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Autore: Atenah    07/07/2021    0 recensioni
Avete mai pensato che il mondo che conosciamo non è altro che un fascio di storie? Esse si intrecciano fra di loro, annodandosi, confondendosi l’una con l’altra e non c'è nessuno che le possa conoscere nella loro interezza.
Vi narrerò quindi una storia di Inganno e Fedeltà che, come potrete immaginare, parlerà anche di caos e tempeste, essendo ciò veramente inevitabile quando si uniscono due opposti.
Loki x Sigyn
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frigga, Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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ᛚᛁᚦ ᚾᛁᚢ Lið níu

(Continuo nono)

 

 

Si era persa nelle lunghe ombre di un incubo, pensò. Uno di quei sogni che Nótt1 manda a rendere la tua mente pesante e la riempie con la voglia di scappare, poi però Sigyn si rese conto di essere sveglia e di essere caduta nella stessa illusione per l’ennesima volta. Si alzò dal letto in fretta, perché temeva che stesse impazzendo, e camminò nervosa lasciando che le piastrelle le raffreddassero le piante dei piedi.

Non sapeva dove si trovasse di preciso, solo che suo zio l’aveva accompagnata lungo un corridoio sconosciuto del palazzo dorato dopo l’udienza con il Padre Tutto e che l’aveva lasciata in quella stanza. Era passato del tempo, ma Sigyn non sarebbe stata in grado di dire se si trattasse di ore o settimane. Non vi erano finestre, la luce era quella tenue delle lampade ad olio ed era sempre costante, non vi erano ombre arrampicanti che il sole buttava sui muri, ne la luce della luna e delle stelle. C’era solo lei, la stanza e la sua vergogna.

Si sedette per terra lasciandosi confortare dal fresco delle piastrelle e poggiò il capo sulle ginocchia. Doveva pensare, lasciare che i suoi pensieri seguissero strade dritte e continue, o sarebbe impazzita. Decise che doveva essere nella stanza già da minimo due giorni, le erano stati portati sei pasti, poi si rese conto di non sapere se fosse notte o giorno e si sentì sprofondare. Si alzò di nuovo in fretta, troppo, tutto intorno a lei girò pericolosamente, e raggiunse la porta toccando con mani tremanti la maniglia. Non si lasciava girare, era chiusa nella stanza. Si ricordò di aver già compiuto lo stesso gesto nelle ore passate e dalla bocca le uscì un verso strozzato. Ritornò a stendersi sul letto e pensò di non sapere più chi fosse, sentiva tante voci nella sua testa e credette che si trattassero di quelle dei Vanir: “Traditrice!” gridavano e Sigyn piangeva. Come Àsynja ok Hylli2, era conosciuta nei Nove Regni, Dea della Fedeltà. Vi sbagliate, pensò, vi sbagliate tutti. Aveva cancellato dal suo cuore tutti i valori che lei aveva sempre ritenuto più importanti: l’amore verso la propria patria ed il popolo di essa, verso la famiglia, verso la natura. Si era bendata gli occhi davanti al Chaos che lei stessa aveva creato con la sua lussuria e si era lasciata travolgere senza opporre alcuna resistenza, ingenua. Non era stata forte come avrebbe dovuto essere una Principessa. Lo aveva detto al Principe corvino, smettila di scombussolare la mia vita, ma quando ce lo aveva avuto davanti era stata lei a baciarlo per prima, lei a cercarlo nelle sue stanze buie di notte per stilare un contorto patto amoroso. Era sempre stata lei, solo lei. Si era addirittura immaginata di amarlo. Loki aveva capito molto meglio come stavano le cose e non aveva avuto paura di dichiararle ad alta voce davanti al Padre Tutto. Erano stati due amanti persi in pazzia e carnalità. L'Infedeltà era venuta ad occupare una parte enorme della sua vita e Sigyn singhiozzò graffiandosi le spalle.

