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Autore: Nisi    21/07/2021    10 recensioni
Mouchoir, cioè fazzoletto.
Una piccola one shot che ha come protagonista un umile accessorio di uso comune come trait d’union di due scene che amo molto per le quali ho ipotizzato dei missing moments. OOC? Forse sì, forse no. Decidete voi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Premier mouchoir

‘Oscar, ti prego, non ti sposare!’
Cosa? Questa poi mi mancava!

Mi giro e la vedo, in piedi, una mano appoggiata allo stipite; torno a guardare André, conciato male e due lacrimoni grossi così che gli scendono sulle guance… e due più due torna a fare quattro.
‘Ma certo, ora capisco tutto! Credo che vi ami, Comandante. Bene, allora vi lascio soli. Credo sia meglio che vi occupiate voi di André. In ogni caso, vi ami tanto da rischiare la vita per voi.’
Mi avvicino e la fisso, da sotto in su. Lei è alta, ma non quanto me e riesco a vedere che ha gli occhi lucidi e comunque puntati su di lui. Ridacchio. Questa è la cosa più divertente che mi è capitata oggi e la più sorprendente. È difficile, ormai, che qualcosa mi sorprenda e a questa non ci sarei mai arrivato: la Comandante di ghiaccio sembra non essere poi così di ghiaccio. Esco dalla stanza per continuare a fare gli affari miei, ma è lei, che mi chiama.

‘Alain!’

Torno indietro, incuriosito. Mi metto sull’attenti.
‘Agli ordini, Comandante.’
‘Riposo, Alain. Non ti parlo da Comandante, ma… Volevo chiederti di aiutarmi a portare André in infermeria.’
Sono stupito? Sì.
L’aiuto? Sì.
Cerco di sollevare André con tutta la delicatezza possibile.

‘Attento, Alain. Così gli fai male!’

Mi sembra di vedere il ghiaccio che le si scioglie tutto attorno e da quello vedo emergere… una donna.
Mi aiuta a sorreggere questo poveraccio che ne ha prese tante e ha avuto una giornata pesante.
Arriviamo in infermeria e facciamo sdraiare André sul letto.

‘Comandante, allora io me ne andrei. Sa, non mi va tanto di reggere il moccolo.’
Non dice niente, mi fulmina con lo sguardo e mi inchioda lì.
‘Vai a prendere la cassetta per le medicazioni’, aggiunge qualche istante dopo. Ecco che ritorna il ghiaccio.

Obbedisco. Non c’è molto a disposizione, persino le bende sono male in arnese e tutte sfilacciate.
Assieme disinfettiamo tagli, puliamo ferite, fasciamo botte e curiamo lividi.

Faccio per bendargli una mano, ma lei mi interrompe. ‘Faccio io.’

Mette la mano in tasca e tira fuori un fazzoletto che puzza di nobiltà fino a Notre Dame. Deve essere di lino ed è stato ricamato con le sue iniziali, O.F.J., e con quello fascia la mano di André, ancora incosciente.
Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare, lo lasciamo riposare. Usciamo nel corridoio e lei non è al mio fianco. È appoggiata al muro e vedo che sta per crollare.

Non è donna da accettare di mettere in piazza le proprie debolezze, quindi credo sia meglio lasciarla sola. Faccio finta di avviarmi dalla parte opposta del corridoio e le caccio in mano un fazzoletto, visto che il suo lo ha usato per fasciare la mano di André.

Sono uno zotico, un cafone, ma mio padre mi ha insegnato ad avere rispetto delle lacrime delle donne.
Forse il Comandante non si sposerà tanto presto.

 
Deuxième mouchoir et tous les autres
 
Aveva lasciato in un lampo la caserma, era balzata su César e lo aveva spinto a rotta di collo verso palazzo Jarjayes, poi si era precipitata nella stanza del padre, il volto stravolto dalla preoccupazione… e dalla paura. Sì, dalla paura. Perché Oscar non temeva  mai per se stessa, ma l’idea sola che qualcuno al quale voleva bene fosse in pericolo o stesse male, le faceva perdere la ragione e la riempiva di un sacro terrore. Era questa una delle sue debolezze delle quali non parlava volentieri e che teneva accuratamente nascoste, ma che la rendevano così umana.

Sulla soglia incontrò una Nanny che la salutò commossa: ‘Ascolta, non è in pericolo, Oscar. Il proiettile non ha causato una ferita molto grave.’

Come una furia, Oscar spalancò la porta della camera del padre, ma l’emozione ebbe la meglio su di lei: crollò sulle ginocchia e scoppiò in un pianto convulso, intervallato da singhiozzi da strappare il cuore.

Avvertì una presenza accanto a lei e sollevò lo sguardo. Si trovò davanti André che senza parlare e sorridendole con dolcezza le porse un fazzoletto.
‘Grazie Andrè, ti ringrazio!’

