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Autore: evelyn80    06/08/2021    1 recensioni
L'estate è tempo di vacanza per antonomasia, e anche i Chicago non perdono l'occasione per godersi le tipiche location vacanziere: mare, montagna, città d'arte e campagna. Una raccolta di quattro capitoli in cui ne vedremo delle belle!
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Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Make me smile'
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Sul cucuzzolo della montagna


 



(Da sinistra a destra: Lee, Danny, Terry [in alto], Robert, Walter, James [in basso], Peter)

 

 

Prompt: pesce


Location: montagna

 

 

L'aria sulle Montagne Rocciose era limpida e frizzante, proprio quello che ci voleva per rigenerarsi dopo quindici intensi giorni di registrazione al Caribou Ranch. I Chicago avevano preso in prestito due Pick-up appartenenti allo studio di Guercio e si erano recati al Winter Park Resort, un centro montano poco lontano da Nederland. *1)
Non appena arrivati, l'aria pungente di alta montagna aveva sferzato subito la loro pelle, facendoli rabbrividire.
«Cazzo, non pensavo che facesse così freddo!», esclamò Terry, battendosi freneticamente sulle braccia per riscaldarsi e correndo a recuperare il suo giaccone dal cassone del furgoncino.
«Siamo a 2800 metri di altitudine, idiota! Cosa ti aspettavi, il clima delle Maldive? Beh, dato la maglietta che indossi, si direbbe proprio di sì», replicò Lee indicando la T-shirt dell'amico, che aveva stampato un grosso pesce angelo giallo e blu sul davanti.
«Sempre meglio del tuo maglione di Aspen», borbottò il chitarrista mentre infilava il giubbotto, riferendosi al maglione di lana dell'amico.
«Almeno io sono in tema, e Aspen non è nemmeno troppo lontana da qui».
Terry scimmiottò l'espressione saccente di Lee, poi si accodò agli altri che si erano già avviati verso l'ingresso del parco che prometteva varie attrazioni divertenti: oltre a diverse seggiovie e un'ovovia che portava fino a 3500 metri di quota, vi si trovavano pure un campo da minigolf e una pista da bob su ruote.
«Cosa facciamo per prima cosa?», chiese James, sfregandosi le mani sia per la soddisfazione di essere riusciti a evadere dalla morsa di Guercio, sia per ridare calore alle dita intorpidite.
«Io direi di andare innanzi tutto sul bob», propose Robert, indicando l'arrivo della pista in questione, situato alla loro sinistra.
«No... troppa fila», si lamentò Peter, fissando la gran ressa di persone ammassate all'ingresso della seggiovia che portava alla partenza dell'attrazione.
«Perché non andiamo a giocare a minigolf?», suggerì invece Walter, che aveva tutta l'intenzione di rimanere, per quanto possibile, con i piedi per terra visto che soffriva di vertigini. *2)
«Che palle! Il minigolf è roba da mocciosi!», esclamò Danny. «Io propongo di prendere l'ovovia e andare fino al rifugio, così magari possiamo bere qualcosa di forte per scaldarci!».
«E io potrei mangiare qualcosa di ipercalorico», aggiunse Terry, sfregandosi lo stomaco e provocandosi così un rutto.
«Ma se hai appena finito di mangiare un taco enorme!», sbottò Lee, sventolandosi la mano davanti al volto per scacciare la puzza dei gas di scarico di Terry. «Senti? Aleggia ancora nell'aria».
Il chitarrista si strinse nelle spalle. «Quante storie... lo sai che se non mangio qualcosa almeno ogni mezz'ora poi vado in calo di zuccheri». *3)


