi occhi vedo riflessa l’immagine di una ragazzina disperata ma la mia tristezza non è minimamente paragonabile a ciò che deve provare lui.
“Mi… Mi dispiace io…”
Non riesco ad articolare una frase di senso compiuto e continuo a sentirmi sempre più stupida nel pensare che l’unico che dovrebbe piangere, essere triste ed odiarmi, mi sta guardando con dolcezza.
Luka nasconde nuovamente il suo sguardo appoggiando la testa sulla gamba piegata sul letto. Non so cosa dirgli, non so cosa fare, so solo che vorrei poterlo amare ma non è ciò che provo. Ci sono stati momenti bellissimi, ci sono state sensazioni che non dimenticherò mai ma entrambi sappiamo che tutto questo non basta.
“Io…”
Il suo braccio mi avvolge velocemente, trascinandomi nuovamente verso di lui.
“Non piangere, Marinette”
Quello che accade, però, è l’esatto opposto. Un pianto senza fine mi sovrasta mentre lui continua a preoccuparsi di me e non di sé stesso.
“Mi dispiace… Mi dispiace tanto!! Io… Vorrei… Vorrei davvero…”
La sua mano scivola tra i miei capelli, cercando di lenire quel dolore che ci avvolge.
“Non importa, Marinette”
“No-non è vero… Ti ho ferito, ho ferito l’unica persona che mi è sempre rimasta accanto, ho ferito i tuoi sentimenti senza pensare a quanto male ti stessi facendo…”
“Marinette…”
Mi stringo a lui, sperando egoisticamente di potermi beare ancora qualche minuto della sua vicinanza.
“Mi dispiace Luka… Vorrei davvero…”
“Vorrei davvero amarti ma non posso” dovrei avere almeno il coraggio di dirlo, invece quello che riesco a fare è continuare a piangere.
“Lo so, Marinette. L’ho sempre saputo”
Quelle sono le ultime parole che Luka pronuncia, prima che il silenzio torni a farci da sfondo.
 
Solo qualche minuto più tardi il ricordo di Ladybug torna a bussare alla mia mente costringendomi a smettere di piangere.
Il mio sguardo torna sul volto di Luka, ancora intento a sorreggersi alla sua gamba con gli occhi chiusi. Quando la sua tonalità di azzurro riprende ad osservarmi, il suo volto sembra essersi arreso a tutte quelle parole non dette e ad altre che ancora devono essere pronunciate. Sono proprio i suoi occhi a spingermi ad affrontare quel discorso.
“So di chiederti molto e di non averne nessun diritto ma…”
“Non lo dirò a nessuno”
Un debole sorriso deforma la sua bocca, una felicità che non credo provi davvero, un modo per calmarmi e rassicurarmi per l’ennesima volta.
Scuoto la testa lentamente, cercando di trovare le parole giuste per fargli capire quanto sia in pericolo.
“Se qualcuno lo scoprisse, se Papillon lo scoprisse, Parigi si ritroverebbe piegata al suo volere. Non posso permetterlo, lo capisci?”
Una risatina buffa lo scuote mentre si alza, lasciandomi da sola sul suo letto a guardare la sua schiena che si allontana da me.
“Non devi preoccuparti di questo, Marinette”
“Come faccio a non preoccuparmi?! Tu sei in pericolo, adesso più che mai e con te anche tutti noi. Non dovresti avere un simile peso sulle tue spalle!”
“Non lo è mai stato”
Cosa? Che significa?
Probabilmente sul mio volto deve essere comparsa un’espressione tra le più sconvolte perché io per prima credo di essere sotto shock.
Avevo ragione a dubitare, avevo ragione a chiedermi se lo avesse scoperto solo oggi, avevo ragione.
“Luka? Come? Quando?”
Una serie di domande esce dalla mia bocca, quesiti tra i più stupidi, lo ammetto ma ho bisogno di sapere, perché, forse, conoscendo le risposte, riuscirò a calmare anche la confusione che regna dentro di me.
“Credo di averlo sempre saputo, Ladybug”
Quel nome, pronunciato mentre vesto i panni di Marinette mi lascia una strana sensazione di debolezza addosso.
