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Autore: Starfallen    08/07/2021    2 recensioni
Parigi 1780
Marinette è un esponente della nuova nobiltà -noblesse de robe - e come tale, lei e la sua famiglia sono trattati dagli esponenti dell'alta società parigina come gente di poco conto. Dovrà imparare a farsi strada tra gli intrighi e le maldicenze di quella che è si la corte più bella d'Europa ma allo stesso tempo un pericoloso covo di vipere.
Adrien Agreste, au contraire, ricco rampollo di una delle famiglie più in vista della corte, nato e cresciuto alla reggia di Versailles, mal sopporta gli obblighi che il suo titolo gli impone, pur sapendo di far parte di un mondo crudele, cerca in tutti i modi di evadere da quella scomoda realtà che pare idilliaca dall'esterno, ma è dura e spietata all'interno.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Avvertenze: all’interno del capitolo è presente una scena forte, anche questa volta per garantire la sicurezza dei lettori più sensibili il POV è contrassegnato dai quattro asterischi rossi (****)
 

 
 
Dicembre 1781


 
Marinette si portò una mano alla bocca per celare uno sbadiglio improvviso, cercando di non farsi scoprire dalla sua istitutrice: “Nel 1477, alla morte dell'ultimo duca capetingio, Carlo il Temerario, il territorio del Ducato di Borgogna venne annesso direttamente ai domini reali di Francia, mentre la Franca Contea venne trasferita agli Asburgo attraverso il matrimonio di sua figlia, Maria di Borgogna, con l'imperatore Massimiliano I​ d’Asbugo.”
Stavano parlando di un argomento davvero molto interessante, la Borgogna e la sua storia sul finire del XV secolo, le piaceva la storia, per questo si sforzava di prestare quanta più attenzione possibile, ma era troppo stanca.

La notte passata infatti si era coricata molto più tardi del suo solito perché lei e Chat Noir si erano intrattenuti in un’intensa partita di ramino*: “Mademoiselle, devo ammettere che siete davvero accorta, create scale e tris con molta più sicurezza.” – “Vuol dire che ho avuto un buon insegnate.” Aveva ribattuto con una punta di malizia, quel ragazzo la stava trasformando in una sfacciata.

Avevano trascorso la serata nelle sue stanze, era stata lei a invitarlo ad entrare, in una sera particolarmente fredda qualche mese addietro, non se l’era sentita di scendere, ma non aveva intenzione di rinunciare al loro incontro, perciò aveva lasciato un bigliettino sulla fontana e l’aveva atteso sul balcone.
Quando lui era giunto nel suo cortile l’aveva osservato dalla balconata: “Che ne dite di cambiare emplacement ce soire?” aveva detto con un pizzico d’insolenza.

E, con le dovute precauzioni, avevano spostato i loro incontri li.

Sicuramente era un’ottima distrazione, quand’era in sua compagnia era uno degli sporadici momenti in cui non pensava a monsieur Agreste, le dispiaceva usarlo in quel modo, ma aveva deciso di mettere a tacere sui suoi sentimenti per lui, visto e considerato che era promesso in matrimonio a niente poco di meno che mademoisellle Chloé Bourgeoisla creatura più irritante di tutta la Francia, inoltre lui non avrebbe tratto alcun beneficio dal contrarre matrimonio con una come lei, non solo per via delle sue origini non nobili, i motivi in realtà erano molteplici, a partire dall’esiguità della sua dote e tanti altri fattori con cui aveva dovuto fare i conti.
Perciò aveva deciso di concentrarsi su qualunque cosa non lo riguardasse, infatti trascorreva sempre più spesso tempo con le sue amiche quando si recava a palazzo, o con loro o con monsieur Couffaine che era sempre tanto gentile nei suoi riguardi, e quando capitava aveva piacere di stare di compagnia di monsieur Agreste, cercava comunque di evitare quando possibile d’incontrarlo, perché ogni volta che lo vedeva tutti i suoi sforzi per resistergli venivano puntualmente buttati alle ortiche.

Sentiva distintamente il cuore accelerare ed il respiro farsi rado, per non parlare delle farfalle che si liberavano nel suo stomaco e dei brividi che sentiva ovunque lungo il corpo…

“Mademoiselle!” – “OUI!” disse balzando in piedi per lo spavento, sbattè inavvertitamente le mani sullo scrittoio facendo rovesciare la china dell’inchiostro, che si riversò rovinosamente sui fogli e sulle sue engageantes di pizzo: “Oh no…” – “Mademoiselle siete un vero disastro! Un po’ contegno.” – Ribattè severa madame de Mendeleiev tant’è che Marinette scatto come un soldatino – “Ah, siete davvero maldestra! Quindici minuti di pausa così vi potrete dare una sistemata.”
Disse risedendosi alla scrivania: Merci madame.” Fece una piccola e frettolosa riverenza alla sua istitutrice e si precipitò oltre la stanza dello studio, attraversando di corsa la sala della musica fino a giungere nella propria stanza.

