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Autore: Ivy001    04/07/2021    1 recensioni
Quando la felicità di una famiglia viene distrutta da un evento inaspettato e inspiegabile...qualcuno scompare, la Banda si riunisce
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bogotá, isolatosi in giardino, stanco di ascoltare la confusione dei Dalì, fuma silenzioso il suo sigaro, mostrando chiari ed evidenti segnali di tensione.

“Amico mio, sai che i tic potrebbero essere contagiosi?” – la voce di Palermo attira l’attenzione del saldatore, il quale, confuso, fa intendere di non aver capito le sue parole.

“Mi riferisco alla gamba che ti trema” – puntualizza Berrote, indicando l’arto di Bogotá, che continua a muoversi nervosamente senza che l’uomo se ne rende conto.

“Sono agitato, ok? Sarò libero di avere tutti i tic di questo cazzo di mondo, no?”

“Certo” – risponde Martìn, alzando le mani in segno di resa. Sa bene che il suo compagno di squadra non è in vena di parlare di cose irrilevanti.

“Volevo solo rompere il ghiaccio”

“E io voglio restare da solo!” – ribadisce Bogotá.

Ma Palermo non demorde.

“A rischio di beccarmi uno dei tuoi micidiali pugni, voglio insistere…insomma, amico mio, chiuderti in te stesso non migliora la situazione”

Il saldatore espira nuovamente il fumo del suo sigaro, volgendo lo sguardo altrove, infastidito  - “Se sei venuto qui per rompermi con delle ramanzine di merda, meglio che torni dentro casa”

“Sei serio? Dai, fratello, voglio darti una mano. Mi dispiace vederti così. Non sei più tu!”

“Beh…quando toglieranno una figlia anche a te, e quando la persona che ami non ti vuole più, allora capirai…”

Le parole dell’omone grande e grosso della Banda, spiazzano Palermo che si ammutolisce.

“Se si tratta di Nairobi, nonostante in passato abbiamo avuto diverbi, sono stato uno stronzo, e lo riconosco, ora ho scoperto la bella persona che è! Cioè…in fondo l’ho sempre saputo. Però ero una testa di cazzo... ecco, con questo volevo dire che, se hai litigato con lei, non affliggerti. Vi amate alla follia, e insieme risolverete i problemi”
Udendo le ultime affermazioni, il saldatore emette una beffarda risata.

“Devo cominciare a pensare al discorso che faceva sempre Berlino” – riflette ad alta voce.
“Cioè?” – chiede Berrote.

“Quello sulle donne!”

Martìn lo fissa, stranito, e ascolta le considerazioni folli dell’amico – “Berlino diceva che le donne una volta diventate madri si dimenticano di te! Già… probabilmente aveva ragione”

“Che cazzo dici?”

“Nairobi dopo la nascita dei gemelli mi ha dato poche attenzioni. Forse perché sono più vecchio di lei, forse perché non la soddisfo più”

“Mi fai paura, Bogotà! Perché dici queste stronzate?”

Eppure le domande di Palermo non trovano risposta. Il saldatore continua il suo monologo, infischiandosi di chi c’è attorno, lamentando un dolore che come un pugnale affonda la sua lama in profondità e lento risale su.

Una sofferenza che lo stesso Martin coglie dallo sguardo e dal tono di voce dell’amico.

Impotente di fronte a tanto strazio, l’argentino non può far altro che ascoltare e ciò che ode non è affatto rassicurante.

“Mio figlio è bello, prestante, intelligente, e premuroso. E lei ha bisogno di qualcuno che mantenga accesa la scintilla. Forse hanno anche scopato alle mie spalle, io non devo essere stato bravo la scorsa notte, lei si è consolata così…”
“Bogotà, porca puttana! Dici sul serio?” – a quel punto, Palermo intuisce il malessere dell’amico – “Ti ha tradito? E con chi?”

Gli basta poco per capirlo. Martin ricorda che qualcuno andato via inaspettatamente c’è stato.
“Cazzo…. Emilio?!”

