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Autore: Severa Crouch    04/08/2021    2 recensioni
Hogwarts. 2021. Ci sono giochi che sono pericolosi.
Il Torneo Tremaghi sembra esigere, anche questa volta, il suo tributo di sangue, come impareranno Louis Weasley e James Sirius Potter. I giochi di potere rischieranno di far precipitare il mondo magico in una partita a scacchi, come scopriranno Teddy Lupin e Roland Lestrange. I sentimenti, tuttavia, sono il gioco più pericoloso che si possa giocare e sarà una lezione appresa da Scorpius, Rose e Albus. Infine, ci sono giochi innocenti che rischiano di trasformarsi in tragedia. Chiedete agli Scamander.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Teddy Lupin
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 7 – La pesa delle bacchette

 

 

 

 

Hogwarts, 31 ottobre 2021

 

Il giorno dopo il sorteggio dei campioni Tremaghi, gli studenti delle tre scuole si alzarono in preda alla più fervida eccitazione.

L’intera Hogwarts si era stretta intorno a Louis Weasley, così come le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang si erano strette intorno ai loro campioni: Philomène Lestrange e Olag Huggorm. Tuttavia, prima di entrare pienamente nello spirito del Torneo Tremaghi, Grifondoro e Serpeverde dovevano fronteggiarsi nella loro amichevole.

James, Louis e Andrew scesero a fare colazione in Sala Grande con indosso le divise di Quidditch, pronti per la partita a cui si preparavano per tutta l’estate. “Non vedo l’ora di togliere quel sorrisino del cazzo dal volto di Frederiks,” esclamò James mentre raggiungeva il tavolo di Grifondoro.

“Ehi, Weasley!” da Serpeverde arrivò la voce fastidiosa di Yann, “Sarai il Campione Tremaghi, ma questo non ti risparmierà i miei Bolidi!”

Louis e James scoppiarono a ridere. “I tuoi Bolidi sono più prevedibili delle Pluffe di Bowker,” rispose James.

“È da quando sei diventato Battitore che provi a colpirmi senza riuscirci!” aggiunse Louis, “Le tue minacce dovrebbero forse spaventarmi?”

 Andrew ridacchiava mentre raggiungeva Ruth, con la coda dell’occhio James li vide scambiarsi un bacio e sorridersi e qualcosa si mosse dentro di lui, facendogli sentire il vuoto che aveva sperato di colmare diventando Campione di Hogwarts. Lo sguardo si spostò su Louis che gli mise un braccio intorno alle spalle e scosse la testa: “Quanto può essere sfigato Frederiks?” James ridacchiò, cercando di trattenere l’amarezza che sentiva dentro di sé.

“Lo so come ti senti, James,” gli disse Louis. “Pensa a prendere il Boccino e umiliare i Serpeverde. Sul campo sei sempre tu il nostro campione, intesi?”

James annuì, incontro lo sguardo di Andrew e quello di Ruth che puntò il dito contro tutti loro: “Ascoltatemi bene, voi tre, io non ho nessuna intenzione di far perdere Grifondoro perché siete distratti dal Torneo. Il Quidditch è più importante della stupida Coppa Tremaghi e tu, James, sei il nostro Cercatore. Ti voglio concentrato, d’accordo?”

“Rischi di venire affatturato se giochi distratto,” mormorò Andrew, Ruth lo fulminò con lo sguardo: “Rischiate di venire affatturati se giocate distratti. Vi giuro che se vi scopro a pensare ai vostri drammi esistenziali, vi tiro un Bolide e vi butto io stessa dalla scopa.”

Louis alzò le mani in segno di resa: “Ricevuto, Baston, non c’è bisogno di essere così diretta. Saremo concentrati.”

“Ottimo discorso Ruth, degno di tuo padre!” La voce di Ginny catturò le attenzioni di tutti loro.

“Mamma!” esclamò James sorpreso.

“Sono venuta a darvi un piccolo incentivo per la concentrazione,” disse con un sorrisetto divertito. “Oggi mi hanno raggiunto i presidenti delle Holyhead Harpies e del Pride of Portree. Siate concentrati e potreste avere una chance per un provino!”

“Sono venuti a fare scouting, signora Potter?” domandò Ruth eccitata dalla notizia.

“Il Torneo Tremaghi ha attirato le attenzioni dell’intero mondo magico su Hogwarts, e quando si è diffusa la voce che c’era anche un campionato di Quidditch semi-ufficiale, beh, non hanno saputo resistere alla tentazione di venire a dare un’occhiata. Voi Grifondoro siete in gran parte dell’ultimo anno e suscitate interesse. Naturalmente, io non vi ho detto nulla!”

Nessuno avrebbe potuto avere un sorriso più largo di Ruth Baston mentre osservava Ginny raggiungere Hermione e la preside, intente a discutere al tavolo degli insegnanti. Accanto a loro, Teddy e Victoire li salutarono.

“Oh, James, io amo tua mamma,” sospirò Ruth, seguita da Andrew, “Anch’io!”

“Questa cosa è inquietante,” commentò James scuotendo la testa. “Basterebbe che trascorriate qualche giorno da me per scoprire che è meno affascinante di quanto sembri. Non è solo Quidditch, notizie eccitanti e sorrisi trionfanti. Dovreste vederla quando si infuria! Persino il vecchio Kreacher si nasconde da lei!” Louis annuiva al suo fianco mentre Andrew e Ruth alzavano gli occhi al cielo fingendosi annoiati.

“Lo sappiamo, Potter, è inutile che parti con la stessa solfa perché sei geloso di mammina,” lo canzonò Ruth. “Ora pensa al Quidditch. Non ho nessuna intenzione di fare una figuraccia davanti ai presidenti delle Holyhead Harpies e del Pride of Portree!”

“Ruth!” una voce maschile arrivò alle spalle di James e Louis, entrambi si voltarono mentre la loro amica esclamava sorpresa: “Papà!”

Oliver Baston, il famoso capitano di Grifondoro e Direttore dell’Ufficio Sport e Giochi Magici era davanti i loro occhi. “Complimenti per la nomina, Weasley,” gli disse, “Flint mi ha raccontato tutto, ma sono qui per augurarvi in bocca al lupo per la partita. Stracciate i Serpeverde, anche perché non voglio sentire il mio assistente gongolare per tutto il giorno, d’accordo?”

Annuirono decisi e si incamminarono verso il campo di Quidditch tra le incitazioni dei compagni delle altre Case. Avere in squadra Louis stava portando loro più sostegno del previsto, anche se Grifondoro era una squadra così affiatata che spesso riceveva il sostegno delle altre Case, ad eccezione dei Serpeverde.

Trovarono Rose, Hugo e Jenkins già al campo. Quella partita sarebbe stata il debutto di Hugo Weasley, mentre Lily sarebbe rimasta in panchina insieme alle altre riserve, pronta a prendere il posto di Louis dalla prossima partita. Era troppo incerta nel volo e nella presa della Pluffa per farla debuttare contro Serpeverde.

Le due squadre entrarono in campo, madama Bumb li guardò attentamente soffermandosi su Frederiks e quel ghigno irritante che aveva sul volto: “Voglio un gioco pulito,” disse scrutando il Serpeverde, poi spostò lo sguardo su Ruth e domandò: “Intesi?” La capitana di Grifondoro annuì, la Pluffa venne lanciata in aria e le scope si sollevarono in cielo.

James osservò la partita cercando di studiare i movimenti dei Serpeverde e, in particolare, i movimenti di Zabini, il Cercatore del terzo anno che, rispetto a lui, era più piccolo e leggero. James, però, poteva fare affidamento su una vista acuta, una scopa ultimo modello di Firebolt e sei anni di esperienza, oltre che la genetica. Da qualche parte in tribuna, sua mamma lo stava osservando insieme ai presidenti delle Holyhead Harpies e del Pride of Portree. La carriera da giocatore professionista gli sembrò allettante tanto quando quella da Auror che gli aveva sempre paventato Teddy.

Lo riconobbe dai capelli rosso e oro, in piedi accanto a Victoire, mentre controllava che tutto andasse per il verso giusto.

“Louis Weasley, Campione Tremaghi per Hogwarts, ne infila un’altra negli anelli di Serpeverde! Il piccolo Selwyn non può nulla contro la potenza del Grifondoro che sta conducendo per 60 a 20.” La cronaca era condotta da Philip Robertson di Corvonero, amico di Matthew Turpin che era lì vicino, seduto con Anne che lo osservava adorante.

