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Autore: mercutia    03/08/2021    1 recensioni
L'esperienza in Caerdicca Unitas ha cambiato Imriel, ma ha solo parzialmente rimosso la tensione dal suo rapporto con Phèdre. Per quanto sia felice di riaverlo a casa, a pochi mesi dal suo ritorno è chiaro che ancora tra loro esistano questioni in sospeso, attriti spinosi e ingombranti che solo una persona al mondo dice di poter dissipare. Con questa promessa Mélisande Shahrizai rientra improvvisamente nella vita di Phèdre, proponendole un patto controverso per quanto irrinunciabile.
A dodici anni di distanza la prescelta e l'erede di Kushiel si ritrovano faccia a faccia: chi delle due avrà la meglio nel loro eterno duello d'amore e d'odio?
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La storia è narrata dal punto di vista di Phédre anche se si colloca nella seconda trilogia, per la precisione dopo "Il sangue e il traditore", di cui però ignora il finale in cui Imriel decide di leggere le lettere di sua madre.
[fanfiction Phédre/Mélisande]
[piccoli spoiler fino a "Il sangue e il traditore"]
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Imriel nó Montrève de la Courcel, Joscelin Verreuil, Mélisande Shahrizai, Phèdre nó Delaunay, Ysandre de la Courcel
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Bondage
Capitoli:
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Stavo ancora fissando la porta da cui era uscito Marcel con gli inviti quando Mélisande mi chiese di Imri.
«Davvero non vuoi dirmi cosa ti ha detto?»
Con estrema lentezza mi girai verso di lei e la guardai muta. Poi mi alzai dallo scrittoio e raggiunsi la poltrona. Allora le raccontai tutto: il disappunto e la preoccupazione con cui aveva accolto la notizia che io stavo coprendo un'esiliata, le perplessità con cui aveva commentato la richiesta dell'incontro e l'idea della festa, la reazione rabbiosa alla scoperta che io avrei passato la notte con sua madre e infine quello stupito schiaffo che aveva rischiato di trasformarsi in un'orribile mostruosità. 
«E non era la prima volta che accadeva» aggiunsi con un nodo alla gola che si ingrossava fino a rendermi difficile parlare «Era successo anche prima che partisse per Tiberium. Era di ritorno da Casa Valeriana.»
Mélisande ascoltò ogni parola senza fiatare, né mutare minimamente espressione. Rimase in silenzio quando conclusi, i suoi occhi erano su di me, ma non mi guardavano. All'improvviso si alzó e si portó alla finestra dandomi le spalle. Quando cominciò a parlare non lo fece per commentare quanto le avevo detto. 
«Ha letto le mie lettere?» chiese invece. 
Con rammarico dovetti dirle di no, lei non reagì in alcun modo visibile, se non facendomi altre domande su di lui, così capillari e precise da farmi capire quanto da vicino le sue spie ci dovevano osservare da sempre. Nulla di quanto le riportai sembró stupirla o turbarla, raccolse ogni informazione con imperscrutabile calma, fino a quando si giró verso di me, sulle labbra un sorriso che faticavo a decifrare. 
«Ti ringrazio, Phèdre» disse, per poi avanzare nella mia direzione. 
«Non ho mai avuto dubbi che con te Imriel avrebbe avuto tutto ciò di cui un bambino prima, un ragazzo poi, avrebbe avuto bisogno. Sapevo che saresti stata la persona più adatta anche a lenire le sue ferite, perché lo avresti compreso più di chiunque altro. Temo che nemmeno io, sua madre, avrei potuto fare di meglio.»
Si fermó davanti alla poltrona su cui sedevo, incombendo sopra di me ed eclissando la luce che proveniva dalla finestra. 
«Ora però Imriel è un uomo. Ed è uno Shahrizai.»
Si chinó, poggiando le mani sui braccioli. Io mi feci indietro d'istinto, fino a sbattere contro lo schienale. 
«Hai sempre saputo che sarebbe giunto questo momento. Lo hai sempre temuto. Lo so. Lo lessi nel tuo sguardo già quel giorno, nella mia cella al Tempio di Asherat.»
Come allora, mi bació. Io chiusi gli occhi e fu come tornare indietro nel tempo, a quel preciso momento. Mi ritrovai immersa nelle stesse sensazioni, il suono della fontana, il profumo di incenso, il tocco delle sue labbra, morbido, voluttuoso. Troppo breve. Con lentezza riaprii gli occhi, confusa, udendo un vago lamento provenire dalla mia stessa gola.   
