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Autore: mercutia    24/07/2021    1 recensioni
L'esperienza in Caerdicca Unitas ha cambiato Imriel, ma ha solo parzialmente rimosso la tensione dal suo rapporto con Phèdre. Per quanto sia felice di riaverlo a casa, a pochi mesi dal suo ritorno è chiaro che ancora tra loro esistano questioni in sospeso, attriti spinosi e ingombranti che solo una persona al mondo dice di poter dissipare. Con questa promessa Mélisande Shahrizai rientra improvvisamente nella vita di Phèdre, proponendole un patto controverso per quanto irrinunciabile.
A dodici anni di distanza la prescelta e l'erede di Kushiel si ritrovano faccia a faccia: chi delle due avrà la meglio nel loro eterno duello d'amore e d'odio?
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La storia è narrata dal punto di vista di Phédre anche se si colloca nella seconda trilogia, per la precisione dopo "Il sangue e il traditore", di cui però ignora il finale in cui Imriel decide di leggere le lettere di sua madre.
[fanfiction Phédre/Mélisande]
[piccoli spoiler fino a "Il sangue e il traditore"]
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Imriel nó Montrève de la Courcel, Joscelin Verreuil, Mélisande Shahrizai, Phèdre nó Delaunay, Ysandre de la Courcel
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Bondage
Capitoli:
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Imriel entró nel mio studio tre giorni dopo, di sera. Non ci eravamo più incontrati lì dentro dal giorno della lite, mi era impossibile non pensarci. Credo lo fosse anche per lui, dal momento che impiegò una vita a girarsi verso di me dopo aver chiuso la porta.
«Ho deciso» mi comunicò risoluto.
Io ero seduta allo scrittoio, vedendolo entrare avevo chiuso e messo da parte la lettera per i priori che stavo esaminando per l'ennesima volta. A quelle parole non mi mossi.
«Voglio incontrarla.»
Mi vergogno ad ammettere di aver provato sollievo, per questo mi sentii obbligata a chiedere «Ne sei sicuro?»
«Sì.»
Annuii.
«Domani mattina andrò a comunicarglielo. Vuoi che le riferisca qualcosa in particolare?»
Ci pensó su un po'.
«Dille… dille che lo faccio solo per me stesso.
Anzi… anzi, no. Non dirle niente.
Qualsiasi cosa debba dirle, mi posso togliere la soddisfazione di farlo io stesso di persona.»
Lo soppesai per qualche momento, prima di decidermi a metterlo in guardia.
«Non sarà così semplice, ne sei consapevole, vero?»
«Credi che io sia un codardo?»
«No. Ma lei è Mélisande Shahrizai.
Sarai teso quando la vedrai, ti torneranno in mente se non tutti gli aneddoti sentiti su di lei, sicuramente i più sordidi e infamanti. Veri o falsi che siano.
Mélisande Shahrizai ha paralizzato l'audacia di molti, zittito le lingue più taglienti e manipolato personalità su cui nessuno avrebbe mai dubitato. Sarai a disagio al suo cospetto, ne sarai intimorito e, come tu stesso hai detto, sarai anche in imbarazzo perché comunque lei è tua madre.
Non illuderti che sarà facile riversarle addosso tutto il tuo risentimento, ma se davvero ci tieni a dirle qualcosa, se non vuoi che sia solo lei a guidare il vostro incontro, preparati con cura.»
«Ma… Ma mi hai detto di aspettarmi qualcosa come una madre addolorata.»
«Sì. E credo davvero che sia ciò che troverai. Ma tu vedrai Mélisande Shahrizai e questo ti pietrificherà.
Non sottovalutare inoltre il fatto che lei sta preparando questo incontro da mesi, da anni forse, e si aspetta di certo che tu possa ricordarle tutte le sue mancanze come madre o le ingiustizie di cui ha macchiato sé stessa e te di riflesso. Non le farà piacere e sarà pronta a risponderti rigirando la verità per cancellare la tua animosità.
Qualsiasi cosa tu voglia dirle o chiederle, preparalo bene e tieni a mente che quella che hai è la sola occasione per farlo.»
Imri mi ascoltava perplesso e credo anche vagamente impaurito. Per questo gli sorrisi.
«Non era mia intenzione spaventarti, tesoro. Volevo solo sollecitarti a non prendere questo incontro sottogamba e a usare il tempo a tua disposizione per riflettere a fondo.
E se hai bisogno di aiuto, di un confronto, o qualsiasi altra cosa, sono qui per te.»
Mi guardó intensamente e nei suoi occhi, in quella virile maturità che avevano da quando era rientrato dalla Caerdicca Unitas, si fece spazio per un attimo il riflesso dolce e affettuoso del bambino che non era più. Era un uomo ormai il mio Imri, con tutto ciò che questo comportava. Sapevo, perché glielo leggevo in faccia, quanta voglia avesse di una carezza, di un bacio sulla fronte, di un mio gesto di amore innocente e puro, ma eravamo entrambi consapevoli che fosse ancora troppo presto per azzardare un contatto, perciò restammo lì così a scambiarci uno sguardo intriso di malinconia.
