E’
quasi mezzanotte quando i Dalì si mettono
in contatto con una persona speciale, utile al piano realizzato dalla
geniale
mente del Professore, in collaborazione con l’ingegnosa dote
informatica di
Rio.
“Come
avete fatto a trovarla in così poco
tempo?” – chiede, sbalordita, Hanna, seduta di
fianco alla postazione del PC
per osservare le mosse dei due uomini.
“Segreto
professionale, mia cara Vienna” –
risponde Anibal, stiracchiandosi, esausto dalle tante ore seduto di
fronte al
computer.
Raquel,
nel frattempo, è alle prese con un’importantissima
telefonata, e utilizza la sua dialettica e le sue abilità da
ex ispettrice per
portare a casa la vittoria.
I
restanti Dalì sono in fibrillazione per ciò
che da lì a qualche minuto sarebbe potuto accadere.
E
mentre Denver e Monica si distraggono,
telefonando Cincinnati, ormai adolescente, rimasto in Indonesia per
badare alla
sorellina minore, Palermo e Helsinki s’isolano in giardino
per concentrarsi
sulle prossime mosse.
Il
serbo è emozionato per la sua Nairobi,
ritrovando nei suoi occhi la luce che da sempre la contraddistingueva.
“Adesso
che Ginny è a casa, sento di esserlo
anche io” – commenta l’omone, spiazzando
il compagno argentino.
“Cosa
intendi dire? Ti ricordo che bisogna
salvare Axel, la missione non è ancora terminata”
– precisa Palermo.
“Lo
salveremo, fosse l’ultima cosa che io
faccio in questa vita” – aggiunge, determinato,
Helsinki.
“Perché
hai detto di sentirti a casa anche
tu?” – domanda, Berrote, pensieroso.
“Perché
sono in famiglia. E’ difficile vivere
senza i Dalì, e ora che li ho rivisti tutti, ho trovato mia
serenità”
“Non
eri sereno con me?” – Martin si pone
immediatamente sulla difensiva, spiazzato da tali considerazioni.
“Certo
che sì, tu sei mio amore di tutta
vita. Io mai trovato persona come te….”
– risponde il serbo, certo, al cento
per cento, della sua prima vera relazione amorosa.
“Allora
non capisco; non vorrai mica
trasferiti qui?”
Helsinki
abbassa lo sguardo, non
pronunciandosi. Il suo cuore gli dice “Sì,
è quello che vuoi davvero”, però la
sua mente e la sua ragione sanno benissimo che, invece, non
è possibile farlo.
“Il
Professore ci ha mandati in parti del
mondo diverse per tutelarci”
“Lo
so bene, Palermo. Però, Tokyo e Rio
abitano qui”
“Sappiamo
il motivo” – precisa l’argentino
–
“L’ultima volta che quei due hanno vissuto da soli,
ci hanno messo nei casini.
Vivere con Nairobi e Bogotá li avrebbe aiutati a non causare
possibili danni”
“Mi
prometti che, verremo spesso a trovare
nostri amici?” – lo prega Helsinki, cosciente di
andare contro il Piano Resistenza.
E
di fronte agli occhi azzurro cielo del
serbo, Martin non può non accettare.
“Promesso!”
Il
tempo, intanto, scorre ed è sempre più
pericoloso per Axel rischiare che nessuno accetti lo scambio e non si
presenti all’incontro
con Teresa Perez.
Nairobi
e Bogotá pensano e ripensano a come
agire, avendo adesso Ginevra a casa.
“Non
ho nessuna intenzione di cedere la mia
bambina a quella folle criminale” – replica Agata
per la centesima volta.
“Ovviamente
non lo faremo. È stata dura
riaverla qui con noi, non permetterò a nessuno di
strapparcela via” – aggiunge
il saldatore.
I
due, rimasti soli nella camera dei gemelli,
tornano finalmente a parlarsi pacificamente.
La
questione riguardante Emilio sembra essere
stata occultata, dal momento in cui la bambina scomparsa ha rimesso
piede nella
sua casa. O probabilmente, Bogotá ha solo messo in standby
quel dolore,
concentrandosi sulla delicata questione di Axel, e soprattutto sul
sentirsi
sollevato di poter riabbracciare la sua piccina.
