I
Dalì si apprestano ad andare al parco,
luogo dell’appuntamento, organizzati secondo le indicazioni
del Professore.
“Mi
raccomando, Palermo e Helsinki! Avete un
compito molto importante da portare a termine” –
precisa il capo della squadra,
congedando i due che sono i primi a lasciare la villetta.
Su
decisione di Sergio, il serbo e l’argentino
hanno una "missione nella missione"…ovvero, prelevare la
persona utile ai fini
del Piano e portarla al parco, nel momento opportuno.
E
con il cuore in gola, i due uomini si
apprestano ad agire secondo quanto stabilito.
L’agitazione
si sente forte tra gli adulti,
ma i ragazzi e, soprattutto, i bambini avvertono il peso di una
situazione
tanto angosciante e rischiosa. E la prima ad avvertire una morsa allo
stomaco è
Ginevra, ignara che la rapitrice di Axel sia la sua adorata maestra
Honey.
Mentre
guarda il gruppo muoversi in casa sua,
impassibile di fronte a un movimento a cui non è abituata
tra quelle mura, la
bambina si accuccia sul divano, stringendo forte uno dei cuscini al
petto, usandolo
come fosse la sua personale copertina di Linus.
“Tesoro,
vedrai che andrà tutto bene” –
accanto alla piccola, prende posto la zia Tokyo, avvicinatasi
premurosamente
alla nipote.
Con
dolcezza le sposta un ciuffo di capelli
dal viso, e sorridendole le dice – “Mi sono mancati
tanto questi occhioni
grandi e neri, sai?” – non ricevendo risposta,
Silene aggiunge – “Santiago
chiedeva sempre di te!”
“Davvero?”
– esclama, piacevolmente sorpresa,
Ginevra, mutando espressione in un battibaleno. Sapere di essere il
centro
dell’attenzione per quel batuffolo dai capelli ricci e
castani, che tanto
adora, che considera un fratellino minore, la rende cosciente che,
forse, a
differenza di quanto le ribadiva Caroline Jones, qualcuno le vuole
davvero
bene.
“Certo,
mi amor! Lui ti adora. Come gioca con
te, non gioca con nessun altro” – la Oliveira
riesce a toccare corde intime e profonde
della bambina, ricordandole il posto che occupa nel cuore dei suoi
cari. Così,
continua – “ E Santi non è
l’unico che ti adora! I tuoi genitori hanno chiamato
tutti i Dalì, e i tuoi fratelli maggiori, al completo, pur
di riportarti a
casa. Ti amano così tanto da rischiare perfino di essere
scoperti dopo ben
dodici anni di fuga da ricercati”
“Mi
vogliono bene sul serio? O si sentivano
in colpa?” – la domanda di Ginevra, di soli sette
anni, spiazza totalmente
Tokyo che, in un primo momento, non sa cosa rispondere.
Come
si può avere un’idea del genere a
quell’età?
Poi
riflette sul ruolo di Teresa Perez e sul
lavaggio del cervello causato proprio da quella criminale.
“Maledetta”
– pensa tra se e se.
Poi
riprende il discorso, non rispondendo in
modo diretto alla domanda della nipotina –
“Ascoltami, tesoro! Voglio
raccontarti di me e di come un figlio è diventato la cosa
primaria nella mia vita.
Io ero convinta che mai sarei diventata madre, perché non
ero in grado di amare
me stessa, tantomeno di prendermi cura di un bebè. Poi
arrivò,
inaspettatamente, Santiago. Sono stati tempi duri, complicati, ma
giorno dopo
giorno ho cominciato a sentirlo dentro di me, sentirlo muovere e
scalciare, e
più passava il tempo, più mi innamoravo di lui.
Quando è nato, il colpo di
fulmine è stato inevitabile. Le prime settimane,
fortunatamente, avevo il
sostegno di Nairobi. Lei era sempre al mio fianco, per darmi una mano,
nonostante avesse tre figli piccoli a cui badare. Vi portava sempre con
sé, non
riusciva a staccarsi…” – ricorda,
nostalgica, Silene – “ Abbiamo trascorso
notti intere sul divano di casa mia. Ai miei occhi, tua madre era
instancabile.