«Passerà, tesoro» gli dissi di nuovo «Vedrai che presto passerà.»
Osservai le sue spalle larghe varcare la soglia del mio studio mentre lo lasciava augurandomi la buonanotte e solo allora realizzai davvero quanto stava per accadere. Per quanto ci avessi pensato e ripensato, per quanto ne avessi discusso con Joscelin, Imriel e la stessa Mélisande, solo dal momento in cui non vi era più alcun impedimento, tutto assunse una dimensione reale, come se fino a quel punto ogni mio cruccio in proposito fosse stato rivolto solo a una vaga ipotesi.
Allora mi assalì la paura.
La paura di aver trascurato qualcosa, un singolo fondamentale dettaglio che poteva condannarci tutti a morte. Quanto la mia egoistica necessità mi aveva potuto rendere cieca e imprudente?
Ripresi di nuovo ad analizzare ossessivamente tutto, fin dal mio primo incontro con lei. Cercai di ricordare le sue parole, le sue promesse, i suoi giuramenti. Tornai mentalmente alla villa, ne ripercorsi i corridoi, le stanze, gli oggetti… tutti tranne quelli della camera in cui avrei passato la notte con lei. Era un ricordo viscido quello, capace di farmi perdere l'aderenza a tutto quanto stavo ricomponendo nella mia mente. Non chiusi occhio quella notte, suscitando la preoccupazione di Joscelin, al quale nuovamente tacqui la vera causa di quel mio rimuginare, dicendogli semplicemente che, dal momento che era coinvolto anche Imri, volevo assicurarmi ancor di più che tutto andasse secondo i piani, quando invece continuavo la ricerca di un cavillo che poteva rivelare la trappola, che mi pareva di percepire. Eppure di nuovo non trovai nulla. Assolutamente nulla.
Ero visibilmente stanca quando mi trovai davanti a Mélisande, l'indomani. Lei lo notó e parve preoccuparsene, o almeno ciò è quanto interpretai dalla sua espressione stupita nel vedermi in quello stato. Quando la porta delle sue stanze si richiuse alle mie spalle non mi invitó ad accomodarmi, ma restó lì in piedi a fissarmi porgendomi la muta domanda.
«Ha accettato» dissi allora.
Chiuse gli occhi, i lineamenti del viso si distesero, le mani si strinsero in grembo e restó ferma così. L'evidente sollievo della notizia e il sole che le illuminava la pelle le donavano una bellezza così delicata ed eterea che mi bloccai a contemplarla. Inutile negare che gli anni non avessero lasciato il segno, pochi rispetto all'età che aveva raggiunto, ma c'erano e nonostante questo nessuno avrebbe mai potuto restare indifferente di fronte alla perfetta grazia di quei lineamenti, certamente non un angeline, certamente non io.
«Accomodati» mi disse poi all'improvviso, svegliandomi dall'incanto in cui ero scivolata. Ci sistemammo su due poltrone, mi aspettavo che volesse dettagli sulla reazione di Imri e invece mi chiese se avevo letto la lettera per i priori. La sua intenzione, scoprii in quel momento, era di inviarle subito in modo che fossero recapitate entro la mattinata. Voleva tenere la festa la sera successiva.
«È impossibile!» sbottai.
«Non lo è.» replicò in tutta calma «I priori riceveranno l'invito e avranno tempo fino a domani pomeriggio per farci giungere la risposta. Maschere e mantelli sono già pronti» indicò un baule accanto al muro «Manca solo il tuo, ovviamente.»
Mi alzai, andai ad aprire il baule trovando conferma di quanto aveva detto. Ne aveva fatti fare in abbondanza, non avremmo avuto problemi anche se le adesioni fossero giunte all'ultimo momento. Il baule conteneva anche il suo mantello, di colore blu come concordato, non troppo diverso da quelli neri degli altri invitati in modo che non attirasse l'attenzione, ma non così simile da poter essere confuso.
«I tuoi domestici avranno tempo fino a tutto domani per preparare le vivande. Dimmi, cosa ti sembra impossibile?»
Restai un attimo interdetta a riflettere.
«I priori si vedranno recapitare l'invito a una festa immotivata e dovranno decidere se partecipare in un lasso di tempo inconsistente. Per quale ragione dovrebbero accettare e oltretutto mandare i loro adepti migliori?»
«La festa un motivo ce l'ha: è in onore di Naamah. Sei una donna libera e nobile ormai, ma resti pur sempre una sua serva, la più famosa e ammirata del regno, la tua sola esistenza è motivo di celebrazione. Se proprio vuoi specificare qualcosa di più nell'invito puoi aggiungere che è un'offerta che le fai, un voto, quello che ti sembra più appropriato. Sai bene che non importerà a nessuno. Phèdre no Delaunay de Montreve terrà una sua festa privata in onore di Naamah, chiunque farebbe carte false per partecipare. Non serve aggiungere altro.»
Era vero e mentire per inventare una scusa relativa alla celebrazione di Naamah in effetti non mi piaceva, mi sembrava quasi blasfemo.
«Ma perché dare loro così poco tempo?»