James distolse lo sguardo: doveva rimanere concentrato, pensare ai presidenti delle squadre di Quidditch, a sua madre, al pubblico che non doveva vedere un Cacciatore distratto.

Il Boccino sfrecciò davanti a lui e James si lanciò all’inseguimento. Il Cercatore di Serpeverde era troppo lontano, provò ad inseguirlo, il suo avversario aveva appena evitato un Bolide di Ruth quando la mano di James si chiuse intorno al Boccino.

“Potter cattura il Boccino e Grifondoro vince la partita per 220 al 40!”

“Grandioso! Sei stato grandioso!” Ruth corse ad abbracciarlo insieme al resto della squadra. Rose e Hugo lo acclamarono come Louis e Andrew che lo inondarono di Burrobirra. “Dovevi sentire Frederiks che urlava contro il Cercatore di Serpeverde, quel povero Selwyn che non riusciva a tenerti testa perché eravate distanti.” Andrew aveva le lacrime agli occhi per la scena che si era goduto dalla porta.

“Tu però ti sei lasciato sfuggire quattro Pluffe!” esclamò Ruth puntando il dito contro il fidanzato.

“Erano oggettivamente impossibili da parare, Ruth,” intervenne Louis. “Andrew in questa partita ci ha salvato diverse volte, i Serpeverde erano agguerriti per il modo in cui li stavamo stracciando.”

“Ha ragione, Louis, Ruth, Andrew ha fatto una grande partita, tutti noi abbiamo fatto una grande partita. Complimenti a Hugo e Louis per i punti che hanno segnato e Hugo non è male come Battitore!”

Ginny e i presidenti delle squadre entrarono negli spogliatoi per fare i complimenti a tutti i Grifondoro. James venne invitato a partecipare alle selezioni per il Pride of Portree una volta finita Hogwarts e finì per attardarsi sotto la doccia.

Quando uscì, si ritrovò da solo nello spogliatoio. Infilò la tuta della squadra di Grifondoro, mentre l’uniforme sporca di fango e sudore la lasciò nel cesto del bucato: gli elfi domestici avrebbero provveduto a raccogliere le uniformi, lavarle e magicamente farle comparire nei rispettivi bauli. Si incamminò verso la scuola con la scopa in spalla quando incontrò Philomène Lestrange.

“Continui a nasconderti dai tuoi compagni di scuola?” le domandò. Ricevette in cambio un sorriso imbarazzato. “No, li sto aspettando. Sono sempre così lenti!” Il silenzio che si creò tra loro venne rotto da lei: “Complimenti per la partita, Potter, sei un ottimo Cercatore.”

“Hai visto la partita?” le domandò sorpreso.

Philomène annuì: “Sì, ero con i miei cugini tra gli spalti. Rabastan mi ha raccontato di quando Roland era capitano di Serpeverde e di quando alla sua prima partita ha perso proprio contro Grifondoro perché Victoire Weasley lo ha colpito con un Bolide.”

“Ricordo quella partita, era il mio primo anno,” disse James. Sorrise, “Victoire era decisamente motivata a vincere e non correva buon sangue con tuo cugino Roland.”

“A quanto ne so, le cose non sono affatto migliorate,” ridacchiò Philomène. Si muoveva con grazia anche quando rideva e gli occhi celesti si illuminavano come la seta della sua uniforme. Era elegante, bella, sembrava delicata come le bambole di Lily, ma James sapeva che doveva essere solo apparenza, perché il Calice di Fuoco l’aveva scelta ed era pur sempre una Lestrange. Ci doveva essere altro al di là dell’aspetto da ragazza di buona famiglia.

James concordò sull’impossibilità per Teddy e Victoire di avere un rapporto civile con Roland Lestrange: “No, credo che loro siano troppo imbrigliati con i discorsi sulla guerra per riuscire a vedere oltre.”

“Tu riesci a vedere oltre?” Lo sguardo di Philomène si era allargato e James non era in grado di dire se si trattava di speranza o di curiosità, le labbra erano incurvate in un sorriso che sembrava malizioso. James sentì nuovamente quella strana energia nell’aria, passò una mano tra i capelli e rispose al sorriso divertito di Philomène. “Potrebbe valerne la pena, guardare oltre.” Rimasero in silenzio per qualche istante, James era rapito dagli occhi azzurri di Philomène, le sue guance leggermente arrossate erano invitanti. Alzò lo sguardo e vide i francesi in arrivo. “Stanno arrivando i tuoi amici, buona serata, Lestrange.”

Andò via, con la scopa in spalla e un sorriso sulle labbra. Si voltò un attimo e la sorprese a guardarlo mentre andava via. Si sorrisero, un’altra volta, e poi Eric cinse le spalle di lei e James spostò lo sguardo verso il castello.

 

***

 

Albus era rimasto per gran parte della mattinata seduto sul prato vicino il Lago Nero. Si era portato un libro e il taccuino per prendere appunti. Scorpius aveva cercato di convincerlo ad andare a vedere la partita, visto che giocava Rose, ma lui non ne aveva voluto sapere. Aveva bisogno d’aria, di stare da solo, lontano da Rose e Scorpius.

Non si aspettava, tuttavia, di avere compagnia. Poco distante da lui, con un taccuino sulle gambe e una specie di pipa, Rabastan Lestrange scriveva furiosamente. L’osservò per qualche istante, indeciso se fingere che non ci fosse o alzarsi e cercare un altro posto in cui rimanere da solo.

“Non ti disturbo, Potter,” gli disse senza staccare lo sguardo dal taccuino. Albus sorrise nervosamente e riportò lo sguardo sui suoi appunti. Tornò a osservare Lestrange. “Lavori a un nuovo libro?”

“Non ho idea di cosa ne verrà fuori, ma devo scrivere, altrimenti mi sento soffocare.” Rabastan soffermò lo sguardo sul suo taccuino, continuò: “Non so se mi capisci…”

“Eccome, sono qui perché mi manca l’aria.”

“Hogwarts sa essere asfissiante, ma credevo che dopo quanto hai fatto lo scorso anno fossi diventato popolare.”

Albus sospirò alzando gli occhi al cielo. “I miei compagni di Casa non spintonano più me e Scorpius, mia cugina Rose mi rivolge la parola, e mio fratello non mi considera più la vergogna della famiglia.”

“Un progresso notevole,” gli concesse Rabastan mentre prendeva un tiro dalla sua pipa. “Sono erbe del nord Europa, anche queste aiutano a respirare.”

“Posso provare?” domandò un po’ incerto, attratto dall’idea di riuscire ad alleggerire la mente e magari riuscire a respirare. Rabastan gli passò la pipa e Albus tirò. Sentì il vapore carico di profumi di bosco riempirgli la bocca e salire verso la testa. Lasciò uscire il fumo e un sorriso svagato affiorò sul suo volto mentre restituiva la pipa a Rabastan. “Però…” esclamò.

“James è il Campione del Quidditch, Louis è il Campione Tremaghi, tutti si aspettano grandi cose da loro, mentre da me solo guai e imbarazzo.” Rabastan ridacchiò a quelle parole. “Non c’è niente da ridere,” lo rimproverò.

“Scusa, è che sembra di rivedermi alla tua età. I miei fratelli hanno il loro posto nel mondo: Roland segue gli affari di famiglia, Roddie fa carriera al Ministero e lo vedi camminare tronfio nei suoi completi di sartoria… Alla tua età io non sapevo cosa sarebbe stato di me. I miei genitori mi dicevano di non infangare il nome dei Lestrange, ma non sapevo cosa avrei dovuto fare. Sapevo solo che quello che mi circondava mi faceva soffocare.”

“Per questo hai iniziato a scrivere?”

“Sì, un giorno mio zio mi ha detto una cosa che gli disse sua madre: se le persone non si aspettano niente da te, puoi solo sorprenderle.”

“O deluderle.”

“Ti interessa così tanto la loro approvazione?”

“Vorrei solo non essere visto come quello che crea problemi e preoccupazioni.”

Rabastan si voltò verso di lui e sospirò: “Ascoltami bene, Potter, non esiste un modo per evitare che i genitori non si preoccupino per te o che temano che tu possa sbagliare. Pensa a cercare la tua strada, cosa ti fa stare bene?”

“I libri,” disse di getto, “e la musica. Quando prendo la chitarra mi sembra di riuscire a dire quello che altrimenti non so dire.”