“Ho sempre pensato che voi due foste molto simili. Entrambe determinate ad aiutare il prossimo, entrambe pronte a far qualunque cosa fosse necessaria per il bene comune, entrambe solari, allegre e molto carine”
“Ci sono centinaia di ragazze come me a Parigi, perché tu hai pensato potessi essere io?”
Non so quale morbosa curiosità mi stia spingendo a fargli tante domande ma sento la necessità di sapere.
“Io ti guardavo, Marinette, anche quando gli akumizzati attaccavano. Vedevo una certa determinazione sul tuo volto, la consapevolezza di dover difendere tutti gli abitanti di Parigi, leggevo in ogni tua frase una scusa per poterti allontanare, per poter rimanere da sola, lontana da chiunque altro”
Luka si volta, lasciandomi finalmente vedere la sua espressione afflitta ma quasi soddisfatta.
“Io ti ho sempre guardata”
Non ne avevo idea. Ho sempre pensato di esser riuscita a sfuggire a qualunque sguardo, ho sempre creduto di nascondere la mia identità nel miglior modo possibile. Non ho mai saputo che lui mi stesse osservando con preoccupazione. Quanta ansia, quanta agitazione deve aver provato in tutti questi anni, senza dir nulla, senza coinvolgere nessuno, stando attento a non farsi akumizzare, a non mettermi in pericolo. Come ho potuto non accorgermi di lui?
“Luka…”
“Una persona innamorata nota anche i più piccoli dettagli”
“Una persona innamorata” ha detto. Lui mi ama. Lui mi ama e si preoccupa per me. Lui mi ama ed ha protetto il mio segreto per tutti questi anni. Lui mi ama ed io l’ho solamente usato e ferito.
Il mio sguardo finisce nuovamente sul parquet della Liberty.
“Mi dispiace, Luka. Mi dispiace davvero tanto”
“Ho sempre saputo che non mi avresti mai amato, non potresti, nemmeno volendo”
“Cosa significa?”
Un sorriso, di nuovo.
“Lo capirai”
Mille dubbi mi affliggono e più penso a quante domande mi stiano vorticando nella mente, meno riesco a trovarne una sola da porgli. Cercando qualcosa da dirgli, riesco solamente ad aprir bocca più volte senza pronunciar nulla.
Il suo sguardo continua ad osservarmi dolcemente ma con una grande tristezza mal nascosta. È proprio la delusione che vedo nel suo sguardo che mi aiuta a capire quanto stia cercando di nascondere i suoi veri sentimenti. Una parte di me spera che lo stia facendo solo per orgoglio maschile ma la verità è tutt’altra. Luka ha promesso di mantenere il mio segreto e sa che mostrarsi triste ed arrabbiato, lasciare che quelle emozioni lo vincano, attirerebbe Papillon e la sua furia. Esiste poi una piccola parte di me che spinge con tutta sé stessa in direzione di un altro pensiero. Se lui stesse recitando solo per non ferirmi?
Non posso sopportare il peso di quell’idea, il pensiero che, nonostante il dolore e la sofferenza, lui stia comunque pensando prima a me che a sé stesso. Proprio quello è il motivo per cui, seppur debole, afferro finalmente la borsa e mi trascino fino alla porta della sua stanza.
“Mi dispiace, non mi sarei mai dovuta comportare così, soprattutto non con te”
Non riesco a dir nulla più di quello, prima di lasciarlo immerso nei suoi pensieri e nella delusione per quella situazione.
Una sola frase mi raggiunge, la stessa che ho sentito dalle sue labbra troppe volte nelle ultime settimane.
“Stai attenta”
 
Una volta arrivata a casa, la febbre è tornata a farsi sentire, costringendomi a letto. Ho avuto il tempo solamente di spalmare un po’ di pomata sul mio corpo, prima di prendere un analgesico e gettarmi tra le braccia di Morfeo. Per tutto il tempo Tikki è rimasta ad osservarmi in silenzio, rispettando il mio dolore e la mia scelta di non parlare di tutta quella situazione. Per quanto io possa definirmi una ragazza forte, non sopporto l’idea di aver fatto soffrire forse l’unico ragazzo che mi abbia mai dimostrato amore.
