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Autore: JAPAN_LOVER    03/08/2021    1 recensioni
Gregor Startseva è il giovane allenatore di 34 anni della nazionale maschile di pallavolo, con una lunga serie di successi alle spalle.
Proprio mentre è intenzionato a godersi le meritate vacanze estive, all'indomani di un trionfo che è valso ai suoi ragazzi la medaglia d'argento, viene convocato dalla Federazione sportiva per un nuovo incarico: guidare ai mondiali 12 ragazze a una settimana dagli esordi.
Tra numerosi punti oscuri e mille difficoltà, deve imparare a gestire una squadra di ragazze che non conosce. A suo modo, ognuna gli darà del filo da torcere e, in particolare una, Lucia, la capitana, rivelerà nutrire un'inspiegabile avversione nei suoi riguardi.
La medaglia è fuori dalla portata di mano, ma riuscirà Gregor a domare le sue 12 leonesse e a tornare a casa, senza rovinare molto la sua luminosa carriera?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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UN UOMO
(Terza parte)

 
GREGOR
 
Senza che me accorgessi, le interviste si sono protratte per tutta la mattinata. Arrivo in hotel trafelato, dando un’ultima occhiata all’orologio al mio polso che segna ormai le 14:57. Sospiro, giusto in tempo per la videochiamata con Pandolfi, il mio vecchio coach!
Raggiungo l’ampia sala a noi riservata al pianterreno, dove Paolo mi sta già aspettando, e vengo accolto dal solito baccano delle mie chiassose ragazze.
“Finalmente sei riuscito a liberarti! Com’è andata con gli avvoltoi?” esordisce Paolo, già piazzato immancabilmente davanti al computer.
“Lasciamo stare – sospiro stancamente – le solite domande insidiose e indiscrete, ma niente che non avessi messo in conto!”
Prima di prendere posto accanto al mio collega, saluto le ragazze già pronte e posizionate in semicerchio davanti al computer.  Con una nota di disappunto, mi accorgo subito che manca ancora qualcuno all’appello.
“Dov’è Lucia? E Cristina...?”
“Non lo so, ma sono le 15,00 – avvisa Paolo, apprensivo – vi ricordo che in Italia sono avanti di 8 ore, quindi adesso saranno le 23,00 in punto…non possiamo tardare troppo!”
“Coach, è arrivata Cris!” sussulta Rossella, puntando il dito verso la porta in cui si è appena materializzata la compagna.
“Finalmente, eccone una – osservo, incalzando subito la ritardataria – Cristina, dov’è Lucia?”
La ragazza dalla carnagione olivastra prende posto fra le sue amiche davanti all’occhio della webcam.
“Non lo so, coach!”
“Come sarebbe a dire che non lo sai? È la tua compagna di stanza!” inarco un sopracciglio, del tutto allibito.
“Non lo so davvero, in camera con me non c’era”
Estraggo dalla tasca il cellulare e compongo in numero di Lucia.
Cosa sta combinando stavolta quella peste?
Il telefono squilla a vuoto, finché non risponde la segreteria telefonica in lingua giapponese.
“Greg, non abbiamo molto tempo…” il mio amico ha perfettamente ragione.
Qualcosa dentro di me mi suggerisce che Lucia non si sarebbe presentata a questo incontro.
“Procediamo!” concludo, ripromettendomi però di vederci chiaro.
Nel giro di pochissimi attimi, Paolo ci mette in collegamento con il nostro ex allenatore. Subito appare sullo schermo la figura di un uomo sulla sessantina d’anni, con il volto segnato qua e là da qualche ruga.
Pandolfi è una vecchia gloria, non sembra cambiato poi molto dai tempi in cui mi allenava nella Milano volley, con quella sua aria severa rasa ancora più austera dalla sua precocissima alopecia.
Ha vinto molto sia nei club in cui ha militato che con la nazionale, ottenendo un sacco di riconoscimenti nella sua straordinaria carriera. Severo, rigoroso, sprezzante: con lui non ricordo mai un sorriso o una pacca sulla spalla. Come allenatore non era avvezzo a nessun tipo di incoraggiamento o gratificazione, se non quando pienamente soddisfatto per l’obiettivo raggiunto. a
“Buonasera, coach! Ci vede tutti?” saluta Paolo, sistemando il pc in modo da renderci tutti visibili agli occhi del nostro interlocutore.
