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Autore: Mercurionos    07/07/2021    0 recensioni
Vegeta, il nostro eroe. Vegeta, il nostro amore segreto (dipende da voi quanto). Vegeta, il più forte di tutti. Ma di tutti cosa, esattamente? Eccovi le risposte alle domande che non vi siete mai posti, poiché siete persone dotate di raziocinio. Eccovi la prova che la cucina italiana è la migliore del mondo. Eccovi il portale ad un mondo pieno di idee innovative, rivoluzionarie, e stupide. Eccovi la dimostrazione che concetti come "limiti" o "decenza" non hanno alcun significato nelle fanfiction italiane di Dragon Ball. Eccovi Vegeta in ogni tipo di salsa, con ogni tipo di piccantissima spezia. Vegeta in ogni situazione che lambirà la mia coscienza, in ogni mondo che possa sopportare la sua inclusione.
In poche parole è una raccolta di AU che spero risultino divertenti, con al centro la flessibilissima persona di Vegeta:
1) Ingegnere
2) Paninaro
3) Zar (Songfic)
4) Poeta (Poesia)
5) Re Leone (Musical)
7) Dark Souls (Metafic)
8) James Joyce (Flusso)
9) Il Sesto Senso
10) Narnia
11) Haiku
12) Dragon Quest
14) Intelligenza Artificiale (SPERIMENTALE)
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Freezer, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU, Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ho recentemente giocato al primissimo Dragon Quest, ed è ancora un bel gioco, nonostante l'età!
Anni fa ho fatto uno schizzo di Vegeta con indosso l'armatura di Loto, quindi ho ben pensato di farci su una storiella. Spero vi piaccia!


Vegeta, il Cavaliere del Drago (uò uò)

 
Il continente di Alefgard è in pericolo. Che incipit entusiasmante. La principessa Bulma è stata rapita dalle malvagie armate di Cell, il signore degli androidi. L’oscurità striscia per le terre del regno, e i mostri proliferano come non mai. E pure la Sfera del Drago della città di Tantoolong è stata rubata. Come se non bastasse, c’è anche il riscaldamento globale e ovunque si stanno formando paludi velenose che tolgono 1 PV ad ogni passo. Che schifo!
 
Ma il re Brief ha tutto sotto controllo. Inoltre, non è molto interessato alle vicende che sconvolgono il suo mondo: il lettore CD si è rotto, e pure la macchina del caffè fa le bizze! Stiamo invero vivendo tempi duri. Pressato però dall’opinione pubblica, il re è costretto a chiamare il prode Vegeta, erede del leggendario guerriero Yamoshi, che nel lontano passato aveva compiuto imprese eroiche non molto definite. Tranquilli, ve lo spieghiamo nel sequel fra trent’anni.
 
“Ordunque arrivasti, prode Vegeta! La mia terra è in pericolo: lo stereo e la macchina del caffè si sono guastate, e ieri sera hanno rubato la mia pupilla, la croccantissima principessa Bulma, e Cell ci minaccia dal suo tetro castello. Tu sei l’unico che può salvare mia figlia, il mondo, e’l mio pomeriggio bello. Orsù, mettiti in viaggio, prode cavaliere, e compi il tuo mestiere!”
“Sire, accetto magno cum gaudio la missione. Ma, di grazia, potreste fornirmi una barca? Il filibustiere Cell vive letteralmente nel castello al di là del fiume, posso andarci in questa occasione.”
“Giammai! Non abbiamo tali futuristici marchingegni. Ora va’, eroe, che devo tornare a dell’astronave i disegni.”
 
Et così s’incamminò il prode Vegeta. Giacché nessuno volle donargli una spada, si diresse nella città di Tantoolong in cerca di un’arma ramata. Ma appena entrato nel borgo, venne aggredito: una bionda di nome Laura (no, non è la principessa, la principessa si chiama Bulma), d’occhio scatenato, lo assalì e lo trascinò seco nella locanda. Furono notti, giorni ed altre notti di fuoco nel modesto albergo, e si sentirono grida e gemiti sì acuti provenire dalle stanze della magione. La massiccia governante fu tutta un peperone quando chiese il conto all’eroe. “Avete dormito poco, nevvero?” Scherzò, e l’eroe si fece ortaggio anch’egli. Ma dopo tutto riuscì a procurarsi uno spadino bronzeo, e pure uno scudo di pelle, quale lusso!
 
(Questa è letteralmente la prima cosa che accade nel gioco. Sul serio. È un capolavoro)
Un uomo all’uscita salutò il prode guerriero: “Salve, coraggioso amico. Lo sapete che nelle terre del Nord sorge Crilinham, la città del cantico?”
L’eroe rispose: “Squinternato, io non vi conosco, né mi serve il vostro ausilio. Sono il grande Vegeta e, per i Kaioh, parlatemi ancora senz’aver ricevuto richiesta, e vi reciderò la testa!” E rubò tutte le torce del signore, poi se ne andò.
 
