Dopo
circa venti minuti di tragitto in auto,
Axel viene condotto dai rapitori in una cascina, distante, qualche
chilometro, dal
centro città.
Una
volta sceso dal veicolo, nota attorno a
sé solo un’ampia zona verde, e poche tracce di
vita umana.
“Dove
mi hai portato?” – chiede, mantenendo
la calma. Intenzionato a nascondere la paura che sta provando, Axel si
mostra
quanto più razionale possibile. Non vuole assolutamente che
Teresa e i suoi
scagnozzi possano avvantaggiarsi del suo stato emotivo debole.
“In
un luogo ben nascosto. Qui nessun Dalì
potrà trovarti” – ridacchia la donna,
mostrandosi a pieno volto, al ragazzo.
“Non
ti conosco, chi sei? Cosa vuoi da me?” –
domanda il gitano, studiando il viso di lei in cerca di risposte.
A
quel punto la Perez ordina ai suoi uomini
di sistemare “l’ospite” su una sedia e
legarlo ad essa con delle corde.
“Perdona
le maniere dei miei tirapiedi, però
è necessario che tu non fugga… altrimenti avrei
potuto anche offrirti del
caffè” – afferma, allegramente, la Boss,
ironizzando su una situazione non
affatto normale.
Come
si può pensare ad una bevanda da
sorseggiare insieme, in una casa dispersa nel mondo, con un ragazzino
rapito
per subdoli scopi?
“Tu
sei pazza” – commenta Axel, ricevendo
immediatamente una sberla.
“Non
mi piace che mi si parli in questi modi,
è bene che impari l’educazione. Che razza di
famiglia adottiva hai avuto? Le
buone maniere non hanno saputo insegnartele?
Non sai neppure come trattare tua zia?!”
Di
fronte a tale parola, il figlio di Nairobi
ne rimane sconcertato.
“Mia
zia?” – ripete, a tratti divertito dal
sentire tali follie.
“Vuoi
un altro scappellotto?”
- Teresa alza già la mano pronta ad usarla e
colpire il nipote.
Però
stavolta decide di indebolirlo
servendosi della verità.
“Questa
forza e questo coraggio mi danno
quasi fastidio. So che Agata è esattamente come lui,
perciò farò in modo di
annientare la sua tenacia” – pensa tra se e se la
criminale.
Così,
accomodandosi sul divano, di fronte
alla sedia a cui è costretto Axel, la Perez inizia il suo
racconto.
Un
racconto di vita che perfino Carmen e
Jorge non conoscono nei minimi dettagli.
Un
racconto che motiva molto della
personalità di questa donna.
“Io
e tua madre siamo sorelle. Sì, credici o
no, è così. Purtroppo per me”
“E
come sareste sorelle? Lei è sempre stata
figlia unica” – precisa il ventunenne.
“Lo
pensava. Nostro padre era uno stronzo.
Abbandonò prima Carmen Jimenez con una bambina piccola da
crescere, poi tentò
di comportarsi alla stessa maniera con mia madre. Però non
sapeva di giocare
con il fuoco. Se ne è accorto presto ed è dovuto
sottostare alle regole…questo
prima che cercasse di separarsi anche da noi!” –
commenta Teresa, sorvolando su
un dettaglio che Axel, però, intuisce e che lo pietrifica.
“Morto
quell’uomo, mia madre si ammalò. Presi
le redini del suo “impero”. Ho sofferto come un
cane la presenza di un padre
che mi ha sempre paragonata alla sua primogenita”
Quella
faccenda suona familiare all’orecchio
del gitano che non può non pensare immediatamente a sua
sorella minore e
all’insicurezza nutrita da una bambina di soli sette anni, di
fronte a costanti
e pesanti paragoni.
Ovviamente
Axel ignora che Teresa Perez sia
Caroline Jones, ed è la donna a renderlo palese,
sconcertandolo – “Come Ginny,
io ho vissuto le medesime emozioni. Per questo siamo così
simili, per questo
siamo destinate, per questo lei DEVE vivere insieme a me! Agata non
è degna di
esserle madre. Motivi più che logici per portarla via da
Perth, non pensi?”