Alla fine, la maggioranza dei ragazzi decise di iniziare con una discesa sul bob, per poi salire al rifugio in ovovia.
I sedili della seggiovia erano da tre posti, così i ragazzi si disposero in fila: James, Walter e Lee davanti, Peter e Robert a seguire e Terry e Danny per ultimi.
Quando venne il loro turno, Walter serrò le palpebre non appena i suoi piedi si staccarono da terra.
«Ehi, non dirmi che hai paura», commentò Lee, fissando di sottecchi il sassofonista.
«Chi... io? Noooo, figurati. È solo che mi è entrato un moscerino in un occhio».
«E allora perché li tieni chiusi entrambi?», chiese James, sinceramente incuriosito.
«Mi è entrato in tutti e due, va bene? E ora state zitti e lasciatemi in pace. Chiamatemi solo quando saremo arrivati in cima».
Due sedili dietro di loro, il vocione di Terry che cantava lo jodel a suon di rutti riecheggiava per tutta la vallata.
«Ehi, ragazzi, ascoltate questo!», gridò per farsi sentire dai suoi compagni che lo precedevano, per poi prodursi in un rutto lungo e modulato.
«Cazzo, fratello, ma come diamine fai a farli così potenti?», chiese Danny, che non sapeva se mettersi a ridere per le trovate dell'amico o fare finta di non conoscerlo per la vergogna.
«È tutta questione di diaframma», rispose il chitarrista stringendosi ancora una volta nelle spalle, in un gesto che gli era naturale.
Una volta giunti alla partenza della pista da bob videro che in realtà le corsie erano due, e che quindi potevano gareggiare a coppia. Nell'attesa che venisse il loro turno, iniziarono a formarsi le coppie che intendevano sfidarsi.
Naturalmente Terry era pronto a battere chiunque si fosse messo sulla sua strada.
«Non c'è storia: non gareggiate contro di me perché rischiate di perdere», gongolò il chitarrista, gonfiando il petto e facendo espandere il pesce angelo che aveva sulla T-shirt fino a fargli assumere le dimensioni di un pesce palla.
«Per forza!», replicò Robert mettendosi a ridere. «Tra la massa attirata dalla forza di gravità e le scorregge che ti fanno andare a reazione...».
«A proposito di questo», rispose subito Terry, per poi premersi la pancia e sganciare un peto a pernacchia che fece allontanare di qualche passo coloro che li seguivano nella fila.
Lee alzò il viso al cielo e fece roteare gli occhi. «Signore, ma cosa ho fatto io di male?».
«Secondo me dovremmo formare le coppie in base alla nostra stazza, per non avvantaggiare nessuno. Per esempio, Lee e Walt potrebbero gareggiare insieme, mentre io potrei scontrarmi con Jimmy».
«Ehi, io sono troppo minuto per fare a gara con Bobby», si lamentò subito Danny non appena capì che a lui sarebbe toccato il tastierista.
«Vuoi farla con me, allora?», chiese Terry.
«No, no, Bobby va benissimo», replicò il batterista. *4)
Quando finalmente venne il loro turno le coppie si apprestarono a partire. I primi furono Robert e Danny, che per cercare di vincere a tutti i costi per poco non saltò fuori dalla pista in cemento su una curva parabolica, finendo quindi per rallentare fino a passo di lumaca per lo spavento. Poi fu la volta di Lee e Walter, che arrivarono praticamente appaiati e decretarono che il loro era stato un pareggio. Seguirono Peter e James. Il bassista rimase in testa per buona parte della gara ma poi decise che il suo caschetto di capelli andava assolutamente risistemato sotto al cappello di lana che indossava e così il trombonista lo superò proprio all'ultima curva.
Per ultimo toccò a Terry, che aveva faticato non poco per accomodare la propria mole sul piccolo bob di plastica e che l'operatore aveva legato come un salame con la cintura di sicurezza del mezzo.
«Vi prego... liberatemi, o mi scoppierà lo stomaco...», ansimò una volta giunto in fondo alla pista, implorando l'addetto alla discesa di fare presto.