Forse Nótt ebbe compassione, perché la donna dai capelli di luna finalmente si addormentò fra lacrime e pensieri che si fecero pian piano più silenziosi.

ᛚᛋ

La porta fu aperta e subito richiusa, c’erano passi frettolosi e poi le mani setose di sua zia che la scossero fino a far scivolare dalle palpebre l’ultimo velo di sonno. “Alzati” disse e man mano che aprì gli occhi Sigyn si accorse che la luce era cambiata, era più vivida. Vi erano due ancelle che avevano appoggiato due nuove lampade sul piccolo tavolo al centro della stanza e con loro avevano portato una cassa e boccettine varie.

Gli occhi della Vanir si abituarono lentamente alla nuova luce. “Che giorno è?” chiese stupendosi quasi del suono della sua voce che non sentiva da tempo. Freija indicò alle ancelle di aprire la cassa e poi si volse verso la nipote, senza però risponderle: “Svestiti” disse solo.

Qualcosa che riconobbe come paura o angoscia irruppe in lei, era quel sentimento che si prova quando un bicchiere di cristallo sta cadendo a terra e sai che si frantumerà in mille pezzi. Sigyn sapeva di stara cadendo e guardava sotto a sé vedendo però solo buio senza riuscire a scorgere l’ombra del pavimento sul quale si sarebbe schiantata. Eppure sapeva che il momento era vicinissimo.

Quando si sedette nuda sulla sedia che le ancelle avevano spostato vicino al tavolo, si sentì esposta come non mai. Non era la prima volta che era aiutata a vestirsi, ma Sigyn aveva freddo e senza uno specchio davanti a sé nel quale potersi vedere, sobbalzava ad ogni tocco delle due serve che lisciavano la pelle con oli aromatici e le pettinavano i capelli. Sentiva una gran confusione in testa, come il ronzio di un’arnia, e di tanto in tanto lanciava un’occhiata a sua zia che non intercettava però mai il suo sguardo. Fu fatta alzare e sentì la seta leggera del vestito scorrere sulla sua pelle. Avrebbe voluto guardarsi, ma Freija le teneva il viso dritto mentre nascondeva tutte le imperfezioni con un pennello leggero per poi ammorbidire le sue labbra con un balsamo profumato che a Sigyn parve terribilmente dolce. “Cosa sta succedendo? Che giorno è?” osò chiedere un’altra volta, anche se conosceva già la risposta, l’aveva sentita dalle labbra del Padre Tutto. “Ti sposi, Sigyn” le disse Freija. La collana di opali che le mise al collo pesava come una catena di ferro.

“Scusatemi” le uscì improvvisamente dalla bocca perché era ciò che i suoi pensieri urlavano, ma non era stata sua intenzione dirlo ad alta voce, quindi cercò di formulare meglio e riordinare le parole. “Mi dispiace” riprovò, ma la sua voce si stava già spezzando: “Mi dispiace così tanto” disse ancora e nuove lacrime le pizzicarono gli occhi. Sua zia le poggiò un fazzoletto soffice sul viso prima che il pianto potesse bagnare le sue guance. La sua voce era meno dura, ma neanche consolante: “Non piangere, non ce n'è motivo, rovinerai il trucco.” Per la prima volta dopo lunghi anni Sigyn desiderò avere la madre vicina, voleva che l’abbracciasse e le accarezzasse i capelli dicendo che qualunque cosa stesse succedendo, lei ci sarebbe stata a darle un altro abbraccio. Faceva freddissimo.

ᛚᛋ

Loki teneva gli occhi chiusi ingannandosi di stare dormendo tranquillo, di essersi persino scordato di che giorno era, che non fosse importante. Aveva passato ore ed ore fra l’oblio della notte ed insopportabili immagini di fiori blu e capelli di luna che gli avevano riempito la mente e l’avevano fatto infuriare. Avrebbe visto quei capelli tutti giorni ed essi gli avrebbero ricordato di giorno in giorno la sua stupidità e leggerezza.

