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Autore: _Lady di inchiostro_    19/07/2021    1 recensioni
«Non andare.»
~
Oikawa non aveva ancora dimenticato il colore degli occhi di Hajime.
E si sentiva un mostro, perché era stato lui stesso a lasciarlo. Era stato lui stesso a dirgli di dimenticarlo.
Si sentiva un mostro, perché era lui quello che fingeva di amare una donna, quando in verità continuava ad amare una sola persona.
Il suo migliore amico. Il suo complice. Un uomo. Iwaizumi Hajime.

~
Aveva sempre saputo che avrebbe scelto quella strada e, in un certo senso, non lo biasimava.
Oikawa era destinato a brillare, in qualsiasi cosa facesse.
Eppure, anche se aveva tentato con tutte le sue forze di dimenticarlo, anche se aveva tentato con tutto se stesso di cercarsi una persona con cui passare il resto della sua vita, non ci era riuscito. In quei sei anni aveva fallito in ogni relazione. In quei sei anni si era reso conto che nessuno poteva sostituire Oikawa.

~
[Iwaoi senza pretese] [Scritta prima degli sviluppi del manga] [Lievemente ispirata a "Resta anche domani"]
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Noticine sgrammaticate di una donna che non riesce a dormire:

Non era previsto che questa storia avesse un secondo capitolo. O meglio, io avevo scritto la storia tanti anni fa, come continuazione della precedente, ma pensavo di pubblicarla separatamente. Ma alla fine ho optato per modificare direttamente lo stato della storia. Spero di esserci riuscita.
Per tutti quelli che si ricordano di me, sì, ancora scrivo fanfiction, e sì, risponderò alle recesioni, quando avrò tempo (e "testa" soprattutto) di farlo. Per chi invece arriva qui per la prima volta, benvenut*! <3 
Trovate tutti i miei link nella mia pagina autore (l'ultimo link contiene altre cosine belle, ma shh)
Spero un giorno di potervi parlare anche dei miei progetti personali, se l'universo me lo permetterà. 
Buona lettura! 






Second Chance
 
 
 
Faceva freddo. Il cielo, fuori dalla finestra, era coperto da grosse nuvole grigio scuro. La città sostante, invece, era completamente imbiancata. Il ragazzo che stava osservando quello spettacolo, disteso su un lettino d’ospedale, sospirò dalle narici. La stanza odorava di medicinali e di olio fritto. Aveva provato a mangiare almeno una delle patate che gli avevano servito in una confezione sottovuoto, ma quell’odore nauseabondo gli fece venire il voltastomaco. Decisamente, il cibo da mensa non faceva per lui.
Aveva abbandonato tutto sul tavolino e si era messo ad osservare fuori dalla finestra con lo stomaco completamente vuoto.
Stava pensando al momento dell’incidente. Al momento in cui un SUV gli venne addosso e sconvolse completamente la sua vita e quelle delle persone a lui care. Nevicava anche allora.
Iwaizumi ebbe un brivido, mentre continuava a deglutire fiotti di saliva. Undici mesi della sua vita se n’erano andati così, senza che lui se ne rendesse conto. Per undici mesi della sua vita aveva vissuto in un nulla cosmico, completamente avvolto dal buio. Ogni tanto vedeva delle chiazze di colore e di solito era associate alla voce di qualcuno che gli stava parlando. Non capitava spesso, ma qualche volta compariva una macchia arancione quando parlava sua madre, una rossa quando parlava suo padre e una blu quando parlava…
La porta si aprì e Iwaizumi spostò lo sguardo sul nuovo venuto, che si scrollò la neve di dosso. «Incredibile, siamo già a febbraio e non vuole smettere di nevicare!»
Due occhi color cioccolato si posarono su di lui e Iwaizumi sentì un pizzicore dietro la nuca. Gli diede un po’ fastidio. «Buonasera, Iwa-chan!»
Oikawa Tooru era scomparso dalla sua vita per ben sei anni ed era ricomparso magicamente dopo che aveva saputo della sua convalescenza.
Era ricomparso e non se n’era più andato. Era una voce fuoricampo che Iwaizumi sentiva sempre e spesso lasciava una macchia blu in quel nulla color nero pece. Oikawa non aveva mai smesso di parlargli, di rimanergli accanto e fino all’ultimo aveva creduto che lui potesse farcela. Iwaizumi – giurava persino sugli dei – non avrebbe mai dimenticato l’espressione di pura gioia che si dipinse sul suo viso quando finalmente riaprì gli occhi.