Di nuovo tutti e sette con i piedi per terra, i ragazzi si diressero alla partenza dell'ovovia che li avrebbe portati al rifugio.
«Finalmente... non ci vedo più dalla fame!», esalò Terry mettendosi in coda per primo.
Nel frattempo – come spesso succede in alta montagna – il bel tempo aveva ceduto rapidamente il passo ad alcuni nuvoloni neri che minacciavano tempesta.
«Temo che stia per piovere», commentò Peter, alzando lo sguardo al cielo e stendendo la mano col palmo verso l'alto per captare qualche eventuale goccia.
«Bah, quante storie. È solo una nuvoletta», rispose il chitarrista, stringendosi per l'ennesima volta nelle spalle. *5)
Non fecero in tempo a salire sulla loro cabina che un fulmine, subito seguito dal boato del tuono, si abbatté su una delle vette circostanti. L'impianto rimase in funzione per un altro paio di secondi poi si arrestò, le porte della cabina ancora mezze aperte.
Walter, che era salito su quell'arnese con molta riluttanza, cominciò ad agitarsi sul sedile.
«Forse faremmo meglio a scendere prima che sia troppo tardi, non credete?».
Danny, che soffriva di claustrofobia – tenuta a bada solo per il fatto che la cabina era dotata di ampie vetrate – si trovò d'accordo con lui, mentre gli altri cinque insisterono per rimanere. *6)
«Che c'è, avete paura del temporale? Cucci cu...», li canzonò Terry grattandoli con le dita sotto il mento, come se fossero stati due cuccioli.
«Piantala, cretino!», sibilò Danny scacciando la sua grossa mano con uno scapaccione. Walt, invece, trasse un lungo sospiro e iniziò a biascicare qualcosa sottovoce.
Dopo un minuto l'impianto si rimise in funzione, e la cabina occupata dai Chicago lasciò la stazione di partenza oscillando debolmente. Il cielo era diventato plumbeo e le raffiche di vento spazzavano i fianchi della montagna. Alcuni escursionisti, saliti in ovovia e ridiscesi a piedi lungo il sentiero, si affrettavano a raggiungere il fondo valle.
Un altro lampo spazzò l'aria, accompagnato da un tuono tanto forte da far vibrare i vetri della cabina, e come successo poco prima l'impianto si arrestò di nuovo.
«Non mi piace...», mormorò Lee fissando le nuvole cupe. «Sta per scatenarsi una tempesta».
«Io ve l'avevo detto che stava per mettersi a piovere», replicò Peter incrociando le braccia sul petto, «ma voi non avete voluto darmi retta!».
«Che fifoni! Vi spaventate per così poco? Visto, la cabina è anche ripartita», disse Robert, mentre l'impianto rientrava in funzione.
Sobbalzando e dondolando appesa alla fune, la cabina percorse qualche centinaio di metri in salita. Ormai erano ad alcune decine di metri di altezza e la stazione di partenza era sparita, inghiottita dalla nebbia. Walter aveva alzato gli occhi al cielo, continuando a borbottare qualcosa di inintelligibile che sapeva tanto di litania.
Ad un tratto, nel bel mezzo della campata tra un pilone di sostegno e l'altro, un terzo lampo esplose sopra le loro teste, accompagnato da un roboante tuono. L'impianto si fermò di colpo e la cabina rimase a dondolare avanti e indietro, l'attacco metallico che cigolava sulla fune.
«Cazzo...», sibilò James, stringendo involontariamente le mani sulla similpelle del sedile. Tutti gli altri rimasero in silenzio, gli occhi puntati sulle nuvole scure, a parte il borbottio del sassofonista che andava avanti senza sosta.
Dopo pochi secondi, i ragazzi iniziarono a udire dei tonfi sordi sul tetto della cabina, prima molto distanziati, poi sempre più fitti.
«Inizia a piovere», disse Peter, accostando la faccia alla grossa vetrata.
«No, non è pioggia. È grandine», constatò Lee, indicando i grossi chicchi bianchi che impattavano con violenza sul terreno, rimbalzandovi.
La grandinata si fece sempre più violenta e, nel giro di pochi secondi, la cabina sembrò presa di mira da una mitragliatrice. Il rumore all'interno era talmente assordante che i ragazzi furono costretti a iniziare a urlare per riuscire a sentirsi.
«Ehi, guarda quelli come corrono!», esclamò Terry, indicando un gruppo di escursionisti che affrontavano il sentiero in discesa a rotta di collo, le braccia sopra la testa per ripararsi dai chicchi di grandine grossi come noci che cadevano dalle nuvole nere. «Forza, Taylor!», gridò, agitandosi tutto e facendo oscillare ancor più la cabina. *7)
Danny, che si guardava freneticamente attorno alla ricerca di un po' d'aria, gli si aggrappò come una cozza. «Smettila di dimenarti, o questo cazzo di aggeggio finirà per staccarsi dalla fune e ci schianteremo sulle rocce!».
A quelle parole, la litania di Walter crebbe di volume e si tramutò in una sfilza di bestemmie in croato.
«Kurak! Sranje! Proklet bio i kad sam te poslušao! Idi se jebi!». *8)
«Ma che cazzo stai dicendo?», gli chiese Robert, guardandolo come se fosse impazzito. Ma il sassofonista non gli prestò ascolto e continuò a inveire contro se stesso e i suoi amici come se non ci fosse stato un domani.
Per fortuna, dopo pochi minuti la burrasca iniziò ad allontanarsi. I chicchi di grandine si fecero sempre più radi fino a scomparire del tutto. Le nubi nere, spazzate dal vento, si dispersero in fretta lasciando spazio ad ampi sprazzi di sereno. La cabina si rimise in movimento con uno scrollone che fece trasalire Danny e sospirare Walter.
Il sassofonista, pallido e madido di sudore, si asciugò la fronte con la manica del giaccone e tentò di regolarizzare il respiro posandosi una mano sul petto, mentre i suoi compagni lo guardavano fisso.
«Tutto a posto, Wally?», chiese James osservandolo con attenzione, e lui si limitò a fare un cenno affermativo con la testa.
«Ehi, stiamo per arrivare!», esclamò Peter in tono allegro. La stazione di arrivo dell'ovovia, infatti, si stagliava a poche centinaia di metri da loro, il rifugio Lodge At Sunspot proprio al suo fianco.
«Pancia mia fatti capanna!», disse Terry fissandolo e sfregandosi lo stomaco. «Sei contento pesciolino, vero?», aggiunse, rivolto al disegno sulla sua T-shirt.