Il sole gli schiaffeggiava sfacciatamente il viso e quando sentì bussare alla sua porta spalancò definitivamente gli occhi con un ringhio che avrebbe fatto nascondere la coda fra le gambe anche ad un lupo. Entrarono due servi ed un’ancella: “Mio Principe, siamo stati inviati da…” parlò quello che sembrava più coraggioso tra i due uomini anche se la sua voce quasi tremava. Loki lo zittì subito: “Fuori” ordinò. L’ancella batté le palpebre: “Ma mio Principe, il Padre Tutto…” bisbigliò, ma le parole le morirono in gola. “Ho detto fuori” ordinò di nuovo alzando la voce ed i servi si affrettarono a sparire. Era benissimo in grado di vestirsi da solo, avrebbe dovuto indossare il suo solito abito cerimoniale.

Si alzò definitivamente con un colpo di reni e si portò le mani al viso reprimendo un grido, pensò che avrebbe voluto sellare Vindraustri e sparire fra le lande desolate, poi sarebbe tornato dopo un tempo infinito e tutti si sarebbero scordati del matrimonio. Matrimonio. Bastava la parola per fargli venire una stretta allo stomaco. Mi sto per sposare. Fu quasi sul punto di emettere una strozzata risata sarcastica. Se una settimana prima qualcuno gli avesse chiesto il suo parere a riguardo, avrebbe scommesso tutti i suoi averi su Thor che come primo dei due si sarebbe trovato sull’altare a fianco di qualche Æsinna di origini nobili. Non era andata così.

Volse il suo sguardo verso il balcone sperando di trovare il cielo ingrigito e pesante, sperò di sentire lo scroscio di una pioggia improvvisa che avrebbe rovinato la giornata a tutti. Invece il sole splendeva più luminoso che mai e l’aria era limpida e calda. Distolse lo sguardo quasi con disgusto stringendo la mascella.

I vestiti gli sembrarono stretti quando se li mise ed il mantello pesava sulle sue spalle, si osservò allo specchio e notò infastidito che aveva uno sguardo stanco e la fronte corrugata dalla rabbia. Si obbligò a distendere i suoi lineamenti e calare la maschera reale sul suo viso, sapeva che le voci si erano già sparse per Asgard e tutti lo avrebbero guardato per trovare anche solo una briciola di rimpianto, una scintilla d’ira, nei suoi occhi e si sarebbero concessi un sorrisetto divertito. Ma non avrebbe dato a nessuno l'opportunità di fare altrettanto, il suo sguardo sarebbe stato di ghiaccio, si promise, ed avrebbe fatto rabbrividire tutti coloro che avrebbero osato guardarlo con divertimento. Non c’era modo di scampare alla sua pena, i verdetti di Odino erano sempre terribili ed ineluttabili e così, pensò Loki a denti stretti, avrebbe affrontato la cerimonia a testa alta ed avrebbe guardato suo padre dritto negli occhi sfidando il suo giudizio severo. Aveva sempre ammirato il Padre Tutto, si vantava di avere appreso le arti politiche da lui, di essere intransigente con i nemici ed generoso con gli alleati proprio come Odino era, ma ora che percepiva sulla sua pelle la sua sentenza avrebbe voluto gridargli che era suo figlio e che non poteva punirlo così duramente. Sciocco ingenuo.

Uscì dalle sue stanze pronto a fulminare con lo sguardo chiunque incrociasse, invece si trovò dinanzi Frigga intenta a bussare. Quasi sobbalzò e fece un passo indietro: “Madre.” Aveva la bocca secca. Lei, vestita con un bellissimo abito vermiglio, gli sorrise: “Sei in anticipo, Loki” disse e poi sollevò verso di lui un oggetto lungo avvolto in un panno di velluto verde ed una scatolina di legno intagliato e rifinito con oro. “E ti sei dimenticato di questi” continuò posando i due oggetti nelle sue mani.