Il nome del primogenito risveglia Bogotá dallo stato di sconforto nel quale è momentaneamente caduto. Si accorge, solo allora, di aver riferito troppo.

“Torno dentro”

“Aspetta, dove vai? Voglio aiutarti”

“Dimentica quello che hai ascoltato” – ignorando le invadenze dell’argentino, il saldatore si incammina verso l’ingresso di casa.

“So cosa significa soffrire per amore, credimi. Però, se c’è una cosa che ho imparato, è non lasciarti divorare dal dolore”
“Quando riavrò con me Ginevra, prenderò le mie decisioni. Adesso voglio soltanto essere lasciato in pace”

Entra nella villa, lasciando il compagno di squadra con un senso di profonda e intensa apatia.

E pensare che nessuno dei due si è accorto della presenza di una terza persona, poco distante, rimasta pietrificata di fronte ad agghiaccianti confessioni.

***************************************

“Eccovi, finalmente!”

“Dove è Ginny?” – domanda Axel ad Emilio.

“Quella donna l’ha allontanata. Dieci minuti fa sono entrate in quel bagno laggiù! Ancora non escono!”

“Forse sospetta di te?” – ipotizza il gitano.

“Non so, io ho avuto modo di scambiare due parole con Ginevra! Non le ho rivelato neppure di essere suo fratello”
“Bene, meglio così! Non deve sospettarlo” – precisa Ivana.

“La faccenda è sempre più sospetta! Nostra sorella è legatissima a quella sconosciuta!”

“Bisogna agire quanto prima” – aggiunge il giovane Jimenez – “Potrebbe minacciarla a dire determinate cose”

“Aspettatemi qui” – ordina Varsavia, decisa a prendere in mano le redini della situazione. Lo fa, raggiungendo l’esatto luogo nel quale si erano serrate le due fuggitive.

Con estrema noncuranza, la ventenne entra nella Toilette, constatando che molte donne in coda hanno evidentemente causato la permanenza della signorina Honey e di Ginevra in quel posto poco piacevole.

Ivana riconosce subito Ginny e si emoziona nel guardarla. Cerca in ogni modo di non destare sospetti, e studia in silenzio le espressioni e le mosse della famosa insegnante.

“Possiamo tornare a casa? io ho sonno” – la bambina si stropiccia gli occhi, e supplica la tutrice di andare via.

“Dobbiamo partire, mi amor. L’hai capito questo, sì?”

“Non possiamo portare anche i nonni insieme a noi?” – domanda ingenua e dolce da parte della piccina.

Caroline Jones si guarda attorno, ignorando di avere alle spalle una minaccia alla sua fuga.

E così le dice – “Loro ci raggiungeranno presto”

“Io vorrei salutare almeno mio fratello Seba, e mia sorella Alba. Mi mancano tanto e sono giorni che non li vedo”

A quel punto, l’adulta si vede costretta ad usare l’arma del rimprovero.

“Sei stata tu a volere questa cosa, Ginevra! Ricordi? Adesso ti stai tirando indietro?”
Se c’è una cosa che la maestra Honey sa fare è schiacciare chi ha davanti a sé con il fardello del senso di colpa.

“E’ vero, hai ragione” – con quelle parole, abbassando lo sguardo, Ginny accetta la sconfitta. La sua insegnante ha ragione, e non le resta che stare a quanto deciso.

“Vedrai che ci divertiremo noi due insieme. Non abbiamo bisogno di nessuno” – dopo il tono severo, la donna si mostra dolce e tenera.

Una tattica, quella della dolcezza, servitale, tempo addietro, per il suo interesse personale.

Ivana, nel frattempo, cerca di capire le intenzioni della teacher. Sente di dover giocare la sua mossa quanto prima!  Prima che sia troppo tardi.

Le basta scorgere una lacrima sulla guancia di sua sorella per darle la scossa decisiva e trasformarsi da ragazza educata e di buone maniere, in una leonessa pronta a sbranare chiunque si avvicina ai suoi cuccioli.