«Il tempo, mia cara, è mio nemico e anche tuo dal momento che ora sei a tutti gli effetti mia complice.»
Mi diede un attimo per assorbire il colpo di quella parola, poi riprese.
«Anche se chiedi la massima riservatezza ai priori e ai loro adepti e sono convinta che molti, se non tutti, la rispetteranno per il solo fatto che tu sei la mittente, non posso rischiare, non possiamo. La mancanza di tempo serve a evitare che qualcuno possa escogitare un modo per eludere le regole o fare qualche altra sciocchezza. Impedirà inoltre che la voce possa diffondersi, causando inutili fastidi.»
La sensazione di paura di una trappola continuava a mordermi lo stomaco e quella fretta la alimentava, ma anche in questo caso, dovevo ammettere, aveva ragione: lasciare più tempo ai priori poteva essere solo un pericolo. Elua! Mi sentivo accompagnata per mano in un vicolo cieco.
«A questo punto» disse interrompendo il mio silenzio «se non hai altre logiche obiezioni sul contenuto dell'invito, lo faccio copiare da Marcel per ogni Casa.»
«No» la fermai causando il suo cipiglio «Li scriverò io di persona.»
«Non ti fidi?»
«Non è solo questo. Più che altro non sarebbe da me. Mi stupisce che non lo abbiate messo in conto.»
Sospiró e fece spallucce.
«Non ho avuto il piacere di ricevere molte tue lettere.»
«Non avrei saputo dove spedirle.»
Sorrise divertita da quello scambio di frecciatine, quindi mi indicó lo scrittoio.
«Puoi accomodarti allora. Troverai lì tutto il necessario.»
Andai, mi sedetti e rilessi ancora la lettera: era oggettivamente ineccepibile sotto ogni punto di vista. Anche lo stile e le parole che aveva scelto ricalcavano fedelmente il mio modo di scrivere, benché avesse appena ironicamente lamentato di non aver mai corrisposto con me. Mélisande mi conosceva alla perfezione, di me sapeva tutto, punti deboli compresi. Alzai gli occhi dal foglio per guardarla.
«Hai ancora delle perplessità, Phèdre?»
La soppesai a lungo prima di chiederle ancora «Dov'è l'inganno, Mélisande?»
Rise lieve con fare stanco.
«Phèdre, ti ho già giurato che sono qui solo ed esclusivamente per vedere mio figlio. Non ho altro che la mia parola da darti come garanzia. Se non ti basta, potevi evitare a tutti lo sforzo di arrivare fino a questo punto.»
«Giuratemelo ancora. Giuratelo su Imriel che non mi state trascinando in una trappola.»
Mi gettó un'occhiata quasi spazientita. Fu solo per un attimo, poi chiuse gli occhi, sospiró rassegnata e parló.
«Te lo giuro, Phèdre, in nome di Kushiel, di mio figlio, di tutto ciò che mi è più caro in cielo e in terra. Non ho intenzione di arrecare alcun danno direttamente o indirettamente a te, a Imriel, alla regina e a tutta la sua famiglia, né a qualsiasi altro angeline. Non nascondo doppi fini, voglio soltanto un po' di tempo con mio figlio.
Non so cos'altro potrei dire o fare per dimostrartelo.»
I suoi occhi restarono a lungo fissi nei miei, per quanta fatica mi costasse li sostenni, cercando invano un segno di incertezza, che sapevo non avrei visto nemmeno se mi avesse mentito. Non avevo nulla di concreto a cui appellarmi, potevo solo scegliere di fidarmi o non fidarmi della sua parola.
«E sia» sospirai infine, provocando il suo sorriso «Devo però farlo sapere al più presto a Joscelin e Imriel» aggiunsi.
«Posso mandare subito Emeric ad avvisarli, se sei d'accordo»
«Mi tratterrete molto qui?»
«Devo parlarti e non vorrei avessi fretta di andartene.»
Sentivo lo stomaco contrarsi per lo stato d'incertezza che quella situazione continuava a suscitarmi, eppure acconsentii.
«Vuoi scrivere un messaggio per loro? Potrebbero non fidarsi altrimenti.»
Annuii e preparai con cura quei messaggi, immaginando che il loro contenuto non sarebbe stato gradito e mentre Mélisande dava istruzioni a Emeric perché li consegnasse nelle mani giuste, io mi chinai nuovamente sullo scrittoio, presi un foglio bianco, intinsi la penna nell'inchiostro e iniziai a scrivere l'invito per la priora di Casa Cereo. Seguirono, una dopo l'altra, quelle per le altre dodici Case della Notte. Per tutto il tempo che mi occorse, Mélisande restó nella stanza con me, seduta sulla poltrona, ferma a guardarmi. Ogni volta che alzavo gli occhi incrociavo il blu dei suoi, immobile e imperturbabile. Supponevo volesse controllare il mio operato, invece quando le chiesi se volesse leggere quanto avevo scritto prima di sigillarlo con la cera, rifiutó dicendomi che non ce n'era bisogno. Quindi mi lasciò finire, chiamó Marcel e le lettere partirono.
La morsa di panico che mi attanagliava fece un altro giro.

   
 
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