“Allora, suona, Potter, leggi, scrivi, respira. Circondati di persone che ti fanno respirare perché la vita è solo tua e nessuno può capire come ti senti.” Rabastan si fermò un attimo, inspirò una boccata di fumo e gli passò la pipa. Riusciva a fare cerchi di fumo con la bocca e Albus lo guardava stupito. “Non voglio dire che nessuno ti capirà mai, ma che le persone che ti capiranno saranno poche e dovrai tenerle strette.”

Albus lasciò uscire il fumo dalla bocca, non era in grado di creare delle forme, preferiva concentrarsi sulla sensazione di leggerezza che provava. “Continuo a lottare per tenere stretto Scorpius, nonostante la delusione di mio padre e zio Ron.”

“Pensi che i miei siano contenti della mia corrispondenza con Scamander? Non possono capire. Se Scorpius è importante per te, non permettere che vi allontanino. L’amicizia è importante quanto l’amore.”

Le parole di Rabastan Lestrange rimasero a galleggiare nella testa leggera di Albus. Si sentiva respirare, finalmente, mentre tornava verso il castello, pronto a prepararsi per la cena. Incontrò lo sguardo di Scorpius in sala comune, era chino sul libro di Pozioni, intento a terminare il tema che aveva assegnato la professoressa McMillan. Il suo sguardo si era alzato dalla pergamena non appena lo aveva sentito entrare, come se lo stesse aspettando. Si scambiarono un sorriso e Albus sentì quella sensazione che gli aveva accennato Rabastan: Scorpius lo faceva respirare e gli rendeva indifferente il resto del mondo.

“A che punto sei?” gli domandò.

“Ho appena finito, vuoi leggere?”

Albus prese il foglio di pergamena e iniziò a leggere il tema di Scorpius, era dannatamente bravo in Pozioni. “Io ho fatto un riferimento anche alla bava di lumaca.”

“Sì, è più avanti, me ne sono ricordato solo mentre scrivevo degli effetti del filtro.”

Annuiva man mano che scorreva il compito, era sicuramente una O, se non una E. La McMillan era molto esigente e forse non avrebbe approvato l’ordine, anche se era originale e seguiva un certo filo logico. Sì, poteva essere un tema da E. Del resto, il filtro che aveva preparato in classe era da E, la professoressa se ne sarebbe ricordata senz’altro. Rese il compito e disse: “Vado a prepararmi per la cena.”

“Vengo anch’io.” Si infilarono nel dormitorio. Albus si liberò della felpa da domenica pomeriggio, si sfilò i jeans e andò verso il bagno del dormitorio, Scorpius lo seguiva.

“Cosa c’è? Perché sorridi in quel modo?” gli domandò incuriosito. Erano nell’antibagno, in attesa che le docce si liberassero, Scorpius sorrideva mentre alzava le spalle: “Mi sei mancato. Non mi piace quando sono senza di te,” sussurrò.

Albus deglutì, Parkinson, del quarto anno, li superò con un ghigno sadico sul volto, uscendo esclamò: “Lasciamo il bagno libero a Potter e Malfoy, tra un po’ inizieranno a flirtare in modo vomitevole.”

“Fatti i fatti tuoi, Parkinson!” esclamò Albus. Non lo sopportava. Le parole di Rabastan gli suonavano in testa, tieni strette le persone che ti fanno respirare.

“Uh! Guarda come si scalda!” ridacchiò Parkinson. Scorpius gli afferrò il polso e gli disse: “Albus, lascialo perdere!”

“No, Scorpius, non lascio perdere! Non deve permettersi di immischiarsi in cose che non lo riguardano. Non ha nessun diritto, nemmeno se facessi questo.” Albus prese il viso di Scorpius tra le sue mani e si sporse a baciarlo. Non gli importava dei compagni di Serpeverde che erano intorno a loro, delle prese in giro, delle risatine.

Le labbra di Scorpius risposero al bacio di Albus che scorse un sorriso obliquo sul volto dell’amico mentre cercava di dissimulare l’imbarazzo.

“Dopo tutto non mi sbagliavo, Potter,” la voce di quello stronzo di Frederiks rovinò il momento. Albus lo guardò pieno di rabbia e puntò il dito contro di lui: “Non è affar tuo, Yann.” Superò tutti i compagni di Casa ed entrò nel primo cubicolo vuoto. L’acqua calda della doccia calmò quello stato di strana euforia che sentiva dentro. Se nessuno si aspettava nulla da lui, poteva solo sorprenderli. Aveva sorpreso Scorpius e realizzato il sogno che lo tormentava da diverse notti.

Scorpius aveva risposto al bacio e non lo aveva respinto. Un sorriso incurvò le labbra di Albus mentre si insaponava sotto la doccia e la consapevolezza del passo appena compiuto si faceva largo nella sua mente.

Ritrovò Scorpius davanti a sé non appena uscito dal cubicolo della doccia, in mezzo al vapore. Non sembrava arrabbiato, gli sorrideva con quei modi timidi e impacciati che si portava dietro da quando si erano conosciuti. I capelli biondi gli scendevano disordinati, goccioline d’acqua cadevano su un petto esile e così pallido da sembrare spettrale. Albus desiderò sapere cosa si provasse a baciare quel corpo e forse, dal modo in cui Scorpius lo stava guardando, anche lui si stava ponendo la stessa domanda. Lo stomaco si contrasse leggermente e una sensazione di calore iniziò a farsi largo per tutto il corpo aumentando lo stato di ebbrezza che sentiva dentro di sé. Non sapeva se fossero state le erbe del nord che aveva fumato dalla pipa di Rabastan o fosse la consapevolezza di quello che desiderava.

Tornarono in dormitorio e indossarono le loro uniformi in silenzio, lanciandosi sguardi fugaci, incerti su come iniziare quel discorso che non poteva rimanere in sospeso.

“Ne dovremo parlare, Al,” disse Scorpius mentre finiva di annodare la cravatta verde e argento. “Di cosa voleva dire, se voleva dire qualcosa, se non era una delle tue trovate per mettere a tacere Parkinson.”

Albus sistemò la giacca continuando a guardarsi nello specchio. “Non era una trovata.” Gli occhi verdi del suo riflesso gli rimandavano una luce diversa, più determinata, meno spaventata rispetto al solito Albus Severus Potter.

Voleva dimostrare a Scorpius che non scherzava, che era serio e che non gli importava più degli altri. Lui era troppo importante e ora sapeva che non era pazzo, che quei sogni significavano qualcosa, era come se il pezzo di un rompicapo fosse andato al posto giusto.

Albus si avvicinò a Scorpius al punto da sentire le note del bagnoschiuma al talco che usava e che erano sempre presenti nei suoi sogni. I loro sguardi si incontrarono e rimasero per qualche istante a guardarsi in silenzio. Albus poteva specchiarsi negli occhi grigi di Scorpius, vedeva le labbra sottili del suo amico attendere con un filo di impazienza, o di incertezza, o financo di paura. Era terrorizzato anche lui, perché buttarsi in una cosa del genere significava far fare un salto pericoloso alla loro amicizia. Adesso capiva perché per mesi si era detto che dovesse essere impazzito.

Si sporse verso Scorpius e incontrò le labbra dell’amico a mezza strada. Questa volta il bacio fu più lungo, si presero il tempo per assaporarlo, consapevoli di essere soli e di compiere un passo dal quale sarebbe stato difficile tornare indietro. Le dita sottili di Scorpius si aggrapparono ai lembi della sua giacca lasciando che i loro corpi si avvicinassero: era sempre stato lui il tipo da abbracci, pensò distrattamente mentre si concentrava sul modo delicato in cui Scorpius lo baciava.

Le loro bocche si separarono e una domanda uscì dalla bocca di Scorpius: “E Rose?”

“Non lo so.”

“Nemmeno io,” confessò l’amico mentre riprendevano il percorso per la Sala Grande. Al tavolo dei Grifondoro Rose parlava della partita insieme a Polly, Karl, William e gli onnipresenti francesi. Forse era fuori dalla loro portata. James scherzava con Andrew e Louis, mentre Lily e Hugo parlottavano con i compagni del loro anno. Chissà quanto sarebbero rimasti sorpresi dalla scoperta di ciò che Albus sentiva.

Sotto il tavolo di Serpeverde le dita di Albus si intrecciarono con quelle di Scorpius, si scambiarono uno sguardo in cui ognuno poteva intuire i pensieri dell’altro. Ci sarebbe stato tempo di avvisare gli altri, adesso dovevano custodire quanto era appena nato tra loro.

