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Autore: mikimac    29/07/2021    1 recensioni
L'Isola è di nuovo in pericolo. Un nemico subdolo e feroce minaccia la sicurezza degli Omega, costringendo Sherlock e John a tornare nel Mondo Esterno.
Genere: Angst, Fantasy, Omegaverse | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Mpreg
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- Questa storia fa parte della serie 'A Kind of Magic'
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I was broken from a young age

I was broken from a young age


Taking my sulking to the masses
Writing my poems for the few

That looked at me took to me, shook to me, feeling me
Singing from heart ache from the pain
Take up my message from the veins
Speaking my lesson from the brain
Seeing the beauty through the…

 

Believer

 

 

La vita sull’Isola aveva ripreso a scorrere serena, dopo la riunione del Consiglio Generale. Io ero sempre un po’ timoroso che per Sherlock fosse anche troppo tranquilla, per non dire banale o noiosa. A volte lo sorprendevo a osservare l’orizzonte, quasi cercasse di capire che cosa accadesse al di là della Barriera, che proteggeva l’Isola. Non volevo che rimpiangesse la sua vita nel Mondo Esterno. Capivo che potessero mancargli le grandi città, con le loro luci e i grandi palazzi, il vociare della gente, le attività che vi si svolgevano quotidianamente o la tecnologia. Per non parlare di parenti e amici.

Una notte decisi di affrontare l’argomento. Eravamo sposati. Se lui si sentiva triste o malinconico o se avesse avuto nostalgia della sua vita precedente, doveva sapere che lo capivo. E che avrei fatto di tutto pur di vederlo felice. Anche lasciarlo andare.

La luna splendeva in cielo, enorme e piena. Una leggera brezza faceva muovere le leggere tende bianche della finestra della nostra camera da letto. I bambini si erano addormentati. Potevo percepirne il leggero respiro attraverso il silenzio della casa.

Mi spostai verso mio marito, circondandogli il busto con le braccia e appoggiando la testa vicino al suo cuore. Lo sentii irrigidirsi leggermente, come se avesse compreso che avevo bisogno di parlargli di una cosa importante.

“Che cosa c’è che non va?”

“Volevo chiederlo io a te. Ormai sei sull’Isola da tanto tempo. Posso capire che ti manchi il Mondo Esterno. Soprattutto la tua famiglia.”

Sentii il petto di Sherlock sollevarsi per un paio di volte, mentre ridacchiava divertito: “Se c’è qualcosa che non mi manca è proprio la mia famiglia. Noi non siamo molto uniti. Certo non come lo siete tu e la tua famiglia. Sicuramente non siamo nemmeno una tipica famiglia del Mondo Esterno. I miei genitori potrebbero quasi non essersi accorti del fatto che sono sparito. Sono così impegnati nei loro studi, che non fanno caso al tempo che passa. E Mycroft…”

“Ti vuole bene. Come tu ne vuoi a lui,” affermai, in tono dolce.

Sherlock non ribatté subito. Sentivo che stava riflettendo, che voleva essere onesto con me: “So che Mycroft mi vuole bene, ma lo ammetterò solo qui e ora. Non ripeterò questa frase nemmeno sotto tortura.”

“E anche i tuoi genitori ti amano. Staranno sentendo la tua mancanza.”

Sherlock sospirò: “John, perché vuoi parlare di questo?”

Mi sollevai, per poterlo vedere in viso: “Io so che cosa tu abbia lasciato indietro. Hai rinunciato alla tua vita, per stare con me.”

“Non avevo tutta questa vita, prima di incontrare te. Non mi piace fare il melodrammatico…”

“Davvero?” sogghignai.

“Fin da bambino mi sono sentito respinto dagli altri. Secondo Mycroft, ero troppo intelligente per loro e questo li spaventava, spingendoli a prendermi in giro.”

“Mi dispiace molto. I bambini possono essere crudeli, a volte, ma questo non vuole dire che tu non possa sentire la mancanza del Mondo Esterno.”

“John, io sono felice, qui. Ci sei tu. Ci sono i nostri figli. Nel mondo dal quale provengo, io mi sono sempre sentito incompleto. Fuori posto. Mi mancava qualcosa e nulla riusciva a riempire quel vuoto. Poi, sei arrivato tu e quell’abisso è svanito. Non tornerei alla mia vecchia vita per niente al mondo.”

Gli sorrisi. Ero felice del fatto che lui stesse bene sull’Isola. Che fosse appagato dalla vita che conducevamo insieme: “Semmai dovesse arrivare il giorno in cui sentirai la mancanza del Mondo Esterno, tu me lo dirai, vero?”