«Cos’è questa puzza?» disse poi il castano, storcendo il naso.
Iwaizumi impiegò tre secondi per riprendersi dalle sue divagazioni mentali e rispondergli. «Ho aperto le patate che mi hanno servito come pasto… ma non sono un granché.»
Oikawa le fissò con disgusto, voltandosi poi verso il ragazzo. Il suo petto era leggermente sporto all’infuori. «Meno male che ci penso io a sfamarti, Iwa-chan – si indicò –, altrimenti qui moriresti di fame!»
Hajime alzò gli occhi al cielo, osservandolo mentre si toglieva quel ridicolo cappello arancione che portava in testa e il cappotto color verde foresta. Si arruffò leggermente i capelli, bagnati sulle punte dalla neve. Aveva la punta del naso arrossata e sul collo portava la sciarpa che gli aveva regalato. Era vestito un po’ a casaccio, questo Iwaizumi doveva ammetterlo, ma doveva anche ammettere che gli donava tutto. Del resto, Oikawa Tooru avrebbe anche potuto indossare il completo di un camionista o di un pescivendolo e portarlo addosso con un certo stile.
«Ti ho anche preso una cosa che potrebbe tenerti al caldo.» Oikawa tirò fuori un vecchio maglione logoro color rosso porpora, uno di quelli che si indossano solo nelle serate con i parenti. «Te lo puoi mettere dietro le spalle, mh? Che dici?»
«Perfetto, adesso sembro davvero un nonnino di ottant’anni, grazie tante Tooru!» esclamò, mentre l’altro glielo allacciava dietro le spalle.
«Rude, Iwa-chan. Io mi preoccupo per la tua salute!»
«Certo, ti preoccupi così tanto da farmi mangiare… – spostò lo sguardo sul sacchetto bianco che il ragazzo aveva lasciato abbandonato sul pavimento – Cos’è quello che esce da lì? Un pacco di patatine?»
«Ho anche comprato il ramen istantaneo, non cominciare!»
«Come in un ristorante a cinque stelle!»
«Sempre meglio di quel cibo gommoso, ti pare?» sbottò, indicando il vassoio posato sul tavolino.
Ci furono giusto cinque secondi di silenzio, in cui i due giovani rimasero a fissarsi, prima che Iwaizumi scoppiasse a ridere. Cercò di nascondere la sua risata contro il dorso della mano, ma fu tutto inutile.
«E adesso perché stai ridendo?»
«Perché la tua brutta faccia da schiaffi mi fa ridere!»
Tooru non replicò, avvertendo un strano calore inondargli le guance.
Era bello. Iwaizumi era bellissimo. Questo lui non avrebbe mai potuto capirlo, ma per Oikawa era la cosa più bella che potesse esserci sul pianeta Terra. Ed era ancora più bello sapere che lui… era vivo, respirava da solo, parlava, aveva gli occhi aperti e rideva. Rideva ancora come il diciasettenne di cui si era innamorato. Ogni volta che rideva, Oikawa Tooru finiva per innamorarsi sempre di più.
L’idea che questo battibecco potesse non esserci, che Iwaizumi potesse non risvegliarsi mai più, tuttavia, gli faceva stringere le budella in una morsa fortissima e gli toglieva il sonno. Non c’erano notti in cui non avesse un qualche spasmo per via di un incubo.
«Tooru, sei tutto rosso in faccia.»
«Tutta colpa del freddo, Iwa-chan!» disse, la voce che gli vibrava appena. Si sbatté le mani sul viso, forse convinto che in questo modo il rossore svanisse, finendo invece per avere cinque dita stampate in faccia. Iwaizumi lo fissò con un sopracciglio alzato. «Adesso mi riscaldo e passa.»
Iwaizumi alzò nuovamente gli occhi al cielo. «Va bene, ma adesso mangiamo, che sto morendo di fame.»
 
 
Il ramen, alla fine, si rivelò più insipido del previsto. L’abbandonarono entrambi sul comodino vicino al letto, appurando che – decisamente – il pacco di patatine sarebbe stato un pasto più che sufficiente.