Mia madre è venuta a controllare perché non li avessi raggiunti per cena, ricordo solamente un panno bagnato sulla mia fronte, un gesto d’affetto che mi ha riportato alla mente le premure di Luka, il suo desiderio di proteggermi ed aiutarmi nonostante tutto e tutti. Dopo, solamente il buio.
Durante la notte sono riuscita ad alzarmi dal letto un paio di volte, per bagnarmi il volto ed abbondare nuovamente con le varie creme. Tikki è rimasta con me tutto il tempo, vigile, in attesa di ogni mio bisogno, in cerca di un modo per aiutarmi. Probabilmente se non avessi avuto lei al mio fianco, sarei svenuta più volte ma la sua voce continuava a tenermi sveglia, tentando in ogni modo di distrarmi dal malessere che mi avvolgeva. Non so cosa stia affollando maggiormente la mia mente, il pensiero di aver usato e ferito Luka, abbandonandolo quando forse stava iniziando a vedere una possibilità per noi o la febbre che mi costringe a prendere una quantità di farmaci incredibile. So solo che la mattina seguente riesco a sentirmi miracolosamente meglio.
La febbre sembra avermi lasciato solamente qualche linea di alterazione ed il mio corpo ormai pare guarito dalle varie lotte con i nemici di Parigi. Anche il taglio al braccio ormai sembra esser guarito, lasciandomi una leggera cicatrice che probabilmente non svanirà mai.
Nonostante tutto, non riesco ancora ad alzarmi dal letto, sono solo riuscita a far preoccupare mia madre, mio padre e Tikki. Forse lei è quella che più mi impensierisce perché sa esattamente cosa mi stia succedendo. Nei suoi occhi azzurri, leggo solamente tanta comprensione e tristezza, sentimenti che non si addicono alla sua natura positiva e sempre allegra. È lei a darmi la forza per combattere questa piccola battaglia e, ora dopo ora, inizio davvero a sentirmi meglio. Almeno fisicamente.
Ho trascorso tutta la giornata a ridere e scherzare con Tikki, cercando di far svanire la preoccupazione dal suo volto e solo quando, verso sera, riesco a convincerla di sentirmi pienamente guarita, la vedo finalmente rilassarsi ed addormentarsi.
In questo momento, però, mentre tutta Parigi dorme, io non riesco a frenare i pensieri che riprendono a confondermi sempre più. Nelle ultime settimane ho creato più problemi e preoccupazione nelle persone che mi circondavano che in anni di lotta contro Papillon. Come ho fatto a non accorgermi di quello che stavo facendo a Luka, a me stessa, a chiunque mi stesse accanto?
Lui è sempre stato gentile con me, l’unica persona che ha visto la parte migliore di me, senza deriderla, l’unico ragazzo che abbia davvero dimostrato di tenere a me ed io l’ho ferito nel peggiore dei modi.
In fondo, inizio a credere di essere molto più simile ad Adrien di quanto non pensassi. Lui ha giocato con i miei sentimenti così come ho fatto io con Luka. Forse è la prima volta che riesco a capire cosa deve aver provato Adrien nel vedermi ferita e delusa da lui perché è quello che provo io in questo momento: pentimento, sofferenza e dolore.
Una sola, grande differenza ci separa.
Adrien conosceva i miei sentimenti, li ha ignorati ma non ne ha mai approfittato, io sì. Non posso nascondermi dietro alla favola che mi vede inconsapevole dell’amore di Luka nei miei confronti perché, in fondo, penso di aver sempre visto un’attenzione particolare da parte sua. Eppure, dopo quel primo bacio, dato per attrazione ma anche per sfuggire alla morsa di Papillon, non sono riuscita a fermarmi, non sono riuscita ad impormi di stargli lontana, non sono riuscita a vedere la sofferenza che gli provocavo quando usavo il suo amore per risanare la ferita che Adrien mi aveva provocato.