Mi domandavo come facesse a crescere tre bambini e contemporaneamente
aiutare
me con un neonato! La risposta me l’ha data lei, quando le
chiesi dove trovasse
tanta forza! E sai cosa mi ha risposto?”
Ginevra
fa spallucce.
“Mi
disse che valeva la pena stancarsi per
ricevere in cambio l’amore dei propri bambini. Lei vi ha
desiderati così tanto,
da non riuscire più a stare lontana da voi. Siete la sua
priorità. Essere una
mamma a tempo pieno era ciò che Nairobi desiderava da tutta
una vita. Per voi
lei è ingrassata, ha visto il suo corpo cambiare, sformarsi,
vi ha messi alla
luce, vi ha allattati, ha trascorso notti insonni tra poppate e
pannolini, e
poi la gioia di vedervi crescere, di insegnarvi a camminare e
parlare…insomma,
siete l’essenza della sua vita!”
La
piccola s’immerge totalmente in quelle
parole, percependo tramite i racconti, l’amore di una madre
verso la sua prole.
“Ecco
perché non devi mai, ripeto, MAI,
pensare che sia per un senso di colpa. Lei ti ama più di
qualsiasi altra cosa
al mondo. Tu sei un pezzo del suo cuore. E prova ad immaginare di
vivere con un
cuore a metà! Secondo te, cosa succede in quel
caso?”
“Si
muore!”
“Esatto,
mi amor! Si muore, il cuore non
batte più come dovrebbe, fino a smettere definitivamente. E
lei si è sentita
morire senza quel pezzo di cuore che rappresenti tu, mia dolce
Ginny!”
Il
discorso di Tokyo sembra funzionare e
cancella dalla mente di Ginevra i cattivi pensieri.
Solo
un dubbio persiste e Ginny lo rende
subito palese.
“Allora,
come mai la maestra Honey mi diceva
quelle cose? Mi ripeteva che la mamma e il papà mi avevano
dato la vita per
sbaglio e che si sentivano forzati a crescermi!”
La
Oliveira la guarda, amareggiata,
manifestando con il suo silenzio, tutto il disprezzo verso quella donna.
“Non
credere agli estranei”
“Ma
lei non è un’estranea…lei mi vuole bene
come me ne vuole la mamma! Mi ha promesso perfino un
cagnolino!”
“Non
metto in dubbio questo. Ma di Nairobi ce
n’è una sola, e solo lei può amarti
come meriti. La tua insegnante tiene a te,
si è affezionata. Però, ricorda, mai nessuno
può sostituirsi a tua madre…nessuno!”
La
chiacchiera tra zia e nipote s’interrompe
con l’arrivo improvviso di Rio.
“Siamo
pronti per partire” – comunica.
Tokyo
si alza dal divano e sposta gli occhi
sulla bambina.
“Fai
la brava, mi raccomando” – le dice,
invitandola ad abbracciarla – “E, vedrai, appena
tutto questo terminerà, il
cagnolino lo prenderemo sicuramente!”
E
Ginny, accennando un timido sorriso, si
mette in piedi e si stringe alle gambe della donna, salutandola a modo
suo.
A
quel punto, accompagna la coppia verso
l’uscita, e nota tutti i Dalì salire su vetture
diverse.
Nairobi
e Bogotà sono gli ultimi a lasciare
la villa. Scendono le scale mano nella mano, lasciando trapelare che il
sentimento è tornato forte come un tempo.
Dietro
di loro ci sono Alba e Sebastian. Ed è
quest’ultimo che, piangendo, supplica -“Mammina,
non puoi lasciarci qui. Vogliamo
venire con voi!”
“Tesoro,
torneremo presto!” – ripete la
gitana, rassicurando il figlio.
Alba,
silenziosa e in disparte, non mostra i
suoi reali sentimenti. Avrebbe bisogno di gridare alla Banda che
metterli da
parte, equivaleva ad abbandonarli. E lei non vuole sentirsi di nuovo
sola di
fronte ai problemi, lei vuole affrontarli assieme agli adulti.