Vegeta s’incamminò per le strade inesistenti. Ma quali principesse e quali lettori di musicali dischi! Pensò tra sé e sé, Voi avete bisogno d’infrastrutture! Qui si passa da monti a pianure e paludi, e’l deserto è nei vicini contadi! Ma non vedo ghiacciai: ove potrei sfidare Broly, in queste terre?
 
Calò la notte, e vi fu necessità di rifugio. Allora Vegeta scovò l’ingresso d’un’angusta grotta, e v’entrò, ma grotta non era! Accese la torcia, e navigò nei suoi tetri meandri, così trovò un giardino segreto. Al centro s’ergeva una stele di pietra: Vegeta, dalla visione intrigato, s’avvicinò e lesse: “A te, mio discendente. Il mio nome è Yamoshi, e qui spendo il mio eterno riposo. Scacciai le tenebre, ma necessitai d’aiuto di tre sacre reliquie che ho lasciato ai miei amici, i saggi dei saiyan. Ma la stele è finita e non c’è spazio per dirti di quali reliquie hai bisogno per salvare il mondo. Ciriciao!”
 
Vegeta pregò per lo spirito dell’illustre antenato, e poi mostrò il medio dito alla fredda tomba: “Stupido avo, filibustiere dai rossi capelli, perdesti tempo a scusarti, quando avresti potuto almeno dirmi delle reliquie le roccheforti!” Ma la notte in fretta passò, e coi raggi dell’alba il prode nuovamente s’incamminò.
 
I mostri lo attaccarono in massa, ma solo uno alla volta, e Vegeta li sbaragliò attaccandoli uno per uno. “Odiosi slime dal muso ottuso, un punto d’esperienza conferite, fate spazio a qualche mostro più carnoso!” Arrivò alla costa, e Crilinham fu in vista.
“Benvenuto, viandante – lo salutarono i villici – nella città della cultura. La tomba di Crilin vorrai visitare, ma stai attento!”
“Giacché dai mostri è infestata, dicete?” disse apprensivo l’eroe.
“No, guerriero, molto peggio! La porta è chiusa, e non abbiamo una chiave!”
 
Vegeta fece un viso contrito, e s’avvicinò al polveroso mausoleo. Alzò una mano e, nel passare d’un istante, scardinò la porta di legno massiccio col suo sonico pugno. “Siete tutti ritardati, in queste terre. In qual mondo s’è mai vista la violazione di domicilio? Qui s’entra e s’esce da ogni magione a proprio piacere, e si spaccano vasi e saccheggiano guardaroba senza a nulla badare! Guardate l’inventario mio: è pieno di mutandoni sottratti ai signoroni!”
I villici ammutolirono all’arguzia dello stempiato viandante, ed applaudirono di stupore et ammirazione. Vegeta allora entrò nell’edificio, e sparì tra le ombre.
 
Il prode guerriero, purtroppo, non sapeva che così facendo avrebbe forzato lo svilupparsi della trama: orde di nemici sopralivellati lo assalirono non appena fu appropinquatosi alla tetra tomba. La battaglia fu feroce, e si lanciò Cura ad ogni passo, ma infine Vegeta, essendo il protagonista, ne uscì vittorioso e carico di punti esperienza. Nei profondi recessi del mausoleo, gli apparve allora una celeste visione: “Ehi, Vegeta!”
Il prode si turbò alla vista dello spettro: “Orrida, pelata creatura! Chi sei tu per chiamarmi per nome?”
“Sta’ calmo, è soltanto l’ennesimo universo alternativo che sei costretto ad attraversare. Non lo ricordi?”
“Di che parli, oh visione?”
Crilin sospirò, le sue preoccupazioni rese inutili dall’arzigogolo della trama: “Non importa. To’, prendi questi. Prima o poi ti serviranno, stanne certo.” E svanì nell’aere. Vegeta accettò il dono del dipartito, una splendente arpa di coralli intrecciati e un flauto di vetro fatato, dal suono soave, se soltanto qualcuno sapesse usarli!
 
L’eroe allora abbandonò Crilinham, la città degli idioti. Se l’occidente sapeva solo offrire porte chiuse e spettri musicanti, allora l’oriente si sarebbe rivelato sicuramente più ricco! Ma il tempo scorse inesorabile, e la notte calò nuovamente sulle terre del regno di Alefgard, il mondo privo di strade. Rifugio trovò in un isolato monastero, sull’istmo a settentrione. “Benvenuto – disse il custode dal terzo occhio – al santuario della pioggia. Se è rifugio che cercate, non disperate ancora. Potete restare tra queste vuote mura.”
“Come mai – chiese l’eroe – di pioggia siete il decano? Vedo solo la verde foresta, e il blu dell’oceano!”
“Sappiate, prode, che quivi custodisco del meteo l’asta, la reliquia capace di predire le precipitazioni e gli africani anticicloni. Ma persa da tempo è, e non ricordo in quale armadio l’ho riposta.”
“E cercarla non potete, triclope?”
“Purtoppo l’ho messa in un armadio ad ante, e capace sono di aprir solo cassetti. La staffa risponderebbe al pizzicare di un’arpa, ma, ahimè, strumenti da anni non vedetti.”
 