Per sua fortuna entrando vide che erano ancora presenti sia Alya che Mylène che stavano… stavano tenendo in mano dei fogli e ridacchiando in modo giulivo: “Cosa ci sarebbe tanto da ridere, di grazia?” domandò chiudendo la porta dietro di se, le due sobbalzarono colte in flagrante, Mylène lasciò cadere i fogli per lo spavento: “Ah, Marinette sei tu.” – “Qu'est-ce que vous –faites?” disse curiosa avvicinandosi a loro.

Si piegò per raccogliere i fogli caduti a Mylène per ispezionarne il contenuto, non le servì molta arguzia per capire mbre 1781di cosa si trattava.

Guardò le sue amiche con un cipiglio sul viso: “Seriamente mes amies? Non pensavo v’interessaste ai pamphlet, io personalemte trovo che siano di pessimo gusto.” – “Oh andiamo, non essere così rigida, in fondo sono solo vuote ciance, forse un tantinello troppo sconce per i tuoi gusti è vero, ma chi lo sa, magari un giorno potrebbe tornarti utile con…” – “Smettila Alya! Da quando ti sei trovata il corteggiatore stai diventando quasi oscena!” Ribadì Marinette leggermente stizzita.

Era venuta a conoscenza del filarino della sua amica da un paio di settimane, stava passeggiando in giardino, durante una piccola pausa dalla sua lezione d’arpa, passeggiare l’aiutava sempre a rilassarsi, in più adorava la magia di Dicembre. Stava ammirando dei boccioli di bucaneve che sarebbero sicuramente fioriti di li a qualche giorno, quando all'improvviso aveva sentito delle risate, e da quanto le era sembrato di capire due persone stavano si intrattenendo fuori dalle mura.

Un’altra risata, era chiaramente una ragazza e Marinette conosceva benissimo quella risata.

Si alzò e si diresse verso la porticina del giardino, voleva aprire il portone, ma così si sarebbero accorti di lei, perciò decise che avrabbe adoperato lo spioncino. Si alzò sulle punte per aprire il portellino e guardare fuori, purtroppo per lei, non essendo molto alta doveva sostenersi sulle punte alla ricerca di chi sapeva lei.  
E infatti eccola li, seduta sulla gradinata della fontana e avvolta nel suo soprabito invernale Alya che intratteneva una conversazione alquanto interessante con un giovane, che però non riusciva a vedere bene, ma da come si comportavano l’uno con l’altra si capiva che ci fosse della confidenza tra loro.


Così una volta terminata la sua lezione l’aveva fatta chiamare, con la scusa di volere un tè caldo, e ne avevano parlato, o meglio Alya si era fatta pregare e non poco: “Suvvia Alya, lo sai che a me puoi dirlo, non lo saprà nessuno.” – “Non penserai mica di cavartela con solo questa garanzia.” – aveva ribadito decisa, poi l’aveva scrutata attentamente sfoderando il suo sguardo indagatore – “Anche tu mi nascondi qualcosa petite fille, me lo sento.”

“Ho notato che qualcuno ha dei nuovi e costosissimi fili di seta nella sua scatola del cucito. E so che non li hai presi tu!” A quelle parole il cuore di Marinette aveva perso un battito, dannazione a lei e alle sue sensazioni, non capiva nemmeno lei se la sua arguzia fosse da considerare un dono o maledizione, in quel momento però il dubbio non c’era.
“Di… di cosa stai parlando? Hahahahaah” –– “Non osare mentirmi, altrimenti tutta Parigi avrebbe sentito tua madre urlarti dietro per il futile sperpero.”
Marinette rise nervosa, Alya le si avvicinò ulteriormente tanto che potè scorgere le pagliuzze d’orate nei suoi occhi castani, Marinette indietreggiò appena col capo

“Ummh… Alya?” – “Facciamo così.” – aveva detto poi risistemandosi sulla sua sedia – “Io ti dico il mio, solo se tu mi dici il tuo, affaire conclue?” – “Oui, J'en suis!”
E così lei aveva rivelato dei suoi incontri notturni, ma anche Alya aveva confessato un segreto altrettanto succulento, da qualche mese infatti la sua amica aveva una liaison con un giovane di cui però aveva tenuto segreta l’identità.  
Più o meno come stava facendo lei, con l’unica differenza che Marinette non conosceva per davvero l’identità del suo Chat Noir.

“Suvvia Marinette, sono cose che vanno provate prima o po..” - “Alya smettila! Adesso sbrigatevi, madame de Mendeleiev  mi aspetta.” – aveva detto con una certa fretta e un pizzico di stizza, non sopportava quando Alya faceva certe allusioni –“E lei odia attendere.” Disse cominciando a sfilarsi i cordini dell’engageantes che si era macchiata d’inchiostro.

Alya prese una manica dal cassetto mentre Mylène sfilò la manica dal vestito di Marinette, che poi ripose nella bacinella, intanto Alya agganciò la manica ed il pizzo.
“Dai Marinette, non fare così.” – Marinette abbassò lo sguardo su di lei e la guardò: “E va bene, ma tu smettila con certi echi, lo sai che m’infastidiscono.”    

Alya sorrise ed annuì, ed altrettanto fece Marinette: “Bene, ora devo andare, ci vediamo dopo.”
 