Sdraiata sul mio letto, non riesco nemmeno a prendere sonno, in balia di quei tormenti. Eppure, nonostante tutto, non riesco ad odiarmi. Dovrei ma non posso farlo. Sono stata stupida, cattiva ed egoista ma quello che ho vissuto con Luka è stato qualcosa di particolare ed emozionante e nemmeno il pensiero di avergli fatto così tanto male riesce a tingere quei ricordi di dolore e cattiveria. Forse è questo a stupirmi maggiormente, il pensiero, la certezza, che tutto quello che è successo in queste settimane non sia stato inutile; mi ha aiutata a capire me stessa, a superare un periodo difficile, ad avvicinarmi ad una persona dolce e gentile come lui, imparando, anche se troppo tardi, a rispettare i sentimenti altrui senza prendermene gioco.
Mentre ancora sono assorta nei miei dubbi, qualcosa mi distrae. Solo per un momento, un istante veloce ma i miei occhi non si lasciano sfuggire quell’ombra scura che attraversa lo spazio oltre la mia finestra.
Com’è possibile che lui sia qui? Perché? Avevo chiesto a Plagg di tenere al sicuro il Miraculous di Chat Noir ma evidentemente non è riuscito a nasconderlo per più di una giornata. Non posso biasimarlo, in fondo, penso che nemmeno Tikki sarebbe mai riuscita ad impedirmi di trasformarmi se ne avessi avuto bisogno. Così è stato quando ancora non ero completamente guarita e quando ho portato la trasformazione al limite per aiutare Chat Noir.
Speravo solamente che avesse un briciolo di amor proprio e che aspettasse di essersi rimesso completamente per muoversi indisturbato nella notte. Ovviamente non mi sarei dovuta fidare del suo buon senso.
Lentamente mi affaccio alla terrazza, in attesa di vederlo nuovamente passare ma quello che trovo è la sua figura, appoggiata con la schiena alla parete accanto alla mia finestra. Rimango a guardarlo, cercando qualche traccia mancante della trasformazione ma la sua tuta nera sembra completa, finalmente. Un sospiro profondo esce dalle mie labbra, attirando inevitabilmente la sua attenzione.
Apro con attenzione l’inferriata, cercando di non provocarmi altri lividi inutili.
“Marinette”
“Chat Noir, come mai qui?”
“Come stai?”
Non riesco a vedere il suo volto, nascosto abilmente dalle ombre della notte ma il suo tono sembra cupo, profondo, quasi invaso da preoccupazione.
“Bene”
“Sicura?”
Annuisco lentamente, cercando di capire a cosa stia pensando. Credo di aver visto Chat Noir così teso solamente poche volte finora.
“Ho saputo che sei stata male ieri”
Il ricordo della febbre torna ad affacciarsi alla mia mente ma l’unica risposta che ottiene da me è una domanda semplice.
“Chi te lo ha detto?”
“Nessuno”
Il suo comportamento inizia a sembrarmi sempre più preoccupante ed il tono della sua voce non presagisce nulla di buono. Mi avvicino a lui, appoggiando la schiena contro il vetro della finestra chiusa.
“Cosa sta succedendo, Chat Noir?”
“Ti ho vista barcollare fuori da casa sua. Pensavo avessi deciso di fare la cosa giusta ma a quanto pare ti piace davvero quel ragazzo”
È solo un incubo, continuo a ripetermelo ma più sento quelle parole nella mia mente, più una strana rabbia inizia a scorrere nelle mie vene, facendo salire nuovamente la temperatura del mio corpo.
“È per questo che sei qui?”
Lo vedo voltarsi, allontanando il suo volto dal mio sguardo.
“Sei venuto a rimproverarmi, Chat Noir?”
Vedo le sue spalle abbassarsi ed il suo viso nascondersi sempre più. Centro. Non posso credere che abbia imposto a Plagg di ridargli il Miraculous, senza la certezza di essersi ripreso appieno, per questo motivo banale!
Nessuno dei due accenna a parlare, nessuno dei due accenna un movimento, fin quando non sento le forze iniziare a venir meno. Con molta fatica, mi alzo da quella posizione, barcollando in avanti. Solo in quell’istante lo vedo voltarsi verso di me, preoccupato per la mia salute.
“Sicura di star bene?”