Oikawa si era disteso accanto a lui, sul letto, sebbene le infermiere l’avessero rimproverato più di una volta e gli avessero detto che, prima o poi, avrebbero chiamato il caporeparto. Nessuno, però, l’aveva ancora fatto e questo la diceva lunga su quanto, in realtà, si fossero affezionati tutti a Oikawa. Del resto, aveva passato quasi tre settimane a dormire in corridoio perché si rifiutava di entrare dentro la sua stanza, per poi passare le restanti nottate a cenare e a dormire con lui, sebbene non fosse veramente lì. Era in quel suo nulla cosmico macchiato dalla sua presenza, dalla sua aura blu elettrico.
Tooru si sentiva ancora in colpa per averlo lasciato. Ne avevano parlato, dopo che Iwaizumi aveva ripreso conoscenza, e sembrava che le cose si fossero risolte. Eppure, continuava a provare un senso di rimorso per ciò che aveva fatto. Aveva quasi paura a toccarlo. Voleva sentire la sua presenza, voleva stendersi accanto a lui per sentirlo vicino, ma non voleva toccarlo. Aveva paura, Hajime non sapeva bene di che cosa. Forse temeva in un suo possibile rifiuto? Forse lo temeva perché sapeva di meritarselo?
«Com’è andata con la fisioterapia, oggi?»
Iwaizumi sbatté le palpebre, spostando la testa di lato, verso un Oikawa che teneva tra le labbra una patatina. Si schiarì la voce. «Bene. Il terapista mi ha detto che sto facendo progressi. Dovrei uscire tra circa dieci giorni.»
Si accorse sono in quel momento dei dieci centimetri che li separavano. Oikawa si faceva più in là ogni volta che poteva, lasciandogli sempre più spazio. Hajime deglutì a fatica. Sembrava che stesse mandando giù un liquido corrosivo.
«Questa è una grande notizia, Iwa-chan!» esclamò il ragazzo, agguantando un’altra patatina e infilandosela in bocca. Ricominciò a parlare solo dopo aver finito di masticarla. «Lo sai? Ho rivalutato quel fisioterapista, alla fine non è così male…»
Ci fu un attimo di silenzio, in cui il castano alzò gli occhi sull’altro, che lo stava fissando con entrambe le sopracciglia contratte verso l’alto. «Non è così male? È un santo! Ha dovuto sopportarti mentre gli dicevi come fare il suo lavoro!»
«Quella volta, però, ti stava facendo male alla gamba» si difese.
«Shittykawa, smettila di fare il saccente, o giuro che ti infilo quella tua dannata laurea in fisioterapia su per il…» S’interruppe. Gli occhi color cioccolato di Oikawa si erano spalancati di colpo, lo stavano fissando come se avesse appena visto un alieno. Per la verità, quella sarebbe stata la sua espressione se avesse visto un alieno, Oikawa avrebbe fatto i salti di gioia. «Che succede?»
Si girò verso la porta, convinto che il caporeparto fosse arrivato sul serio e li stesse fissando come un professore che scopre i suoi alunni mentre copiano il compito. La porta, però, era chiusa. Le voci provenienti dalla piccola televisione erano dei rumori di sottofondo, indistinti.
«Mi hai chiamato Shittykawa…»
Iwaizumi tornò su Oikawa. Alzò appena le spalle. «Qual è il problema, ti ho sempre chiamato così.» Si prese un attimo per riflettere. «Non dirmi… non dirmi che ti manca essere chiamato in quel modo!»
Il castano infossò appena il collo, spostando lo sguardo di lato, verso il basso. «No… solo… per ora mi hai sempre chiamato per nome…»
Hajime poté quasi percepire il flusso del suo sangue farsi sempre più veloce. Un calore a lui familiare e che non provava da ben sei anni – quasi sette, a dir la verità – si espanse lungo tutto il suo corpo, facendolo sentire come un tizzone che arde dentro un camino. Sperava solo di non essere diventato dello stesso colore di un pomodoro. Non era quello il momento adatto per arrossire come un deficiente, non aveva più diciassette anni.
Si grattò la nuca, anche lui evitando gli occhi penetranti di Tooru. «Perché era da tanti anni che non lo facevo… insomma, chiamarti per nome, ecco. Non lo facevo da tanti anni e… mi mancava…»
Mi sei mancato. Da morire.