˜

Il resto della giornata proseguì tranquilla per Marinette, ma nel tardo pomeriggio quando si trovava in camera sua a ricamare Alya entrò nella sua stanza con uno sguardo angustiato: “Alya, è capitato qualcosa?” – la ragazza semplicemente le si avvicinò, e  senza dire una parola estrasse dalla tasca del grembiule una lettera accuratamente ripiegata e chiusa con un sigillo in ceralacca nera. Ma mancava il timbro dello stampino.
Marinette prese la lettera tra le mani e la scrutò attentamente: “Da dove arriva?”
Alya non disse una parola, si limitò ad indicarle il sigillo. In un primo momento non capì il suo riferimento, poi una luce le si accese nella mente e omprese di chi si potesse trattare.
 
Ruppe il sigillo e ricompose la carta dalla piega che le era stata data, e li in un’elegante grafia vi erano poche parole, ma che non lasciavano spazio ad altre interpretazioni:
 

Mademoiselle, purtroppo a causa di uno spiacevole imprevisto
non mi sarà possibile farvi visita per diverso tempo.
Devo recarmi a nord con la mia famiglia, ma prometto di riservarvi
un posto nei miei pensieri tutte le notti.
Nella speranza di rivedervi presto, vi chiedo solo la grazia di
non essere dimenticato da voi.
Con il sogno nel cuore di rivedervi presto
Per sempre vostro umile servitore
Chat Noir”

 
Marinette lesse quelle poche righe decine di volte prima di alzare lo sguardo verso Alya: “Allora che dice?” – “Dice… dice che se ne deve andare…” –“COSA?!” – “Si… ha avuto un’imprevisto in famiglia e per un po’ non sarà via.” Era molto amareggiata, non poteva nasconderlo né avrebbe avuto senso farlo.
Lesse un’altra volta la missiva, ma questa volta vide di più, delle macchie opache e concentriche sparse un po’ ovunque sul foglio di pergamena che in alcuni punti avevano fatto leggermente sbavare l’inchiostro.
Sottopose la sua scoperta ad Alya: “Secondo te cosa sono queste?” – la ragazza diede uno sguardo più da vicino, esaminò attentamente la carta pergamena ed infine sentenziò: “Non vi è alcun dubbio, si tratta di lacrime.”
 
‘Pourquoi jamais de larmes? Cosa sarà successo?’ pensò rattristata da quell’ulteriore pensiero. Solo il tempo le avrebbe dato una risposta.
 
 

****

 
Il valletto entrò nella stanza della musica dove le donne si erano riunite quella mattina.
“Majesté i gioiellieri Böhmer e Bassenge chiedono di essere ricevuti da voi.” Audrey interruppe di colpo il riso che le era nato spontaneo dall’irriverente considerazione fatta da Gabrielle.
Le sue orecchie golose fiutarono subito l’opportunità di comprare qualche nuova collana o bracciale, o qualunque cosa avrebbe potuto comprare, tanto avrebbe chiesto i soldi ad André.
Al massimo avrebbe fatto le moine ad Anthony - il suo gigolo – per farsi regalare qualcosa di carino.
 
Sua Maestà sospirò: “Certamente, fateli entrare, vediamo cos’hanno di nuovo da proporre.” Il valletto prese congedo e quando richiuse le porte la principessa di Lamballe alzò gli occhi al cielo.
“Cosa c’è che non va Resie?” – “Rien majesté.”“Suvvia, vi conosco troppo bene.” Continuò la regina punzecchiando un po’ la sua amica: “Mi domando solo cosa ci facciano ancora qui, sono passate meno di tre settimane dall’ultima volta che li avete ricevuti. Spero solo che non cerchino di rifilarvi nuovamente quel collier madame.
 
Audrey fece una smorfia seccata: Sempre la solita noiosa bacchettona’ era lei a mettere sempre un freno alla regina, se fosse stato per lei e per Gabrielle ogni notte sarebbe stato un carnevale.
Il valletto spalancò nuovamente le porte facendo entrare i gioiellieri, gli occhi della donna cominciarono a brillare, non sapeva e non le importava il costo di qualche suo piccolo vezzo.

 

˜

Poteva esistere qualcosa di più bello dei gioielli di Böhmer e Bassenge? Dopo due ore passate ad ammirare i più splendidi artefatti di gioielleria fracese era certa di no.
Indubbiamente, le proprietà, le carrozze erano cose altrettanto meravigliose, ma non nulla era al pari di abiti e gioielli, quelli erano da lei considerati il modo migliore per ostentare la propria ricchezza ed il proprio prestigio all’interno della società.
Infatti la parure d’occhi di gatto** color blu grado che stava ammirando in quel momento era un’esatta dimostrazione, senza contare che collana e orecchini sarebbero sicuramente stati un incanto su di lei, quel colore in particolare risaltava divinamente sia con il suo incarnato che col suo colore di capelli.

“Monsieur Böhmer, monsieur Bassenge questa parure è semplicemente divina!” - "Se a madame può interessare abbiamo anche dei fantastici boucles d'oreilles di smeraldi, che starebbero d’incanto su di voi.”