 

***

 

Hogwarts, 13 novembre 2021

 

 

La carrozza dell’Accademia era molto confortevole, al punto da non far rimpiangere le meravigliose stanze del dormitorio. Allo stesso modo, una volta giunti in Inghilterra, l’orario delle lezioni aveva subito una serie di modifiche.

Ogni giorno seguivano una lezione con gli studenti di Hogwarts. Vi partecipavano come spettatori e talvolta riuscivano a intervenire. Serviva per imparare diversi approcci alla magia, secondo i loro insegnanti. Naturalmente, i compiti che venivano assegnati dai professori di Hogwarts dovevano essere svolti e si sommavano alla mole di compiti che davano loro i professori di Beauxbatons.

“Vi ricorderete che non è una gita!” Nadine si lanciò in un’imitazione del professor Dubois che fece scoppiare a ridere tutti loro.

Cyrille si alzò in piedi e le disse: “Non è abbastanza accurata, devi fare anche lo sguardo scuro e misterioso e il tono di voce è minaccioso: Vi ricorderete che non è una gita!” Li guardò proprio come era solito fare il loro insegnante di Pozioni.

“Uguale!” esclamò Adrien con le lacrime agli occhi. Philomène ed Eric si scambiarono uno sguardo e un sorriso. Ciò che più le mancava della Francia erano i momenti con Eric, quando riuscivano a fare una passeggiata nel parco e stare per conto loro a chiacchierare di qualsiasi cosa.

“Molto divertente, monsieur Lestrange.”

La voce del professor Dubois li sorprese tutti quanti e fece morire la risata sulle labbra di Cyrille, Ivette per lo spavento si fece venire il singhiozzo, mentre Eric, che nascondeva il sorriso dietro il libro di Incantesimi, sembrava un po’ troppo divertito dal modo in cui Cyrille e Adrien erano sbiancati.

“Mademoiselle Lestrange, la preside la manda a chiamare. Pare che i Campioni Tremaghi debbano essere intervistati.”

“U-là-là!” esclamarono in coro Nadine e Jean Luc, Philomène scosse la testa ridacchiando, si alzò e seguì il professor Dubois fuori dalla carrozza. “A saperlo mi sarei preparata,” disse.

“È una scelta della Gazzetta del Profeta quella di non avvisare nessuno dei campioni,” le rispose il professore. Philomène sospirò. Il solo pensiero di non sapere cosa le avrebbero chiesto le metteva ansia. “Lei sa su cosa potrebbe vertere?”

“Pare che i lettori vogliano conoscere meglio i campioni Tremaghi, le faranno domande sulle materie preferite, sul percorso di scuola, qualcosa sulla vita privata, le solite cose che scrivono i giornali. Per fortuna la lezione di Pozioni è tra un paio d’ore. Non faccia tardi.” Il professore si fermò davanti una porta di legno scuro e le fece cenno di entrare per poi congedarsi.

Philomène lasciò correre lo sguardo lungo le pareti in pietra dell’aula, era illuminata solo dalla luce delle lanterne e dalla finestra stretta e lunga arrivava pochissima luce. Non riusciva a capire come facessero gli studenti di Hogwarts a concentrarsi sulla lezione in quella penombra che a lei metteva sonno. Al centro della stanza c’era Ginny Weasley, l’ex campionessa di Quidditch, ora caporedattrice della Gazzetta del Profeta, nonché moglie del famoso Harry Potter, che stava intervistando Louis Weasley.

A quanto aveva capito, Louis era il nipote di Ginny ed era il figlio di Fleur Delacour, l’ultima campionessa Tremaghi di Beauxbatons. Appoggiato a una parete, alle spalle della madre, James Sirius Potter attendeva il cugino e le rivolse un sorriso non appena i loro sguardi si incrociarono. Philomène rispose al saluto e prese posto accanto a Olag, il campione di Durmstrang, nell’uniforme della sua scuola.

“Io ho già fatto, tu sei la prossima,” le sussurrò Olag non appena lei si sedette. Philomène annuì nervosamente, sistemò le pieghe dell’uniforme azzurra e si concentrò sulla fine dell’intervista di Louis. Osservò la cravatta rosso e oro allentata e storta, la camicia spiegazzata e il maglione con le maniche rabboccate. Aveva ragione il professor Dubois: nemmeno gli altri studenti erano a conoscenza del fatto che sarebbero stati intervistati.

“Grazie, signor Weasley,” lo congedò lo zia. Louis arrivò a prendere posto accanto a Olag e le rivolse un sorriso a mo’ di saluto a cui Philomène rispose cortesemente.

“Signorina Lestrange, prego, tocca a lei.”

“Oui, j’arrrive.” Philomène si corresse immediatamente: “Sì, arrivo, mi scusi.”

Ginny le sorrise cortese: “Non è un problema. Ho seguito le squadre anche in Francia e ho persino giocato un paio di partite su campi francesi. Si accomodi.”

Philomène prese posto davanti la sua intervistatrice, fece un respiro profondo, raddrizzò la schiena e sorrise alla macchina fotografica che scattò qualche foto. “Dopo faremo qualche foto di gruppo,” aggiunse Ginny.

“Lei è l’unica ragazza che partecipa al torneo, esattamente come l’ultima volta quando Fleur Delacour ha gareggiato. Pensa che Beauxbatons sia una scuola che premia le giovani streghe?”

“L’Accademia di Beauxbatons è una scuola con una tradizione magica eccellente. Abbiamo dato i natali a maghi e streghe illustri, il mio nome è stato sorteggiato dal Calice di Fuoco non dalla mia scuola.” Non ci stava a far passare la sua scuola come una scuola per ragazze. Pensò che Eric fosse la persona più indicata per partecipare.

“Qual è la sua materia preferita?” domandò Ginny.

“Difesa contro le Arti Oscure,” rispose con sicurezza, sorprese la sua intervistatrice che le domandò: “La figlia di un Mangiamorte che vuole diventare un Auror?”

“Voglio diventare un insegnante,” la corresse immediatamente. Philomène si irrigidì, non le piaceva quando tiravano in ballo la sua famiglia. Forse, però, doveva aspettarselo dalla moglie di Harry Potter. Cercò di mantenere la calma come le aveva insegnato suo padre. Sapeva che partecipare al torneo Tremaghi, essere una dei Campioni, avrebbe attirato domande sul suo cognome, sul retaggio della sua famiglia.

“Lo sa che Lord Voldemort ha fatto domanda per quell’insegnamento?”

“Beh, io non sono Lord Voldemort.”

“Suo padre, però…”

“Non sono nemmeno mio padre.” Sperò che quelle risposte brusche fossero sufficienti per troncare quelle curiosità che la stavano innervosendo. Forse era quello l’obiettivo della Gazzetta del Profeta, farla passare come una pazza instabile.

“Capirà che il suo cognome tra queste mura… Insomma, Bellatrix ha fatto molte vittime.”

“Bellatrix non era una Lestrange e i tempi sono cambiati. Insomma, i miei cugini vivono qui.” Sollevò lo sguardo e incrociò gli occhi di Roddie e poi vide entrare nell’aula anche Rabastan. Sorrise loro.

“Pensa che faranno il tifo per lei?”

“Penso che vogliano vedere un bel torneo e spero di mostrar loro di essere una strega all’altezza delle aspettative. Insomma, Roddie lavora per il Ministero e Rabastan insegna a Durmstrang, credo che ognuno di loro resterà ligio al dovere, come da tradizione di famiglia.” Rabastan stringeva le spalle di Olag e annuiva nella sua direzione. Roddie le sorrideva e Philomène sapeva che suo cugino avrebbe tifato per lei. Roddie avrebbe preferito essere Cruciato che tifare un Weasley al posto di una Lestrange. Rabastan, al contrario, era sempre stato più distaccato, e il modo in cui era accanto ad Olag le confermava che lui avrebbe aiutato il suo campione, ma sperava che lei si distinguesse.

Philomène avrebbe voluto vincere per vedere l’orgoglio negli occhi dei suoi cugini e del resto della famiglia. Immaginava il momento in cui sarebbe tornata a casa e suo padre l’avrebbe accolta con tutti gli onori. Essere campioni Tremaghi era ciò che serviva ai Lestrange per ritornare ad essere rispettabili.

“L’ultima campionessa di Beauxbatons ha trovato l’amore, pensa di essere così fortunata?”

James Sirius si era passato una mano sul volto non appena la madre aveva fatto quella domanda. Philomène rispose: “Credo di averlo già trovato, il mio ragazzo, Eric Legrand, è qui con me ed è un mago eccellente.” Sua mamma e zia Alexandra dicevano sempre che i pettegolezzi erano da troncare sul nascere e lei era assolutamente d’accordo.