Vegeta aprì la sacca, e tirò fuori una giacca, una vacca e pur la sua cacca, e poi l’arpa bizzarra, che ora un poco puzzava. Il monaco si rallegrò ed accettò il dono, e voilà! Un do, un re, un mi-fa-sol e un head-cha-la, e la staffa ai presenti si palesò. Subito prese a diluviare, vatti a fidare di Meteo.it, se all’aperto vuoi pranzare, e l’eroe intascò il magico artefatto, che la tempesta si placò di scatto.
 
Il mattino spaccò le tenebre notturne, e il prode riprese a peregrinare. Superò valli, colline e zone industriali, e al mare del sud arrivò senza esitare. Quale olezzosa visione! Paludi a non finire, e gelatine, pipistrelli, e scorpioni per tutta la landa! Ma Vegeta non si arrese, e proseguì per la torbiera marrone. Una grotta! Che celi in sé un passaggio? Così l’attraversò, e un’uscita trovò. Fu a Radicchiar, la città degli ottusi mercanti. Si guardò in giro, per negozi e boutique: mille monete per una spada di ferro? Dovrei farmare per tre ore, se nei calcoli non m’erro! Ma i mostri invero forti si mostrarono, e farmar toccò. E spade, e scudi, e d’acciaio comprò anche una nuova armatura! Che scintillio! Fu così contento che comprò sei chiavi dalla local forgiatura.
 
“Son stanco però, e voglio riposare. Ma come faccio, se nel menù non appare ‘Salvare’?”
O Vegeta tapino, il manuale d’istruzioni non leggesti! Il gioco vuoi interrompere? Devi e solo puoi al re permesso chiedere! E così si viaggiò, e si viaggiò ancora, per caverne sottomarine, paludi, deserti, fino all’ennesima aurora. La città di Tantoolong fu in vista, finalmente, e Vegeta poté dal re tornare.
“Vegeta, di ritorno siete! Non è che per caso una bella ragazza addietro vi portate?”
“…No sire, ma riposarmi vorrei. Non è che vada bene, a lei?”
“Tranquillo Vegeta, comprendo. È da sette giorni che cammini per il continente tremendo.”
 
Salvataggio in corso…

Il diario dell’avventura è stato salvato.
 
Vuoi continuare senza riposarti?
 
>SÌ       no
 
“Ordunque Vegeta, riprendi l’arduo tuo cammino!”
Oh, me tapino!
Però il prode ricordò d’aver comprato un bel mazzo di chiavi e, si sa, ogni chiave è buona per aprir una qualsiasi porta, di tutto il mondo, per giunta! Così Vegeta esplorò il conosciuto castello, entrando in stanze che mai aveva visto: la tesoreria, le prigioni, il bagno delle donne, e pure il negozio delle chiavi.
“Aspettate, buon uomo, – disse il prode – vendete voi delle chiavi?”
“Eccome se le vendo, oh forte guerriero!”
“Ma… Siete forse scemo? La porta del vostro negozio è chiusa a chiave, e chiavi richiedete a chi chiavi vuol comprare!”
“Ebbene sì, oh nobile erede di Yamoshi.”
 
Vegeta ben presto si stancò degli arzigogolati discorsi di logica, e propose la propria originale soluzione: il negozio fece saltare all’aria, e mattoni et cemento vennero ovunque sbalzati. Così Vegeta s’intasco di chiavi un gran mazzo, affinché la trama potesse proseguire a più agevole passo. Ripassò dunque dalla tesoreria, e frugò ovunque, ma presto notò l’inusuale tesoro: la pietra del Sole, l’agognato gioiello, di Yamoshi era un tempo!
Perché mai il re non me l’ha data?
 
Fu allor giunto il momento di proseguire il lungo viaggio. Ad oriente tornò, il prode Vegeta, traversò paludi, deserti e pure un ponte, qual rara visione. Decise di tornare a Radicchiar, città dei mercanti tarocchi, sperando di poter sfruttare qualcuno di quei sciocchi. Ma nella grotta sulla strada, accadde il misfatto: la torcia si spense, e fiammifero non v’era!
“Diamine! Ordunque anche tu, torcia dannata, filibustiera ti riveli? Debbo proseguire, ma nel buio di questi meandri insicuri?”
 
E Vegeta vagò, e vagò, e vagò ancor di più, spostandosi un metro a gasteropodica velocità. Tastò con mano le umide pareti dell’oscuro passaggio, ma poi AHI! Qualcosa lo punse su della mano il dito.
“Una scheggia? Ove mi trovo? Ma questa… è una porta!”
Era sì una porta, nascosta nei tetri recessi, ma l’eroe dal multiforme ingegno pronto era: di chiavi, ne aveva a bizzeffe! Aprì la porta, e apparve una luce, ma...
   
 
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