“Aspetta,
aspetta, aspetta…cosa sai tu di
Ginevra? Perché dici che lei…?”
– a quel punto il collegamento tra le due
identità è automatico.
“Cazzo!”
– esclama poi – “Tu sei..?”
La
donna, ridacchiando, commenta – “Ti ci è
voluto così tanto tempo per arrivare alla soluzione? Ti
facevo più sveglio,
nipote”
“Perché
hai usato un’identità diversa.
Dopotutto mamma non sa che siete parenti”
“Io
ovunque mi sposto, creo una nuova me.
Sono stata tante persone, con tanti camuffamenti, tanti falsi
documenti, e ho
girato a lungo. Ho raccolto, grazie a vari contatti, le informazioni
che mi
servivano. Ho volutamente rintracciato, a Perth, la famigliola felice
ed ero
intenzionata a inserirmi nella vita della mia fortunata sorella
maggiore” – la
voce di Teresa è carica di rancore e astio quando pronuncia
la parola che la
unisce a Nairobi. Usa con disprezzo il termine
“sorella”.
Poi,
approfittando del crollo emotivo che
Axel sta lentamente mostrando, la Perez insiste e continua il suo
racconto.
“Ho
saputo che i gemelli frequentavano una
scuola privata. Non è stato complicato spacciarmi per
un’insegnante di grande
fama. Quando si ha potere e tanto denaro, si può fare tutto,
sai?”
“E’
lì che hai conosciuto Ginny” – commenta
il ragazzo, decisamente scosso.
“Mi
ha colpito sin da subito. Capivo dal suo
sguardo che c’era qualcosa che la turbava. Così
durante la mensa, mi sono
avvicinata a lei, sono stata premurosa come mai prima nella vita.
Stranamente,
Ginevra ha reso tutto molto semplice. Ha aperto il suo cuore senza
forzature.
Ed è nell’istante in cui mi ha confessato
“Mamma non mi vuole bene, dice sempre
che somiglio a mio fratello maggiore”… ecco,
proprio allora, è scattato in me
il confronto immediato. Ho sentito quel filo che ci univa. Ho pensato
“E’ lei
la figlia perfetta. È lei la mia degna erede”. A
quel punto, ho mosso le mie
pedine. Ho offerto il mio sostegno. Ho dato dei consigli, sono entrata
nella
sua testa, così come mia madre fece con me anni addietro,
insegnandomi come
diventare fredda e dura come una roccia. Non fa bene lasciarsi andare
alle
emozioni. Bisogna spegnerle perché se ti dominano, sei
perduta. Le ho detto di
sfogarsi con un diario…ovviamente, come avrai capito, a me
serviva per altri
scopi”
“Quali?
Fare in modo che mia madre lo
trovasse per soffrire fino allo sfinimento?”
“Beh…anche!”
- riflette la
donna, poi prosegue – “Le ho
rivelato di conoscere i suoi nonni, le sue radici gitane. Ginevra non
ha
esitato. Tre mesi prima della sua fuga da casa, ho fatto in modo che,
durante
la mensa, incontrasse Carmen e Jorge”
“E
Seba non ha notato l’assenza della sua
gemella?” – domanda, stranito, Axel.
“Durante
il pranzo, i bambini si accorpano
nell’aula più grande della scuola, si dividono in
gruppetti. Sebastìan si è
seduto di fianco ai maschietti e non ha notato che Ginny era venuta via
con me.
Ho studiato tutto, anche questa mossa” – spiega,
fiera delle sue tattiche di
gioco.
Gioco…perché
pare proprio che Teresa Perez
giocasse, peccato che lo facesse con la vita e i sentimenti degli
esseri umani.