“John…”

Gli misi un dito sulle labbra: “Ho capito che ora stai bene, ma non è detto che sarà così per sempre. Siamo sposati, Sherlock. Dobbiamo condividere e affrontare qualsiasi cosa accada insieme. Se ci dovessero essere dei problemi, non voglio che tu ti tenga tutto dentro. Devi promettermi che me ne parlerai. Va bene?”

Sherlock mi sorrise: “Come lei comanda, mio signore.” Sussurrò con voce bassa. Un lampo divertito attraversò i suoi occhi chiarissimi, illuminati da un raggio di luna. Mi girò sul schiena, mettendosi a cavalcioni sopra di me. Sentivo il suo membro già semi duro premere contro il mio. Si abbassò su di me, appropriandosi delle mie labbra. Ogni discorso sul Mondo Esterno fu cancellato dalla mia mente. Non rimase altro che Sherlock. E il suo corpo.

 

La pace, però, non durò a lungo. Trascorsero solo alcune settimane. Un pomeriggio, Sherlock stava facendo i compiti con Mycroft e Greg, mentre io stavo dando la merenda a Will, quando sentimmo bussare alla porta. Sherlock ed io ci scambiammo uno sguardo interrogativo. Non stavamo attendendo nessuno.

“Avanti,” dissi, in direzione della porta.

Con nostra sorpresa, fece il suo ingresso Ron Lovegood, il segretario personale di Severus McGranitt. Basso e magrissimo, con capelli color cenere tagliati cortissimi e piccoli occhi cangianti fra il verde e l’azzurro. Salutò con un cenno del capo Sherlock e si diresse verso me. Il vecchio mago continuava a provare una certa diffidenza nei confronti di mio marito, perché suo figlio era uno degli Omega morti a causa di Charles Augustus Magnussen. Per quanto Sherlock avesse tentato di aiutarmi a fermare Magnussen, Ron associava il suo essere un Alfa con la morte del figlio.

“Benvenuto, Ron. Posso aiutarti in qualche modo?” Chiesi, con un sorriso.

“Siete stati convocati al cospetto del Presidente del Consiglio degli Anziani, il magnifico Severus McGranitt,” rispose Ron, pomposamente.

“Entrambi?” Domandai, senza riuscire a nascondere la sorpresa. Era già insolito che fossi chiamato io, ma la richiesta della presenza di Sherlock poteva essere considerata quasi straordinaria.

“È ciò che ho detto,” ribatté Ron, con un puntiglio leggermente irritato.

“Il tempo di portare i bambini da mio padre e saremo da Severus,” confermai, prima che Sherlock potesse intervenire e offendere il molto suscettibile Ron.

Con un altro cenno del capo, l’uomo se ne andò, chiudendosi dietro la porta. Sherlock ed io ci scambiammo uno sguardo sorpreso e curioso.

 

Nel giro di neanche mezz’ora, eravamo nella sala d’attesa dell’ufficio di Severus. La porta si aprì e ne uscirono Alastor e Cornelius Diggory, con un’espressione addolorata sul viso. I due uomini erano più o meno coetanei di mio padre. Ci salutammo in tono dimesso. Immaginavo che cosa potesse essere accaduto e mi dispiaceva per loro.

“Entrate pure,” ci invitò la voce cordiale di Severus.

Entrammo nello studio dell’anziano mago, che si alzò per stringerci la mano: “Grazie per essere venuti con così poco preavviso,” ci salutò McGranitt, con un sorriso cordiale.

“Siamo molti curiosi di sapere in che cosa possiamo esserti utili. Nella sala d’attesa abbiamo incrociato i Diggory. Horace è morto?”

Severus sospirò: “Sì, si è spendo stanotte. Ora è in pace.”

“Mi dispiace per la perdita dei Diggory. Sono simpatici. Non ricordo di avere conosciuto questo Horace. Era molto anziano?” Intervenne Sherlock.

“Direi proprio di sì. Con i suoi 362 anni, era l’Omega più anziano del’Isola,” rispose Severus.

Sherlock lo fissò a bocca aperta, incredulo: “362… anni?”

McGranitt inclinò la testa canuta, mentre un sorriso divertito gli allungava le labbra: “Lo sai che l’incantesimo che protegge l’Isola ha come effetto collaterale la dilatazione del tempo. Contiamo gli anni  con l’alternarsi delle stagioni, ma quando qui sono passate tutte e quattro, da voi si sono alternate per almeno tre volte.”

“Quanti anni hai?”  Mi domandò Sherlock a bruciapelo.

Io alzai gli occhi al soffitto ed evitai di rispondere: “In che cosa possiamo essere utili?” Chiesi di nuovo, ignorando la domanda di mio marito.