“Buonasera, vi vedo e vi sento forte e chiaro!” assicura affabilmente l’uomo.
“Coach!!”
“Come sta?”
“Che fine aveva fatto?”                          
“Si sente meglio?”
Queste sono le ragazze, giustamente preoccupate per l’uomo che, finché ha potuto, le ha allenate proprio in vista di questa competizione. Cerco di non dimostrarmi scioccamente geloso dell’affetto che le sue atlete gli riservano, in fondo è Pandolfi che ha creato dal nulla questa squadra e ha tirato su queste giovanissime ragazze. Una buona parte del merito della riuscita di questo campionato è sicuramente destinata a lui.
“Adesso sto molto meglio ragazze, scusate se sono sparito senza nemmeno avvisare – sospira l’uomo – ma il medico mi aveva fatto preoccupare molto sulle mie condizioni, sulle quali preferisco mantenere ancora un po' di riserbo!”
“Le auguriamo tutti una pronta guarigione, coach!” mi concedo di parlare a nome di tutti i presenti.
“Ti ringrazio molto Gregor, anche per l’ottimo lavoro che stai svolgendo. Sto seguendo con attenzione tutte le partite e sono davvero contento di come state affrontando la gara! – osserva, con orgoglio – ci tenevo molto a congratularmi con ciascuno di voi e augurarvi il mio più grande in bocca al lupo per le prossime partite!”
“Grazie, coach!”
“La renderemo orgogliosa!”
“Porteremo a casa la medaglia anche per lei!”
Io e Paolo sorridiamo davanti al genuino entusiasmo di queste ragazze, che si congedano una alla volta davanti allo schermo prima di tornare di sopra nelle rispettive stanze.
“Grazie ancora di tutto, coach Pandolfi! Le ragazze sono state contente di vederla” saluto, ormai in chiusura.
“Cercheremo di renderla fiero!” Paolo si unisce al commiato.
“Grazie a voi due, per avermi concesso di salutare un’ultima volta le mie atlete, ci tenevo molto – confida – è stato difficile abbandonarle così su due piedi!”
“È del tutto comprensibile!” assicuro.
“Tra una chiacchiera e l’altra, qui si è fatto tardi, eh eh! – ridacchia l’uomo – è giunto ormai il tempo, per una vecchia guardia come me, di congedarmi e lasciare posto a vuoi giovani. Non mi resta che augurarvi un grosso in bocca al lupo, ragazzi!”
Chiudiamo la videochiamata soddisfatti del colloquio e del risultato ottenuto oggi contro la Repubblica Dominicana.
Siamo rimasti soli, io e il mio amico Paolo. Lascio di buon grado che sia lui a scollegare tutti i cavi e risistemare la sala, così da lasciarla ordinata così come ci è stata consegnata.
Un brontolio proveniente dallo stomaco mi ricorda che ancora non ho neanche pranzato. Così mi adagio comodo sulla sedia e incrocio le mani dietro la nuca, concedendomi finalmente il meritato riposo dopo una mattinata ricca di grandi eventi e forti emozioni.
“Pandolfi non è cambiato affatto da quando allenava noi, vero?” sorrido al mio amico, che ha avuto occasione di collaborare insieme a lui per ben due stagioni.
“Severo, burbero, esigente… intransigente – sospira lui, divertito – nah, non è cambiato di una virgola!”
Scoppio a ridere davanti all’impietoso paragone che avranno fatto le ragazze, vendo arrivare uno sbarbatello come me dopo un allenatore della portata di Pandolfi, che decisamente appartiene alla vecchia scuola.
“Anche con noi ci andava giù pesante quando allenava ancora nei vari club della serie A – ridacchio – sempre molto rigoroso, non gli sfuggiva mai niente!”
“Chissà cosa avrà avuto, sicuramente qualcosa di importante per lasciare la squadra dall’oggi al domani, spero nulla di troppo grave – conviene il mio amico, prendendo posto accanto a me e dandomi una pacca sulla spalla – certo che non è da lui, non si è nemmeno accorto che mancava Lucia. È stato lui a volerla fortemente in squadra come capitano!”
Lucia…
Mi tornano alle mente i ricordi di quando sono approdato nella squadra, quando negli occhi di quelle ragazze potevo leggere curiosità, titubanza, perplessità, mentre negli occhi di Lucia percepivo qualcosa di profondamente diverso, diffidenza…quasi astio.