Oikawa mandò giù un grumo di saliva, mentre i suoi occhi tornavano a farsi grandi. Aveva le pupille dilatate, mentre osservava il broncio imbarazzato di Iwaizumi. Adorava quell’espressione. Adorava tutto di lui e si chiese come avesse fatto, in tutti questi anni, a sopportare una donna che non aveva nemmeno la metà del fascino di Iwaizumi.
Iwaizumi Hajime era… Dio, se solo avesse avuto le parole adatte per descriverlo. Niente, giurava su qualsiasi entità esistente, sarebbe bastato a descrivere la sensazione di eterna gioia che provava al suo fianco. E si sentiva un completo cretino per non averlo capito prima.
«Anche a me mancava…»
Lo disse quasi senza pensarci, lasciando l’altro di stucco.
Non aveva mai smesso di sentire la mancanza di Iwaizumi. Era stato uno stupido a pensare di poter gettare via l’unica persona che c’era sempre stata, fin da quando era ancora in fasce. Era stato uno stupido a pensare che potessero essere entrambi felici l’uno senza l’altro. Erano una cosa sola. Erano l’inizio e la fine.
Tooru era stato uno stupido perché aveva aspettato troppo a lungo prima di tornare tra le sue braccia. Lui non si meritava il suo perdono.
Quando avvertì la mano di Iwaizumi sulla sua guancia, trasalì. I suoi occhi erano su quelli verdi di Hajime e lo stavano scrutando con serietà. Ricordava l’ultima volta che aveva visto quello sguardo: era notte fonda, si erano diplomati soltanto da poche ore e Hajime… Hajime era finito sopra di lui, in un’ennesima lotta con i cuscini e Oikawa ricordava ancora il battito del suo muscolo cardiaco lungo le corde vocali. Oikawa ricordava ancora le due parole che Iwaizumi gli soffiò poco prima di baciarlo, varcando la soglia che c’era tra la profonda e sincera amicizia e qualcosa di ben più profondo.
«Ti amo.»
Spostò la testa di lato, non avendo neanche il coraggio di guardarlo. Iwaizumi stava praticamente per baciarlo e lui gli aveva sbattuto in faccia il suo rifiuto.
Oikawa Tooru credeva di non meritarsi il suo perdono. Oikawa Tooru credeva di non meritarsi quello sguardo, quel tocco sulla sua pelle, quel bacio che stava per dargli. Oikawa Tooru credeva di non meritarsi Iwaizumi Hajime, non dopo quello che gli aveva fatto.
«D’accordo» mormorò l’altro, togliendo la mano dalla guancia del suo migliore amico e tornando a stendersi come se nulla di tutto quello fosse accaduto.
Tooru fece esattamente lo stesso e tra i due calò un silenzio quasi tombale, rotto solo dal chiacchiericcio proveniente da un talk show televisivo. In verità, Oikawa voleva soltanto scoppiare a piangere.
 
 
Dovevano essere le due del mattino e Iwaizumi era ancora sveglio a guardare la televisione, girando tra un canale che trasmetteva uno di quei film americani di dubbio gusto e uno che trasmetteva video musicali. Oikawa dormiva accanto a lui e gli dava la spalle. Era incredibile come riuscisse ad addormentarsi in qualsiasi luogo, Hajime si svegliava ad ogni minimo rumore che sentiva.
Rimase a fissare il corpo assopito del castano, le sue spalle che si muovevano ad ogni respiro, mentre il canale musicale trasmetteva il video di una canzone estremamente strappalacrime e romantica. Iwaizumi ricordava di averla sentita in un negozio addobbato con cuoricini e nastrini di colore rosa, in onore della festa dei fidanzatini. Del resto, non mancava poi molto al giorno di San Valentino, era quasi naturale che trasmettessero musiche di quel tipo. Ogni festa aveva le sue canzoncine, dopotutto, anche se Iwaizumi le odiava.
Il suo sguardo non si scostò nemmeno di un millimetro, perso com’era tra i ricordi e tra la melodia di quella stramaledettissima canzone. Ricordò la volta in cui Oikawa aveva regalato il suo miglior ombrello a un paio di bambini che si erano ritrovati vittime della pioggia. Ricordò la sua risata cristallina quando l’unico ombrello che avevano – il suo, ovviamente – si ruppe, lasciandoli in balia dell’acquazzone. Era stato quello il momento in cui aveva capito che Oikawa non era più solo il suo amico rompiscatole d’infanzia. Era stato quello il momento, perché non era normale che non riuscisse nemmeno a guardarlo in faccia mentre si toglieva i vestiti zuppi, dopo averlo fatto accomodare a casa sua. Eppure, diamine, l’aveva visto girare nudo per gli spogliatoi un sacco di volte, come… com’era stato possibile tutto ciò?
