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Autore: Rosette_Carillon    29/07/2021    2 recensioni
[SPOILER Black Widow]
Marta lavora ancora per lo S.H.I.E.L.D, e vive nella New Avengers Facility. Perché, si sa, gli Avengers possono salvare il mondo ma, quando si tratta di gestire le proprie vite, non sono poi così efficienti.
La Vedova Nera ne è un chiaro esempio.
[Captain America, Knives Out, Black Widow]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Natasha Romanoff, Steve Rogers
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Black and white photos'
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Capitolo 6
Segni
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
<< Natasha, >> la chiama Melina, andandole dietro lungo il corridoio vuoto. I suoi passi e la sua voce riecheggiano nel silenzio.
L’altra donna si ferma e si volta. << Per favore, non- >>
<< ‘Non’ cosa? Guardati. Sei magra, hai le occhiaie, >> allunga una mano per prendere la treccia che le ricade sul seno << e i tuoi capelli… che ti è successo? >>
<< Nulla. >>
<< Chi ti ha insegnato a mentire? Ha fatto un pessimo lavoro… >>
Quel commento la fa quasi ridere. Nonostante tutto, Melina è una Vedova Nera. Sospira. << Sto bene, torna dagli altri. Vi stavate divertendo, no? >>
<< Bè, >> non può negarlo, si stava trovando bene. Era grata della possibilità che aveva avuto: lavorare assieme a Tony Stark e Bruce Banner, con loro poteva parlare senza doversi fermare ogni volta a spiegare cosa avesse appena detto. Loro la capivano.
Inoltre, finalmente, poteva fare qualcosa che aveva scelto lei, avere la certezza che le sue ricerche non sarebbe state sfruttate senza morale.
<< Stai mangiando? >> chiede poi, determinata a non cambiare argomento.
<< Sì! >>
Melina non è convinta, ma decide di non insistere.
<< Senti, >> cerca di tranquillizzarla Natasha << non devi preoccuparti di nulla…ci pensa già Steve. >>
La donna sorride << Captain America… >> mormora.
Gli sguardi delle due donne si incontrano, e entrambe sorridono. Entrambe hanno pensato la stessa cosa, e si sono capite senza bisogno di parlare.
<< Lui lo sa che adesso abiti sotto lo stesso tetto di Captain America? >>
<< Oh, sì. >>
Natasha comincia a ridere.
<< Era furioso, >> continua Melina << Capitan America vuole rubare le mie donne, >> imita la voce di Red Guardian. Le due ridono, mentre Melina continua a imitare il marito che parla della sua nemesi americana, accusandolo di azioni mai compiuto, e vantandosi di vittorie mai ottenute.
<< Sai, Alexei si preoccupa per te… non ti sei più fatta sentire… hai una famiglia… >>
<< Ne ho due. >>
<< E le tieni lontane entrambe. >>
Non è vero, vorrebbe dire, ma sa che non ha senso mentire all’altra donna.
<< Non devi giustificarti, >> la precede Melina << so quello che provi. So cos’hai vissuto... l’ho vissuto anche io. Non sai mai di chi fidarti, non sei abituata a essere importante per qualcuno… serve tempo per cambiare, per disimparare schemi mentali che ora non ti servono più. >>
Natasha non dice nulla.
Non ha mai avuto occasioni di parlare con un’altra Vedova. Nemmeno con Yelena.
È una sensazione strana.
Si sente compresa.
Melina allunga una mano e prende quella della figlia, la stringe fra le sue e la accarezza piano.
<< Anche tu, da bambina, venivi ammanettata al letto? >> le chiede senza pensare, prima di cambiare idea. Non sa nemmeno perché, se voglia un consiglio, o abbia solo bisogno di dirlo ad alta voce.
<< …sì, >> annuisce l’altra, la testa bassa.
<< Come-come…? >>
<< Oh, ci ho messo anni. Devi cominciare. >> Prima qualche ora a notte, finché non ci si sveglia agitate alla ricerca di qualcosa con cui bloccare il polso; poi tutta una notte. Poi due, tre…e poi, forse, se non si smette di provare…
Natasha annuisce.
Ci sono tante cose che vorrebbe chiedere.
Come sta Yelena? Dove abita?
E le altre Vedove? E Antonia?
Ma non riesce a parlare, le parole le restano bloccate in gola. Resta in silenzio, una mano in quelle di sua madre, e quasi le sembra di essere tornata bambina.
Quando erano piccole, Yelena non esitava mai a cercare l’aiuto della madre. La chiamava a gran voce, correva da lei…lei non era mai stata così, forse perché sapeva.
Ora vorrebbe tanto riuscire a essere come la bambina che è stata sua sorella, e chiedere ciò di cui ha bisogno senza preoccuparsi troppo.
 