“Buona fortuna con il Torneo, allora!”

Ginny Potter la congedò e Philomène raggiunse gli altri campioni. Vide la figura imponente della sua preside sorriderle e dirle che era stata brava. “Mi dispiace che tirino in ballo sempre il passato della tua famiglia.”

“Grazie, Madame Maxime, ma ci sono abituata,” tagliò corto. Cosa ne poteva sapere la sua preside di quello che si provava? Lei aveva combattuto dalla parte dei vincitori, il suo ruolo era emerso dalle cronache che raccontavano del viaggio con Hagrid, l’insegnante di Cura delle Creature Magiche di Hogwarts.

Nella stanza arrivò la preside di Hogwarts, il Ministro della Magia, il preside di Durmstrang e per fortuna rimase Roddie con un altro funzionario del Ministero della Magia, doveva essere quello che si occupava dei Giochi e gli Sport Magici e, infine, vi erano anche un paio di Auror.

“Siamo qua per la pesa delle bacchette. Verificheremo il loro funzionamento e lo stato di salute,” disse il funzionario dei Giochi Magici. “Il mio nome è Hawk Flint e sono qui per analizzare le vostre bacchette, registrarle e verificarne il funzionamento. Non me ne occuperò direttamente io, naturalmente, l’esame verrà fatto dal signor Ollivander, una garanzia in materia di bacchette! Prego, Mademoiselle Lestrange!”

Philomène porse la sua bacchetta al signor Ollivander, un uomo sulla quarantina che le sorrideva cortese.

“Mio padre ha venduto le bacchette a suo padre, Mademoiselle, ma questa bacchetta viene dalla bottega di Monsieur De la Plume, corretto?”

“Oui, Monsieur,” rispose.

“Mmm… Tasso, un legno insolito per una fanciulla tanto graziosa, non così insolito se penso al cognome che porta, un nucleo di corda di cuore di drago, flessibile, 10 pollici, una bacchetta notevole per una strega fuori dal comune.” Agitò la bacchetta e fece comparire un ramoscello di camelie.

“Camelia, vera eccellenza,” disse Philomène.

“Conosce il linguaggio dei fiori, signorina Lestrange?”

“Mia zia me l’ha insegnato,” disse mentre ricordava le estati trascorse a guardare i fiori con zia Alexandra e scegliere il messaggio giusto da inserire a tavola. Roddie le sorrideva e nessun altro poteva capire.

Philomène prese la bacchetta, appuntò la camelia tra i capelli e raggiunse il cugino che le strinse affettuosamente la spalla e le sussurrò: “Sei stata bravissima, Phil, io tifo per te.”

Olag Huggorm con i suoi occhi chiarissimi, la pelle di un candore che ricordava le nevi e i capelli di un biondo sporco, porgeva una bacchetta altrettanto pallida al signor Ollivander. “Pioppo bianco con un crine di Chimera, molto insolito. Questa non è una bacchetta di Gregorovitch?”

“No, è di Trollstasson.”

“Non avevo mai visto una sua bacchetta, molto notevole.” Ollivander l’agitò e comparve una dalia. Il costruttore di bacchette si voltò verso di lei che disse: “Dalia, eleganza e dignità.”

“Meraviglioso! Credevo che questo linguaggio fosse andato perso.”

Lei e Roddie si scambiarono uno sguardo e lui le sussurrò: “No, non siamo gli unici pazzi che continuano ad alimentare le tradizioni, come vedi non siamo soli.” Era bello avere qualcuno che era dalla sua parte in modo completo, senza riserve. Roddie significava casa da quando era bambina, il solo che rimanesse con lei quando Cyrille scappava per seguire Rabastan, Roland e Orion.

Fu il turno di Louis Weasley, quando porse la bacchetta, Ollivander si illuminò: “Questa è una mia bacchetta, non di mio padre, mia! Ricordo perfettamente quando ho scelto il sambuco che ha dato il legno di questa bacchetta. Immaginavo sarebbe andata a un grande duellante, un mago esperto e non mi sbagliavo, dopo tutto! Crine di unicorno come suo padre, una bacchetta rigida che mostra la determinazione e il talento del suo proprietario. È anche in ottime condizioni.”

“Curo la manutenzione tutte le sere,” disse Louis.

Philomène avrebbe dovuto studiare i suoi avversari un po’ di più. Sapeva che Olag era un grande duellante, lo aveva visto allenarsi nei prati di Hogwarts al mattino, correva insieme ai compagni di scuola e poi organizzavano ogni giorno duelli di magia. Persino quella Aalina Petrov era molto abile nel duello. Al contrario, di Louis Weasley non sapeva nulla se non che giocava a Quidditch e che era molto popolare tra le studentesse. Era uno dei pochi che conosceva il francese ed era stato piuttosto gentile con lei, ma non si fidava, come non si fidava di Potter.

“Bene,” Ollivander fece avvicinare i tre campioni e soffermò lo sguardo su ciascuno di loro, “Possiamo aspettarci grandi cose da questo torneo. I campioni hanno bacchette con legni che hanno fatto la storia del mondo magico: il tasso era il legno di Lord Voldemort, il pioppo bianco era il legno di Gellert Grindelwald, e di sambuco era la bacchetta di Albus Silente.”

Philomène lesse il suo stesso disagio sul volto di Olag. Non appena si fosse diffusa quella notizia, quella stupida coincidenza di legni, la gente avrebbe iniziato a speculare e l’avrebbero definita come la Mangiamorte. Strinse la mano di Roddie, suo cugino le sussurrò: “Non lasciarti influenzare da queste sciocchezze, vuol solo dire che sei una strega grandiosa, sei una Lestrange ed è normale che il tuo nome faccia paura. Sfruttalo a tuo vantaggio.”

 

***

 

Biblioteca di Hogwarts, 13 novembre 2021

 

La vita di Rose si era trasformata radicalmente da quando era iniziato il torneo. Non solo per l’entusiasmo e l’adrenalina che circondava i campioni, ma anche per la presenza degli studenti delle altre scuole. Era incredibile scoprire quanti modi diversi di vivere la magia esistessero al mondo.

Gli studenti di Beauxbatons erano eleganti e armoniosi nell’esecuzione degli incantesimi. Oramai Cyrille e Adrien facevano parte a tutti gli effetti del loro gruppo di studio e Cyrille era decisamente charmant con quei sorrisi obliqui e lo sguardo canzonatorio con cui osservava il mondo che lo circondava. Rose aveva intuito che era una corazza per nascondere e dissimulare il peso del nome che portava e in questo si erano scoperti più simili di quanto mai avrebbe immaginato.

I professori, tuttavia, non avevano alcuna intenzione di dar loro tregua e lasciarli incedere in attività sociali più del necessario e quindi li caricavano di compiti e li terrorizzavano con l’ansia per i G.U.F.O. che i francesi non capivano perché, quei fortunelli, avevano un solo esame alla fine del settimo anno.

Rose alzò lo sguardo dal libro di Trasfigurazione e vide, seduti a un tavolo poco distante, Albus e Scorpius intenti a studiare. Erano giorni che si riuscivano a parlare a malapena, impegnati com’erano. Potevano scambiare qualche parola durante le lezioni di Erbologia o di Pozioni, ma i loro incontri del club del libro erano stati sospesi e le mancavano immensamente. La biblioteca, però, non era il posto adatto per parlare.

Si alzò alla ricerca di un volume sugli incantesimi di Trasfigurazione umana. Camminava tra gli stretti corridoi formati dalle scaffalature delle librerie con lo sguardo rapito dalla lettura dei titoli, quando si scontrò con Cyrille.

“Pardon-moi, Rose,” le sussurrò e la sorresse stabilizzarla e non farle cadere i libri. Aveva quel sorriso obliquo che trovava molto affascinante. Rose sentì le guance arrossarsi per quel contatto inaspettato. Strinse a sé i due volumi di Trasfigurazione appena presi dallo scaffale come se potessero difenderla e impedire che fuori da sé si sentisse quanto il suo cuore aveva accelerato il battito. Gli occhi azzurri, chiarissimi, di Cyrille la scrutavano e i capelli scuri, di solito ordinatamente legati in una coda, scendevano lungo il suo bel viso. Il sorriso complice e ironico era sempre al suo posto e ci volle un grande autocontrollo per non sospirare.

“Grazie, Lestrange,” sussurrò.