Iwaizumi non l’aveva ancora scoperto e, alla fine, non gli premeva più saperlo.
Non si aspettava minimamente di essere ricambiato. Oikawa era la classica persona che avrebbe trovato un lavoro, si sarebbe sposato e avrebbe avuto quattro o cinque figli da allevare. No, decisamente non si aspettava che Oikawa potesse provare attrazione per lui, per un… uomo. Iwaizumi non credeva che l’avrebbero fatto sul serio, che Oikawa si sarebbe lasciato trasportare da quel vortice di piacere che credeva fosse solo una sua fantasia malata. Non credeva che Oikawa potesse dirgli che l’amava.
«Hajime… ti amo… Ti prego… resta…»
Un sussulto fece tremare le molle del letto e Hajime spense la televisione, avvicinandosi poi ad Oikawa. Stava tremando. Era in preda a un incubo, probabilmente.
«Tooru?» Gli scosse appena la spalla e il ragazzo si girò di scatto, gli occhi spalancati. Iwaizumi fermò la sua mano prima che potesse mollargli un ceffone involontario. «Sono io, tranquillo.»
Ci mise un paio di secondi prima di ricollegarsi con la realtà circostante, respirando con affanno. I suoi occhi color cioccolato erano quasi febbrili. «Oh» mormorò poi. Sembrava che stesse provando un pizzico di rammarico per via di quel sogno.
Spostò gli occhi sulla mano di Iwaizumi ancora ben salda alla sua e la scostò via con uno schiaffo. Si fissarono, entrambi ancora sotto shock, prima che Hajime facesse ricadere i suoi occhi verso il basso.
«Scusami Hajime…» disse, capendo che quel gesto l’aveva probabilmente offeso. «Io non vole…»
«Ti disgusta così tanto essere toccato da me?» Quella domanda lasciò il castano ammutolito. «Rispondi.»
«No, cioè – si scompigliò i capelli con una mano, cercando di non far fuoriuscire le lacrime – E’ complicato, Hajime.»
«Complicato? Cosa ci sarebbe di così complicato? Ho forse fatto qualcosa che ti ha dato fastidio?»
«Tu non c’entri.»
«E allora dimmi perché!» Gli occhi di Iwaizumi brillavano proprio come la notte in cui gli aveva detto di non andarsene. Brillavano esattamente come quando si era risvegliato, dopo essere stato undici mesi in coma. «Dimmi perché ti ritrai ogni volta che io provo a toccarti!»
«Io… non lo so, va bene? Non lo so!» Oikawa sentì gli angoli degli occhi che pizzicavano. Era stato tutto inutile, alla fine. Non era riuscito a trattenere le sue lacrime. «Forse perché penso che non merito questa tua… gentilezza, dopo averti lasciato in quel modo?»
Iwaizumi non replicò, aspettando che fosse l’altro a continuare. E, infatti, Tooru ricominciò a parlare poco dopo. «Insomma… mi sono comportato come un egoista, ti ho lasciato senza neanche darti la possibilità di salutarmi e quel messaggio… Cazzo, quel messaggio è così stupido! Non è vero che sto bene senza di te, Hajime. Senza di te… questi anni, senza di te, sono stati i più brutti della mia vita, mi ero fidanzato solo perché era quello che tutti si aspettavano da me, ma la verità è che io speravo di ritrovare te a casa, non lei. E lo so che sono un mostro per quello che sto dicendo, ma non ho mai amato nessuno come te, Hajime…»
Abbassò il capo. Le lacrime avevano cominciato a scorrere copiose sul suo volto latteo. «La verità è che ti amo, Iwaizumi Hajime. E desidero ardentemente passare il resto della mia vita con te, ma io… non ti merito. Non ti merito dopo quello che ho fatto. Sono tornato solo dopo che ho scoperto che stavi male e… stavo per perderti per sempre…»
Cercò di fermare i crescenti singhiozzi, ma non ci riusciva. Biascicò qualcosa sul fatto che era davvero patetico in quelle condizioni, mentre cercava di asciugarsi il viso con il dorso della mano. E, nonostante tutto, non riusciva proprio a smettere di piangere.