“Vattene, Chat Noir”
Apro la finestra, volendo solamente rinchiudermi in camera mia e lasciare la rabbia che provo nei suoi confronti su quel balcone, con lui. Mi è difficile in verità, capire per cosa io sia più arrabbiata. Una parte di me, una parte molto importante, è furiosa per la sua poca cura di sé stesso, della sua salute e di quella di Plagg; un’altra lotta per farmi capire quanto il pensiero che lui possa credermi capace di continuare ad illudere Luka mi stia ferendo. Dopo tutto ciò di cui abbiamo parlato, dopo tutto ciò che gli ho confidato, pensavo che avesse capito quanto quella situazione mi avesse sconvolta. Pensavo che mi conoscesse meglio.
“Marinette...”
Con fatica rientro in camera mia e solo quando mi volto per richiudere la finestra, riesco a vedere il suo volto per la prima volta, a pochi centimetri dal mio. I suoi occhi verdi sono avvolti da un’aura incomprensibile, qualcosa di simile a preoccupazione, pentimento e rimorso ma, per un breve istante, mi pare di leggervi dentro anche qualcosa di diverso, qualcosa che rende il suo volto più rosso ed acceso sotto quella maschera.
“Mari...”
Quel lampo si trasforma velocemente, rendendo il suo sguardo pieno di dolore.
“Perché piangi?”
La mia mano corre al mio volto, trovando la guancia bagnata e calda. Probabilmente la delusione provata per le parole di Chat Noir deve essersi mescolata con le sensazioni degli ultimi giorni e con la febbre che sembra stia tornando, rendendomi debole e profondamente fragile.
Cerco di asciugare velocemente le lacrime ma mentre lo faccio qualcosa attira la mia attenzione, un sussulto di Chat Noir. I miei occhi tornano su di lui, trovandolo intento ad osservare il mio braccio. O meglio, la mia cicatrice.
“No...”
Cerco di nascondere la ferita che mi sono provocata scendendo da quel maledetto palazzo ma più tento di allungare la manica della maglietta che indosso, più quella sembra accorciarsi e tutto diventa inutile. La mano di Chat Noir corre verso quel punto, sfiorandolo appena.
“È tutta colpa mia”
Il suo sguardo è pura preoccupazione e dolore e, mentre io mi chiedo come faccia a sapere che quella ferita sia il risultato di quel pomeriggio su quel palazzo, sento le sue carezze sfiorarmi il punto che, fino alla sera prima, sembrava dolermi. Qualcosa dentro di me si smuove, costringendomi a liberarmi da quel contatto e rifugiarmi davvero all’interno della mia stanza.
“Sono solo caduta per le scale”
Velocemente richiudo la finestra, voltandomi verso il mio letto ed ignorando i lievi colpi che lo sento lasciare su quella superficie.
“Dovresti andartene, è tardi”
Mi infilo sotto le coperte, dando le spalle al balcone, in attesa che Chat Noir sparisca nella notte. Il pensiero dei suoi occhi, però, mi perseguita. Quello sguardo preoccupato e ferito, un altro sguardo preoccupato e ferito, l’ennesimo sguardo preoccupato e ferito. Non sopporto di leggere quei sentimenti nel volto di chi mi circonda, specialmente se la causa sono io. Le lacrime ricominciano a sgorgare libere, bagnando il mio volto e provocandomi singhiozzi continui. È così che riesco ad addormentarmi, con la sensazione che la febbre sia il minore dei miei problemi e la certezza di aver ferito due persone in poco più di ventiquattro ore.
 
Il mattino seguente, mi sento stranamente tranquilla. Delusa da me stessa, triste per tutto ciò che è successo negli ultimi due giorni ma tranquilla. Forse è solo la sicurezza di non trovare né Luka né Chat Noir a scuola a rendermi così pacata. Oggi non vedrò sguardi preoccupati attorno a me, non mi circonderò di tristezza ma solo delle noiose lezioni scolastiche e delle chiacchiere dei miei compagni di classe.
Sicura di questo, decido di indossare una minigonna svasata, finalmente libera dai lividi dei combattimenti contro gli akumizzati e, nonostante sia consapevole di attirare l’attenzione, afferro anche una maglietta a maniche corte, cercando di trovare una scusa credibile per quella cicatrice che probabilmente dovrò tenere sulla mia pelle per sempre.
