Sesta parte
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
Passage out of the dark
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star…
(“Send me an angel” – Scorpions)
La vita di Edward
trascorreva serena e lieta nel cottage di Sir Richard dove abitava ormai da più
di tre settimane con Erik. Il ragazzo si sentiva sempre più legato all’uomo che
lo aveva salvato e che si occupava di lui con tanto amore. Inesperto com’era di
sentimenti e relazioni con altri che non fossero la sorella, non si era ancora
reso conto di essere anche lui innamorato di Erik e che era per questo che,
quando gli era vicino, provava tanta gioia ed emozione… Dal canto suo Erik,
invece, lo aveva capito (e, del resto, se non fosse stato così di certo Edward
non avrebbe accettato con tanto entusiasmo di essere baciato e di dormire con
lui!). Tuttavia non aveva nemmeno tentato qualche passo avanti, sia perché
temeva di turbare e spaventare il giovane ingenuo, sia perché, nonostante
tutto, non si riteneva degno di lui che rimaneva comunque il Conte di Warwick,
ultimo dei Plantagenet e erede legittimo al trono di Inghilterra. Non importava
che Edward avesse tranquillamente rinunciato ad ogni pretesa e che fosse
felicissimo di vivere da semplice nobiluomo di campagna, era comunque di sangue
reale, discendente da una stirpe di sovrani, mentre lui, Erik, era solo un
profugo scappato dalla Norvegia tanti anni prima e accolto per bontà d’animo da
Sir Richard Pole.
Come avrebbe mai
potuto sperare di essere veramente amato e accolto da quel giovane Principe?
Tuttavia, Erik si
riteneva già immensamente fortunato a poterlo avere lì con sé, a baciarlo,
dormire con lui, vederlo tutti i giorni felice, sorridente e sempre più in
forze e in salute grazie ad una vita sana e all’aria aperta.
La situazione, però,
non era e non avrebbe potuto essere tranquilla. Gli uomini del Re non avevano
ancora trovato Perkin Warbeck nonostante lo avessero cercato per tutta Londra,
non erano riusciti neanche a rintracciare gli amici che potevano averlo aiutato
a fuggire: perciò Elizabeth aveva ripreso a tormentare Henry perché puntasse
nuovamente i suoi sospetti verso la famiglia Pole. Chi, se non Maggie, aiutata
dal marito, avrebbe potuto organizzare la fuga del giovane che considerava
davvero suo cugino Richard, soprattutto perché ciò le avrebbe permesso di
riavere il fratello Edward? Sir Richard aveva parlato di un complotto di
Warbeck e dei suoi sostenitori, ma di certo lo aveva fatto per stornare i
sospetti da sé e dalla moglie visto che non erano stati trovati cospiratori da
nessuna parte. Sicuramente Perkin Warbeck e Edward si stavano nascondendo nella
tenuta gallese di Sir Richard e Re Henry doveva mandare le sue guardie a
stanarli una volta per tutte, o l’usurpatore sarebbe presto tornato con un
esercito di scozzesi o francesi o chissà chi per rivendicare il trono.
Henry non voleva
cedere, non era ancora disposto a credere che il suo fedele amico Sir Richard
Pole avesse cospirato contro di lui, però dopo tutto quel tempo Warbeck non era
ricomparso e qualche dubbio iniziava a farsi strada nella sua mente…
“E va bene” capitolò
infine, quasi un mese dopo la fuga di Richard e Edward dalla Torre di Londra. “Visto
che sei così convinta che i Pole siano dei traditori e che nascondano Warbeck e
Edward, ti lascio libera di prendere le guardie che vorrai e di andare in
Galles a far perquisire la loro tenuta. Se i soldati troveranno i fuggitivi, li
farai arrestare e rinchiudere tutti quanti nella Torre, Sir Richard e Maggie
compresi. Allora ammetterò di aver sbagliato e di aver riposto male la mia
fiducia. Ma, fino a quel momento, io mi rifiuterò di credere alla colpevolezza
dei Pole.”