Il
saldatore, seduto sul letto di Sebastián,
proprio di fronte alla Jimenez che ha preso posto su quello di Ginny,
fissa il
pavimento, con aria preoccupata.
“A
cosa stai pensando?” – domanda Nairobi,
riconoscendo in quello sguardo il suo stesso turbamento.
“Spero
che il Prof riesca in questa impresa!
Altrimenti non ho la benché minima idea di come potremmo
sottrarre Axel a tua
sorella”
“Non
è e non sarà mai mia sorella; quella
persona meriterebbe l’ergastolo” –
commenta la gitana, giocando nervosamente
con i numerosi anelli che le decorano le mani.
La
fede è quello che Nairobi conserva con
premura e che non tocca mai, resta immobile, fisso, nel suo anulare
sinistro, a
simboleggiare l’amore intangibile tra loro.
Avvertendo
su di sé lo sguardo del consorte,
accenna un sorriso timido e compiaciuto. Poi gli dice - “Mi
stai guardando e mi
sto agitando, che strano vero? Mi sembra di ricordare qualcosa di
simile!” – le
sue parole così sincere, senza filtri, imbarazzano anche un
omone tanto grande
e grosso come Bogotá.
Sì,
lui la guarda…la guarda e il cuore torna
a battergli con una forza tale da sembrar volergli esplodere dal petto.
Stranito
da quella sensazione, una sensazione
che rammenta ancora ed è la stessa provata quando conobbe
Nairobi, ben dodici
anni prima, il saldatore respira profondamente come a voler calmare
tale
tensione.
Ma
i sentimenti hanno preso il sopravvento, e
si lascia andare totalmente utilizzando una frase lo riporta indietro
nel
tempo, ad esattamente dodici anni prima.
“Come
si fa a non guardare qualcosa di tanto
bello”
12
ANNI PRIMA….
“Piacere,
io sono Nairobi! Benvenuti nella
Banda dei Dalì” -
si presenta la gitana,
vedendo salire sull’auto guidata da Helsinki due nuovi tipi.
Il
primo è silenzioso, con un paio di baffi
strani e i capelli leggermente lunghi; l’altro, invece, ha
tutta l’aria del
Macho, ma di un Macho con qualche chiletto in più e
l’età avanzata.
Ma
si sa, ad Agata i tipi con la pancetta
sono sempre piaciuti! Non a caso è innamorata di Helsinki,
diventato un peluche
ai suoi occhi.
“Io
mi chiamo….” – il saldatore è
prossimo a
rivelare la sua identità, ed è la Jimenez a
frenarlo.
“Prima
regola del Piano…nessun nome! E’
un’idea bizzarra del prof, però bisogna
rispettarla”
“Ah,
bene! Io ho un’idea sul tuo di nome…”
–
commenta Bogotà.
“Si?
Sono curiosa!” – risponde Nairobi,
intuendo, dal tono di voce e dalle attenzioni dell’uomo, una
tattica di
approccio.
“Per
una donna del tuo livello, penserei a
qualcosa di molto caliente”
Tentativo
1… fallimento totale…. Nairo coglie
in Bogotá solo il desiderio sessuale di chi, a suo dire, non
scopa da anni.
“Ehm…ok,
lasciamo perdere! Piuttosto…siamo
arrivati!” – comunica la zingara, alzando gli occhi
al cielo di fronte a quel
flirt di pessima qualità.
Il
saldatore, imbarazzato per un’evidente
gaffe, si zittisce.
Una
volta giunti a destinazione può guardare
quella appariscente e fighissima donna in tutto il suo splendore.
“Cazzo”
– esclama, trovandosi di fronte ad un
corpo mozzafiato.
Dopotutto,
conoscerla in un’automobile,
seduta nel sedile anteriore, coperta da una pelliccia rossa, non
rendeva
giustizia a cosa effettivamente era Agata Jimenez.
Raggiunto
il Monastero, sedutisi nei classici
banchi di scuola, i Dalì si apprestano ad ascoltare il Piano
di Sergio.
“Allora…
è bene ricordare le regole perché
c’è gente nuova…” –
precisa Marquina.
A
quel punto, il saldatore, membro senza
nessun nome in codice, punta lo sguardo sulla gitana e diventa schiavo
di
pensieri che da quel momento in poi lo avrebbero accompagnato
costantemente.
“Allora…il
nostro saldatore, che nome ha
scelto?” – chiede Agata, al termine della prima
lezione.