Tikki si avvicina al mio volto con uno sguardo enigmatico.
“Marinette, sei sicura di voler andare a scuola?”
“Non c’è motivo per non farlo, la febbre è sparita ed io mi sento molto meglio”
Un sorriso, forse il primo che riesco a sentire sul mio volto da qualche giorno. Mi sembra quasi che distendere le mie labbra riesca a coinvolgere davvero anche il mio stato d’animo perché basta questo per regalarmi davvero un briciolo di felicità.
La mia allegria si riflette su Tikki che, sorridendo, si nasconde nella mia borsa, accanto ai biscotti che ho rubato a colazione. Afferrando qualche penna ed il quaderno per gli appunti, mi dirigo verso l’ingresso.
Una volta arrivata davanti all’istituto, trovo Alya intenta a parlare con Nino. Non appena si accorge della mia presenza, i suoi occhi sorridono sollevati.
“Marinette, stai meglio?!”
Annuisco velocemente, gustandomi il sospiro di sollievo che invade la mia amica. Bastano pochi istanti per trovarmi avvolta dai compagni di classe, dalle persone allegre e solari che riescono a rendere le mie giornate complete. Sento qualcuno chiedere quando arrivi Adrien ed il suo nome riesce a rendermi triste per un momento, ricordandomi quanto male abbiamo fatto entrambi a persone che non lo meritavano.
“Ha un impegno questa mattina presto, ci raggiungerà più tardi”
Basta quella frase a spingere tutti all’interno della struttura. Raggiungiamo l’aula velocemente ed ognuno occupa il proprio posto, in attesa dell’arrivo dell’insegnante. Attenta a non lasciar cadere a terra la borsa che contiene Tikki, afferro il quaderno per gli appunti e la bottiglietta d’acqua. Con questa ancora in mano, mi rendo conto che il braccio di Alya stia stringendo con forza il mio.
“Cosa diavolo hai fatto?!”
Seguo il suo sguardo, ritrovando quella cicatrice lucida.
“Nulla, sono caduta dalle scale qualche tempo fa. A quanto pare rimarrà il segno, niente di preoccupante, tranquilla”
“Marinette, sei incorreggibile, dovresti stare attenta!”
Dovresti stare attenta. Ha ragione, tutti hanno ragione, dovrei fare attenzione.
Lentamente sfilo il braccio dalla presa ferrea di Alya, tornando a concentrarmi sul mio quaderno.
“Non è nulla”
Per mia fortuna la professoressa entra in aula, distraendo Alya che sbuffa sonoramente, ripetendomi per l’ennesima volta quanto io sia sbadata. Se solo sapesse la verità.
 
La mattina trascorre veloce e, come annunciato da Nino, Adrien arriva dopo un paio d’ore per un impegno lavorativo. Al suo arrivo, prima ancora di scusarsi con l’insegnante per il ritardo, lo vedo cercare il mio sguardo. Il verde dei suoi occhi sembra quasi liquido, profondo, immerso in un sentimento a me sconosciuto.
È solo in un secondo momento che decide di rivolgersi alla professoressa ed alla classe intera ed è in quel preciso istante che una gomitata di Alya mi colpisce allo stomaco.
“Ma cosa...”
“Hai visto? Cercava te!”
Non solo la sola ad essersi accorta di quell’attenzione particolare ma il significato che Alya vede in quel gesto è molto diverso da ciò che leggo io.
“Secondo me gli piaci”
“Non dire sciocchezze”
Dura, schietta ma realista. Alya deve arrendersi all’evidenza dei fatti, deve capire che Adrien non nutra nessun sentimento romantico nei miei confronti. Probabilmente è solo preoccupato per me, in fondo, lui ha visto il taglio, lui ha visto la benda e sa quanto io sia stata male negli ultimi giorni, prima e durante l’evento. Alya torna ad osservarci con interesse mentre io sbuffo sonoramente, stanca di tutte le sue congetture su una relazione che non inizierà mai.
Adrien si accomoda accanto a Nino ma il suo sguardo mi segue, lasciandomi una strana sensazione, un calore sulle guance ed un lieve fastidio. Sono quei sentimenti a spingermi a distogliere gli occhi da quella distesa verde e concentrarli sulla lezione che riprende velocemente.