Gli sposi si scambiavano anelli e spade durante la cerimonia ed era tradizione per lo sposo di procurare entrambe insieme alla madre, mentre la sposa sarebbe stata assistita nel compito dal padre. Loki aveva passato i tre giorni precedenti cercando di cancellare dalla sua mente l’imminente matrimonio, forse per quello, nonostante tutte le strazianti lezioni di etichetta che aveva dovuto seguire insieme a suo fratello, si era completamente dimenticato di quel dettaglio. Come spesso fu incredibilmente grato a sua madre, anche se la rabbia continuava a dominare in lui, perciò stette rigido sulla porta con il pacchetto di velluto e la scatolina in mano e si limitò ad un: “Grazie.”

Frigga sospirò indicando i due oggetti: “Non vuoi neanche vederli?” Loki abbassò lo sguardo stringendo le labbra: “Avrò tutta la mia vita d’ora in avanti per vederli tutti i giorni, no? Perché rovinarmi la sorpresa?” disse con tono forse troppo duro e sarcastico, perché sua madre sospirò nuovamente ed allungò una mano per accarezzar gli il viso. Lui si ritrasse, ma quando vide lo sguardo di Frigga riempirsi di delusione di chinò per baciarle la guancia: “Grazie di aver pensato a tutto, madre” le disse. Lei gli regalò un altro sorriso pensoso: “Non essere così duro con gli altri, Loki, ma soprattutto non esserlo con te stesso.”

ᛚᛋ

La Sala di Odino3 era ridicolamente piena e rumorosa. Il numero di persone presenti era imbarazzante, Loki sapeva benissimo che la maggior parte delle persone erano lì solo per poter riempire le loro pance al ricco banchetto che ci sarebbe stato in seguito alla cerimonia o sperando di mettere le mani su qualche pettegolezzo succulento. La Sala gli parve improvvisamente molto più grande e lunga di quello che era sempre stata ed il tragitto dalla porta principale verso il trono fu insopportabile. Era calato silenzio, tutti gli occhi erano su di lui e gli Æsir calavano il capo al suo passaggio, ma allo stesso tempo sentiva i bisbigli delle persone nascoste nelle ultime file che si confondevano tra gli altri.

Vicino al trono c’erano Frigga, Thor, Freija ed anche Sif ed I Tre Guerrieri, ma Loki teneva lo sguardo fisso su suo padre, come si era promesso, ed Odino guardava lui, ma allo stesso tempo tutto il resto, facendolo infuriare. Si sentì impotente come non più da tanto tempo e così strinse le mani intorno la scatolina di legno e la lama avvolta nel tessuto come per trattenere la sua apparente calma che era sul punto di dissolversi in aria.

Arrivò dinanzi il trono dove i sacerdoti avevano preparato un piccolo altare cerimoniale e si volse verso gli Æsir con il collo rigido e bruciando con lo sguardo tutti coloro che osavano posare gli occhi direttamente su di lui, si sentiva umiliato. Poi pian piano la folla iniziò a volgere i visi verso l’entrata, tutti aspettavano la sposa.

Quando lei fu lì e la Sala si fece nuovamente silenziosa, Loki si disse che non l’avrebbe guardata perché si rese conto con ulteriore fastidio che la sua fredda maschera gli sarebbe scivolata dal volto se lo avesse fatto, così tenne la testa alta, ma senza mai posare gli occhi su di lei.

ᛚᛋ

La Sala di Odino era piena di voci e di luce ed a Sigyn bruciavano gli occhi, offesi dall’improvvisi raggi di sole che dopo tre giorni trascorsi nell’oscurità tornavano ad illuminarle il viso. Per qualche motivo temeva di cadere, il vestito, seppur di stoffa leggera, era lungo e non osava appoggiarsi troppo al braccio di suo zio che la stava conducendo verso il trono e l’altare e che non le aveva rivolto neanche una parola. Aveva freddo, desiderava andare via e rifugiarsi in un abbraccio consolante e che le ridesse forza. Era sempre stata brava a mantenere un contegno reale in tutte le situazioni, ma quel giorno non riuscì nemmeno nell’intento di dipingersi un falso sorriso sulle labbra e quando passò la delegazione di Vanaheimr quasi pianse. Traditrice.