Si
sente una Dalì, e come tale, non può e non
merita di restare a casa a dormire mentre c’è chi
rischia la propria
incolumità.
Assorta
nei suoi pensieri, nascondendo le sue
lacrime, l’undicenne avverte una mano stringere la sua. Quel
gesto, così
premuroso, la distoglie dalla cruda realtà. Sposta lo
sguardo e scorge la
figura di Ginevra, al suo fianco.
“Sorellona,
stai tranquilla! Ci vogliono
bene, non ci lascerebbero mai da soli!”
“E’
pericoloso, e se non dovessimo vederli
più?” – commenta Alba.
“Sono
fortissimi, hanno vinto tante volte. Io
ho fiducia in loro. Mamma non potrebbe mai vivere senza noi
tre!” – forte del
discorso fattole prima da Tokyo, Ginny offre adesso la sua spalla alla
maggiore.
Strette
l’una all’altra, vengono chiamate dai
loro genitori.
Nairobi
e Bogotà li invitano ad unirsi ad un
grande abbraccio di famiglia.
“Tornate
presto, vi prego” – sono le sole
parole che singhiozza Alba.
“Mi
amor, non permetto a nessuno di tenermi
lontana da voi! Promesso” – confessa Agata.
Poi
il suono di un clacson richiama la coppia,
rimasta ancora dentro le mura della villa.
“Buona
fortuna” – dice infine Seba.
Dopo
averli baciati, la gitana li osserva
un’ultima volta, uno ad uno, e con il cuore in gola, sale a
bordo dell’auto che
la condurrà di fronte ad un ostacolo della vita
inimmaginabile…sua sorella!
I
piccoli guardano, inermi, le varie auto
sfrecciare via e, preoccupati di ciò che da lì in
poi sarebbe potuto accadere,
chiudono la porta e si recano in cucina.
Che
strano quel silenzio. Sembra di essere
tornati indietro nel tempo, ad una settimana prima.
Ma
c’è una voce nuova lì con loro.
“Vogliamo
andare a nanna?” – chiede Carmen
Jimenez, che ha ricevuto l’ordine di occuparsi dei nipoti,
assieme a Jorge.
Ginevra
è felice di avere con sé l’adorata
nonna, eppure sente una forte mancanza nel suo cuore. Così,
istintivamente, le
domanda – “Se chiamassimo la maestra Honey? Sarebbe
felice di farci visita!”
I
due Gonzales si osservano, agitati.
Difficile spiegare a una bambina di sette anni che la donna di cui si
fidava e
che ha seguito cecamente è in realtà
l’artefice di tutta quella brutta storia?
“Direi
che è ora di andare a dormire. Quando
domattina vi sveglierete, sarà tutto finito”
– è Jorge a prendere parola,
cercando di gestire la situazione, resasi ancora più
complicata dalle richieste
dell’ignara Ginny.
“Signora
Carmen” – la chiama Alba, alzando la
mano, educatamente.
E
l’appellativo “signora”, spiazza la
settantenne che avrebbe preferito la parola Nonna. Però
cosciente dell’inesistente
relazione con i nipoti, accetta, dispiaciuta, tali parole.
“Dimmi,
tesoro” - le
risponde.
“Vorrei
ci raccontassi della mamma da
bambina!”
Incuriositi
da storie di cui conoscono ben
poco, i tre figli di Nairobi e Bogotá vengono accontentati.
Se
quello è un modo per distrarli da ciò che
sta, contemporaneamente, accadendo a qualche km di distanza, Carmen non
può che
acconsentire.
Sistematisi
nella camera di Agata e di suo
marito, indossati i pigiami e coricatisi nel grande lettone in cui
amavano
intrufolarsi di notte per disturbare il sonno dei loro genitori, Alba,
Sebastian e Ginevra si apprestano ad ascoltare il passato della loro
mamma.
“Ecco,
da dove posso cominciare!”
“Dall’inizio…tanto
non credo che riusciremo a
dormire” – puntualizza il maschietto, con gli occhi
spalancati, e ben attento
ad udire l’intera narrazione.