“Ti
interessa tanto saperlo?” – domanda Tokyo,
mentre versa della sangria nel bicchiere dell’amica.
Sedute
ad una tavola imbandita, sole tra
donne, si distraggono in chiacchiere, mentre gli uomini si occupano del
pranzo.
“No,
lo dico soltanto perché dovrò lavorare
con lui!” – precisa la Jimenez.
“E’
un bel tipo. Potresti farci un
pensierino, Nairo” – aggiunge Stoccolma.
E
la gitana, inarcando il sopracciglio,
contrariata, replica – “State scherzando, spero!
Quello mi vuole solo portare a
letto, si vede da come mi guarda il culo!”
La
sua costatazione fa ridere le amiche che
si arrendono all’evidenza: Nairobi non è affatto
intenzionata a darla vinta ad
un uomo che, per di più, non vanta una grande fama.
“Non
cambierai mai!” – scuote il capo Monica,
ridacchiando.
“Io
voglio un uomo dolce e premuroso. Questo
qui so già che mi porta a letto e mi molla il giorno
dopo”
E
invece ciò che Agata ignora è che in
realtà
quel playboy, come lo definisce lei, non è ciò
che appare.
“Bogotá!”
– lo chiama Sergio, il secondo
giorno di preparazione.
“Ehi,
amico, sei con noi? Sembri distratto” –
interviene Palermo, notando il compagno di squadra assorto tra i suoi
pensieri.
“Eh?”
– finalmente sembra tornare con i piedi
per terra – “Parlavi con me?”
“No!
Parlava con mia sorella!” – commenta
Agata, con sarcasmo, incrociando le braccia al petto.
“Scusate,
ero sovrappensiero” – nel dirlo, l’uomo
posa subito gli occhi sulla gitana, interessato più a
ricevere il suo perdono
che quello degli altri.
“Volevo
informarti che domattina comincerete
l’allenamento nella cisterna che conosci
già” – spiega Sergio.
“Perfetto,
capo” – risponde il saldatore.
“Nairobi
e Denver saranno in squadra con te!”
– precisa Marquina.
“Ah!”
– commenta il saldatore, già teso come
una corda di violino alla sola idea di dover trascorrere ore e ore di
fianco ad
una donna che lo intriga ogni giorno sempre di più.
Accettando
il destino scelto per lui,
beccatosi anche la ramanzina inattesa, si allontana dal gruppo.
Raggiunge il
giardino, lì dove Berlino si sposò tanto tempo
prima con Tatiana, e accende un
sigaro.
“Sembri
strano, che ti succede amico?” – la voce di
Palermo, che per la prima volta
dopo anni, sembra interessarsi a qualcuno che non sia se stesso,
interrompe la
solitudine che il saldatore stava cercando.
“Nulla,
a te non capita di distrarti?” –
replica il presunto casanova, infastidito, guardando altrove.
“Mi
capita, certo…ma con gli occhi fissi su
una donna direi di no!”
Tali parole spiazzano l’uomo grande e grosso che sposta
lentamente lo sguardo
sul compagno di squadra – “Come?”
“Che
ti fa sangue Nairobi l’ho capito dal
primo secondo che l’hai vista!”
“Fare
sangue? Martin, cioè… - si corregge –
“Palermo,
da quando in qua usi queste espressioni?”
“Da
quando ho capito che è l’espressione
giusta che si addice al momento”
Berrote
sorseggia la sua birra e, dopo aver
reso palese a Bogotá che era fin troppo evidente
l’interesse per Nairobi,
rientra nel Monastero.
Non
prima, però, di avergli detto – “Cazzo,
amico! Tieni a freno l’ormone, siamo qui per
lavorare… poi, semmai ci
riuscirai, potrai anche fare altro! Per adesso c’è
una sola priorità”
Disturbato
da un evidente pregiudizio nei
suoi confronti, Bogotá ignora tali parole e si
autorimprovera. Stavolta lo fa
ad alta voce, certo di non essere udito da nessuno.
“Cazzo,
forse devo piantarla di guardarla! Ma
come cazzo si fa a non guardarla! E’ di una bellezza
disarmante!”
E
invece ad oggi, ben 12 anni dopo, è Nairobi
a renderlo cosciente che quel giorno, fu proprio lei ad udire
chiaramente le
sue affermazioni.