“Maledetta” – è il primo pensiero della ragazza, che trattiene la rabbia stringendo con forza i pugni, al punto di conficcare le unghie nella sua stessa carne.

Pochi istanti dopo, la maestra Honey entra nella toilette ricordando alla bambina di rimanere ferma al suo posto, accanto ad uno dei vari lavabi.

“Non uscire da qui senza di me” – le ribadisce più volte.

Finalmente l’occasione che Varsavia aspettava.

“E’ il momento di conoscerci, sorellina del mio cuore” – pensa la ventenne. Poi si posiziona di fianco alla bambina, fingendo di aspettare il turno per utilizzare la toilette.

Con la coda dell’occhio, Ginevra scruta la sconosciuta, percependo in lei strane vibrazioni.

“Sei in coda?” – domanda la maggiore per rompere il ghiaccio.

“Ehm…no, sto aspettando la mia…” – Ginny era prossima a dire “maestra”, poi la voce insistente di Caroline Jones le rimbomba nella testa, e si sente costretta a dire – “la mia mamma”

“La tua mamma?” – ripete, sbalordita, Ivana.

La situazione è grave, pensa l’ucraina.

E udire il rumore dello scarico, significa il ritorno della Honey sulla scena.

Così Varsavia ha poche carte da giocare.

Nel panico più totale opta per la soluzione più drastica.

“Ginny, io ti conosco”

“Cosa?”- si ritrae, terrorizzata, la piccola.

“Mi chiamo Ivana e sono tua sorella maggiore! Sono qui per salvarti…”

Gli occhi lucidi della ventenne sono la prova per Ginevra della verità.

“Hai lo stesso neo di papà” – precisa poi la piccola, indicando il segno sul viso della bionda.

“Vieni via con me, ti prego” – le porge la mano, in attesa di scappare.

Eppure la minore è poco convinta, anzi si direbbe che non ha alcuna intenzione di farlo.

“Non voglio” – risponde, correndo via e disobbedendo agli ordini dell’insegnante.

**************************

“Ehi, ma quella è Ginny” – esclama Emilio, riconoscendo la sorellina correre via.

E’ Axel stavolta a non esitare. Si getta tra la folla di persone che occupano l’aeroporto e segue la bambina.

Anche Varsavia, a passo veloce, si ricongiunge a Yerevan.

“Che è successo?” - le chiede lui, cercando spiegazioni.

“Ho parlato” – confessa, dispiaciuta, l’ucraina.

“Cazzo, Ivana! Non dovevi. Sarà difficile riportarla con noi. Quella donna l’ha plagiata per bene, sono sicurissimo che Ginny vuole andare via da Perth perché la maestra l’ha convinta che è la cosa giusta da fare”

“Forse se vedesse Alba e Seba cambierebbe idea” .- riflette la giovane.

“In che senso?”

“Prima ho sentito che chiedeva alla Honey di vedere i fratellini!”

“Bene, cosa aspettiamo? Chiama papà, che qualcuno portasse qui Alba e Sebastìan. Bisogna giocarsi il tutto per tutto, adesso!”

***********************************************

I minuti seguenti sono cruciali.

Ginny è seguita da Axel e avverte la sua presenza alle spalle, corrergli dietro.

Non conosce l’identità di quella persona eppure il presentimento che possa essere qualcuno legato alla sua famiglia inizia a farla temere.

In lacrime, non trova una via di fuga e nel giro di qualche secondo viene raggiunta dal gitano.

“Cosa vuoi da me? Non ho paura di te” – si pone sulla difensiva, tirando fuori le unghie.

“Aiutarti” – dice il moro, scrutando la evidente somiglianza con quella spaventata e, al contempo, grintosa bambina.

“Voglio la mia mamma!”

“Nairobi o la maestra Honey?” – la domanda di Axel è voluta e insospettisce ancor di più Ginevra.

In silenzio fissa i dettagli di quello sconosciuto e giunge immediatamente alla soluzione.

Con il cuore accelerato e gli occhi stracolmi di lacrime, indietreggia – “So chi sei… e da te non voglio niente”

 

 

 

 


 

   
 
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