Sorridendo
di fronte al buffo sguardo del
nipotino, l’anziana gitana racconta della sua figliola dai
capelli nero corvino,
gli occhi scuri e grandi, super
testarda
e dai tanti sogni nel cassetto che, solo ad oggi, hanno trovato piena
realizzazione.
Nel
frattempo, i Dalì giungono nel famoso
luogo dell’incontro.
“Ci
siamo, il posto è questo” – comunica il
Prof, tramite walkietalkie ad altre due vetture.
“Io
non vedo nessuno” – prende parola Denver,
alla guida del mezzo che segue quello di Sergio.
“Spero
per quella donna che non sia un
tranello” – commenta Nairobi, domando la sua
pazienza, essendo giunta ormai al
limite della sopportazione.
“Palermo
e Helsinki, saranno qui a momenti.
Spero arrivino dopo Teresa, altrimenti potrebbe
insospettirsi” – precisa
Marquina.
“Ehi,
guardate, io intravedo qualcosa in
lontananza” – parla Drazen, riferendosi alle luci
di alcune torce.
“Sono
loro…siete pronti? O la va o la
spacca!”- esclama Tokyo, decisa a mettere la parola fine a
quella brutta
storia.
Appurato
che il gruppo che avanzava verso di
loro è quello di Teresa Perez, i Dalì si
apprestano a scendere dalle rispettive
automobili e, compatti, a dirigersi verso il nemico.
“Guarda
guarda, come supponevo…la mia cara
sorella ha portato con se i cagnolini da guardia!”
– ridacchia la rapitrice,
accennando un sorrisetto beffardo, alla vista della Banda riunita che
si muove
nella sua direzione.
Axel,
con le mani legate e stretto tra due
scagnozzi, teme per l’incolumità dei suoi amici e
parenti. Eppure non ha modo
di liberarsi, per rendere il tutto più semplice.
“Non
vedo Ginevra, questo è un brutto
segno…”
– sostiene la Perez, alquanto infastidita.
Passo
dopo passo, i due gruppi contrastanti
si avvicinano fino a trovarsi l’uno di fronte
all’altro.
Il
Professore, affiancato da Nairobi, dà
spazio alla gitana in quanto coinvolta in prima persona.
“Finalmente
ci si conosce, sorellina! Sognavo
da sempre questo momento!” – Teresa, ironica,
ridacchia, prendendosi gioco
della parente, godendo nel vederla soffrire. “Facciamola
finita! Restituiscimi mio figlio!
Adesso” – Agata si mantiene fredda e distante,
seppure la rabbia le ribolle
dentro.
“Povera
stupida zingarella. I patti erano
altri, dove tieni nascosta Ginny?”
“Non
sceglierò mai tra i miei figli! Non
cederò uno al posto dell’altra, chiaro?”
“Ah,
beh… ecco, ma vedi… sei costretta a
farlo. Non hai molte opzioni. Quindi te lo ripeto un’ultima
volta… dov’è
Ginevra?” – la sua voce si fa oscura e inquietante,
dà ordine ai suoi scagnozzi
di avvicinare Axel e mostrarlo ad Agata.
“Niente
Ginevra, niente Axel” – minaccia,
tirando fuori dalla sua giacca una pistola.
Puntandola
verso il ventunenne, si sente invincibile,
sente di avere la vittoria nelle sue mani.
E
a Nairobi invece cedono le gambe alla vista
di una scena straziante.
“Quando
cazzo arrivano Palermo e Helsinki!” –
il Professore si guarda attorno, speranzoso. Eppure quel suo ambiguo
comportamento,
attira l’attenzione di Teresa stessa che, rivolgendosi a lui,
dice – “Aspettiamo
qualcuno?”
“Lascia
andare Axel” – ordina Sergio, mentre
nella sua testa frullano idee alla velocità della luce.
“Che
noia! Sempre le stesse cose, siete
monotoni! Ok, allora, se volete che sia ripetitiva anche
io…” – punta l’arma
sul giovane Jimenez, senza freni – “Datemi Ginny, e
libererò questo meticcio!”