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Autore: _SbuffodiNuvola_    16/07/2021    1 recensioni
“Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli...
-Salve! Questa è la segreteria telefonica di Shinichi Kudo. Ora non posso risp...
Ran spense la chiamata, lasciò il cellulare sul pavimento e appoggiò la fronte sulle ginocchia strette al petto. Una lacrima calda cadde sulla sua maglietta, lasciando una piccola macchia rotonda sulla stoffa gialla.”
Dopo cinque anni di relazione, Shinichi scompare nel nulla come dopo la sera al Tropical Land e senza dare una spiegazione concreta a Ran.
Quando ritorna in Giappone, quattro anni dopo, il detective scopre che Ran ha avuto una figlia, ma non sa che quella bambina è anche sua...
Genere: Comico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Shinichi non aveva dormito. 

Ciò che aveva scoperto appena poche ore prima di andare a letto non aveva smesso di tornargli in mente, nemmeno mentre leggeva “Il segno dei quattro” per cercare di prendere sonno. 

Quando però si era reso conto di non aver capito niente di quello che aveva appena letto, si arrese e rimase sdraiato al buio con gli occhi spalancati, chiedendosi se fosse solo una coincidenza.

Ma sì, in fondo il suo cognome non era così raro. Era perfettamente possibile che Ran si fosse innamorata di un uomo proveniente da una famiglia Kudo. Certo, la cosa sembrava un po’ una presa in giro, però...

Alle sei del mattino, quando il primo, timido raggio di sole fece capolino dalle tende, Shinichi decise di alzarsi. Si trascinò in bagno per sciacquarsi la faccia (e ne aveva proprio bisogno) poi scese in cucina per mangiare qualcosa. 

Il tempo sembrava essersi rallentato. Doveva essere da Ran per le 8:15, ma erano solo le 6:30 quando terminò la colazione. Controllò la posta il più lentamente possibile e, nella cassetta, trovò il giornale fresco di stampa. 

Si sedette sul divano del salotto, ancora in pigiama, e si mise a leggere le notizie del giorno. La cronaca era sempre uguale (furti, il caso di omicidio che aveva risolto il giorno prima, un caso di presunto rapimento...) e il detective si ritrovò a sbuffare. Non che preferisse leggere di tragedie e omicidi di massa, ma almeno una piccola novità sul caso dell’organizzazione lo avrebbe reso felice...

Quando chiuse il giornale e controllò l’ora, sospirò di nuovo: le 7:15. 

E che diamine, aveva persino letto ogni singolo segno di punteggiatura per fare ancora più lentamente!

Shinichi ricordò che solo una volta nella sua vita si era sentito così impaziente (senza contare quando da piccolo i suoi lo portavano a comprare libri o era il giorno della gita a scuola): la prima volta che era uscito con Ran, prima che si mettessero insieme.

Erano ancora al liceo e certo, avevano fatto il tragitto scuola-casa insieme ed erano andati in biblioteca per studiare da soli tantissime volte... ma quella era la loro prima uscita per passare un pomeriggio insieme senza occuparsi di qualcosa che riguardasse la scuola.

Il detective lasciò il giornale sul tavolino da caffè davanti al divano e salì in bagno a cambiarsi e a lavarsi i denti. 

 

 

Finalmente, alle 8:05, Shinichi salì in macchina. Non sentiva sonno, nonostante la notte in bianco, anzi, era sveglissimo. Aveva deciso di chiedere a Ran qualche informazione sul padre di Aika, giusto per chiarire i suoi dubbi.

In quelle ore gli era balenata in testa l’idea di essere proprio lui il misterioso papà, ma poi si era subito messo a ridere: impossibile. Insomma, lui e Ran erano sempre stati attenti...

Ci volevano dieci minuti di auto per arrivare all’appartamento. Per fortuna Shinichi non trovò traffico e dopo poco tempo stava già parcheggiando poco distante dall’edificio.

Uscì dalla macchina e, dopo averla chiusa a chiave, si avviò verso l’ingresso con le mani nelle tasche della giacca. 

Suonò il secondo campanello dall’alto e noto che il suo nome era ancora lì. Ran non lo aveva tolto.

-Chi è? -chiese la voce della karateka dal citofono. 

-Shinichi. -rispose lui. L’enorme portone d’ingresso si aprì.

Il detective decise di prendere l’ascensore, giusto perché erano le 8:15 del mattino e l’idea di farsi tutte quelle scale di prima mattina non lo rallegrava troppo.

Non incontrò nessuno dei suoi ex vicini. Meglio, non aveva molta voglia di sentire la signora Matsukawa parlare dei suoi gatti (aveva fatto l’errore di dirle “buongiorno” una mattina mentre facevano il trasloco e aveva passato le successive tre ore a sistemare l’appartamento con le chiacchiere della settantenne a tenergli compagnia) o il signor Katsuki raccontargli dell’ultima corsa di cavalli a cui aveva assistito (aveva sentito lo zietto fino alla nausea).