«Oikawa?» Alzò gli occhi arrossati solo quando la voce profonda di Iwaizumi lo riscosse. «Mi permetti di fare una cosa?»
Il ragazzo non rispose, ancora frastornato, confuso, limitandosi solo ad annuire. Non aveva idea di che cosa avesse in mente Iwaizumi e quando le sue mani si andarono a posare sulle sue guance bagnate, Oikawa trasalì un’altra volta, esattamente come qualche ora prima. L’unica luce di cui disponevano era una piccola lampada posata sul comodino, assieme al ramen istantaneo che avevano deciso di non mangiare. Oikawa poteva vedere il viso di Hajime farsi malinconico, mentre gli asciugava con delicatezza gli zigomi, passando i pollici sulle gocce di lacrime che stavano cominciando a scendere lungo il suo viso. Tirò su col naso ed emise un sospiro.
Erano passati quasi sette anni dall’ultima volta che si erano ritrovati così vicini, eppure Oikawa provava esattamente le stesse emozioni di allora: un forte calore che gli invadeva il petto, un nodo alla bocca dello stomaco e lungo la gola, l’irrefrenabile voglia di fondersi direttamente con Hajime, dimenticandosi del mondo circostante. E faceva male. Faceva molto male. Perché Iwaizumi era in ogni cellula del suo corpo e questo, maledizione, non poteva cancellarlo.
Ricominciò a piangere più di prima e, questa volta, lasciò che il ragazzo lo toccasse, si lasciò cullare dal tocco di quelle dita che conosceva alla perfezione. «Hajime…» sibilò e il ragazzo sorrise appena, posando la fronte contro quella dell’altro.
«Sarò sincero con te: quando mi sono svegliato e ho trovato quello stupido messaggio in risposta alla mia richiesta, mi sono incazzato parecchio. Devo aver lanciato due o tre cose e avrò sicuramente rotto qualcos’altro, ora non ricordo.» Si lasciò sfuggire una risata amara. «Poi, però, me ne sono fatto una ragione. Sapevo che non saresti più tornato. Una parte di me sapeva che tu mi avresti permesso di toccarti, di far l’amore con te, ma che poi te ne saresti andato per la tua strada. Una parte di me sapeva che, un giorno, avrei ricevuto la chiamata di uno dei nostri compagni di liceo e mi avrebbe parlato del tuo imminente matrimonio. Una parte di me sapeva… che io ero un freno per te, Tooru.»
Le loro iridi si incontrarono e Hajime notò come gli occhi di Oikawa fossero ancora pieni di lacrime. «Sono sempre stato un freno» continuò. «Lo sono stato anche quando hai dovuto scegliere il liceo e… dio, avresti potuto fare molto di più in…»
«Ehi!» urlò il castano, talmente forte da far tremare le pareti. «Io non mi sono mai pentito della mia scelta, mi hai sentito? E poi, io non ero ancora innamorato di te quando l’ho fatta.»
Iwaizumi sentì la fronte dell’altro premere con maggiore forza contro la sua. «Resta il fatto che sono stato io l’egoista… sono stato io a chiederti di restare. Sei stato quasi costretto a fare quello che hai fatto…» Deglutì. «Sono io quello che ha sempre ricercato… te, in qualsiasi persona che decidessi di frequentare. Sono io quello che non sopporta di non poterti toccare e… ah, maledizione!»
Scostò la fronte dalla posizione in cui si trovava e avrebbe rimosso anche le mani, se non fosse che Oikawa le stava tenendo ben salde contro le sue. Poteva quasi sentire il calore delle sue guance contro i palmi bagnati dalle lacrime di Tooru. Lo vide chiudere gli occhi, mentre insinuava le sue lunghe dita tra quelle di Hajime. Il suo cuore, per un istante, smise completamente di battere.
«Hajime…» mormorò, riaprendo gli occhi. «Non ho mai rimpianto quello che abbiamo quella sera. Diamine, mi sembrava di desiderarlo da una vita e… e vorrei davvero poter tornare indietro nel tempo per sistemare tutto. Vorrei davvero che tu mi dessi un’altra possibilità... ma ho paura di ferirti di nuovo e non voglio… non voglio…»
Ci fu un attimo di silenzio, poi Iwaizumi piegò la testa di lato e sorrise. «Beh, se dovessi commettere nuovamente lo stesso errore, sappi che verrò personalmente sotto casa tua per prenderti a testate sui denti.»