Finalmente a terra, i sette ragazzi percorsero i pochi metri che li separavano dall'ingresso del rifugio. Anche se il cielo era tornato quasi totalmente sereno, l'aria si era fatta molto più fredda a causa della grandinata e si sfioravano gli zero gradi centigradi.
Prima di entrare nella struttura di legno, James si fermò e raccolse uno dei chicchi di grandine che si erano depositati sulla terrazza.
«Ehi, fratelli, guardate qua! È enorme!».
Gli altri si voltarono a guardare: il chicco di ghiaccio che teneva in mano era grande quasi quanto una pallina da ping pong.
«Meno male che eravamo nella cabina. Ti immagini quei poveracci a piedi che se li sono beccati in testa?», commentò Robert prima di guidare gli altri all'interno.
Il locale era piuttosto affollato, visto che le persone vi si erano rifugiate per proteggersi dalla grandinata. I sette ragazzi si strinsero a fatica nell'unico tavolo – da quattro posti – rimasto libero.
«Voi cosa prendete?», chiese Peter consultando il menù.
«Io prendo le patatine al chili», ansimò Terry, già con l'acquolina in bocca.
Lee lesse la descrizione del piatto sul menù. «Una montagna di patatine dorate accompagnate dal nostro chili di bufalo, condite con formaggio fuso e panna acida... hai davvero intenzione di mangiare questa bomba chimica?!», esclamò storcendo il naso.
«Sì...», esalò il chitarrista, già pregustando il sapore del chili.
«Io credo che mi limiterò a una cioccolata calda», disse Walt, ancora in parte scosso dall'avventura appena vissuta sull'ovovia.
«Anch'io», si accodò Danny.
«E poi prendo anche il chili di bufalo», interloquì Terry, che non aveva ancora finito di scorrere la lista dei piatti a disposizione.
«Non so dove tu abbia intenzione di andare a cagare, domani...», commentò Robert dopo aver letto la descrizione del secondo piatto scelto dall'amico: "Teneri pezzi di bufalo cotti a fuoco lento con Jack Daniel's, fagioli neri, pomodori, aglio arrosto e una miscela di spezie, conditi con formaggio grattugiato, panna acida e serviti in una ciotola di pane”. *9)
«Al cesso, perché?».
«Allora credo che Guercio dovrà chiamare l'impresa di spurghi», concluse il tastierista, facendo scoppiare tutti a ridere.
«Io non penso solo a quello, ma anche ai gas di scarico che mollerà stanotte», aggiunse Danny, che con Terry divideva il cottage al Caribou Ranch.