Gli occhi di Audrey brillarono dalla meraviglia, fosse stato per lei avrebbe acquistato tutti i gioielli che su cui aveva posato gli occhi quel pomeriggio.
Ma il più bello di tutti, il più maestoso, sfavillante ed esageratamente irridescente di tutti restava la splendida collana di diamanti che monsieur Bassenge teneva adagiata su uno splendido cuscino di velluto viola e che reggeva ora con entrambe le mani.
La donna l’ammirava estasiata, un tripudio di diamanti di tutte la dimensioni - 647 diamanti da 2,800 carati per l’esattezza – con fiocchi andavano a comporre una M, come l’iniziale di sua maestà, che si univa al centro, sfrangiando in una cascata di diamanti.
Le estremità erano sfrangiate con piccole lacrime scintillanti, per finire le tre arcate superiori che andavano a decorare il girocollo erano anch’esse abbellite da lacrime di diamante, al cui centro si trovava il pendente che scivolava dolcemente nella scollatura, rendendo il decoltè maliziosamente seducente.
 
Peccato solo che il gioiello avesse un prezzo astronomico, un milione e seicentomila livres. Né Andre né nessun altro le avrebbe dato quei soldi, quindi l’unica speranza di poter ammirare quella meraviglia al collo era continuare a sperare che la regina rinsavisse e finalmente si decidesse ad acquistarlo.
Majesté, posso riportare alla vostra attenzione il nostro miglior articolo?” – “Toujours avec cette histoire monsieur Bassenge?”

Disse la regina con un leggero cipiglio sul viso.

“Sapete cosa penso del vostro gioello, specialmente se non è stato commissionato su mio ordine, ma per ordine del nonno di mio marito, e per donarlo a chi poi? Alla sua maîtresse! Potrei quasi ritenermi offesa da voi monsieur.” il gioielliere chinò ultreiormente il capo a quell’affermazione  della sovrana. – “Lungi da me volervi offendere Majesté…”
Maria Antonietta dunque proseguì: “Inoltre, il suo costo è davvero esorbitante, anteporrei al suo posto l’acquisto di un vascello. È decisamente più utile visti i tempi.” – “Con il dovuto rispetto maestà.” – esordì Audrey con una punta d’ironica insoleza – “Se ci pensate è più sicuro affrontare un piccolo investimento per questo magnifico manufatto, piuttosto che per una galea.” – “E per quale motivo chère Audrey?

Un sorriso furbo si disegnò sul volto della donna: “È semplice maestà, i collier a differenza delle navi non affondano!”

L’ilarità che suscitò la sua affermazione purtoppo non sortì l’effetto da lei sperato, infatti anche quella volta i gioiellieri se ne andarono con il prezioso monile, che ancora una volta restava invenduto, erano quasi dieci anni che provavano a venderlo senza successo, che incredibile spreco per dei diamanti.

Dopo circa un quarto d’ora dal deludente congedo dei due gioiellieri fece il suo ingresso madame Agreste, direttamente dall’appartamentino del Delfino: “Majesté, vostro figlio è sveglio, ho pensato fosse il caso di avvisarvi.”
La stava osservando con superficialità, ormai non poteva più indossare il corsetto a causa delle dimensioni che aveva raggiunto per via della gestazione.

A quanto era arrivata? Ventiseiesima settimana, o qualcosa del genere, fatto sta che era decisamente lievitata! Represse un riso dispettoso nel pensare come sarebbe ingrassata a fine gestazione, inoltre c’era anche la possibilità che il mostriciattolo dentro di lei potesse crescere fino a sformarle completamente il corpo, proprio come le aveva fatto quell’egoista di sua figlia.

Anche se per via delle sue condizioni le era stata offerta una posizione di prestigio quale stare accanto al Delfino e Madame Royal, e seguire la loro educazione assieme a madame Guéméné, quella megera!
"Vous avez fait  très bien Emilie! Andiamo nella stanza dei bambini mes dames.”
Audrey alzò gli occhi al cielo particolarmente seccata, non le erano mai piaciuti troppo i bambini, infatti non né aveva voluti altri.

Si alzarono tutte per recarsi nella stanza dei bambini, assottigliò gli occhi adirata nel vedere la regina a braccetto con quella strega: “Avete un tocco magico con i bambini madame, infatti vostro figlio è un giovane così a modo.” – “Oui, sono stata fortunata ad avere Adrien.”

‘Sono stata fortunata ad avere Adrien.’ Ripetè canzonatoria nella sua mente, la sopportava veramente a fatica quando si vantava così della sua progenie, e non osava immaginare quanto sarebbe diventata irritante una volta avuto il bambino.

Una parte di lei ancora sperava celatamente che capitasse qualcosa, almeno avrebbe smesso di fare la smorfiosa esibendo senza ritegno la deformità che stava assumendo il suo corpo.

Quando varcarono la soglia della nursery reale dove ad attenderle c’erano appunto madame Guéméné e la piccola Maria Teresa.
“Maman, maman!” – “Mousseline ma chèrie.” Non fecero nemmeno in tempo ad entrare che la bambina saltò giù dalle ginocchia della principessa de Guéméné per lanciarsi tra le braccia della madre.

Assurdo come Madame Royale fosse priva di disciplina, insomma, una figlia di Francia avrebbe dovuto essere più posata di quanto non lo fosse quella bambina.
Pensò la donna mentre si sedeva con le altre nel bovindo.