“Sta
di fatto che tua sorella si è sentita
amata più che dai suoi genitori. E così, quando
mi ha detto che avrebbe
preferito vivere in questo modo, ho colto al balzo
l’occasione. Le ho
consigliato di seguire il cuore…per la prima volta le ho
detto di riaccendere
le emozioni e spegnere la ragione”
“Hai
usato una sorta di psicologia inversa?
Come diamine hai fatto?”
“Ragazzino,
ho esperienza alle spalle che non
immagini. Non a caso sono diventata un genio del crimine. Non a caso
nessuno mi
ha mai catturata. I Dalì da me possono solo che imparare,
anziché fuggire come
polli e nascondersi dalla vita sociale”
Dopo
aver lusingato la sua stessa personalità
malata, Teresa conclude la storia – “Lei
è voluta fuggire da casa. Abbiamo
orchestrato tutto. Il biglietto lo scrissi io personalmente. Lei
l’ha
posizionato in veranda, sapendo che qualcuno l’avrebbe visto.
E anche il
diario… non era custodito come di solito si fa, per celare i
segreti. Doveva
essere trovato. Tutto doveva condurre a Caroline Jones. Ho previsto
ogni
dettaglio, nipotino! Così come l’arrivo a scuola
di Hanna…”
Quando sente tirare in ballo quella faccenda, una parte del piano del
Prof,
Axel impallidisce.
“Ehm…”
– riesce solo a emettere un suono
senza senso.
E
la Boss ride di gusto sapendo di aver fatto
scacco matto – “Credevate fossi tanto imbecille? Io
in primis ho espressamente
ordinato alla Preside di non assumere gente nuova. Sapevo che avreste
tentato
di intromettervi nel contesto scolastico dei gemelli”
“Cazzo”
– esclama il giovane Jimenez.
In
tale istante, Teresa scruta il volto del
nipote notando in lui una forte demoralizzazione.
Infatti
il ventunenne teme per la sua
incolumità: come avrebbero mai potuto salvarlo, sapendo che
quella pazza poteva
prevedere tutto?
“Tranquillo,
mio caro” – precisa la criminale,
intuendo l’ansia del ragazzino – “Tra
meno di un’ora abbiamo un appuntamento
importante ad un parco poco distante da qui. Rivedrai i tuoi cari
parenti.
Spero per loro che abbiano deciso di agire con coscienza, o temo che la
tua
dolce mammina soffrirà doppiamente senza te e senza
Ginevra”
“Che
cosa ti spinge a farlo? Perché odi così
tanto mia madre? Lei non sapeva della tua esistenza!”
Axel,
di fronte a tanto astio nei confronti
della gitana che gli ha dato la vita, tira fuori le unghie e la grinta
pur di
difenderla. Seppure terrorizzato, continua a tenere sotto controllo il
panico.
La
donna, respirando profondamente come a
voler trattenere qualcosa di grande che cova dentro, precisa
– “Mio padre mi ha
sempre considerata la figlia di serie B. Agata era bellissima, Agata
era quella
che più assomigliava a lui, Agata era perfetta in tutto.
Mentre Teresa era
sempre seconda. L’ho sentito una notte, mentre litigava con
mia madre, dire che
sono stata un errore… questo ferisce, sai?”
In
tale istante, la Perez si volta per non
crollare definitivamente.
Axel
invece nota perfino una lacrima
scenderle lungo la guancia.
“Non
puoi colpevolizzare lei, per l’errore di
vostro padre…” – il gitano cerca di
farla ragionare.
Teresa
risponde ignorando l’argomento
Nairobi, ma centrandosi su Ginevra.
“Ginny
è la sola persona che mi ha voluta
bene e si è fidata di me dal primo istante. Non mi
tradirà mai. Per lei sono la
prima scelta, ne sono convinta. E vedrai che ne avrò la
prova a breve, e la mia
cara sorella constaterà con i suoi stessi occhi che il
sangue del suo sangue non
la ama!”
Inutili
altri interventi di Axel… la Boss non
lo ascolta più. La verità non è
servita a far abbassare la cresta a quel
ragazzino…portarlo lì in campagna, dopo averlo
visto mentre parlava con la bambina
in aeroporto, sperando potesse intimorirsi non ha sortito gli effetti
sperati.