Nonostante non avesse voluto fare altro che scappare lungo tutto il tragitto verso l’altare, nel momento in cui Freyr lasciò il suo fianco e si trovò sola in piedi vicino al Principe corvino, le girò la testa e ci fu solo la vergogna ad impedirle di cadere rovinosamente a terra. Avrebbe voluto tenere lo sguardo basso, invece si obbligò a posarlo su di Loki, così da rammentare bene a sé stessa le azioni imperdonabili che aveva commesso. Lui guardava gli Æsir, come per sfidarli tutti e sembrava calmo, ma Sigyn poteva vedere la vena del collo pulsare e chiuse per un attimo gli occhi pensando a quanto ingenua era stata.

Odino si era alzato e con un battito di Gungnir4 aveva ordinato silenzio invitando gli sposi a girarsi verso di lui. Scese le scale del trono per raggiungerli: “Æsir, Vanir, popoli dell’Yggdrasil, oggi ci riuniamo qui in liete circostanze poiché oggi celebriamo l’unione di un uomo ed una donna ed il loro amore. Oggi celebriamo il Principe Loki di Asgard, mio figlio, e la Principessa Sigyn di Vanaheimr, figlia di Vígi, che da oggi in avanti condivideranno le loro vite in matrimonio.” La folla esplose in acclamazioni ed applausi che furono però sommessi da un gesto del Padre Tutto.

La Vanir sentì il suo respiro accelerare, il momento era arrivato. Odino prese la sua mano sinistra e la destra di Loki, le unì e poi le circondò con un nastro di seta bianca. Combatté furiosamente con l’istinto di sottrarsi al tocco che percepiva quasi come colpevole, la mano di Loki pareva bruciare. “Pronunciate il giuramento” disse il Padre Tutto poi e Sigyn dovette battere le palpebre per obbligarsi ad eseguire quanto le veniva chiesto.

Þú eru blóð ór minn blóð, ok leggr ór minn leggr.

ek gefþúr minn líkami, at vér tveir knáttmunur einn.

ek gefþúr minn andi, `til okkarr fjǫr munu munu gǫrr.

þú megeigir eiga mik fyrir ek belong til ek sjálfr

en hvile vér báð vilja þat, ek gefþúr at sem er minn til gef

r þú megeigir kommanð mik, fyrir ek em freer maðr

en ek munu þjóna þú inn þau stígr þú þurfa

ok hunangsfall munu meir sváss koming fran minn hönd5

Pronunciarono il giuramento insieme, come le era stato insegnato fin da piccola, e fu sopresa di trovare la sua voce. Poi il nastro intorno alle loro mani fu sciolto e Sigyn dovette voltarsi verso di lui.

ᛚᛋ

Le parole del giuramento non gli erano suonate neanche come sue, era come se stesse assistendo in terza persona al suo stesso matrimonio, la rabbia occupava ancora una parte troppo quande nella sua mente.

Capì che non avrebbe piú potuto ignorarla oltre, era il momento dello scambio di anelli e spade. Quando si girò verso Sigyn rimase quasi abbagliato dalla sua immagine avvolta nel bianco del suo vestito. La sua chioma di luna era raccolta in un’intricata pettinatura vanir che sembrava tirarle i capelli ed il suo capo era circondato da una tiara d’argento che luccicava in modo improbabile al sole, il suo viso era perfetto. Sembrava una statua come quando l’aveva vista tre giorni prima dinanzi ad Odino, l’unica cosa che sembrava storpiare con la sua immagine immacolata erano gli occhi arrossati. Aveva pianto? Povera Principessina, pensò sarcastico, ma non riuscì comunque a guardarle negli occhi.