«Ora Imriel è anche questo. Come pensavi di affrontarlo senza di me?»
Annaspai per la vicinanza del suo volto che, distante un soffio dal mio, mi occupava l'intero campo visivo. 
«Io… » boccheggiai. 
«Ora sono io la sola che può capirlo a fondo, la sola che può condurlo lungo la via che teme e al tempo stesso desidera percorrere.»
«Non… Non dovete più convincermi, Mélisande» riuscii a dire con un filo di voce «Vi ho… »
«Hai ancora paura, Phèdre. Hai ancora delle riserve. Ancora non ti fidi della mia parola.»
D'istinto le posi una mano sul petto e feci forza per sospingerla via da me: non riuscivo a parlare avendola così vicina, a fatica riuscivo a ragionare. Osservó la mia mano con curiosità, quindi si lasció spostare leggermente, ma non si sollevò. 
«Come… Come potrei non avere timori? Siete rientrata all'improvviso nella mia vita dopo essere scomparsa per dodici anni. Vi siete presentata al solo scopo di vedere e aiutare Imriel, a quanto dite, a quanto giurate. Ma per farlo avete architettato un piano perfettamente congegnato, inattaccabile, in cui tutto è già deciso e prestabilito da voi, un piano che non mi concede tempo per riflettere e in cui avete già previsto tutto, comprese le condizioni che avrei posto per accettare. Come potrei non avere timori?»
Sorrise lievemente e scosse la testa. 
«Ho messo in gioco la mia stessa vita per essere qui, per realizzare il solo desiderio che mi resta. Al posto mio, Phèdre, tu avresti lesinato con le precauzioni?»
Non mi diede il tempo di rispondere, continuó calma ma risoluta. 
«Non c'è nulla al mondo cui io tenga di più di Imriel e non ho certo intenzione di veder sfumata la mia sola occasione di stare con lui per aver trascurato un dettaglio. 
Sì, Phèdre, il piano è perfettamente congegnato, ho impiegato mesi per studiarlo e metterlo in atto. Ho previsto tutto, immaginato ogni scenario, calcolato ogni possibile impedimento e sai perché? Perché non avrei potuto fare altrimenti. Dimmi, tu avresti agito diversamente?»
Imprigionata sotto il giogo del suo sguardo, mi limitai a scuotere la testa. 
«Immaginavo anche questa tua resistenza. Immaginavo che sì, avresti accettato la proposta, ma conservando dubbi, scrupoli, paure fino alla fine. E questo sarebbe un vero peccato.»
Si prese una pausa in cui mi osservó con aria triste, malinconica direi. 
«Ricordi, Phèdre, la prima volta che ci siamo incontrate?»
Le gettai un'occhiata, sorpresa da quella domanda. 
«Sì che la ricordo.»
Come avrei potuto scordarla? Non ci sarei riuscita nemmeno se l'avessi voluto. 
Con una mano percorse il mio collo fino a prendere il mento per sostenere il mio viso e guardó l'iride trafitta dal dardo di Kushiel con la stessa meraviglia di allora. 
«Eri poco più di una bambina. Una anguissette, sì, un'autentica anguissette, quasi una figura leggendaria. Per quanto vederti mi lasció sbalordita ed entusiasta, allora in te non vidi che il più speciale dei giocattoli con cui mi sarei potuta divertire. Ero ben lungi dal capire ciò che quella bambina sarebbe divenuta, ciò che tu saresti stata per me, ciò che da quel momento in poi avrebbe legato le nostre vite in modo inscindibile. Non mi accorsi, allora, di quanto quell'incontro avrebbe cambiato il mio destino, che quel momento fosse l'inizio di una storia lunga una vita. Davvero, non mi resi conto di nulla di tutto ciò. 
Ora invece so perfettamente che siamo giunte all'epilogo.»
Tacque cercando la reazione dei miei occhi a quella parola, spostando al contempo la mano ad accarezzarmi con le dita e le unghie la guancia sinistra. Esattamente come aveva fatto quel giorno. E all'improvviso sentii i miei occhi irrorarsi di lacrime. 
«Domani, Phèdre, domani notte metteremo fine a tutto ciò che allora ebbe inizio. Questa volta so che potrò saggiare per l'ultima volta la sacralità dell'estasi che può esistere soltanto tra me e te, prescelta ed erede del divino sangue di Kushiel. Questa volta pretendo sia perfetto. Non ho intenzione di risparmiarmi nulla. Tu? Tu davvero vuoi lasciare che l'ostinata ricerca di una trappola inesistente ti trattenga dal concedere tutta te stessa a ciò che ci attende?»