Però,
può ritenersi soddisfatta. Ha scoperto
quanto di Nairobi c’è in Axel. È fin
troppo uguale a lei e questo può tornarle
utile per raggiungere la vittoria finale!
Adesso
ne ha la certezza assoluta! Axel è
come Agata, ma Ginny è la sua esatta fotocopia. Ora
sì che può cambiare la sua
vita: avrà la figlia che merita, l’erede perfetta,
e potrà dare un violento
colpo a colei che, a suo dire, è sempre stata considerata la
migliore.
Teresa
ignora, al contrario, tutto il dolore
patito da Agata Jimenez.
Egoista,
accentratrice, labile mentalmente,
interessata solo a se stessa, la Perez non ha la benché
minima idea di quanto
anche le altre persone possano aver sofferto nella vita.
“Stavolta
il punto della vittoria è il mio!” –
parla da sola, ad alta voce, chiusa in una stanzina con appese al muro
delle
foto.
Con
un pennarello segna una X sul viso di
Agata, ritagliato da un vecchio giornale che parlava della rapina alla
Zecca.
Dopo
una fragorosa risata, riceve una
telefonata attesa e risponde schiarendosi la voce –
“E allora? Hai preso la giusta
decisione?”
Dall’altro
capo della cornetta risponde Sergio
Marquina – “Teresa, sono il Professore”
La
voce del Prof spiazza la Boss che
immaginava il confronto con la sorella maggiore.
“E
Nairobi?” – domanda allora, stranita di
sentire qualcuno che non sia la diretta interessata allo scambio.
“Al
momento sta godendo del ritorno a casa di
sua figlia!” – replica il capo della Banda.
“Maledetti,
dovete restituirmela” – cambia tono
la Perez, ricomponendosi subito dopo.
La
sua bipolarità è fin troppo evidente ed
anche molto pericolosa.
“Se
non vuoi finire in galera, è bene che
rilasci Axel” – la minaccia lui.
“Senti
chi parla. Ti ricordo che tu e i tuoi
amichetti con le maschere carnevalesche siete ricercati da anni. Potrei
rovinarvi
per sempre. Invece, come vedi, sono clemente. Avete ancora 45 minuti di
tempo”
“Noi
abbiamo qualcuno che può denunciare i
tuoi sporchi lavori, Teresa”
“Ah
sì? E chi sarebbero? I Gonzales? Non farmi
ridere, sanno poco e nulla. Poi sono ex detenuti, chi crederebbe alle
loro
testimonianze” – la criminale si burla delle idee
di Marquina.
La
voce di Ginevra di sottofondo attiva
qualcosa nella sorella della gitana che, immediatamente, sobbalza e
cambia voce
– “Mi amor, sono io, la maestra che ti ama tanto.
Dì a questi signori che vuoi
stare con me”
“Non
ascoltarla, Ginny!” – replica Nairobi.
“Vedi
che tua madre ti dà solo degli ordini? Non
ti vuole rendere mai felice”
Ecco
la tattica che ha sempre giovato a
Teresa Perez quando si trattava di mettere la bambina contro i suoi
genitori.
E
stavolta è il Prof a chiudere conversazione
– “Ci troviamo al parco, basta giochetti!”
“Bene,
così mi piaci Professore!”
Dopo
aver concluso la chiamata, il destino
sta per compiersi.
Ognuno
fermo sulla propria posizione, renderà
il tutto più pericoloso e complicato.
Eppure
c’è un dettaglio da non sottovalutare:
l’arguzia del Professore che si è messo in moto,
mediante Rio, per contattare
qualcuno di utile alla loro finale vittoria.
“Allora?
L’hai trovata?” – chiede, trepidante, ad
Anibal.
“Si, e Lisbona sta per telefonarla!” –
comunica, soddisfatto, Cortes.
“Bene…è
la nostra sola ancòra di salvezza!
Teresa Perez ha i minuti contati…”