La regina fece volteggiare la figlia in aria un paoi di volte prima di rimetterla a terra e avvicinarsi alla culla del bambino che emetteva versetti.
Ressemble à un ange, lasciamolo dormire un altro pò, Emilie ma chere restategli voi accanto. – “Oui majestè.Emile si sedette accanto alla culla del bambino e la regina tornò a sedere vicino a loro.  

Allor mes dames, il Natale è alle porte e domani sceglieremo le decorazioni per…” la regina non fece in tempo a finire la frase che i gorgoglii del marmocchio ripresero.
“Non vi preoccupate Madame, ci penso io.” Disse Audrey, voleva far vedere alla regina che anche lei era in grado di occuparsi di un bambino, e che non era necessario farsi appositamente ingravidare.
Si alzo e si diresse verso la culla dove quell’inetta di Emilie si era piegata a sistemare le copertine calciate via dal Delfino.


“Emilie cara, spostati, ci penso io.” Si rivolse alla donna con un finto sorriso sulle labbra.
Lei si ritrasse e si rimise a sedere con un sorriso e senza fare commenti: ‘Strano, ma evidentemente sa che io sono la migliore!’ pensò con un pizzico d’orgoglio.

Cominciò a dondolare energicamente la culla, un bel movimento deciso, ecco cosa ci voleva per far star zitto un bambino.
Ma quell’esserino non sembrava intenzionato a smettere, anzi i suoi gorgoglii sembravano aumentare, non solo di frequenza ma anche d’intensità: “Tutto bene Audrey?” - “Oui majestè…
“Audrey cara, non si calmerà mai così.” Disse quella vipera di Emilie – “Dovete fare più piano. State cullando un bambino, non producendo il burro.” Non l’aveva detto davvero! Quell’insolente non aveva davvero osato dire quello che le era parso di sentire.
E invece sì, l’aveva sentita lei ed anche le altre nobildonne che immancabilmene scoppiarono a ridere, facendo sentire Audrey terribilmente umiliata.
 
Si girò verso Emilie che rideva più giuliva di tutte, quella strega! Ma ora basta, gliene avrebbe cantate quattro! Ma mentre rideva come un’oca d’improvviso si fermò e la guardò con occhi sbarrati, poi senza troppe remore e ritegno la vide infilare una mano sotto le gonne.
‘Cosa diavolo fa? È impazzita per caso?’  pensò la donna, ma quando la estrasse questa era completamente sporca di sangue e a quella vista raccapricciante Audrey lanciò un urlo inorridito.
 
 
 

****

 
Tutto era iniziato quella mattina con dei fastidiose fitte all’addome, ma niente le aveva dato da pensare che tutto sarebbe finito così… nell’agonia e nel sangue.
Quando aveva percepito il caldo fiotto colarle lungo le gambe, aveva sbarrato gli occhi e infilato senza troppi pensieri, solo d’istinto, una mano sotto le gonne, e quando l’aveva tolta per esaminare quanto successo questa era completamente rossa.
Questo cattivo segno voleva dire solo una cosa.
 
Di quanto le era accaduto in seguito non ricordava onestamente molto, aveva solo delle immagini, sfocate per lo più di una corsa disparata e dolorosa fino ai suoi appartamenti, in cui era giunta, presumibilmente sorretta dal personale di servizio, ricoardava appena di aver sentito la voce di Gabriel che urlava, sotto shock, cosa stesse succedendo poi più niente. L’incommensurabile dolore fisico dovuto alle feroci contrazioni che erano sguite era pari solo a quello emotivo, dovuto da quell’ennesima perdita senza senso.
 
Aveva avuto altri aborti in passato ma mai a gestazione così avanzata.
Cos’aveva sbagliato?
Cos’era andato storto questa volta?
Chi aveva offeso inconsapevolmente? Perché non poteva aver offeso Dio fino a quel punto. E allora per quale ragione la puniva in questo modo a dir poco crudele.
 
Perché?
Perché?
Perché?
 
Non se ne capacitava, non capiva per quale motivo l’Onnipotente si accaniva così tanto su di lei.
Guardò la levatrice avvolgere con un panno il piccolo corpicino esanime della sua povera creatura.
Emilie che credeva di aver esaurito le lacrime quel giorno, scoppiò nuovamente a piangere, disperata nel vedere la donna portare via, in un fagottino insanguinato quello che restava della sua bambina.
 
“Dove… dove state andando? Dove la state portando!?” – Urlò disperata e con uno scatto cercò di lanciarsi verso la donna, ma Gabriel, che le era affianco si parò prontamente davanti e la trattenne per le spalle – “Ridatemi la mia bambina! Laisse-moi, laisse-moi Gabriel!” Urlava disperata mentre graffiava distrutta emotivamente e fisicamente, e nonostante questo si dimenava contro le spalle di suo marito che la tratteneva nel letto.
 