                                                                                §
 
 
Una mano si poggia sulla sua spalla, Natasha si volta.
Clint le indica le indica il polso poi, con un’ espressione interrogativa, segna la parola ‘dolore’. *
Andare dritto al punto è proprio da lui, ma almeno poteva degnarla almeno di un ‘ciao’.
Non risponde subito; il primo istinto è distogliere lo sguardo: Clint ha sempre avuto l’abitudine di guardarla come se potesse leggerle dentro e, cosa che l’aveva sempre infastidita, la maggior parte delle volte ci è riuscito.
Alla fine, si decide a segnare un distratto ‘sto bene’. Ovviamente, l’uomo non è convinto.
È arrivato quella mattina, ma sicuramente qualcuno l’ha già aggiornato riguardo le ultime novità, altrimenti non se lo sarebbe trovato fuori dalla porta del suo ufficio.
<< Hai una famiglia, >> gli fa notare Natasha, guardandolo, in modo da permettergli di leggere il labiale.
‘Anche tu’ risponde l’uomo.
È offeso? Comprensibile, sicuramente devono avergli detto anche di Melina. Non gli ha mai parlato di lei, di Alexei o di Yelena. Sa che ha avuto delle persone importanti per lei, ma non è mai scesa nei dettagli.
<< Scusa. >>
Clint si porta una mano aperta vicino al volto e, con espressione interrogativa, abbassa il medio. Perché?
<< Avrei dovuto dirtelo. >>
Clint scuote la testa.
Natasha chiude la mano a pugno, solleva l’indice a formare un uncino e lo avvicina all’orecchio, poi porta la mano vicino al busto, allunga il dito e lo agita. Dov’è il tuo apparecchio acustico?
‘Scarico’, segna l’uomo.
Lei annuisce.
‘Sono passato a vedere come andavano le cose senza di me,’ riprende l’uomo ‘resto per due giorni.’
Natasha annuisce nuovamente, poi segna che dovrebbe andare da Wanda.
Dapprima incerto, alla fine l’uomo acconsente.
Dopotutto, ha due giorni: sono abbastanza per farsi dire dall’altra donna cosa le stia succedendo, e perché gli altri siano preoccupati.
 
                                                                           §
 
<< Va tutto bene? >>
La mano di Steve gli sfiora delicatamente le spalle in gesto amorevole.
Bucky abbandona il suo disegno che stava facendo, e segue con lo sguardo l’uomo che si avvicina al giradischi << ti va un po' di musica? >>
<< Mh-mh. >>
Ora che abitano nella New Avengers Facility, potrebbero anche fare a meno di quel giradischi. Per la verità, avrebbero potuto farne a meno anche prima.
Potrebbero usare semplicemente un pc: semplice, leggero, con musica illimitata.
Il giradischi era pesante, e fragile. Trovare la musica non era sempre facile, ma il suono graffiato che veniva fuori sembrava avesse viaggiato nel tempo, e fosse arrivato lì dagli anni trenta.
Ogni tanto era piacevole lasciarsi illudere.
<< Sto bene, Steve, sto bene. Non guardarmi così. >>
L’altro uomo sospira, e si passa una mano sul volto << sai, qualche volta mi piacerebbe che tu e Natasha vi fidaste di me. Non ho idea di cosa avete vissuto, ma sono pronto ad aiutare come posso, se mi viene permesso. >>
Bucky chiude il blocco da disegno con un sospiro. << Non si tratta di fiducia. >>
<< E di cosa, allora? >>
L’altro non risponde. Si tratta proprio di fiducia, ma non vuole dirlo.
Se lo sapesse, Marta gli farebbe una bella ramanzina. Quasi sente la sua voce ricordargli di provare sempre a parlare con Steve, senza preoccuparsi troppo. ‘Finché non inizi, non ti verrà mai naturale confidarti con lui.’
<< Steve, >> sospira allora << per anni...non potevo fidarmi di nessuno…e non ho nemmeno avuto nulla confidare. Non ricordavo nemmeno il mio nome. >>
<< Ma ora sì, >> gli si avvicina e si china su di lui, scaricando il peso del corpo sullo schienale della poltroncina su cui è seduto Bucky << e io sono qui, >> termina allungando una mano per accarezzargli il volto, e chinandosi per baciarlo. << E vale lo stesso per Nat. >>
<< Spero di avere l’esclusiva per quanto riguarda i baci. >>
Ridono.
<< Certo. >>
Attorno a loro, la stanza viene riempita dalla voce di Vera Lynn.
<< E poi, ora che è tornato Occhio di Falco… >>
<< Sei geloso? >>
<< No! >>
Steve ride. << Menti meglio, >> consiglia bonariamente, sollevandosi.
<< Non sono- ! È che- >> si alza, si passa una mano fra i capelli. << C’è stato un tempo in cui si è confidata con me, >> ammette poi << un tempo in cui siamo stati stupidi, e abbiamo pensato di poter scappare dalla Russia…eravamo soli e…non so, credo mi manchi quell’intimità dovuta, forse, solo al momento di necessità. >>
<< In quel periodo hai conosciuto anche Melina? >>
<< Poco dopo…io e Natasha tentammo di scappare. Ci trovarono, ovviamente, e usarono il lavoro di Melina per perfezionare il mio condizionamento mentale. È una fortuna che i suoi studi non fossero ancora terminati, altrimenti sarei stato condizionato chimicamente, e ora non sarei qui con te. >>
<< Ma non è successo, >> lo rassicura Steve, allungando una mano ad accarezzargli il volto. Bucky ama il contatto fisico, e lui si assicura che non gli manchi mai. Allarga le braccia, e avvolge gentilmente l’altro uomo.
Bucky poggia la fronte contro il suo petto e socchiude gli occhi stringendosi a lui.
Quando può, evita di ripensare al suo passato da Soldato d’Inverno, non sono mai ricordi piacevoli.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE
*Per chi non lo sapesse, nei fumetti Clint Barton è sordo. Secondo me, sarebbe stato interessante che il personaggio avesse questa caratteristica anche nei film.
È la prima volta che scrivo di un personaggio sordo, spero che la scena sia comprensibile.
Per i segni, mi sono aiutata con un dizionario.
 
 


 
  
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