“È un piacere salvare le damigelle che rischiano di cadere,” le rispose prendendole la mano per un baciamano. Perché era così dannatamente galante e affascinante?

Un tonfo echeggiò nel silenzio della biblioteca.

La mano di Rose rimase tra quelle di Cyrille ma l’atmosfera romantica si dissolse a quel rumore, troppo forte perché fosse un libro che era caduto di mano a qualche studente. Rose si liberò dalla presa del francese e insieme andarono verso la direzione da cui era arrivato il tonfo.

Non riuscì a trattenere un urlo spaventato quando vide il corpo di Polly steso per terra e privo di sensi. Poco dopo, Madama Quills, la bibliotecaria, arrivò a controllare cosa fosse accaduto. Rose era accanto al corpo di Polly, cercava di rianimarla e sentire come stesse.

Cyrille le puntò contro la bacchetta ed esclamò: “Reinnerva!” Non accadde nulla. Rose e Cyrille si guardarono spaventati.

“Polly! Polly, ti prego, rispondi!” diceva Rose al suo fianco. Albus e Scorpius arrivarono a vedere cosa fosse accaduto. Rose li sentiva parlare, quasi interrogare, Cyrille, che rispondeva seccato dal dover rendere conto a quei due su dove fosse e cosa stesse facendo quando il corpo di Polly Chapman era caduto privo di sensi.

Rose alzò lo sguardo, gli occhi erano pieni di lacrime e disse ad Albus: “Era con me, d’accordo? Eravamo a cercare i volumi di Trasfigurazione quando abbiamo sentito il rumore della caduta.”

La preside arrivò trafelata insieme a Teddy e Victoire. Sollevarono il corpo di Polly facendolo levitare e la McGranitt disse: “Portiamola in infermeria. Gli studenti vadano nelle rispettive sale comuni.”

Victoire, però, si fermò con Rose e Albus a raccogliere informazioni. Albus rispose piccato: “Chiedilo a Monsieur Lestrange… Non è mai accaduto nulla prima che lui mettesse piede in questa scuola.”

“Che problemi hai, Potter? Sei geloso che tua cugina preferisca la mia compagnia a quella di uno sfigato come te e il tuo amichetto?”

Rose alzò la testa e disse: “Piantala, Cyrille, non è vero e non è nemmeno il momento.” Guardò Albus che fremeva di rabbia e – come al suo solito – stava drammatizzando più del necessario. “Datti una calmata anche tu, Albus.”

Seguirono Victoire fuori dalla biblioteca, andarono nell’aula vuota che era stata assegnata ai funzionari del Ministero della Magia. Lì trovarono Hawk Flint e Hermione Granger. Rose alzò gli occhi al cielo in un primo momento, ma quando Hermione dismise i panni del Ministro della Magia e indossò quelli di sua mamma andandole incontro per accertarsi che stesse bene, Rose preferì rifugiarsi tra le braccia di sua madre pur di non vedere il modo in cui Albus e Cyrille si guardavano con reciproco disprezzo, o di ascoltare Scorpius che cercava invano di calmarli.

La mamma le accarezzava la schiena e le prese il viso tra le mani: “Ti sei spaventata?”

“Sono molto preoccupata per Polly, mamma. Abbiamo provato a risvegliarla, ma non ha funzionato. Stava bene fino a qualche minuto prima.”

“Avete fatto qualcosa di particolare?”

“No, siamo andati a pranzo come tutti i giorni, poi eravamo in biblioteca a studiare.”

“A studiare, come no…” ripeté sarcastico Albus. Rose si voltò verso il cugino e perse la pazienza, lo spintonò e gli disse: “Sì, stavo studiando, che tu ci creda o no, stavo recuperando dei libri per finire il mio tema di Trasfigurazione, io non vado in giro a pomiciare.”

“Allora devo essermi confuso.” Albus si tirò dietro Scorpius e andò via, aprì la porta e sbatté contro il professor Pucey. Quell’accenno al loro bacio la ferì.

“Professor Pucey, per favore, può accompagnare i signori Potter e Malfoy in sala comune?” domandò Victoire. Il professor Pucey annuì e si allontanò con i suoi studenti minacciando di metterli in punizione se non avessero smesso di creare scompiglio. Fuori si sentiva il tono lamentoso di Albus che protestava e Scorpius che cercava di tranquillizzare l’amico e negoziava con il professore assicurando che era tutto un malinteso. Le loro voci svanirono non appena si allontanarono. La professoressa Fournier di Beauxbatons arrivò a prendere Cyrille per riaccompagnarlo alla carrozza. Lui uscì senza protestare e le disse solo: “Fammi sapere se la tua amica si riprende, intesi?”

Rose annuì e lo ringraziò mentre intercettava lo sguardo incuriosito di sua mamma e sua cugina.

“No, vi prego, no.”

“Il Ministro della Magia che si imparenta con un Lestrange, questo sì che sarebbe un modo per consolidare i rapporti con i Purosangue!” esclamò Flint che non si era perso un solo momento di quella scena. Victoire gli rivolse un’occhiataccia e gli disse: “Flint, per cortesia!” Tornò a guardarla e Victoire le disse: “Ci fidiamo della tua capacità di giudizio, Rose, sappiamo che farai la scelta giusta.”

“Io sono fidanzata con Karl! Non c’è nessuna scelta da fare! Perché saltate a conclusioni affrettate? Mi avete detto di essere gentile con gli studenti francesi e ora non va bene perché uno è un Lestrange? Ma sul serio?”

A quella domanda Victoire si voltò verso il collega e domandò: “A proposito, Flint, dov’è Lestrange?”

Hawk scrollò le spalle e disse: “A Hogsmeade, a quanto mi è sembrato di capire. Ha ricevuto un gufo.”

Victoire alzò gli occhi al cielo ed esclamò: “Godric santissimo! Devo recuperare Teddy. Rose, torna in sala comune, stai con Karl, è un bravo ragazzo!”

Rose, invece, camminò fino all’infermeria. Si nascose dietro una colonna per non farsi vedere da Victoire che parlava animatamente con Teddy e, insieme, scendevano rapidamente le scale. Non appena quei due furono lontani, Rose raggiunse l’ingresso dell’infermeria, notò che non c’era nessuno e si avvicinò al lettino su cui era stesa Polly. Sedette accanto al letto e prese la mano della sua migliore amica, la strinse tra le sue.

“Resisti, sono sicura che scopriranno quello che è successo,” le sussurrò. “Non ho il coraggio di stare in sala comune senza di te. Tutti mi riempiranno di domande e io non so le risposte. Tra l’altro, dovrei raccontarti della sceneggiata che mi ha fatto Albus perché ero tra gli scaffali con Cyrille,” ridacchiò, “Ti saresti divertita un mondo ad assistere.”

“Signorina Weasley, non può stare qui.” La voce di Madama Magpie, l’infermiera della scuola, la fece trasalire. Si voltò verso l’infermiera che sembrò molto meno seccata non appena le scorse il volto rigato dalle lacrime. Rose si ripulì velocemente, strinse un’ultima volta il polso di Polly e le sussurrò: “Passo domani prima di andare a fare colazione.” Si allontanò velocemente dal letto della sua amica e salutò l’infermiera pregandola di non dire a sua madre di averla sorpresa al capezzale della sua migliore amica. Non voleva che sua madre si preoccupasse ulteriormente. Prima l’aveva vista quasi in lacrime, poi Albus aveva dato di matto e non era riuscita a mantenere la calma, si era infuriata, se adesso avessero riferito ad Hermione che l’avevano sorpresa al capezzale di Polly in lacrime, sicuramente ne avrebbe fatto un affare di Stato e Rose non lo voleva affatto.

Tornò nella sala comune di Grifondoro, si attaccò a Karl, così rassicurante, solido, presente e rimase per tutta la sera con lui e William, preoccupati per Polly.

“Pensate che sia stata avvelenata?” La domanda la formulò James mentre giocava a Scacchi Magici con Louis. Tutti gli studenti erano stati condotti nelle rispettive Case mentre la scuola veniva perquisita.

“Perché Polly? Non ha mai fatto nulla di male a nessuno.”

“Ma se era odiosa come poche persone in tutta Hogwarts!” esclamò James. “Sempre quello sguardo saccente.”

“Piantala Potter, smettila di parlare come se fosse morta!” William era rimasto in silenzio e composto fino a quel momento. Era il ragazzo di Polly ed era sconvolto tanto quanto Rose. “Ha ragione William, Polly si rimetterà, i professori hanno già avvertito i Guaritori del San Mungo. Presto tornerà tra di noi.”