“No…ridatemela, ridatemi la mia bambina… ridatemi la mia piccola Emma…” ripeteva convulsamente tra un singhiozzo e l’altro, ormai la sua vista era completamente offuscata dai grossi lacrimoni che le rigavano copiosi il viso. Si strinse maggiormente alla camicia di lino del marito ormai sgualcita e strappata, strinse i pugni e stropicciandone ulteriormente la stoffa. 
Maman! Maman!” Quando la levatrice uscì dalla stanza la voce di Adrien raggiunse le sue orecchie, Emilie si riscosse parzialmente aprendo istintivamente gli occhi ancora offuscati dalle lacrime cominciò a cercare in direzione di suo figlio.
Adrien, vattene! Non è il momento di…” – “No! Gabriel ti supplico, lascialo… lascialo entrare.”    

Implorò la donna con voce tremante e rotta dal pianto, Gabriel guardò la moglie, vederla in quelle condizioni gli provocava una stretta al cuore immensa, non se la sentì di negarle la presenza del figlio specialemnte dopo quanto accaduto.
“Lascialo entrare.” Sentenziò infine l’uomo con un sospiro affranto, fece cenno al loro gigantesco valletto che era li, impiantato davanti alla porta della loro stanza da letto, e quando questi si finalmente si scostò rivelandone la figura del figlio, che mostrava un’aria preoccupata.
 
Alla vista del suo dolce bambino li, fermo sulla soglia della porta fecero tornare nuovamente ad Emilie le lacrime agli occhi, ma cercò di essere forte e di ricacciarle indietro: Adrien, vien…”
Lo vide avanzare incerto nella stanza “Maman… ma cosa è capitato? Perché…” Lo vide guardarsi intorno con lo sguardo sconcertato, a quella vista Emilie non riuscì a trattenersi, riprese a singhiozzare covulsamente scossa dal dolore.
Si portò le mani al volto e si rannicchiò nel letto cominciando a piangere disperatamente: “Maman!” Adrien le fu subito vicino, e lei lo abbracciò con decisione.
 
Lo strinse a se più che potè, non lo avrebbe lasciato andare, non voleva, lui era il suo unico figlio.
Il suo minou, anche la sua gravidanza non era stata esente da problemi, ma lui era li. Era vivo e godeva di ottima salute nonostante il parto prematuro di quattro settimane, per non parlare dello splendido giovane uomo che stava diventando.
Lui si strinse più a lei, abbracciandola, sentiva tutto l’affetto che le trasmetteva, lei affondò istintivamente le sue mani nei suoi lunghi capelli biondi: Mon minou.” Iniziò a cullarlo dolcemente e baciargli il capo, come quando era neonato.

Inspirò il suo profumo e quel semplice gesto così familiare, confortante e materno, sembrò giovarle, trascorsero qualche minuto in quello stato, poi fu la stessa Emilie a staccarsi per rannicchiarsi nuovamente sotto le coperte del suo letto, prese nuovamente Adrien tra le sue braccia.  
Mon bijou ti lasciamo riposare.” Gabriel appoggiò una mano sulla spalla del figlio per sollecitarlo ad andarsene.
“No, lascialo qui con me.” Lo supplicò la moglie, l’uomo assertì senza proferire parola lascò Emilie mentre coccolava dolcemente il suo bambino.
 
Lui si alzò e si diresse verso la porta, con il cuore infranto da quell’ennesima perdita irrazionale e dallo sconforto nel vedere sua moglie, la donna che tanto amava distrutta da un ennesimo dolore, volse un’ultima volta lo sguardo a quella dolce scena prima di uscire dalla stanza per lasciare a sua moglie un po’ di spazi.
Chiamò a se un valletto con un cenno: “Prepara i bagagli, partiremo entro domani mattina.”      
 
 

****

 
Allor monsier, vogliamo riprendere?” – “Oui mademoiselle Sancoeur.” Disse un Adrien un po’ infiacchito, erano circa le tre del pomeriggio e quel giorno non si era fermato un attimo.
Tanto per cominciare quella notte era rientrato davvero tardi - ancora non capiva come avesse fatto Nino a coprirlo, ma non l’avrebbe mai ringraziato abbastanza, pur conoscendone il rischio – a causa di una mano molto sfortunata a Ramino, a casa di Marinette, più precisamente nella sua camera.
 
Era diventata davvero brava, come poteva essere altrimenti, considerato che la sua attuale abilità era merito suo che le aveva insegnato qualche trucchetto di quelli che giravano a corte.
Le serate che riusciva a trascorrere in sua compagnia erano ormai diventate i suoi momenti preferiti, non solo perché erano momenti in cui era completamente se stesso, senza la maschera del ricco rampollo di nobili origini, ma con lei, se pur con una vera maschera mostrava veramente il suo io.
Ed anche la giovane sembrava apprezzare questa sua sfaccettatura.
Da quando la conosceva e aveva cominciato a farle visita – una casualità molto piacevole sotto diversi aspetti invero – si sentiva più libero, come solo con Nino si era sentito fino a quel momento.
 
Poi a causa del sonno mancato aveva fatto nuovamente tardi agli allenamenti di scherma dove, non era andata esattamente per il meglio, Nino era riuscito non solo a tenergli testa, ma tra un affondo e una botta dritta l’aveva canzonato abbondantemente: “Battiamo la fiacca amico, cos’è? Una certa coccinelle  ti ha per caso sfinito troppo la scorsa notte?”l’occhiataccia che gli aveva riservato diceva tutto, fare battute simili su una fanciulla tanto a modo era quanto di meno inappropriato.
Sapeva che lo punzecchiava così solo per farlo reagire, ma non ci era di certo andato per il sottile quella mattina, e questo lo stava già infastidendo.