Scatto in piedi come una molla, come se la sedia che mi ospita fosse diventata improvvisamente rovente.
“Greg…? Che ti prende?”
“Niente – lo rassicuro, poco convinto – ho dimenticato di fare una cosa…ci vediamo fra poco!”
Mi dispiacere abbandonare nella sala ormai vuota un Paolo solitario e perplesso, ma devo affrontare da solo questo confronto. Uno strano presentimento mi conduce ai piani di sopra, da quella splendida, testarda ragazza che per me rimane ancora un mistero. Sento che c’è qualcosa che mi sfugge in questa faccenda e che, in qualche modo, la chiave di volta ce l’ha proprio lei.
Busso piano alla porta della sua camera, assalito da mille scrupoli che ormai non mi resta che mettere da parte.
“Avanti!” la voce di Cristina giunge nitida dall’interno.
Forse lei non c’è davvero, forse questi dubbi esistono sono nella mia testa, ma ho promesso di vederci chiaro ed è quello che ho intenzione di fare.
Apro la porta con discrezione, sorvolando sul fatto che non fosse chiusa dall’interno, e trovo Lucia e Cristina ciascuna distesa a gambe incrociate sul proprio letto.
“Coach!” sussulta la mora, balzando seduta come se avesse visto un fantasma.
Lucia spalanca gli occhi, con lo stesso stupore dell’amica. Chiaramente nessuna delle due si aspettava una mia visita.
“Cristina… – intimo alla mia atleta, incrociando le braccia sul petto – posso chiederti di lasciarci soli un attimo? Ho bisogno di parlare con la tua compagna”
Cerco il più possibili di mantenere le dovute distanze professionali. Non sono certo che Lucia sia riuscita a tenere il segreto con la sua amica, ma adesso di questo poco mi importa.
Cristina cerca disperatamente gli occhi di Lucia, che la ricambia con poca convinzione.
“Cristina, non è una richiesta di cortesia…”
“Sì, coach!” sussulta lei, infilandosi immediatamente le pantofole prima di defilarsi.
Come prevedibile che sia, appena rimaniamo soli nella stanza scende il più completo silenzio. Lucia si tira su con i gomiti e si siede sul letto, stringendosi al petto un cuscino con cui sembra volersi fare da scudo. La sua figura alta e slanciata sembra chiudersi a riccio, farsi improvvisamente minuta come una bambina.
Decido quindi di prendere in mano la situazione, cercando di superare il nervosismo che aleggia tra noi. Distendo le braccia e i pensieri e sospiro placidamente, mentre mi avvicino con cautela al suo letto.
“Non sei venuta all’incontro con Pandolfi!” osservo.
“Mi ero addormentata…”
“Ah sì? – alzo gli occhi al cielo – almeno concordatele insieme le bugie con Cristina!”
“…”
Prendo posto accanto a lei e punto le mie iridi grigie nelle sue nocciola, che proprio non riescono a reggere il confronto con i miei occhi.
Cerco di non dimenticare chi è la ragazza che ho davanti: Lucia, la donna che amo, ma anche la capitana della mia squadra e che per tanto ha delle responsabilità. Nonostante i baci che ci siamo scambiati e l’intimità che abbiamo condiviso, mi sforzo il più possibile di mantenere toni professionali. 
“Sai che non posso fare particolarità – le ricordo – se non mi dai una valida spiegazione per il tuo comportamento, sarò costretto a prendere dei provvedimenti!”
Lucia spalanca gli occhi e si volta a guardarmi, quasi terrorizzata.
“Mi sospenderai la maglia?”
Santo cielo, come fa a pensare davvero che proprio in questo momento possa toglierle la maglia da titolare?  Cerco allora di fare appello alla ragazza responsabile e ragionevole che ho scoperto in lei.
“Lucia, ormai ti conosco, so che non fai niente per caso – le stringo le mani nelle mie, costringendola così ad abbandonare quello sciocco cuscino – voglio solo sapere cosa ti passa per la testa!”
“No…” esala, abbassando la testa.
“Perché questo pomeriggio non ti sei presentata? Anche la sera in cui Pandolfi ha telefonato, sei fuggita via – frammenti di ricordi continuano a tornarmi alla mente come pezzi di un intricatissimo puzzle – in quel momento ho supposto che fosse a causa mia, ma adesso non ne sono più affatto sicuro!”