“Mi dispiace, William, mi domandavo solo se quello che ha preso Polly fosse diretto a lei o se è stata una vittima innocente.”

“A cosa pensi, James?”

“Che Polly a pranzo si è seduta dove ci sedevamo di solito io e Louis e abbiamo discusso su questo. Non vorrei che qualcuno stesse tentando di sabotare il Torneo Tremaghi.”

William e Karl lanciarono un’occhiataccia a James e Karl gli disse: “Ti sembrerà strano, Potter, ma il mondo non gira intorno a te e tuo cugino.”

“Però è una coincidenza, no?” domandò Andrew McLaggen. “Dovremmo parlarne con Teddy e Victoire, sicuramente staranno indagando sulla faccenda.”

 

***

 

Roddie era corso verso i Tre Manici di Scopa trascinandosi Rabastan non appena aveva ricevuto il gufo di Roland. Non era stato semplice, perché Rabastan sbuffava, interrotto in qualcuno dei suoi patetici tentativi di sedurre una collega di Durmstrang.

“Cosa vuole Roland?”

“Non lo so, ma è urgente.”

“Come fai a dirlo?”

“Lo ha scritto e si è precipitato fin qui. Non ti sembrano elementi sufficienti?”

“Se non è urgente mi sentirà.”

“Non ci vediamo da più di un anno e non sei nemmeno felice di vedere i tuoi fratelli? Che ti è successo, Rab?” Roddie era sconvolto dal comportamento di suo fratello. Da quando si erano visti aveva mantenuto un atteggiamento freddo e distaccato che non gli apparteneva, quasi non gli sembrava di riconoscere suo fratello.

“Ho imparato a respirare, dovresti provare anche tu.”

“La mia respirazione funziona perfettamente, ma grazie per l’interessamento.” Roddie alzò gli occhi al cielo e preferì lasciar correre. Non voleva polemizzare con Rabastan e arrivare all’appuntamento con Roland dopo che loro due avevano discusso. Forse Roland sarebbe stato in grado di migliorare l’umore di Rab, visto che erano sempre andati più d’accordo loro due che ognuno dei due con lui.

Dentro il pub, Roland sorrise e alzò una mano. Andò incontro a Rabastan e lo strinse a sé: “Da quanto tempo, Rab! Ho letto tutti i tuoi articoli, i tuoi libri! Sapessi a casa quanto siamo orgogliosi di te!” Gli occhi marroni di Roland si erano illuminati alla vista del fratello e il sorriso si era allargato.

Rabastan era rimasto inizialmente un po’ rigido, poi si era sciolto e aveva ricambiato l’abbraccio del fratello. Alzò un sopracciglio scettico e domandò: “Non sarà stata una scusa per vedermi? Roddie era molto preoccupato.”

“Purtroppo no,” disse Roland facendo cenno di sedersi. “La faccenda è seria. Temo che possa accadere qualcosa a Hogwarts.”

“Come una ragazza trovata priva di sensi in biblioteca?” domandò Roddie. “Strano tempismo il tuo, è appena accaduto.”

Roland alzò lo sguardo al cielo e sospirò, chiuse gli occhi. “Sono arrivato tardi.”

“Tu!” La voce di Teddy Lupin li sorprese tutti e tre. “Perché non sono sorpreso dal vedere voi tre che confabulate dopo che è accaduto qualcosa a Hogwarts?”

Roland rivolse un sorriso obliquo a Teddy, lo provocò: “Lupin, allora non sai starmi proprio lontano? Vuoi unirti a questa riunione di famiglia? Come devo presentarti? Weasley, anzi Lupin, vieni anche tu, sei la moglie ma questo è diventato un menage à trois!”

“Piantala Lestrange! Che cosa ci fai qua?” Victoire prese la sedia e si unì al tavolo. Roddie la osservò sedersi accanto a lui e spostò la sedia un po’ più vicino a Rabastan. Victoire se ne accorse e lo aggredì con la sua solita finezza: “Che c’è Lestrange, hai paura di sporcarti il sangue solo sedendomi vicino?”

“No, solo di sentire il tuo sudore,” le rispose Roddie mentre guardava Rabastan scuotendo la testa e facendogli segno che l’odore era tremendo.

“Beh, caro il mio principino, ho corso come una dannata perché una ragazza è stata avvelenata e ora è in infermeria priva di sensi.”

“È stata avvelenata?” domandò Roland incuriosito. Teddy si voltò verso di lui, socchiuse gli occhi studiandolo, diffidente come tutti gli Auror: “Tu perché sei qui?”

Roland sospirò e domandò: “Avete un posto sicuro dove parlare?” Si guardarono intorno e notarono qualche avventore un po’ troppo coperto dal mantello per il caldo che c’era nel pub. Teddy comprese e annuì.

“Il dipartimento Auror sarà lieto di ascoltare le tue chiacchiere, Lestrange,” scherzò Victoire. “Non ci sono chiacchiere, Weasley.”

“Lupin, per te sono Victoire Lupin.”

“Non ti facevo così… tradizionalista.”

“Vaffanculo Lestrange.”

“Per Salazar, piantatela con i vostri battibecchi!” Roddie perse la pazienza. Era sempre così, ci si vedeva per discutere di cose importanti, quei due arrivavano a interromperli, si intromettevano, e alla fine non facevano quello che c’era da fare e tutto diventava un’enorme perdita di tempo. Uscì dal pub abbottonandosi il cappotto. Spazzolò il cachemire dalla polvere che aveva preso su quelle sedie impiastricciate e annusò la manica per accertarsi che il suo cappotto non avesse preso l’odore di quel postaccio. Rabastan arrivò alle sue spalle ridacchiando. “Allora anche a te manca l’aria ogni tanto!”

“Piantala Rab, non capisco perché stiamo perdendo tempo con quei due.”

“Perché l’ultima volta è successo un casino e alla fine abbiamo dovuto collaborare. Lo sai che poi si attaccano, tanto vale giocare d’anticipo. Adesso fanno un po’ di messinscena perché Roland non può sembrare uno che va d’amore e d’accordo con gli Auror. Porta pazienza.”

“Potevo essere a Bali, in spiaggia, con un piatto di sashimi e sono qua con questi… ibridi schifosi!”

“Eh sì, io potevo essere nel mio fiordo, con il mio Grugnocorto Svedese e invece sono qui. Sai che sto allevando un drago?”

“Cosa? Ma sei impazzito? È pericoloso?”

“Nah, sono creature incomprese! Insomma, è la stessa cosa che dicono di papà, no? Che è un pericoloso Mangiamorte, ma poi noi lo conosciamo e sappiamo che è un tenerone. Ecco, i draghi sono un po’ come i Mangiamorte!”

Roddie lanciò un’occhiata esasperata al fratello ma non riuscì a trattenere un sorriso al pensiero che la mamma sarebbe scoppiata a ridere nel sentire quel paragone assurdo. Forse lei lo avrebbe ritenuto non così assurdo.

“Pensi alla mamma, vero? Hai sempre quel sorriso quando c’è di mezzo la mamma.”

“Pensavo solo che a lei sarebbe piaciuto questo paragone.”

“Sì, avrebbe raccontato di nonno Edward. Sai che ha trovato un diario del nonno e me l’ha regalato? Ci sono annotati tutti i commerci che aveva con il suo amico Orion. Ha girato molto, di nascosto dalla nonna. Prendeva una Passaporta con Orion e poi a sera tornavano insieme, si cambiavano e fingevano di essere stati al club.” Roddie non riuscì a trattenere le risate a quel racconto, guardò il fratello e gli disse: “Sai che mi sposo?”

Rabastan allargò lo sguardo sorpreso: “Cosa? Ma con Alex? La sorella di Corban? Ma non avresti dovuto fare altre esperienze?”

“Temo di essere come papà. Ho provato, non credere, abbiamo provato entrambi, dicendoci che forse stavamo insieme per inerzia, ma dopo un po’ di mesi disastrosi io ho capito che non voglio nessun’altra al di fuori di lei.”

“Sono felice per te, quindi la mamma sarà alle prese con i preparativi. Sarà su di giri!”

“Sì, è molto divertente,” ammise, “lo so che non è avventuroso come allevare un drago, ma anche destreggiarsi tra le tovaglie può riservare delle sorprese.”

“Avete finito di raccontarvi i segreti?” la voce canzonatoria di Victoire rovinò l’atmosfera. Roddie guardò il fratello e gli sussurrò: “Io la odio, questa qua.”