Dovresti mangiare dieci gâteaux prima di osare rivolgerti così a lei, cette une délicieuse jeune fille.Délicieuse è proprio quello che sembra, chissà se lo è davvero.” A quel punto non ci vide più - “Non azzardarti!” – Aveva contrattaccato con doppio flèche e un fouet, continuò imperterrito finchè non sfilò di mano la spada da allenamento al suo amico.  
Detestava davvero quando parlava così di lei - “Accidenti Adrien, quando t’infervori tiri davvero fuori gli artigli!” – I due si erano seduti uno accanto all’altro, a parlare semplicemente - “Sai che non mi piace quando ne parli così.” – “Mon amie lo sai che scherzo, non oserei mai toccarla, è graziosa certo, ma è la prima fanciulla a cui ti vedo prestare interesse.”

Quelle parole lo avevano riscosso, era vero in effetti, non sapeva il perché ma con lei era semplicemente così. Aveva sorriso a quella considerazione: “Però dovresti darmi retta per quella questione, credimi se ti dico che è un’esperienza da provare.” – “Ovvero?” Nino l’aveva guardato sornione – Coucher avec une femme.

A quell’assurda asserzione aveva risposto tirandogli una pacca ma Nino proseeguì: “Immagina, sentire il suo morbido e caldo corpo sotto di te, sentirla gemere il tuo nome con fare voglioso, le douce chaleur entre ses …” - “Va bene, j’ai comprì!” – L’aveva bruscamente interrotto per evitere di sentire altri indecenti dettagli – “Piuttosto, torniamo ad allenarci invece di proferire assurdità.”

Doveva ammettere con se stesso, però, che effettivamente Marinette non gli era affatto indifferente e intravedere costantemente il suo corpo efebico coperto solo dal peignoir e chemise de nouit…. No! Doveva smetterla di pensare a lei in quel modo, non era né decoroso né ossequioso verso di lei, specialmente considerando che lui s’introduceva sistematicamente in casa sua, e nell’ultimo periodo nella sua camera da letto.

Finita la lezione e la chiacchierata, era andato nelle scuderie a vedere come si sentiva il suo cavallo, aveva timore si fosse preso un’infreddatura a causa sua. Voleva assolutamente evitare che gli capitasse qualcosa.  

Dopo pranzo, quando dormire sarebbe stato il suo solo desiderio, aveva dovuto invece preparasi per la lezione con mademoiselle Nathalie Sancoeur, la sua istitutrice.

Ed ora stavano studiando – discutendo della funzionalità dell’enciclopedia e della sua storia, dai greci alla publicazione ufficiale dei volumi nel 1751, l’anno di nascita di sua madre ora che ci pensava.

“Come e quando si è evoluto il concetto di Encyclopédie?” – “Le opere enciclopediche esistono da circa 2000 anni, la più antica che si è tramandata, è la Naturalis historia, scritta nel I secolo da Plinio il Vecchio.”
 
“L'enciclopedia odierna invece si è evoluta dai dizionari, durante lo scorso secolo. La più nota e importante della Storia attuale è l'Encyclopédie di Diderot et d'Alembert, pubblicata qui a Parigi.” – “Molto bene Adrien.”
Mademoiselle Sancoeur annuì compiaciuta della risposta del ragazzo che abbassò appena la testa sotto lo scrittoio, dove tra le mani teneva un nastrino di seta di un rosa delicato, rubato qualche sera prima dalla camera di Marinette, così poteva, in qualche modo, averla sempre vicino.
Non sapeva nemmeno lui perché l’aveva fatto, era stato un gesto istintivo.
 
Inaspettatamente un fragoroso vociare interruppe bruscamente ogni cosa, a cominciare dai suoi dolci pensieri alla sua lezione: “No, no, no, non di nuovo, no!” Era la voce di sua madre e questo bastò a farlo saltare dalla sedia s’infilò rapidamente il nastrino nella tasca della marsina e corse verso le stanze dei suoi genitori: “Dove andate monsieur!?”
Sentì a stento la voce della sua istitutrice che lo richiamava, e percorse a grandi falcate la distanza che lo separava dai suoi genitori, ma quando fu davanti alla porta della camera da letto la trovò sbarrata: “Padre! Maman che succede?” urlò battendo furiosamente i pugni sulla porta, ma non ebbe risposta, anzi, nessuno parve udire davvero la sua voce.
 
Quando abbassò lo sguardo sul pavimento scorse una scia di sangue che seguiva il percorso fatto da sua madre: ‘Ma che diavolo…?’ Nulla di buono poteva essere successo, ma cosa? Perchè tutta quella agitazione? E quel sangue, Adrien sentiva la tensione che crescere dentro di se, in più nessuno voleva dirgli niente, perciò decise di fare da sé ed entrò.
Purtroppo la scena che gli si parò davanti agli occhi fu straziante.
 