Dopo che tutti ebbero consumato le proprie ordinazioni, il pesce angelo sulla T-shirt di Terry che ora sguazzava tra le macchie di sugo, i sette ragazzi si apprestarono a lasciare il rifugio per tornare a valle.
«Credo che me la farò a piedi», disse Walter fissando le cabine dell'ovovia. Anche se il cielo si era ormai rischiarato, non aveva nessuna intenzione di ripetere l'esperienza del pomeriggio.
«Vengo con te, fratello», si accodò Danny. Anche lui ne aveva avuto abbastanza di luoghi claustrofobici, per quel giorno.
«Sarà meglio che vi segua anch'io... devo digerire tutto quel chili che ho mangiato», esalò Terry mollando un rutto al termine della frase.
Così, mentre gli altri quattro salivano di nuovo sull'ovovia, sassofonista, batterista e chitarrista imboccarono il sentiero che portava a valle.
Il sole stava calando dietro le montagne e l'aria era pungente, ma i tre ragazzi si riscaldarono ben presto camminando.
«Di nuovo noi tre soli, come ai vecchi tempi, eh?», disse Walt, ricordando quando militavano insieme nella loro prima band, i “Jimmy Ford and the Executives”.
«Già, quando tu mi hai inchiappettato la ragazza... letteralmente parlando», replicò Terry in finto tono di rimprovero. Ormai aveva superato da tempo l'attrito che c'era stato tra lui e il sassofonista a causa di Jackie.
«Che poi io sapevo già tutto e non sapevo come fartelo sapere senza sputtanare Wally», aggiunse Danny sorridendo al ricordo. Erano passati almeno dieci anni, e in quel lasso di tempo da ragazzini erano diventati uomini. *10)
Continuarono a percorrere il sentiero a passo lento, parlando del passato, quando ad un tratto Terry si bloccò di colpo, piegandosi in due e premendosi entrambe le mani sulla pancia.
«Tutto bene, fratello?», gli chiese Danny non appena se ne accorse.
«Credo... credo di aver mangiato troppo chili».
«Non ce la fai a continuare?», domandò Walter, chinandosi per guardarlo in faccia.
Il volto del chitarrista si contrasse in una smorfia.
«No... io... mi sto cagando addosso!», esclamò, correndo in mezzo a un gruppo di cespugli e calandosi i pantaloni.
«Ahhhhhh», lo sentirono sospirare di soddisfazione gli altri due.
«Beh, almeno qualcosa di positivo c'è, in tutto questo», commentò Danny mettendosi sopravento per non lasciarsi investire dalla puzza delle feci di Terry.
«E cosa?», chiese Walter.
«Che Guercio non dovrà chiamare l'impresa di spurghi».
I tre scoppiarono a ridere, pure Terry ancora accucciato in mezzo ai cespugli. Questo era il bello della loro amicizia, e loro sapevano che non sarebbe mai finita.

 

 

Spazio autrice:

Benvenuti sul secondo capitolo della raccolta partecipante alla mia sfida. Questa volta la location era la montagna e il prompt (suggerito da mio figlio XD) era PESCE. Siccome non sapevo letteralmente che pesci prendere, ho sfruttato il prompt facendolo diventare il disegno sulla T-shirt indossata da Terry Kath, così ho avuto anche modo di citare l'ormai famosissimo maglione di Aspen/Cortina posseduto da Lee Loughnane (un maglione con ricamato sopra uno sciatore che Lee era solito indossare da giovanissimo).
Questa volta la storia è ambientata nel 1973, epoca della pubblicazione del primo album registrato dai ragazzi al Caribou Ranch. Sebbene a quell'album abbia partecipato anche Laudir de Oliveira, al tempo il percussionista non era ancora diventato un membro ufficiale della band e quindi non l'ho citato e non compare nemmeno nella foto che ho scelto come banner. A proposito... avete notato Peter che guarda in su con la mano rivolta col palmo verso l'alto per controllare se sta per piovere? XD
Visto che stavolta ho fatto parecchi riferimenti alla biografia dei Chicago e alle mie varie story line, ho fatto ricorso alle note numerate per aiutare la giudice della Challenge a raccapezzarsi.
Per quanto riguarda la “Real Life Challenge”, lo spunto che ho preso è quello dell'avventura in ovovia. Praticamente ho vissuto la stessa esperienza che hanno passato i Chicago XD.
Nel 1994 siamo stati in vacanza con il camper e siamo passati anche da Madonna di Campiglio. Quando abbiamo preso l'ovovia, ecco che il cielo si è rannuvolato tutto d'un tratto e si è scatenata una violenta grandinata. I fulmini avevano fatto fermare la cabina (esattamente come raccontato nel testo: fermata ancora con le porte semiaperte, poi ripartita, poi fermata di nuovo, poi ripartita e infine fermata a metà della campata), le persone che scendevano lungo il sentiero correvano riparandosi la testa con le mani e mio papà li incitava citando Pietro Mennea (il famoso duecentometrista italiano). Mentre io bestemmiavo come una turca dalla paura! XD. Mio padre mi ha pure ripreso con la telecamera in quell'occasione e sono stata perculata per anni XD.
Poi, quando la tempesta (durata pochissimo per fortuna) è passata e siamo arrivati al rifugio, abbiamo visto che i chicchi di grandine che erano caduti erano davvero grandi come noci.
Il titolo della shot, questa volta, è un riferimento alla canzone “Sul cucuzzolo” di Edoardo Vianello, scritta per Rita Pavone.
Prima di lasciarvi alle note numerate, vi lascio i link delle storie di Kim Winternight e Soul Mancini che partecipano alla mia sfida.