Rabastan ridacchiò e Roddie si sentì felice per essere riuscito a stemperare l’atmosfera che c’era con suo fratello. Poteva immaginare il carico di paure che il ritorno a casa, in questa scuola, era in grado di rievocare. Era quasi come tornare a rivestire panni che si sperava di aver abbandonato per sempre, rituali da cui si credeva di fuggire, persino quegli sterili battibecchi, che finivano per riportarli ad essere solo i figli dei Mangiamorte, non un Magizoologo in erba, insegnante a Durmstrang e scrittore affermato né un funzionario dell’Ufficio Cooperazione Magica Internazionale, ma solo i Lestrange, senza un nome, un’identità propria.

Seguirono Teddy e Victoire nell’aula che in quei giorni erano costretti a dividere. Roland si guardò intorno e domandò: “Vi hanno sistemato qui?” prese posto e iniziò a giocare con le Piume che si trovava davanti. Roddie andò dal fratello e mise in salvo l’inchiostro. “Non mi mettere in disordine la scrivania.”

Roland scoppiò a ridere. “Tu lavori qui? Davanti i Lupin?”

“Eh, sì, vedi cosa mi tocca subire ogni giorno?”

“No, ma è fantastico, almeno so che ci sei anche tu!” Esclamò cambiando completamente atteggiamento. “In questi giorni stanno accadendo cose strane,” iniziò. Teddy e Victoire si guardavano scettici. “Avete presente i polli e i pavoni di Malfoy?”

Tutti annuirono, la notizia era uscita sulla Gazzetta del Profeta. “Beh non sono gli unici casi, ce ne sono stati altri, come i corvi fuori dalla nostra proprietà, i gufi dei Nott, le cornacchie dei Rosier, i cani dei Parkinson, una strage di animali, ritrovati improvvisamente privi di vita.”

“Qualcuno gioca con le maledizioni senza perdono.”

“Lo credevo anch’io e volevo sapere chi fosse a tirare fuori di nuovo la storia dei Mangiamorte, anche perché nessuno dei reduci sapeva nulla. Nessuno. Nemmeno quel contastorie arruffone di Goyle, o Zabini, nessuno sa alcunché. La cosa incredibile è che gli animali non sono morti.”

“Hanno usato l’Anatema che uccide, abbiamo visto i polli stecchiti e rilevato presenze di magia oscura e quella è la sola maledizione in grado di togliere la vita senza lasciare traccia.”

“Quei polli non erano morti!”

“Cosa stai dicendo?”

“Ero andato a trovare un mio contatto, un ex Mangiamorte che si è trovato un animale morto nella sua proprietà. Era l’animale dello stemma di famiglia.” Roland fece una pausa e scosse la testa divertito: “È inutile che mi guardi così, Lupin, non farò nomi e non tradirò la mia fonte,” scambiò un rapido sguardo con Rabastan, come se lui sapesse di chi si trattasse, e continuò: “Lo stava impagliando, ero presente quando la segatura è scomparsa e sono tornati gli organi e l’animale è ritornato in vita urlando di dolore.”

“Per Godric!” mormorò Victoire portandosi una mano alla bocca.

“Ho passato giorni a mettere insieme le notizie, appuntare le date e i luoghi dei ritrovamenti e ho visto un percorso.” Roland estrasse una mappa dalla tasca del mantello. “Guardate, tutto è iniziato in Cornovaglia, dai Nott, poi da noi, poi nel Devon, dai Potter, i Weasley, i Malfoy nel Wiltshire e così via.” Roddie notò il modo accurato con cui Roland aveva segnato sulla mappa il numero di animali morti, le date e il luogo. L’ultimo ritrovamento è stato qua intorno, chiunque abbia maledetto gli animali sembra che stesse venendo proprio a Hogwarts.”

“Ma in questo caso la ragazza è solo svenuta, come fai a dire che sia la stessa mano?” domandò Teddy, Victoire continuava a riflette: “Il passaggio dall’animale all’uomo segnerebbe un salto di qualità notevole.”

Roddie rifletteva, quanto accaduto aveva dell’assurdo, soprattutto perché nemmeno Roland aveva idea di cosa stesse accadendo. “Bisognerà tenere gli occhi aperti, anche nelle scuole.”

“Noi siamo arrivati a Samhain,” puntualizzò Rabastan, “Non riesco a immaginare che qualcuno delle scuole faccia una cosa del genere. Di sicuro non qualcuno di Durmstrang.”

“Nemmeno di Hogwarts e mi sento di escludere persino Beauxbatons,” aggiunse Teddy. “Abbiamo conosciuto gli insegnanti, sono persone che amano i loro studenti.”

“Che veleno è stato utilizzato?” domandò Roland.

“Non lo sappiamo, i Guaritori sono al lavoro. Sono arrivati Dominique e Albert e stanno verificando la situazione.”

“Oh, fate tutto in famiglia!” esclamò Roland, “L’ultima volta che è successo qualcosa di misterioso, sbaglio, o era qualcuno dei vostri?”

“Non sei divertente, Lestrange, quello fu un incidente.”

“Non lo definirei un incidente, solo ignoranza verso le Arti Oscure. Spero che adesso vi sia più… cultura… sull’argomento.” Roland si divertiva troppo, per i gusti di Roddie, a punzecchiare i due Lupin, era come se fosse rimasto ai tempi di scuola. Forse, lavorare con papà era tremendamente noioso se suo fratello provava nostalgia di quei tempi.

Rabastan tossicchiò e cercò di riportare la conversazione sull’oggetto di quella riunione. “Possiamo escludere che non fosse un attacco mirato alla ragazza?”

Victoire scosse la testa e sospirò: “Al momento no.”

Teddy era accanto a lei, appoggiato a un banco con le braccia conserte che rifletteva. Si massaggiò la barba che stava spuntando dopo una giornata piuttosto frenetica. Chiuse gli occhi, stanco, continuò con il suo solito atteggiamento da Auror che fa rapporto: “Ascolteremo i compagni di Casa, la preside e i professori. Al momento non lasciamo nemmeno questa pista, ma un incidente, il giorno della pesa delle bacchette mentre la Gazzetta del Profeta e parte del Ministero della Magia sono tra le mura della scuola è un indizio che fa pensare che ci fosse altro. Nessuno che ce l’avesse con Polly sarebbe stato così sciocco da farlo quando tutti gli occhi del mondo magico erano puntati su Hogwarts.”

Roland annuì. “Troppi indizi portano a una mano fuori Hogwarts, ma non sappiamo se qualcuno ha un aiuto esterno, o qualche esterno ha un aiutante qui.”

“Chiedo a tutti voi di tenere gli occhi aperti,” concluse Teddy.

Si avvicinò a Roland e gli porse la mano: “Grazie, Lestrange.”

Roland gli rispose con uno schiocco della lingua, uno di quei rumori che irritavano profondamente Roddie, gli lasciò un sorriso obliquo e disse: “Mi aspetto discrezione, Lupin, ho una reputazione da difendere. Se avete bisogno di me, fate un fischio.”

Roddie e Rabastan accompagnarono il fratello fino al portone di ingresso di Hogwarts dove avrebbe potuto Smaterializzarsi. “Tenete gli occhi aperti, voi due,” gli disse congedandosi.

“Tu prova a cercare qualcosa nella biblioteca a casa,” gli suggerì Rabastan.

“Ho provato ma non trovo niente che mi possa essere d’aiuto. Sai che non riesco a trovare una maledizione che possa ricreare la vita? Cavolo, quell’uccello lo stavano impagliando ed è tornato a sbattere le ali e urlare dal dolore. Ho rischiato l’infarto! Mai vista una cosa tanto terrificante!”

“Papà direbbe che sei una mammoletta!” lo canzonò Rabastan.

“Lo ha detto, infatti, ma avrei voluto vedere tutti voi in quella situazione, persino…” abbassò la voce per non farsi sentire, “zio Thorfinn si è spaventato e gli ha lanciato un Anatema che uccide!”

“La prossima settimana ci sarà la prima prova, spero che questa storia sia chiusa per allora.”

“Non giurarci, Roddie, è dall’estate che questa storia va avanti e stiamo ancora brancolando nel buio. Chiunque ci sia dietro sa come muoversi. Lei mi ha detto che non è nessuno di noi.”

Roddie osservò il fratello sorpreso: “Sei andato da lei?” domandò senza nascondere la paura che il nome di Lady Mulciber evocava.

“Non avevo altra scelta e anche lei brancola nel buio. State attenti.”

 

 

   
 
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