Le sue dita strisciarono sul mio zigomo giungendo tra i capelli, il suo viso si riavvicinó al mio. 
La baciai. 
Mélisande si ritrasse appena. 
«Era la risposta alla mia domanda?» sussurró divertita, solleticandomi le labbra con il respiro tanto mi era ancora vicina. 
Io non riuscivo a muovermi: le sue parole erano riuscite ad angosciarmi ed eccitarmi allo stesso tempo. La mia imbarazzante mancanza di autocontrollo ne era stata il risultato. 
«Vi… Vi chiedo scusa.»
Rise, poi finalmente si sollevò fino a ergere di nuovo sopra di me. 
«Seriamente, Phèdre, domani voglio che tutto sia perfetto, tu compresa. Ho bisogno che tu metta da parte scrupoli e paranoie. Devi fidarti di me, altrimenti il gioco tra noi non può funzionare.»
Io ero ancora immobile, appoggiata allo schienale a osservare, dal basso della mia posizione, tutta la sua statuaria bellezza, mentre mi risuonava nelle orecchie l'eco delle sue parole e non riuscivo a liberarmi della sofferenza che mi davano. 
Domani notte metteremo fine a tutto ciò che allora ebbe inizio.
«C'è altro che posso fare per dissipare le tue paure?»
Ancora un giorno e le avrei detto addio. Ancora un giorno e io stessa avrei decretato l'epilogo di tutta la nostra storia, avrei spezzato per sempre quel legame unico. 
«Chiedimi tutto ciò che ti… »
«Elua, Mélisande, come potete essere tanto serena? State andando incontro a… Elua! Io nemmeno riesco a dirlo! E voi ve ne state placida a curarvi solo del fatto che io non rovini il vostro piano perfetto!»
Non replicó subito, restó invece ferma e impassibile a guardarmi dall'alto. Poi avvicinó una mano al mio volto, lo percorse con il dorso su un lato dal basso fino a infilare le dita tra i miei ricci, giocarci un po' per poi stringerli, ma senza troppa forza. I suoi occhi sembravano compatire la pena che vedevano nei miei. 
«Ho intrapreso questo viaggio consapevole di tutto ciò che significava. Sono mesi che preparo questo commiato. Io sono pronta, Phèdre.
Tu no, lo vedo. 
È forse questo che ti spaventa?»
Lasció la presa sui miei capelli e con un dito scese lungo il profilo del mio volto fino a raggiungermi le labbra. Ne seguì tutto il bordo con delicatezza, portandomi a dischiuderle senza che nemmeno me ne rendessi conto. 
«È stata una decisione sofferta anche per me, ma era necessaria. A darmi la pace è proprio la consapevolezza di poter realizzare il desiderio di rivedere Imriel» con due dita giocó a graffiarmi lieve il labbro inferiore, poi la punta della lingua che le avvicinai «E riavere te, ancora un'ultima volta.»
Ritrasse la mano nel momento in cui stavo per prendere in bocca le sue dita. 
«Il tuo corpo continua a rispondere con impazienza. La tua mente, Phèdre, che intenzioni ha?»
Non risposi. Attesi di tornare del tutto in me, di riconquistare la mia completa lucidità, poi le chiesi di rivedere insieme ogni minimo particolare del giorno seguente, da quando io, Imriel e Joscelin saremmo partiti da casa. Volevo in realtà rientrare al più presto per sistemare le ultime cose, parlare con Joscelin e con Imriel, dopo lo striminzito messaggio in cui avevo comunicato loro che dovevano essere pronti per l'indomani, ma d'altro canto quella era l'ultima opportunità che avevo per riesaminare tutto, porre eventuali altre condizioni e tornare anche alla villa di Sigàn prima che fosse troppo tardi. Fu Marcel ad accompagnarci, poi, sola con Mélisande, ripercorsi ogni anfratto del palazzo, accertandomi, tra le altre cose, che tutto fosse come lo avevamo visto alla visita precedente. 
Fu così. 
La villa era identica, non un solo oggetto era stato aggiunto, sottratto o spostato, tranne che nella stanza in cui avrei passato la notte con Mélisande. O almeno così credetti. Stavo ispezionando la camera, con la cautela a cui mi costringeva il timore che avevo di farmi trascinare dalla mia lussuriosa fantasia, quando Mélisande si sedette sulla poltrona dalla quale mi avrebbe torturata la notte successiva e iniziò a giocherellare con le catene a cui mi avrebbe legata. Sono certa che lo fece di proposito, come se ci fosse stato bisogno di infierire sulla mia evidente vulnerabilità, per questo mi sforzai di non badare a lei e ci riuscii finché vidi, attraverso il riflesso dello specchio accanto a me, che teneva in mano un collare collegato a una delle catene. 