“Vuoi dire che mi sono sposato con un vecchio? – insistette Sherlock – non sei più vecchio di Mycroft, vero?

“Ho bisogno che andiate in missione nel Mondo Esterno,” si intromise Severus.

Le sue parole distolsero Sherlock dal suo interesse sulla mia età. Entrambi fissammo McGranitt sorpresi. Tutto ci saremmo aspettati, tranne che ci chiedesse di lasciare la sicurezza dell’Isola. Un brivido gelido mi percorse la schiena. L’incubo si ripresentò nella mia mente con tutta la sua forza devastante.

“Perché?” Domandò Sherlock, in tono teso.

“Abbiamo perso i contatti con Sebastian Moran.”

“Avete mandato Moran nel Mondo Esterno, dopo quello che è accaduto durante la seduta del Consiglio Generale? Non avete capito che qualcuno, sicuramente un pericoloso Alfa, lo stava manipolando? Siete così incoscienti di vostro o desiderate tanto essere scoperti e imprigionati?” Sbottò Sherlock, furioso.

Io non riuscii a intervenire. Non andava bene che mio marito si rivolgesse all’Omega più importante e potente dell’Isola usando quel tono, ma non potevo dargli tutti i torti. Inoltre, non riuscivo a controllare la paura che mi aveva attanagliato il cuore.

‘Fai che non sia una premonizione,’ pregai silenziosamente.

“Capisco il tuo punto di vista e lo condividerei pure, se avessimo qualche altra possibilità di scelta. Hai notato in quanti siamo, Sherlock? Siamo appena sopra la soglia dell’estinzione. Se rinunciamo ad avere altri bambini, dovremo davvero palesarci al Mondo Esterno. È stato un rischio calcolato.”

“Calcolato male!” Sibilò Sherlock.

Gli afferrai un braccio. Dovevo essere pallidissimo, perché notai subito l’espressione preoccupata con cui mi scrutò: “Ora basta. È tardi per recriminare. L’Isola è in pericolo. Perché hai pensato a noi due?” Domandai, riuscendo controllare la voce, affinché non tremasse.

“Sebastian si dovrebbe trovare a Londra. È un luogo che voi due conoscete molto bene, nel quale potrete muovervi con facilità. Inoltre, potreste contare sull’aiuto dei vostri amici. Dovete trovare Sebastian e riportarlo all’Isola, sperando che non abbia fatto qualcosa di cui dovremo pentirci.”

Annuii. Sherlock aveva ignorato le parole di Severus, troppo preoccupato per me, persino per continuare a insultare il vecchio mago: “Stai bene?”

“Hai avuto un’altra premonizione, vero?” Mi domandò Severus, con dolcezza.

“John non ha delle premonizioni,” ribatté Sherlock, stizzito.

“Di solito no. Ne ho avuta solo una, in vita mia. Riguardava il nostro incontro e lo scontro con Magnussen.”

“Sembra che l’Isola comunichi con te, quando si sente in pericolo,” constatò McGranitt, con un sospiro.

“Andremo…”

“John! Non siamo obbligati…”

“Sì che lo siamo. – interruppi Sherlock con forza – Dobbiamo impedire agli Alfa di trovare l’Isola. Anche se temo che, stavolta, sarà molto più complicato proteggere il nostro segreto. L’altra volta si trattava di un singolo Alfa. Se davvero Sebastian è stato convinto a tradire il nostro segreto, il nostro intervento potrebbe essere del tutto inutile.”

“Speriamo di no, John. – sussurrò Severus, in tono grave – Speriamo di non esserci mossi troppo tardi. Speriamo di riuscire a proteggere i nostri figli dagli Alfa, fino al giorno in cui capiremo che possiamo fidarci di loro.”

Non c’era molto che potessimo aggiungere. Non aveva senso recriminare. Dovevamo di nuovo avventurarci nel Mondo Esterno, sperare di trovare il nostro nemico e di riuscire a sconfiggerlo.

Con un immenso peso sul cuore, Sherlock ed io tornammo a casa, per prepararci alla missione. Non assistemmo alle esequie di Horace Diggory. Il giorno dopo, Londra ci accolse, con la sua umida nebbia, che nascondeva alla vista le persone e gli edifici.

 

 

 

 

Angolo dell’autrice

 

Così John e Sherlock lasciano l’Isola, per andare alla ricerca di Sebastian Moran. Nel prossimo capitolo faranno la loro comparsa Mycroft e Greg, gli unici alleati su cui i nostri potranno contare.

 

Grazie a chi stia leggendo il racconto.

 

A giovedì prossimo.

 

Ciao.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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