Il castano alzò gli occhi al cielo e sorrise a sua volta. «Okay, me lo sarei meritato, in fondo.»
«Ah! L’hai detto! Poi non venirmi a dire che sono manesco!»
«Non ho detto che devi picchiarmi ogni volta che faccio una cazzata. Non sono un sacco per la boxe, Iwa-chan!»
All’improvviso, la luce proveniente dal corridoio l’investì in pieno e un’infermiera apparve sulla soglia, intimando loro di abbassare la voce e di dormire. I due non riuscirono neanche a rispondere, poiché la donna sparì in un battibaleno, e in un attimo si ritrovarono a fissarsi negli occhi, sbalorditi, e a trattenere un moto di risa.
Senza volerlo, Oikawa aveva appoggiato la fronte contro la spalla di Iwaizumi, cercando di non scoppiare in una risata fragorosa e di svegliare mezzo reparto. Sentì la punta del naso del giovane che sfiorò i suoi capelli castani e, d’un tratto, un brivido di sollievo gli percorse tutta la spina dorsale.
Non l’odiava. Hajime non lo odiava, anzi, non aveva mai smesso di amarlo. Hajime voleva… voleva che stessero così vicini per tutto il tempo che gli restava da vivere.
«Allora… ti da fastidio se ti abbraccio?»
Oikawa tirò su col naso e nascose un sorriso, strofinando la fronte contro il tessuto del camice che il ragazzo indossava. «Da quando mi chiedi queste cose, Hajime?»
«Ti ricordo che, poco fa, io stavo per baciarti e tu ti sei scostato.»
I suoi occhi color cioccolato si sollevarono verso l’altro e, prima che potesse capire le sue intenzioni, premette le labbra sulle sue. Le mani di Iwaizumi furono immediatamente sul suo viso, Oikawa poté quasi percepire le sue dita che si muovevano, raggiungendo la nuca e avvicinandolo maggiormente a sé. Lasciò che la sua lingua entrasse dentro la sua bocca, respirando entrambi la stessa aria. Si staccarono solo quando non ebbero più abbastanza fiato, le punte dei loro nasi che si sfioravano.
«Mi sei mancato da morire…» sussurrò Iwaizumi, scostandogli un ciuffo castano che gli dondolava davanti a un occhio. «Sai, ogni tanto sentivo quello che mi dicevi e… non riuscivo a credere che tu fossi veramente qui dopo tutto questo tempo…»
Sorrise. «Sarò sempre qui, Iwa-chan. Ma solo se tu lo vorrai veramente…»
Iwaizumi gli diede un altro bacio e sorrise. «Io mi sono sempre fidato di te. E continuo a farlo nonostante tutto. Forse questa mia fiducia sarà anche la mia rovina, ma – si prese un attimo di pausa per ammirare il viso appena arrosato del castano – non darmi delle ragioni per dubitare di te.»
Le braccia di Oikawa strette sul suo collo gli mozzarono quasi il respiro. Le dita da alzatore esperto strinsero con forza quel camice bluastro, mentre entrambi ispiravano il profumo dell’altro. Non era cambiato. Era come se tra di loro non fosse mai cambiato nulla. Quella pelle aveva ancora lo stesso identico profumo.
«Alla fine ti sei fatto abbracciare, mh?» domandò retoricamente Iwaizumi. La sua voce vibrò contro la spalla di Oikawa. Aveva la gola secca.
L’altro, in tutta risposta, tirò sul col naso. «Mi piacciono i tuoi abbracci.»
Iwaizumi sorrise, sciogliendo l’abbraccio solo per tornare a baciarlo, solo per tornare ad esplorare quelle labbra che avevano mormorato il suo nome dopo che si era risvegliato dal coma. La voce di Oikawa che pronunciava il suo nome lo faceva palpitare e arrossire tutt’ora, come se fosse ancora un’adolescente.
«Un volta ci siamo addormentati così, ricordi? Era l’inverno del nostro secondo anno alle superiori» disse, dopo che si furono distesi l’uno accanto all’altro, Oikawa che si ritrovò ad abbracciare il corpo di Iwaizumi e a nascondere il viso lungo la curva del suo collo. «Stavamo guardando… cos’era? Un horror? E poi ci siamo addormentati in questa identica posizione e…»
«Devi per forza ricordami uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita?»