Le mie parole rimangono lì, fra noi si innalza ancora una volta un incomprensibile muro, ancora un assurdo silenzio. Io, però, non ho nessuna intenzione di mollare la presa neanche di un millimetro.
“Qualsiasi cosa sia successa fra te e Pandolfi – perché ormai so per certo che qualcosa di importante fra loro deve accaduto – ti prometto che non inciderà sulla totale fiducia che ho riponendo in te, ma ho bisogno di sapere!”  
Lei scuote la testa con forza, negandosi e negandomi ancora una volta la verità.
“Per favore…” mi supplica.
Questa volta rimango deluso, perché trovo davvero assurdo che con me riesca ad aprirsi. Non si tratta semplicemente di una mancanza di rispetto nei confronti di un allenatore che ti sta chiedendo delle spiegazioni, ma anche di una totale mancanza di fiducia nei confronti della mia persona. Con Lucia mi sono aperto, mi sono esposto, mi sono reso vulnerabile e lei probabilmente non si è neanche accorta di tutto la fiducia che le ho concesso.
“Sai Lucia, speravo che la verità venisse fuori dalle tue labbra – sospiro con rammarico – in questo modo mi costringi a chiedere spiegazioni direttamente al tuo vecchio coach!”
Mi alzo e mi dirigo verso la porta con profondo dispiacere.
“Noo!”  dalla sua bocca fuoriesce un rantolo.
Prima ancora che la mia mano giunga maniglia, con grande sorpresa Lucia mi raggiunge e mi stringe da dietro le mie mani attorno alla mia vita.
Sospiro profondamente senza muovere nessun altro muscolo, finché improvvisamente sento singhiozzare e avverto qualcosa inumidirmi la schiena.
Mi giro e l’abbraccio forte, rendendomi conto di essere stato forse troppo duro.
“Hey…” le sussurro asciugandole le lacrime con i pollici e baciandole la fronte con estrema tenerezza.
“Mi dispiace – esala, mortificata – non posso dirtelo, non si tratta solo di me…”
Le afferro il viso tra le mani, ancora rosso e frastornato dalle lacrime.
“Puoi dirmi tutto, lo sai – e lo ammetto senza remore – non sono solo il tuo allenatore, sono il tuo uomo”
La vedo mordersi le labbra e combattere contro sé stessa fino all’ultimo, fino a un attimo prima di capitolare.
“Si tratta della nostra compagna…” sussurra, senza riuscire a smettere di piangere.
Le concedo tutto il tempo per cercare di calmarsi.
Non ho mai visto Lucia così stravolta, cosa diavolo deve essere successo prima che arrivassi? Realizzo di essere addentrato in un campo minato, in qualcosa di veramente molto grosso, sicuramente in qualcosa più grande di queste giovanissime ragazze.
“Anna…Anna Valente, la nostra palleggiatrice – mi spiega, mentre io non smetto di stringerla e accarezzarle i biondissimi capelli – la nostra compagna è stata violentata da Pandolfi”
Sciolgo l’abbraccio per poterla guardare negli occhi, completamente sconvolto.
Pandolfi, uno dei professionisti più stimati e apprezzati a livello nazionale e internazionale, colui che mi ha allenato per anni e guidato alla conquista di moltissimi titoli, avrebbe messo le mani addosso a una delle sue atlete?
Adesso ogni tassello torna al proprio posto a ricomporre il puzzle. Pandolfi che si ritira a pochissimo tempo dai mondiali, la palleggiatrice della squadra che si dilegua nello stesso momento senza fornire alcuna spiegazione. Come ho fatto a non vedere, come ho potuto non collegare?
“Lucia, ti rendi conto della gravità di quello che mi stai dicendo?” domando, ancora incredulo alle mie orecchie.
“Sì! – replica a sua volta, con forza – adesso capisci perché non volevo dirtelo?”
“E Paolo…?” domando con il magone.
Possibile che Paolo sapesse e non abbia fatto nulla?
“Lui non sa niente, solo io e Cristina sappiamo di questa storia – mi assicura lei – Anna ci ha fatto promettere di non far parola con nessuno, non ha voluto denunciarlo quel maledetto. Credo abbia paura di affrontare un processo, Pandolfi è molto in vista”
Passo una mano sul viso stanco, ancora scosso, e mi allontano da Lucia per cercare di respirare. Un nodo allo stomaco mi impone di prendermi qualche attimo per metabolizzare quanto appena scoperto.