Si scambiarono gli anelli. Frigga aveva scelto un gioiello bellissimo, sicuramente opera dei nani di Nidavellir, era sottile, ma allo stesso tempo d’incredibile eleganza. Dei fini fili d’oro andavano ad intrecciarsi attorno ad uno smeraldo di piccole dimensioni, ma di un colore straordinariamente chiaro; Loki ne avrebbe lodato il fabbro se non si fosse trattato dell’anello per la sua sposa. Quello che Sigyn gli fece scorrere lungo l’anulare era più semplice anche se sicuramente di valore elevato, si trattava di un gioiellino d’argento dai motivi intrecciati, probabilmente un cimelio di famiglia.

Successivamente estrasse la spada dal velluto, era leggera e decorata con vari motivi lungo la lama, perfetta e letale usata anche dalla mano di una giovane donna, un’altra scelta azzeccata da parte di Frigga. Si inginocchiò davanti alla sua sposa stringendo la mascella e le porse l’arma senza guardarla. Sigyn accettò il dono con un lieve inchino e poi gli porse in cambio una spada che Loki, nonostante la sua arma prediletta fosse il pugnale doppio, dovette designare come per lo minimo di ottima fattura. La lama era sottile e pulita, niente di particolare, ma l’elsa era composta da una guardia d’oro raffigurante l’Yggdrasil e lungo l’impugnatura i rami dell’Albero della Vita sembravano proseguire in sottili fili dorati.

Loki stette a lungo ad osservare la spada, come se si fosse perso nei perfetti dettagli anche se sapeva bene cosa sarebbe dovuto seguire ed il suo interesse non era che un altro inganno rivolto a sé stesso.

ᛚᛋ

Sigyn si era preoccupata più di tutto riguardo quel momento. Aveva temuto che quel bacio l’avrebbe esposta, rivelato a tutti quanti baci segreti si erano scambiati e quanti se ne erano lasciati l’uno sul corpo dell’altro. Invece quando Loki la baciò quasi non lo riconobbe, non fu altro che uno sfiorare di labbra, perfettamente composto e freddo. Anzi che esserne sollevata, si rese conto di provare delusione che fu sostituita subito dopo da una severissima vergogna per i sentimenti provati.

La folla esplose in applausi, grida, esclamazioni che rimbombarono nelle sue orecchie come tuoni e si sentì di nuovo girare la testa. Sobbalzò quando improvvisamente si trovò sua zia davanti che prese entrambe le sue mani e le posò in quelle di Loki, c’era di nuovo silenzio. Freija si fece porre una coppa dorata contenente latte e petali di fiori che alzò sopra le loro mani. “Che questa unione sia fertile e produca tanti figli che porteranno felicità e gioia al matrimonio, ad Asgard come Vanaheimr ed a tutti i popoli dell’Yggdrasil” proclamò e poi bagnò le sue dita nella coppa facendo cadere alcune gocce sulle mani intrecciate degli sposi.

Cercò gli occhi di Loki invano, il Principe teneva lo sguardo dritto davanti a sé, come un generale in battaglia. Era così sola.


 

1Dea nordica della notte e del sonno

2“Dea della Fedeltà” in nordico

3La Sala del Trono prende nome dal Padre Tutto

4Si tratta dello scettro/lancia di Odino

5Traduzione: “Tu sei Sangue del mio Sangue e Ossa del mio Osso.

Ti do il mio Corpo, affinché noi Due possiamo essere Uno.

Ti dono il mio Spirito, finché la nostra vita non sia compiuta.

Non puoi possedermi perché appartengo a me stesso/a

Ma mentre entrambi lo desideriamo, io ti do quello che è mio da dare

Non puoi comandarmi, perché sono una persona libera

Ma io ti servirò nei modi che richiedi

e il miele avrà un sapore più dolce dato dalla mia mano”

   
 
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