«E mi sono svegliato con la tua erezione a darmi il buongiorno.»
«Sei uno stronzo, Trashykawa.»
Tooru represse un’ennesima risata. «Ehi, Iwa-chan? Ti amo.»
Non passò molto prima che arrivasse anche la risposta di Iwaizumi. «Ti amo anch’io.»
 
 
 
«Mettiti in posa, Iwa-chan! E fai un bel sorriso!»
Iwaizumi alzò ambedue le sopracciglia, mentre osservava Oikawa che giungeva le mani in modo che formassero un quadrato davanti al suo occhio destro. «Hai per caso sbattuto la testa? O hai per caso mangiato qualche fungo che ti ha rincitrullito?»
Il castano rise, avvicinandosi poi al ragazzo. «Sono solo molto felice, Iwa-chan» disse, stringendosi al braccio di Iwaizumi. Strofinò il naso lungo la pelle tesa del suo collo e sentì l’altro trasalire. Era probabile che gli avrebbe mollato un pugno di lì a breve. «Finalmente ti hanno rilasciato e puoi tornare a casa!»
«Guarda che ci sono i miei genitori, smettila di fare cose così tanto imbarazzanti, Shittykawa!» disse, alzando un pugno e Oikawa si ritrasse immediatamente. Maledizione, quell’idiota l’aveva fatto arrossire un’altra volta!
«A proposito, sei sicuro di voler tornare con la macchina?»
Iwaizumi sbatté le palpebre, spostando poi lo sguardo verso il basso. «Io… non lo so…»
La mano di Oikawa andò a stringersi alla sua. Era fredda, come sempre del resto. Doveva comprare dei guanti a quel cretino. «Ehi, se non te la senti possiamo sempre… possiamo sempre dirgli che vuoi fare un giro per la città, mh? E poi oggi è San Valentino!»
Hajime alzò nuovamente un sopracciglio, la bocca parzialmente coperta da un sciarpa verde a scacchi. Gliel’aveva portata Oikawa per l’anno nuovo, poco dopo il suo risveglio. «E questo che c’entra?»
«Beh, se sono bravi potrebbero intuire che io te stiamo, insomma… insieme. Anche se, secondo me, l’hanno già capito.»
«Dici?»
Il castano annuì. «Oh, Iwa-chan, potrei portarti in una caffetteria che ho cosciuto da poco. Fanno una torta al cioccolato che è la fine del mondo!» Iwaizumi tentennò appena. «Tranquillo, sono sicuro che i tuoi genitori non se la prenderanno. E poi, possiamo tornare con un taxi o possiamo prendere il treno, la macchina non è necessaria. Solo se te la senti di camminare, però, perché dovremmo fare parecchia strad..»
Gli piazzò un dito sulle labbra, interrompendo il suo sproloquio e nascondendo un sorriso intenerito dietro la sciarpa. «Sto bene, Tooru, riesco a camminare perfettamente adesso. E tornerò a prendere la macchina, tranquillo, è solo… una fase.»
Oikawa sorrise, stampandogli poi un bacio tra i capelli. Lo trascinò per la mano che teneva ancora ben allacciata a quella dell’altro. «Allora sbrighiamoci, i tuoi ci aspettano.»
Si fermarono poco dopo, però, Oikawa che si girò nuovamente verso Iwaizumi. Sembrava che avesse piantato i piedi per terra. «Iwa-chan?»
«C’è una cosa che voglio sapere» disse, dopo essersi preso un attimo per riflettere. «L’altra notte tu… tu hai detto che vorresti passare il resto della tua vita con me… ricordi?»
Il castano non dovette neanche ragionarci su. «Certo che me lo ricordo.»
«Ne sei davvero convinto? Anche se… anche se non c’è alcun futuro per noi due, in questo paese?»
Tooru tornò ad avvicinarsi al suo compagno, accarezzandogli il viso con le dita. Sorrideva. «Certo che ne sono convinto. E anche se saremo sempre io e te a me… va benissimo così.»
«Bene, perché c’è… c’è una cosa che devo chiederti.» Prese un profondo respiro e cercò di regolare la tonalità della sua voce. L’espressione di Oikawa intanto si era fatta perplessa, passando poi allo stupore puro non appena Iwaizumi pronunciò la successiva frase. «Oikawa Tooru, vorresti passare il resto della tua vita con me?»
Ovviamente, la risposta non poté che essere sì.
 
 
  
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