“Come
si fa a non guardarla!!” – ripete
Agata, sorridendo timidamente.
Lenta,
alza lo sguardo e incrocia gli occhi
di suo marito.
“Io
ti ho sentito quella volta, sai?”
“Quando?”
“Quando
hai parlato con Palermo di me, all’esterno
del Monastero. Era solo il secondo giorno che mi
conoscevi…”
“Cazzo!
Pensavo di essere solo…” – arrossisce
il saldatore – “Scusami, ti sarò
sembrato uno in astinenza”
“Ti
ho scoperto pian pianino. Ho capito
quanto sei dolce e premuroso. Non c’è nulla di un
classico playboy in te. Perfino
il primo bacio che mi hai dato, aveva ben poco del Casanova!”
L’uomo
ridacchia, vergognandosi di nuovo.
Subito
dopo segue il silenzio. I due si
fissano e si studiano, lasciando riemergere un sentimento che,
volutamente,
hanno imprigionato e bloccato per giorni.
Ed
è la gitana a fare il primo passo.
Alzandosi
dal letto di Ginevra su cui era
seduta, prende posto di fianco al saldatore.
Bogotà
la guarda intensamente, quando sinuosamente
sposta i capelli all’indietro, scoprendosi il viso.
Poi
la vede intrecciare una mano alla sua e, con
l’altra, accarezzargli una guancia. E lì, si
scioglie definitivamente.
“Ho
il cuore che mi sta esplodendo, non
riesco più a controllarlo. Mi chiede urgentemente di fare
una cosa…” – dice lei.
“Ehm…e
qual è questa cosa?” – domanda
l’uomo,
deglutendo rumorosamente. Il viso si colora di un acceso
rosso…sente le gote in
fiamme.
“Cazzo,
neanche fossimo due adolescenti!” –
aggiunge poi, intimidito dalla sua stessa reazione.
“Se
ti avessi conosciuto da adolescente,
probabilmente buona parte della mia vita sarebbe stata diversa, sarebbe
stata
migliore!”
“Non
te lo assicuro. Sai bene che testa di cazzo
ero!”
“Credi che non lo sia stata anche io?!” –
la zingara gli sorride. Poi, in piena
naturalezza, porta la mano del marito sul suo petto.
“Senti
come batte?”
E
Bogotà, a quel punto, segue sua moglie
permettendole di ascoltare anche il ritmo del suo cuore.
Uno
di fronte all’altra, intenti ad
ascoltarsi, finalmente, come facevano un tempo, riconoscendosi nei
rispettivi
sguardi, Nairobi e Bogotá avvicinano le loro labbra e
rivivono l’emozione della
prima volta.
Stavolta
niente ascensore, niente caccia a
Gandia, niente fucili e paure per il futuro…stavolta sono
solo loro due, liberi
di lasciarsi andare, senza alcuna barriera e decisi a sostenersi ed
esserci
sempre l’uno per l’altra.
“Ti
amo” – sussurra lui, commuovendosi nel
dirlo.
“Ti
amo anche io” – risponde Agata,
accogliendo il marito al suo petto.
La
scena emoziona anche i loro tre bambini
che origliano dalla porta – “Finalmente hanno fatto
pace” – esclama di gioia
Alba.
“Era
ora!” – si pronuncia Seba.
Ginny
continua a fissarli, senza distogliere
lo sguardo e intuisce quanto di grande esiste che lega la sua mamma e
il suo
papà.
“Sono
bellissimi insieme!” – commenta poi.
Soddisfatti
e sereni, i tre piccoli di casa
corrono dai restanti Dalì, decisi a lasciare in pace i loro
genitori, per
godere la ritrovata complicità.
Si
uniscono alla Banda giusto in tempo per
scoprire l’esito della telefonata di Raquel.
“Allora?
Ci sei riuscita?” – domanda,
agitato, il prof alla compagna.
Il
gruppo è radunato nell’ormai solito
salotto, ed è davvero prossimo il momento
dell’incontro con la rapitrice.
Entusiasta,
Lisbona comunica - “Tenetevi
pronti, amici miei! Si va tutti al parco stabilito da Teresa Perez! Non
temete,
a breve quella donna si troverà di fronte qualcuno di
inaspettato e sarà per
lei il colpo di grazia!”