A Elizabeth non
importava affatto cosa credesse o non credesse Henry, contava soltanto quello
che credeva lei e lei era certissima che Warbeck e Edward si trovassero in
Galles, nascosti e protetti da Sir Richard e da quella gattamorta traditrice di
Maggie. Soddisfatta, organizzò la spedizione e volle essere lei stessa a
guidarla al fianco del Capitano delle Guardie Reali, pregustando già il momento
in cui avrebbe vissuto il suo trionfo. Se, all’inizio, aveva commesso atti
spregevoli solo per proteggere il Regno dalle mire di Warbeck e assicurare la
corona per i suoi figli, l’umiliazione subita davanti al Re per colpa di Sir
Richard e Maggie l’aveva resa ancora più aspra e vendicativa: adesso desiderava
vedere i traditori in catene e voleva che Maggie, prima di essere giustiziata a
sua volta, dovesse assistere alla decapitazione di Edward.
Insomma, in poche
parole era proprio una stronza fatta e finita!
Il giorno in cui la
Regina e le sue guardie giunsero improvvisamente alla tenuta dei Pole, Erik si
trovava con Sir Richard e Maggie per raccontare loro quanto Edward stesse bene,
quanto migliorasse di giorno in giorno e quanto fosse felice e sereno. Una
sentinella si precipitò ad avvertire il suo Signore dell’arrivo delle Guardie
Reali e della Regina in persona e Maggie quasi svenne alla terribile notizia.
“Edward è da solo… è
da solo nel cottage!” mormorò, pallidissima e con un filo di voce. “Cosa
possiamo fare? Elizabeth farà perquisire tutte le nostre proprietà e lui… Erik,
devi andare a prenderlo!”
Era esattamente ciò
che l’uomo avrebbe voluto fare: precipitarsi a prendere il suo prezioso
ragazzino e portarlo via, lontano, il più lontano possibile da quella gente
incattivita dal potere e dall’ambizione. Sapeva che Edward sarebbe stato
terrorizzato e gli si spezzava il cuore al pensiero di non essere accanto a lui
in un momento come quello… eppure una parte di lui gli diceva che,
paradossalmente, era stata una fortuna per loro che la Regina con le sue
guardie fosse arrivata proprio in quel momento.
“Calmati, Maggie, non
farti vedere così turbata” stava dicendo intanto Sir Richard alla moglie. “Se
la Regina ti vede in questo stato non farà che insospettirsi ancora di più.
Dobbiamo mostrarci calmi e disponibili a tutto. Che faccia pure perquisire
tutta la nostra tenuta, anche le stalle e le latrine, se vuole, non troverà ciò
che cerca e sarà sconfitta ancora una volta.”
“Ma lei non si
fermerà qui! Manderà i suoi uomini in tutti i nostri possedimenti e loro
scopriranno il cottage… e Edward!” protestò la giovane donna, disperata e in
lacrime.
“Non dovete
preoccuparvi, mia Signora” rispose Erik, cercando di non mostrare la sua
angoscia. “Ho messo delle sentinelle in punti strategici del bosco attorno al
cottage e loro andranno ad avvertire la coppia di servitori che abita lì con me
e Edward. Loro sanno già cosa devono fare in un caso come questo, aiuteranno
vostro fratello a nascondersi e sapranno rispondere a tono a tutti gli
interrogatori delle guardie. Sapevamo che, purtroppo, questo giorno sarebbe
potuto arrivare e io ho fatto di tutto per preparare i soldati e i servitori.
Non temete, Edward è più al sicuro che se fosse stato qui.”
Almeno
lo spero, pensò l’uomo. Era vero, aveva preparato tutto al
meglio per un’eventuale incursione dei soldati del Re e della Regina e non
dubitava minimamente dei suoi uomini e dell’anziana ma determinata coppia di
servitori. L’unica sua reale preoccupazione era che Edward, solo di fronte al
pericolo, si lasciasse prendere dal panico. Non
aver paura, Teddy, sii forte. Nessuno ti farà del male e io tornerò da te
appena possibile. Non permetterò che nessuno ti faccia del male.
“Erik ha ragione,
Maggie. Dobbiamo essere forti e coraggiosi, non solo per noi ma anche per
nostro figlio e per Edward” disse Sir Richard, stringendo a sé la moglie.
Maggie comprese che
era vero. Non poteva farsi vedere turbata o debole, doveva essere determinata e
capace di dissimulare così come aveva fatto quando portava le lettere ai
sostenitori di Richard. Ormai Elizabeth era una nemica e come tale doveva
considerarla, per niente al mondo avrebbe dovuto mostrare la minima incertezza
davanti a lei.