Il dottor Lassonne era già arrivato a controllare lo stato del paziente e invitò i presenti ad accomodarsi fuori.

Oscar e André si sedettero sul divanetto nel corridoio adiacente la camera del Generale. Non era molto spazioso e Oscar notò che André si era seduto dalla parte opposta rispetto alla sua, non senza un certo disappunto.

I due rimasero in silenzio. Oscar non era ancora riuscita a smaltire completamente l’emozione che si era impossessata di lei e continuava a piangere silenziosamente, stringendo tra le mani il fazzoletto che le aveva porto André, che però non asciugava più un granché.

Senza proferire verbo, e senza girare lo sguardo su di lei, André le allungò un altro fazzoletto.

Oscar azzardò una risatina tra le lacrime: ‘Quanti fazzoletti hai addosso, André? Hai intenzione di rifornire tutta la Compagnia B?’
Lui ridacchiò a sua volta. ‘Sai, la paga è misera e provo ad arrangiarmi per arrotondare lo stipendio…  la conosci mia nonna, no? Secondo lei  non abbiamo abbastanza maglie, biancheria, l’ambiente è sporco e mangiamo poco e male, quindi sai come è fatta...’
‘Non ha tutti i torti, però…’
‘No, è vero. Oscar… va un po’ meglio adesso?’
‘Sì, sì. Non è da me fare così. Forse sono stanca e queste settimane sono state molto pesanti’.

Ciò era assolutamente vero: i problemi con i suoi nuovi soldati le causavano sempre nuove preoccupazioni, ma non era quello il punto.

‘Forse, se tutto  questo fosse successo quando eravamo ragazzi, ti avrei chiesto di abbracciarmi…’

Davvero, non era da lei parlare in quel modo, forse quelle emozioni forti le avevano sciolto la lingua più dell’alcool e per una volta, le sue difese erano cadute, così come la maschera dietro la quale lei si nascondeva.
André si girò a fissarla, lo sguardo indecifrabile. ‘Se tutto questo fosse successo quando eravamo ragazzi, non avresti  avuto bisogno di chiedermelo.’ Rispose a bassa voce. ‘Ora però è tutto diverso.’
Il fatto era che abituarsi a vivere senza un André che ufficialmente le guardava le spalle, ma ufficiosamente faceva tanto altro per lei, era molto difficile. Non lo avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura, ma la sua presenza le mancava come non avrebbe creduto possibile. Lei e il suo maledetto orgoglio che l’aveva spinta ad allontanarlo, in una notte ancora più maledetta!

André si odiò, lui e il suo essere gentiluomo sempre e comunque! Certo che l’avrebbe abbracciata! Avesse potuto, l’avrebbe tenuta stretta fino a che il mondo fosse esistito! Si passò le mani sulle culottes per togliere della polvere che sicuramente non c’era.

‘Ti serve altro, Oscar? Se sei a posto, vado a raggiungere Alain e gli altri a Parigi, è ancora presto e potremmo andare assieme alla taverna’. Senza parlare, le porse un altro fazzoletto. ‘Potrebbe farti comodo…’

Oscar non disse niente. Lei non diceva mai niente, accidenti a lei. Però lui la conosceva, altroché se la conosceva. Non le faceva bene stare sola quando stava così e parlò, prima ancora di rendersene conto:
‘Tutto sommato, credo sia meglio che rimanga qui. Ti spiace se mi siedo accanto a te?’

Senza attendere risposta le si sedette accanto, le prese il fazzoletto dalle mani e le asciugò gli occhi.

Fine

* * *
Ho riflettuto molto se il comportamento di Oscar sia OOC o meno. Sono francamente in dubbio: a Sant Antoine ha tirato fuori il meglio di sé, quindi in situazioni di pericolo o paura per i suoi cari, credo perda il controllo abbastanza facilmente e la fifa le scioglie la lingua facendole dire quel che non vorrebbe.

L’idea iniziale mi è stata suggerita da un canto di montagna delle nostre parti, la leggenda della Grigna. Un giorno ne raccontai la storia a Matilda, mia nipote di nove anni che ne rimase molto colpita, tanto che capita mi chieda di raccontargliela di nuovo: la guerriera bella e senza amore, una sentinella come servo. Suona familiare, no? Qualcosa di quel canto mi ha ricordato i nostri due eroi… il testo è molto bello e poetico; una pulce nell’orecchio è arrivata anche dalla visione del film Frozen, che Matilda mi ha fatto vedere, oltre a costringermi ad imparare ‘All’alba sorgerò’.

Quindi, a Tida vanno i ringraziamenti della zia Anna per l’ispirazione.

A chi ha recensito gli ultimi capitoli di ‘Madeleine’, risponderò presto.

Le rotelline girano e sto rimuginando parecchio. Intanto, prendete questa. Spero abbiate gradito.
 
 
 
   
 
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