Quando finalmente suonò alla porta dell’appartamento, fu Aika, in punta di piedi per arrivare alla maniglia, ad aprirgli. 

-Ciao! -lo salutò la bambina con un sorriso.

-Buongiorno signorina. Ho una consegna per lei. -rispose Shinichi abbassandosi al suo capo per mostrarle la targhetta dell’asilo che fino a quel momento aveva tenuto in tasca.

Sentendo quelle parole, Aika rise. 

-Vuoi che te la metta io? -chiese il detective. La piccola annuì e osservò le mani dell’uomo attaccarle sulla mantella azzurra la targhetta con il suo nome.

Guardandola così da vicino, Shinichi pensò, ancora una volta, che quella bambina era tutta sua madre. Anche se gli occhi erano di un blu molto particolare.

In quel momento arrivò Ran, che si stava mettendo la borsa in spalla. Cavoli, era bellissima: indossava una camicetta bianca e una gonna e una giacca nere. Al collo portava una collana con l’iniziale del suo nome (regalo di Shinichi al loro primo anniversario. Non la toglieva mai) e al polso aveva un bracciale che il detective non aveva mai visto.

-Buongiorno. -disse con un sorriso che fece risvegliare le farfalle nello stomaco dell’uomo. 

-Buongiorno. -ricambiò lui alzandosi in piedi.

La donna mise il cappellino giallo tipico dell’asilo ad Aika, poi s’infilò le scarpe e chiuse la porta a chiave.

-Grazie ancora per la targhetta. -fece Ran sistemando la giacchetta alla bambina.

-Di nulla. Volete un passaggio?

-In realtà, visto che è ancora presto e non piove, pensavo di andare a piedi. -rispose lei.

-Okaasan, Shinichi può venire con noi? -domandò Aika. Ran guardò il detective, che sorrise: -Io sono libero, ricordi? Mi hanno detto di prendermi una vacanza fino a nuova comunicazione.

Lei rise: -Va bene. Andiamo allora. 

Per scendere usarono l’ascensore e, parlando del più e del meno, s’incamminarono verso l’asilo di Beika. 

 

 

-Ran, posso farti una domanda? -chiese Shinichi quando, dopo che ebbero lasciato Aika all’asilo, decise di riaccompagnare Ran a casa.

-Certo. -rispose lei.

Camminava al suo fianco e fu difficile per lui resistere alla tentazione di prenderle la mano come avrebbe fatto quattro anni prima. Per l’ennesima volta maledisse il sé stesso di sedici anni che aveva seguito Vodka in quel vicolo: non sarebbe dovuto andarsene da Tokyo, non avrebbe lasciato Ran e soprattutto non l’avrebbe vista piangere per lui quando era nel corpo di Conan. 

Si odiava. Troppo.

-Ecco... quando ieri ho trovato la targhetta di Aika per sbaglio ho letto il suo cognome... -iniziò. -Io mi chiedevo se... tutto ok?

Aveva notato che Ran era impallidita improvvisamente. Lo invitò a continuare con un gesto della mano, facendogli capire che era tutto a posto.

-Ecco, so che è una cosa privata, ma... il padre di Aika ha il mio stesso cognome? -domandò il detective, esitante.

Ran deglutì e sospirò profondamente, poi disse: -Sì. Fa un po’ ridere, eh?

-Ehm... sì. In effetti sì.

La karateka fece un altro respiro, poi, visto che erano arrivati a casa, lo invitò a salire.

-Se vuoi posso parlarti di lui. Non è così difficile per me.

Shinichi la guardò per un attimo, poi decise di accettare la sua proposta. La seguì.

 

***

 

“Brava Ran. Come hai intenzione di uscirne adesso?” Si chiese la donna mentre cercava la chiave per aprire la porta dell’appartamento. 

Doveva inventarsi qualcosa che avesse un senso con quello che aveva sempre detto ad Aika e che Heiji aveva raccontato a Shinichi. Sì, ma cosa?

Non voleva mentirgli troppo, ma nemmeno dirgli tutta la verità. Non era ancora pronta. Come fare, allora? 

-Ran? Sicura di stare bene? -la voce di Shinichi la risvegliò dai suoi pensieri. Si accorse di essere ancora lì a cercare di inserire la chiave nella serratura della porta.

-Sì, scusa, stavo solo pensando a una cosa. -si affrettò ad aprire e lo fece entrare, poi chiuse la porta. 

Shinichi si guardò attorno. Erano quattro anni che non entrava in quella casa e Ran pensò che gli servisse qualche minuto per riabituarsi. Chissà a cosa stava pensando...