Così, quando la
Regina arrivò alla tenuta e smontò da cavallo, si trovò di fronte Sir Richard
che teneva in braccio suo figlio John, Maggie accanto a lui e Erik due passi
dietro il suo Signore, tutti con un’espressione dura e severa sul volto.
“Vostra Maestà,
vorrei darvi il benvenuto nella mia casa, ma temo che questa non sia una visita
di cortesia” disse Sir Richard. “Siete venuta con un contingente di guardie
come se noi fossimo vostri nemici…”
“Lo siete, infatti, è
inutile che facciate la commedia, Sir Richard” replicò brusca la Regina. “E’
quasi un mese che facciamo perlustrare Londra e tutti i luoghi in cui Warbeck e
la Duchessa di Borgogna avevano amici e alleati e non abbiamo trovato niente. A questo punto è chiaro che
siete voi i traditori che nascondono
i fuggitivi e non me ne andrò di qui senza averli trovati.”
“Allora dovremo farvi
preparare una camera per accogliervi, Maestà, perché resterete qui molto a
lungo” ribatté Sir Richard. “Perquisite pure la mia casa, tutti i luoghi in cui
pensate che possa aver nascosto Warbeck e Edward. Mi consola il fatto che non
vedo Sua Maestà Re Henry e questo mi fa pensare che lui non sia del tutto
d’accordo con voi…”
Ancora più irritata,
Elizabeth ordinò ai suoi uomini di perquisire a fondo la tenuta, tutte le
costruzioni intorno, di cercare anche eventuali passaggi segreti, botole,
qualsiasi posto in cui due ragazzi avrebbero potuto nascondersi.
Trascorsero due ore e
non accadde niente. Il piccolo John, stanco e spaventato, iniziò a lamentarsi e
Maggie lo prese in braccio.
“Maestà, mio figlio è
turbato da tutta questa confusione. So che anche voi avete figli e quindi
potete capirmi” disse la giovane alla Regina. “Voglio portarlo in casa, farlo
mangiare e metterlo a riposare. Avete già fatto perquisire le stanze di mio
figlio, non è così? Se volete accomodarvi anche voi, sarò lieta di offrirvi
ospitalità.”
“Non cercare di fare
la furba con me, Maggie, non mi incanti con la tua aria da santarellina!”
ribatté Elizabeth, sempre più inviperita man mano che il tempo passava e che i
soldati tornavano a riferire di non aver trovato nessuno e nemmeno tracce
dell’eventuale passaggio di due giovani. “Porta pure dentro tuo figlio e digli
addio perché, quando avremo trovato i due traditori, anche tu e tuo marito
sarete giustiziati e lui sarà affidato a una famiglia fedele al vero Re! Sappi
che ho mandato le guardie fino ai confini del bosco, non c’è proprietà, per
quanto piccola e misera, che non sarà messa a soqquadro per trovare Warbeck e
Edward.”
Maggie la lasciò lì
in piedi sotto il sole e rientrò in casa con John.
Nel frattempo, alcuni
dei soldati mandati a perlustrare i boschi erano arrivati anche al cottage. Le
sentinelle di Erik, però, li avevano avvistati in tempo e avevano avvertito
Joseph e Annie, l’anziana coppia di domestici che si prendeva cura della
casetta. Joseph era andato subito da Edward per spiegargli la situazione,
mentre Annie riordinava le stanze facendo scomparire ogni traccia del giovane
Conte.
“Milord, i soldati
della Regina saranno qui tra pochi minuti e perquisiranno tutta la casa” disse
il domestico a Edward. “Voi sapete qual è il sentiero che dovete prendere per
raggiungere il nascondiglio nel bosco che Erik vi ha mostrato, raggiungetelo in
fretta e mettetevi al sicuro. Non abbiate timore, io e Annie ci sbarazzeremo al
più presto di quelle guardie e loro se ne andranno. Dovete muovervi subito,
però, Milord. Non abbiate paura, andrà tutto bene.”
“Ma io… devo andarci
da solo? Perché non c’è Erik? Perché non torna?” mormorò il ragazzo, sbarrando
gli occhi spaventato.