«Quello l'altra volta non c'era» l'accusai continuando a guardarla attraverso lo specchio. 
Lei sollevó le sopracciglia stupita. 
«Questo?» domandó sinceramente incredula. 
«Ricordo che c'erano legacci per i polsi e le caviglie… »
«E per il collo» mi corresse «Te lo garantisco.»
A quel punto si alzó e mi raggiunse ponendosi dietro di me. Io restai ferma come una sciocca ad aspettare l'ovvio e, Elua, me ne rendevo persino conto! 
«Di tutti i legacci, avrei mai potuto dimenticare proprio quello per il tuo collo, mia cara?» bisbigliò al mio orecchio, mentre le sue mani stringevano lente il collare attorno alla mia gola e i nostri occhi mantenevano il contatto visivo attraverso lo specchio. Chiuse la fibbia sorridendomi, le sue mani sparirono dietro la mia schiena, con un braccio mi cinse la vita, poi restammo immobili a fissarci. 
All'improvviso il collare mi tiró da dietro strozzandomi il fiato. La ferocia del suo sguardo fu la sola cosa capace di penetrare la foschia cremisi che mi ottenebró. 
«È sempre stato qui, Phèdre» sussurró a denti stretti «pronto all'uso.»
Di scatto rilasció la catena, io ansimai barcollando leggermente in avanti sostenuta dal suo braccio. 
«Non sei più l'osservatrice acuta di una volta?»
Attese che mi riprendessi e che il mio respiro tornasse regolare, poi lasció la presa alla mia vita, le sue mani ricomparvero sulle mie spalle ad aprire la fibbia e io fui libera. E visibilmente delusa. Sorrise. 
«Scusami, non volevo distrarti. Riprendi pure la tua ispezione.»
Mi voltai e le presi il collare dalle mani. 
«Davvero è sempre stato qui?»
Annuì facendo spallucce e io sentii lo stomaco contrarsi ancora una volta per la paura: non ero in me, non ero lucida e capirlo, invece di farmi rinsavire, mi eccitava. Che diamine stavo facendo? 
«Ti senti bene, Phèdre?»
«Voglio… Devo tornare a casa.»
Quasi fuggii da quella stanza, poi camminai svelta fino all'uscita. L'aria fresca all'esterno mi giovó, presi un lungo respiro, quindi sorrisi distrattamente all'inchino di Marcel. 
«Accompagna la contessa alla sua tenuta.» disse la voce di Mélisande dietro di me «Io ti attenderò qui.»
Senza badare alle buone maniere, non mi girai nemmeno a salutarla, ma mi avviai verso la carrozza, desiderosa solo di allontanarmi da lei per riuscire a riflettere ancora una volta, in pace. 
«Phèdre.»
Come ogni dannata volta, il semplice suono della sua voce che proferiva il mio nome schioccó come il più perentorio dei comandi. Mi bloccai. Riuscii tuttavia a non voltarmi. 
«Hai solo bisogno di riposo» disse posandomi leggera le mani sulle spalle «Stai sprecando tutte le tue energie in una vana ricerca e in una ingiusta lotta contro te stessa. Riposa questa notte e lascia che io mi prenda cura di te domani.»
Mi divincolai senza replicare, salii in carrozza e attesi solo di potermi rifugiare nel solido abbraccio di Joscelin.




Note dell'autrice
E al decimo capitolo direi che ci sta palesarmi di nuovo e lo faccio per 3 motivi.
Innanzitutto giubilo perché finalmente è uscito allo scoperto un lettore! Carissima DubheFedra, lascia che ti ringrazi anche qui per avermi scritto e avermi fatto sapere che ci sei.
Punto secondo, rinnovo e sollecito chiunque altro a seguire il suo esempio e spendere un minuto per lasciare un commentino. Mancano solo 5 capitoli, dai ditemi che ne pensate della storia finora.
Infine volevo lanciare un appello: cercasi qualcuno che mi aiuti a tradurre la ff in inglese. Requisito fondamentale: aver letto la saga in lingua originale così da mantenere aderenza con il linguaggio dell'autrice.

Ad ogni modo, anche se ti ostini a non scrivermi, comunque grazie per aver letto fino a qui.

   
 
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