Sono profondamente turbato dalle rivelazioni di Lucia, il mito che ho sempre costruito attorno alla figura Pandolfi mi è crollata nel peggiore dei modi.
Mi dirigo verso la porta finestra ed estraggo il telefono dalla tasca, ma non posso procedere senza avere il consenso dalla ragazza.
“Vorrei parlare con la tua amica”
“No, Gregor…lei si arrabbierà…lei non vorrebbe…”
“Per favore, non posso fare finta di niente!” non adesso che sono al corrente di tutto questo.
Non conosco questa ragazza ma da allenatore, da uomo sento il dovere morale di fare un tentativo.
Costringo così Lucia a comporre il numero di Anna Valente. La vedo tesa, febbricitante in attesa della risposta della sua amica che tarda ad arrivare.
“Luci? Che succede?” avverto lontana ma nitida la voce della ragazza, provenire dall’altro capo.
“Scusami per l’orario, ma ascolta – questa è Lucia, comprensibilmente in difficoltà – qui c’è una persona che vuole parlare con te. Puoi fidarti di lui”
Lucia mi cerca con gli occhi, mentre vado a recuperare il suo telefono con gratitudine.
“Grazie – le sussurro, prima di rivolgermi con gentilezza alla sua amica – pronto, Anna? Sono Gregor…”
“Lei è il nuovo coach, vero?” la sua voce è giustamente sorpresa e impastata dal sonno.
“Sì, perdonaci per l’orario – tergiverso un po', sforzandomi in tutti i modi di trovare le parole giuste – ascoltami, so cos’è successo prima che arrivassi… con Pandolfi…”
“Noo…!” nella sua voce avverto tutto il dolore e tutta la paura che ancora prova.
“Credimi, posso immaginare quello che stai passando – provo in tutti i modi di sovrastare il suo pianto – ma credimi, la cosa migliore per superare tutto questo dolore è affrontarlo! non serve a nulla fare finta di niente, cercare di seppellire il dolore. Io lo so, lo so bene…!”
Come uomo non posso comprendere la sua sofferenza, ma so perfettamente cosa significhi quando il dolore prende il sopravvento sulla mente e sul fisico. Sono stato risucchiato anche io in quel vortice, e so che se non sei circondato dal sostegno delle persone giuste è difficile uscirne.
Questa giovanissima ragazza merita di riprendere in mano la propria vita, merita di tornare a stare bene.
“Non ce la faccio – la sua voce è straziante – e Pandolfi è un uomo troppo potente…”
“A questo ci penso io – le prometto – tu non dovrai fare niente… devi solo darmi il permesso di procedere per vie legali”
“…”
“Sul serio, Anna – la esorto ancora – tu supererai tutto questo, ne uscirai ancora più forte, ma non chiuderti così, non nasconderti. Chi dovrebbe vergognarsi è solo la persona che dovrebbe pagare per ciò che ha commesso e che invece la sta facendo franca.”
“…”
“Ma dipende solo da te…!”
“Va bene…”
“È un sì?”
“Sì”
“Bravissima – le sussurro dolcemente – hai preso la decisione migliore!”
Cedo nuovamente a Lucia il suo telefono e nel frattempo tiro fuori dalla tasca il mio. Mentre lascio che Lucia parli ancora un po' con la sua amica, compongo il numero dell’unica persona che può aiutarmi in questo momento.
“Greg!” mia madre risponde con apprensione, colta di soprassalto nel bel mazzo della notte.
“Sì, sto bene! Tranquilla, mamma…”
“Santo cielo! Hai idea di cosa significa ricevere una telefonata dal proprio figlio nel cuore della notte? Mi è vento un colpo, nel sonno ho completamente dimenticato il fuso orario…”
“Lo so, scusami, ma si tratta di un’emergenza – le spiego – devo sporgere una denuncia, mi serve il migliore”
La sento, nel silenzio, soppesare poco a poco le mie parole.
“Che cos’è successo?”
“Sono venuto al corrente di un episodio di violenza sessuale nella mia squadra…si tratta di Pandolfi!”
Il sospiro carico di preoccupazione di mia madre mi giunge, ma non mi smuove dal mio proposito.
“Oh, Greg – mi dice soltanto – ne sei sicuro? Ci saranno conseguenze, lo sai…”
Sorrido mestamente, perfettamente consapevole di ciò a cui sto andando incontro.