“Probabilmente il
Capitano era con Sir Richard quando è giunta la Regina con le sue guardie e,
ovviamente, non è potuto tornare per non insospettirli” rispose pratico l’uomo.
“Adesso, però, non è il momento di chiacchierare, Milord, dovete sbrigarvi per
raggiungere il nascondiglio. Andate subito, alle guardie penseremo noi.”
Edward sapeva, sì,
quale fosse il sentiero. Erik ce l’aveva portato più volte proprio in
previsione di un evento del genere ma… ma le altre volte era con lui, l’aveva
guidato, rassicurato, e il ragazzo si era sentito sicuro e protetto. Percorrere
il sentiero da solo fu tutto un altro paio di maniche. Le guardie della Regina
erano ancora lontane, ma Edward non si fidava, era terrorizzato, era sicuro che
lo avrebbero preso e riportato a Londra e allora…
Erik,
dove sei? Perché non sei qui con me? Mi hai lasciato solo, avevi detto che non
mi avresti mai lasciato solo, io ho paura, non voglio stare solo!
Paura, angoscia e
disperazione confondevano i pensieri del ragazzo che continuava a camminare ma
senza più seguire il sentiero, si guardava intorno come un animale braccato,
aspettandosi di vedersi piombare addosso i soldati della Regina da un momento
all’altro. E, a forza di andare avanti senza guardare dove metteva i piedi,
finì per scivolare in una scarpata e rotolò fino in fondo, graffiandosi braccia
e gambe con i rovi. Solo per un miracolo non si ruppe l’osso del collo né
qualsiasi altra parte del corpo… e tuttavia quella caduta fu la sua fortuna. Le
guardie, infatti, innervosite dopo aver inutilmente perquisito il cottage e
essersi trovati tra i piedi Joseph e Annie con la loro espressione severa e
disgustata da gallesi oltraggiati, avevano raggiunto il sentiero e
probabilmente, se Edward si fosse davvero nascosto da quelle parti, lo
avrebbero trovato. Invece non pensarono di andare a cercare giù per le scarpate
e, dopo aver perlustrato quella parte del bosco, tornarono indietro per
riferire alla Regina che non avevano trovato niente: Perkin Warbeck e Edward
Plantagenet non erano mai stati da quelle parti o, se c’erano stati, ne erano
partiti ormai da tempo.
Edward, però, non si
era reso conto di niente, solo della caduta e del fatto che non sapeva dove si
trovasse e si sentiva pesto e dolorante.
“Erik… dove sei?
Perché mi hai abbandonato anche tu?” mormorò appena. Aveva paura, aveva freddo,
sentiva dolore dappertutto ed era stordito e confuso per la caduta. Si
raggomitolò in fondo alla scarpata, protetto da qualche cespuglio, si allacciò
le ginocchia con le gambe e pianse silenziosamente.
Perché
mi hai lasciato solo, Erik?
Era primo pomeriggio
quando tutte le Guardie Reali ritornarono dalla Regina per riferire di non aver
trovato nessuno e neanche delle tracce che potessero far pensare che Perkin
Warbeck e Edward Plantagenet fossero mai stati da quelle parti.
“Vostra Maestà, vi
avevo detto che non stiamo nascondendo nessuno” le disse Sir Richard, serio.
“Io non tradirei mai Re Henry a cui sono molto legato e mia moglie… beh, ha
commesso degli errori in passato ma il suo unico scopo era ottenere la
liberazione del fratello, che adesso però è scomparso.”
“Volete forse che vi
chieda scusa? Non lo farò mai!” si rivoltò Elizabeth, come morsa da una vipera.
“Va bene, magari non tenete nascosti i due traditori, ma sono ancora convinta
che siate stati voi ad aiutarli a scappare e magari li avete aiutati anche a
raggiungere la Scozia o la Borgogna. Prima o poi troverò le prove!”
“Non posso impedirvi
di sprecare il vostro tempo, Maestà” concluse laconico Sir Richard.