Il resto della mattina prosegue tra sguardi preoccupati ed altri quasi incuriositi, fin quando, dopo l’ennesima occhiata, quasi risentita, non mi volto verso Adrien mimandogli una semplice domanda.
“Cosa vuoi?”
Lo vedo sbattere le palpebre velocemente, assimilando le mie parole fredde e distaccate, prima di arrossire vistosamente e voltarsi verso l’insegnante. Inutile dire che Alya scoppia in una risata appena soffocata. Nino si volta ad osservare la sua ragazza, probabilmente inconsapevole della lunga spiegazione, o tortura, che lo aspetta durante l’intervallo.
 
È proprio quello il momento che stavo aspettando come null’altro e quando finalmente la campanella suona, riesco ad alzarmi dalla mia postazione. Nemmeno il tempo di fare qualche passo in più che Alya mi blocca la strada, guardandomi con malizia.
“Sei ancora sicura che siano solo sciocchezze?”
“Assolutamente”
La vedo scuotere la testa ed aprir bocca, in procinto di dire qualcos’altro quando Nino richiama la sua attenzione, riportando entrambe sedute.
“C’è qualcosa che non va, ragazze”
“Cosa significa?”
“Juleka sembra triste”
Io ed Alya seguiamo lo sguardo di Nino, trovando Juleka intenta a parlare con Rose. Il suo volto è triste e sconsolato e più lo guardo più vorrei solo riuscire ad uscire da quella stanza. Ho il terribile presentimento di sapere a cosa sia dovuta quell’espressione.
“Chissà cos’è successo”
Il mio sguardo si posa sul tavolo davanti a me, in cerca di un qualunque motivo valido per abbandonare un’amica alla propria tristezza.
“Stanno arrivando”
Il mio cuore perde un battito mentre le sento avvicinarsi assieme ai nostri compagni di classe. Quando il profumo di Juleka invade l’aria attorno a me, l’ossigeno sembra iniziare a mancarmi.
La sua tristezza non è passata inosservata, provocando molte domande.
In cerca di qualcosa che possa distrarmi, i miei occhi finiscono sulla figura di Adrien, concentrato per qualche motivo su di me. Il suo sguardo sembra quasi tingersi di dolore mentre mi osserva.
“Si tratta di Luka”
La voce di Rose risuona nella mia mente, lasciandomi senza fiato. Sapevo che fosse lui la causa della tristezza della sorella, era inevitabile.
“Gli è successo qualcosa?”
Le domande si susseguono tra i nostri compagni di classe mentre io ed Adrien continuiamo a guardarci. Non so quale sia il legame che ci unisce ma non riesco a distogliere lo sguardo dal suo.
“No... O meglio, sì ma niente di grave... Credo”
“Vuoi dirci qualcosa di più?!”
L’impazienza di Alya sta giocando una brutta partita con il mio autocontrollo.
“Credo che la sua ragazza l’abbia lasciato”
Basta quella frase per farmi scivolare sulla guancia l’ennesima lacrima che asciugo velocemente, prima che chiunque di loro possa vederla.
“Non l’ho mai visto così... Triste ed allo stesso tempo rassegnato”
Non mi ero nemmeno resa conto di aver spostato lo sguardo, concentrandomi sul quaderno che tengo tra le mani. Quando però riporto i miei occhi su Adrien, la sua espressione mi lascia basita.
Labbra socchiuse, stupore sul suo viso ed occhi leggermente spalancati. Posso essere anche una persona sciocca ma questa reazione non è esattamente quella di una persona estranea a tutto. Sembra più l’espressione di un ragazzo sorpreso da un avvenimento che non pensava possibile. Non so dire il motivo ma qualcosa nei suoi occhi, o forse nella strana piega appena accennata della sua bocca, mi lascia intendere che lui sia quasi sollevato da tutto questo.
Sono costretta a sbattere le palpebre un paio di volte, in cerca di un significato diverso da quello che leggo sul suo volto. Non è possibile che lui sia sollevato da questa notizia, non è possibile che sia addirittura quasi felice. Devo essere impazzita, Adrien non potrebbe mai provare questo nei confronti di un amico.