Sua madre nel suo letto che urlava di dolore e una donna che… “Adrien! Che diavolo ci fai qui!? Esci subito! TU!” - disse rivolgendosi al loro enorme valletto – “Portalo fuori e fa che ci resti!”
Questi gli si parò prontamente davanti e lo fece uscire dalla stanza, impedendogli di entrare ma non di restare li.
I minuti che seguirono furono strazianti, sentiva le urla di dolore della madre e lui non sapeva né poteva fare niente, si sentiva impotente, inutile.
Una lacrima di frustrazione gli rigò il viso.
 

Un urlo straziante proveniente da dentro la stanza squarciò il relativo silenzio che si era creato in quei momenti di tensione. Un’altra lacrima gli rigò il viso, non poteva fare niente per sua madre, ma voleva comunque andare da lei per capire.
“Lasciatemi entrare, voglio vedere mia madre.” Disse al valletto che si parava tra lui e la stanza dei suoi genitori, ma questi rimase impassibile: “Maman!” niente, solo rumori di pianti e grida.

Dopo alcuni minuti la porta si aprì e la levatrice uscì con un fagottino parzialmente insanguinato ‘Ma che diavolo…?’
Lanciò uno sguardo all’interno della stanza e la scena che vide gli spezzò il cuore, sua madre rannicchiata tra le braccia di suo padre che piangeva disperata: “Maman! Maman!”  riprovò a chiamarla nuovamnete e questa volta lei lo guardò:Adrien, vattene! Non è il momento di…” – Tuonò suo padre - “No! Gabriel ti supplico, lascialo… lascialo entrare.”   

A quella suppilca vide distintamente suo padre cedere come solo in poche occasioni.
“Lascialo entrare.” A quelle parole il valletto si fece da parte e gli consentì di passare, se avesse seguito il suo istinto si sarebbe corso dentro abbracciando forte la madre come era già successo in altre occasioni quando l’aveva vista piangere.

Questa volta però c’era qualcosa di diverso, quando entrò nella stanza la scena che gli si presentava era agghiacciante, si rese conto che la scia di sangue presente sulla soglia era poca cosa. Nella stanza infatti erano presenti oltre a diverse pezze inzuppate e le lenzuola buttate in un angolo alla bell’e meglio, tutto era macchiato di liquido ematico.

Lo shock dovuto alla vista di tanto sangue lo fece tremare leggermente, guardò quei cenci imbrattati: Adrien, vien…”  la sentì dire.

La guardò con gli occhi sbarrati: “Maman… ma cosa è capitato? Perché…” si pentì immediatamente di quanto stava per enunciare nonappena vide sua madre sciogliersi nuovamente in lacrime.

“Maman!” Per rimediare le andò vicino e non appena le fu attiro lei lo prese tra le sue braccia, possessiva e protettiva come solo lei sapeva essere. Lui con una stretta al cuore ricambiò il suo abbraccio, sentiva la disperazione di sua madre come se fosse la sua.

“Mon minou.”  Continuava a ripetere il vezzeggiativo con cui era solita chiamarlo come un mantra e cullarlo dolcemente, lui cercò di assecondarla senza fare niente.
Tutto ciò sembrò giovarle il che alleggerì appena il peso nel suo cuore.
Mon bijou ti lasciamo riposare.” Disse suo padre poggiando una mano sulla sua spalla per sollecitarlo a seguirlo fuori dalla stanza per lasciarla riposare.
“No, lascialo qui con me.” Lo supplicò lei, e quel pomeriggio per la seconda volta Gabriel Agreste cedette alla richiesta della moglie, e lei lo attirò a se, rimase li buono buono tra le braccia della sua mamma.

“Prepara i bagagli, partiremo entro domani mattina.” Sentì dire a suo padre: ‘Non ci voleva.’ Pensò immediatamente, come avrebbe giustificato quella sua ennesima sparizione di Chat Noir alla sua Marinette?
Però non poteva neanche sopportare di vedere sua madre in quelle condizioni e se allontanarsi per un po’ dalla corte le avrebbe giovato alora era quello che andava fatto.
Decise in un lampo, non appena sua madre si fosse addormentata avrebbe scritto una lettera alla ragazza solo per spiegarle della sua futura assenza senza entrare troppo nei dettagli. A chi affidarla ci avrebbe pensato poi.
   

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*Il comune Machiavelli
 
**Splendida pietra preziosa chiamata anche “Occhio di falco, da non confondere con il supereroe >.<
 
 
Considerazioni finali:
 
Ben ritrovati a tutti voi eccoci finalmente arrivati al giorno della pubblicazine, come sempre ringrazio chiunque sia arrivato fin qui, confido abbiate apprezzato questo nuovo capitolo emotivamente tosto e spero di non aver turbato i lettori più sensibili con descrizioni troppo crude, visto il tema affrontato lungo l’elaborato.
Piccola parentesi, tenete bene a mente la collana di cui si è parlato nel POV di Audrey perché più avanti la ritroveremo, e gli appassionati sicuramente avranno già compreso di cosa parlo >.<
 
Concludo qui le mie considerazioni e vi auguro una spledida e lunga giornata!!!
A presto
       Starfallen

 

   
 
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