“Lo so, ma non posso fare finta di niente…”
“Sono fiera di te – la sua voce è malferma ma piena di orgoglio – domani mattina stessa telefono Maurizio Califano, lui è il migliore nelle cause relative al tuo settore!”
“Grazie, mamma!”
Appena riaggancio, la stretta di Lucia mi coglie di sorpresa. Trovo subito conforto nelle sue braccia, che mi danno tutta la forza, il coraggio e l’amore di cui ho bisogno per portare a termine la strada che ho appena intrapreso. La stringo forte al mio petto e accarezzo quei capelli che emanano un dolce profumo di pesca.
“Gregor!”
La accarezzo e le bacio dolcemente quella testolina bionda.
“Perché lo hai fatto? Perché ti sei esposto così?”
“Non potevo fare finta di niente!” ed è la verità.
Non potevo venire al corrente di un crimine così vile perpetrato all’interno della mia squadra e voltare la testa dall’altra parte. Quella ragazza merita giustizia, merita di riprendere in mano la sua vita!
“Adesso cosa succederà?” mi domanda, scostandosi quel tanto da incrociare i miei occhi ormai sereni.
“Me ne occuperò io, devi stare tranquilla per la tua amica! Non incontrerà Pandolfi, se non vorrà…” la rassicuro, in qualche modo.
“Mi riferivo a te, al tuo lavoro – geme – la pallavolo è la tua vita!”
Le sorrido con il cuore leggero e cerco in tutti i modi di rasserenala come posso.
“Ricordi che ne abbiamo già parlato? Le palestre delle scuole sono piede di giovani talenti che aspettano solo qualcuno in gradi riconoscere il proprio potenziale e indirizzarli – ridacchio – vedi? Non devi preoccuparti per me, se servirà saprò reinventarmi!”
Riesco a strapparla un sorriso tirato e tanto basta a riempirmi il cuore. La bacio, mi avvento con impazienza su quelle splendide, rosee labbra che mi sono tanto mancate. Lei ricambia, posandomi una mano sulla guancia e l’altra dietro la nuca in una tenera carezza, che mi risveglia un desiderio sopito da tempo.
La afferro per i fianchi a la sollevo con trasporto, senza volermi staccare un solo attimo dalle sue labbra. Finiamo sul suo letto avvinghiati, scambiandoci roventi baci e sensuali carezze di cui non sono mai sazio.
“Forse… forse dovremmo fermarci – provo a dire, lottando contro l’eccitazione che sta crescendo sempre di più – se dovesse tornare Cristina!”
“Non lo farà!” mi assicura lei, zittendomi con un altro bacio.
Lascio morire in bocca la mia risposta sardonica e provocatoria, mi ha appena fornito la prova che Cristina è al corrente della nostra relazione. Ingenuo io, questa volta!
“Ti amo, testolina calda!” le sussurro, invece.
Lei sorride e si stringe ancora più forte al mio petto, mentre io la circondo in un abbraccio.
“Ti amo anche io” risponde semplicemente, guardami intensamente negli occhi.
Gliela bacio e con grande fatica mi stacco dalle sue braccia.
“Purtroppo è ora di andare!”
Le lascio un tenero bacio sulla testa, prima di abbandonare la stanza, sorvolando sulla sua espressione carica di proteste e delusioni.
“Lo so – borbotta – tutto rimandato a dopo la partita!”
Ridacchio perché lei non è proprio capace di nascondere le proprie emozioni, e dai suoi occhioni nocciola traspare tutta il disappunto per il desiderio smorzato.
“L’attesa non farà che aumentare il desiderio – le prometto – e rendere poi tutto ancora più bello!”
Torna come una bimba a nascondersi dietro il cuscino, mentre io lascio la camera con il cuore incredibilmente leggero.
 
 
Ciao,
siamo alle battute finali, ormai mancano pochi capitoli, per l’esattezza 2 capitoli più l’epilogo! Che dire? Mi sono affezionata troppo a questa storia, ormai me la porto dentro da tempo e conto di portarla a termine!
Grazie per continuare a seguirla! spero inoltre che mi facciate sapere cosa ne pensate, pareri, critiche (negative o positive che siano)...così da darmi nuovi spunti su cui riflettere e migliorarmi! :)
Un grosso abbraccio,
Japan Lover!
   
 
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