Non può essere.
Le mie labbra si distendono in una linea retta mentre cerco di svelare quel mistero. Un’idea sfiora la mia mente ma prontamente la elimino, rinchiudendola in un cassetto molto lontano dalla realtà.
Non può essere.
Che lui sapesse?
Non può essere.
Che lui abbia sempre saputo? Che fosse questo il motivo per il quale sembrava osservarmi sempre più spesso nell’ultimo periodo?
Forse era solamente preoccupato per lui, per Luka, per quel ragazzo che l’ha accolto nella sua vita e nel suo gruppo con tanta simpatia.
Deve essere così.
Le mie amiche continuano a discutere, arrivando anche ad insultare la fantomatica ragazza che ha saputo ferire il fratello di Juleka.
“Deve essere davvero senza cuore”
“Luka non se lo meritava”
Il rumore dei palmi delle mie mani che sbattono contro la superficie in legno riecheggia per qualche istante, attirando l’attenzione di tutti. Fortunatamente anche la mia mente torna al presente, al ruolo che devo interpretare, quello dell’amica sconvolta e preoccupata. Controllo velocemente che le lacrime che sento pungere i miei occhi rimangano incastrate per qualche altro minuto e mi volto verso Juleka.
“Deve essere proprio una stupida ad aver lasciato un bravo ragazzo come lui. Mi dispiace molto Juleka, davvero. Vorrei poter fare qualcosa ma sono sicura che troverà qualcuno che saprà apprezzarlo di più”
Così dicendo mi volto un’istante verso Adrien e quando sento l’ennesima lacrima solcare le mie guance, fingo di sistemare qualcosa all’interno dello zaino. Mentre il gruppo riprende a parlare, torturandomi peggio di quanto potrebbe fare Papillon, io mi alzo e mi avvio alla porta, avvisando di dover andare in bagno.
Attraverso la soglia dei servizi con le lacrime agli occhi. Sola, in quel bagno, non smetto un attimo di camminare per la stanza, cercando di sfogare almeno in parte quella sensazione di malessere che mi ha avvolta. Solo il getto dell’acqua fredda sul volto riesce a calmarmi, rimettendo in ordine i miei pensieri.
Pochi istanti più tardi sento nuovamente la campanella suonare e, anche se ancora abbastanza provata, mi costringo ad uscire dal bagno per tornare in classe.
Fuori da quella stanza, trovo l’ultima persona che avrei voluto vedere. Con una determinazione che non credevo di possedere, ignoro la sua presenza, dirigendomi verso l’aula. È la sua mano a fermarmi, afferrando il braccio segnato dalla cicatrice. Il suo sguardo si sofferma su quel dettaglio mentre poche parole escono dalle sue labbra.
“Mi dispiace, Marinette”
Non so a cosa si stia riferendo, se a quel segno sulla mia pelle o al fatto che tra me e Luka ci fosse qualcosa e che questo qualcosa si sia trasformato nel nulla. Non riesco a capire cosa voglia sentirsi dire, quindi l’unica cosa che riesco a fare è annuire debolmente e voltarmi di nuovo, questa volta riuscendo a sfuggire alla sua presa.
Un dettaglio però non mi sfugge mentre lancio un’ultima occhiata ad Adrien che mi sta seguendo verso la classe, il suo sorriso. Non posso aver visto male, non posso aver confuso così tanto i suoi tratti. Adrien stava davvero sorridendo.
 
***
 
Buongiorno lettori!! Vi devo un’infinità di scuse ma il lavoro mi ha rapita e la prima parte di questo capitolo si è dimostrata davvero difficile da scrivere 🙁
Dunque, sono pronta! Fan Lukanette, scatenatevi xD
Cosa pensate di questo capitolo? Marinette ha fatto la scelta giusta? E Adrien? Cosa pensate di questo suo comportamento? Rimproveri, sorrisi, sguardi preoccupati e delusi, chissà mai poi perché! XD
 
Come sempre spero di riuscire ad aggiornare quanto prima ma il foglio di word è ancora vuoto quindi abbiate pietà <3
Un bacione e grazie a tutti per continuare a seguire questa mia storia malata!!
Miss_MZ93
  
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