La karateka lo guidò nel salotto.

-Non è cambiato niente. -osservò lui.

-No, niente. -fece lei sorridendo. -Solo i giochi di Aika e alcune fotografie.

Shinichi rise: -È logico. 

Si accomodarono in cucina. Ran preparò il caffè, mentre lui si guardava ancora attorno.

-Hai tenuto quella foto... -disse ad un certo punto. Si stava riferendo alla fotografia che Heiji aveva scattato il giorno in cui avevano finito il trasloco.

-Sì. Mi piace molto. -rispose lei sorridendo. Gli mise davanti una tazzina di caffè caldo, poi appoggiò anche la sua e lo zucchero, infine si sedette.

Osservò il detective mischiare il caffè con il cucchiaino e si schiarì la voce: -Vedi... Quello che ti ha detto Heiji è vero, ma non è che il padre di Aika non è mai qui per lavoro... è che... -Ran sospirò. Alla fine gli stava mentendo... anche se solo in parte.

-È che lui non sa nemmeno che Aika è sua figlia. -continuò. Beh, questo era vero.

-Non lo sa? -ripeté Shinichi, stupito.

-No. -rispose la karateka. Bevve un sorso di caffè per inumidirsi la gola, che sentiva terribilmente secca, e riprese a spiegare: -Abbiamo avuto una discussione e ci siamo lasciati. Il giorno dopo ho scoperto di essere incinta, ma lui mi aveva detto che non voleva avere figli e quindi non l’ho contattato. Credo che abbia anche cambiato il numero di telefono. So che è sbagliato, ma... se dovessi dirgli la verità... ho paura di come potrebbe reagire.

Ran si morse il labbro, mentre Shinichi beveva a sua volta un po’ di caffè.

“Chissà se ha capito che sto mentendo e che Aika è sua” si chiese lei. Le sembrava assurdo che non ci fosse ancora arrivato. Eppure era così semplice... e lui non era di certo stupido.

-Pensi che reagirebbe così male? -le domandò.

La donna ci pensò un attimo. Se gli avesse rivelato che il padre di Aika era proprio lui, come l’avrebbe presa? Stando a quello che le aveva detto quando erano appena usciti dall’Università, Shinichi sognava, un giorno, di avere dei figli. Quindi ne sarebbe stato felice? O si sarebbe arrabbiato perché Ran gli aveva mentito?

-È questo il punto. Non lo so. -rispose lei abbassando gli occhi sulla tazzina. -Si prenderà le sue responsabilità? Chi può dirlo. E poi c’è Aika, che aspetta solo di conoscerlo. Lei pensa che suo padre sia un agente della pubblica sicurezza e che non torna mai a casa per non mettere lei e me in pericolo. Però ormai non so quanto possa...

-E se ti aiutassi a trovarlo? -propose Shinichi interrompendola. -Sono un detective. Potrei riuscirci facilmente.

-Apprezzo l’offerta ma...

-Non devi preoccuparti. -continuò alzandosi in piedi. -Ci metterò poco. Basta che mi dai alcune informazioni e...

-No. Shinichi, io non voglio trovare quell’uomo. -dichiarò Ran senza lasciarlo finire. -Non per il momento almeno.

-Ma perché? -chiese lui, senza capire. -Aika ne sarebbe contenta e tu...

-È che... da quando ti conosce, Aika non mi ha mai chiesto di suo padre. -confessò la karateka. -È come se non si ricordasse di lui. 

“O forse Aika sente, in qualche modo, che il suo papà sei proprio tu” aggiunse mentalmente.

-Co-Cosa?

Ran finì il suo caffè, mandando giù il groppo alla gola che le rendeva difficile parlare.

-Aika si è affezionata a te. Mi chiede se tu ed io siamo mai stati innamorati, come ti sei dichiarato e come hai conosciuto Heiji. -raccontò. -E non mi ha più detto la parola “papà” dal giorno del matrimonio di Heiji e Kazuha. Non pensa più a lui. Quindi finché non sarà lei a chiedermi qualcosa, io non farò nulla.

Shinichi si risedette, come se le gambe non fossero state più in grado di reggerlo. Era pallido.

-Shinichi? -lo chiamò lei.

-D’accordo. Io non farò niente, se è questo che vuoi. -disse come risposta. -Però ricordati che puoi chiedermi di trovare quel tizio in qualunque momento. Anche se avrò già un caso a cui pensare, va bene?

Ran annuì: -Me ne ricorderò. 








*angolo autrice*
Yahoo~
Rieccomi qui!
Rileggendo il capitolo prima di pubblicare ho pensato che potrei anche cominciare una scena importante già nel prossimo capitolo... scena che ho in testa fin da prima di iniziare la storia, in effetti 😂
Beh, ci penserò!
Alla prossima!

   
 
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