Piena di rabbia impotente
per la seconda figuraccia fatta davanti a Sir Richard Pole e a Maggie,
Elizabeth dovette radunare le sue guardie e ripartire per Londra umiliata e
sconfitta, senza sapere cosa avrebbe detto a Henry. Era vero, la spedizione nei
possedimenti dei Pole era stata inutile, avrebbe fatto meglio a mandare i suoi
uomini in Scozia, o magari in Borgogna…
La Regina e le Guardie
Reali erano appena svanite all’orizzonte quando Erik, che si era trattenuto a
fatica per tutto quel tempo, salì a cavallo e letteralmente volò verso il
cottage, impaziente di raggiungere Edward e di stringerlo tra le braccia, di
poterlo consolare e confortare… chissà quanta paura aveva avuto! E restò a dir
poco sconvolto quando Joseph e Annie gli diedero la notizia che il ragazzo si
era, sì, incamminato verso il nascondiglio nel bosco, ma non era mai tornato.
Un terrore gelido si
impossessò di Erik, scendendogli nel cuore e congelandogli il sangue nelle
vene. Cos’era successo al suo Teddy? Perché non era tornato? Si recò
immediatamente nel bosco, sul sentiero che conduceva al nascondiglio, ogni
passo una tortura, ogni respiro un’immagine spaventosa che lo straziava.
Esperto com’era, si rese subito conto delle tracce sul sentiero e comprese che
i soldati della Regina erano passati di lì, avevano scoperto il nascondiglio.
Ma potevano aver trovato Edward? No, certo, altrimenti lo avrebbero
imprigionato e condotto al cospetto della sovrana. Invece la Regina era
ripartita delusa e arrabbiata… ma allora dov’era Edward?
Sempre più in ansia,
Erik continuò a perlustrare il nascondiglio e il sentiero, chiamando a gran
voce il ragazzo. Era quasi il tramonto, presto si sarebbe fatto buio, doveva
assolutamente trovare Edward prima che calasse la notte, altrimenti…
“Edward! Dove sei?
Rispondimi!” il richiamo di Erik si faceva sempre più disperato.
E poi, finalmente,
una vocina soffocata e flebile rispose a quel richiamo.
“Erik… sono quaggiù,
sono caduto… ho paura, aiutami, non lasciarmi solo!”
Sentendo la voce del
giovane, Erik si sentì invadere da un enorme sollievo ma anche da un lacerante
senso di colpa. Edward era salvo, grazie a Dio, ma aveva rischiato di morire
perché lui non era al suo fianco. Aveva lasciato solo il suo Teddy, non era con
lui quando aveva paura, quando si era fatto male… Questi pensieri diedero
all’uomo un’energia incontenibile, che lo portò a scendere agevolmente lungo la
scarpata e a raggiungere il ragazzo in pochissimi istanti.
“Edward, non temere,
sei al sicuro adesso. Come stai? Sei ferito?” gli domandò, controllandolo
ansiosamente per verificare che non avesse fratture o qualcosa del genere. “Ti
senti bene?”
Il giovane aveva il
viso sporco di terra e rigato di lacrime, i vestiti strappati e macchiati di
sangue dove i rovi lo avevano graffiato, ma tutto sommato stava bene, molto
meglio di quanto ci si sarebbe potuti aspettare dopo una caduta del genere.
“Come potrei stare
bene? Sono pieno di graffi e lividi, ho freddo, ho paura, non mi piace questo
posto e… e tu mi avevi abbandonato! Perché mi avevi abbandonato?” le parole di
Edward potevano sembrare petulanti e lamentose, ma il tono addolorato e gli
occhi pieni di tristezza facevano capire che non stava rimproverando Erik, non
si stava lagnando con lui, semplicemente… si era sentito ancora una volta
tradito e sperduto, e non capiva cosa avesse fatto di male per meritarselo.
E questo,
più di ogni altra cosa, trafisse il cuore di Erik che, convulsamente, prese
Edward tra le braccia e lo strinse forte a sé.
“Non ti
ho abbandonato, Teddy, non lo farei mai, io ti amo, ti amo tanto e mi sentivo
morire pensando che tu eri qui da solo!” ammise, buttando fuori tutti insieme i
sentimenti e le emozioni che provava. Accarezzò il ragazzo, lo baciò sui
capelli, sulla fronte, sul viso, poi di nuovo sulle labbra, a lungo, per
convincersi che era lì, che lo aveva trovato, che era salvo e che se lo sarebbe
riportato a casa per non lasciarlo mai più, mai più.
Fine sesta parte