Kim: "Who wants to come with me and melt in the sun?" sui System of a Down

Soul: "Chi sa correre sulla sabbia?" sui Nothing But Thieves

Alla prossima location: la città d'arte!

 

*1) Il Caribou Ranch era lo studio di registrazione di James Guercio, il produttore dei Chicago. La band ha registrato lì ben 5 album: Chicago VI – VII – VIII – X – XI. È situato a pochi chilometri di distanza dalla cittadina di Nederland, sulle Montagne Rocciose, in Colorado. Il Winter Park Resort è un centro estivo e invernale poco distante. Non so se esistesse già nel 1973 (periodo in cui è ambientata la shot): mi sono presa la libertà di farlo esistere con le stesse attrazioni attuali.

*2) Il fatto che Walter soffra di vertigini è una mia licenza poetica. Ho ripreso quanto raccontato in questa mia shot: "Montagne russe e vertigini non vanno d'accordo". La shot appena citata si svolge cronologicamente dopo questa, quindi qui i suoi amici non sanno ancora di questa sua paura.

*3) L'enorme appetito di Terry è storia vera. Nell'ultima biografia della band che ho letto è scritto chiaramente che al chitarrista piaceva molto mangiare, anche se ciò gli ha sempre dato problemi con le ragazze, che lo snobbavano per via della sua stazza, soprattutto negli ultimi periodi della sua vita in cui era ingrassato fino a raggiungere i 136 chilogrammi di peso. Il fatto che emetta così spesso rutti e peti, invece, è una mia licenza poetica.

*4) Lee, Walter e Robert erano piuttosto magri e superavano il metro e novanta di altezza. Peter e James erano leggermente più robusti ed erano alti intorno al metro e ottanta. Anche Terry era alto circa un metro e ottanta ma, come detto prima, la sua stazza è sempre stata notevole. Danny, invece era il più piccolo e minuto di tutti: era magro come un chiodo ed era alto circa un metro e settantacinque.

*5) Forse la giudice della Challenge coglierà il riferimento alla battuta di Gimli ne "Il Signore degli Anelli". XD

*6) Anche la claustrofobia di Danny è una mia licenza poetica. Ho ripreso quanto raccontato in questa mia shot: "Ascensori e parrucchini". Anche in questo caso, la shot appena citata si svolge cronologicamente dopo questa, quindi qui nessuno è a conoscenza della fobia del batterista.

*7) Robert Taylor è stato un velocista statunitense. Alle Olimpiadi di Monaco di Baviera del 1972 ha conquistato la medaglia d'argento nei 100 metri piani e la medaglia d'oro nella staffetta 4x100, facendo registrare il record mondiale. Terry fa quindi il suo nome per riferirsi agli escursionisti che corrono sul sentiero.

*8) Per mia licenza poetica, poiché Walter è di origini croate, quando è particolarmente emozionato tende a ricorrere alla sua lingua d'origine. Alla lettera, la frase significa: "Cazzo! Merda! Accidenti a me e a quando vi ho dato ascolto! Andate a 'fanculo!".

*9) Il "Lodge At Sunspot" è il nome del rifugio che si trova accanto alla stazione di arrivo dell'ovovia del Winter Park Resort. La descrizione dei piatti scelti da Terry l'ho presa direttamente dal suo menù.

*10) Terry, Danny e Wally si conoscevano già da prima di fondare i Chicago, visto che suonavano insieme nei "Jimmy Ford and the Executives", la band studentesca citata nel testo. A quel tempo Terry era fidanzato con Jacklyn Goodie, ma poiché i due non andavano più tanto d'accordo, Walter ne approfittò per soffiargliela. Pentito della bastardata che aveva fatto nei confronti dell'amico, Walt si confidò con Danny, che gli suggerì di mettere le cose in chiaro. L'attrito tra i due amici durò molto poco, in quanto Terry dichiarò che la loro amicizia non poteva certo essere intaccata da una pollastrella qualsiasi. La pollastrella in questione, però, non era proprio una qualsiasi, perché ha sposato Walter ed è tutt'ora al suo fianco, dopo ben 55 anni di matrimonio.

  
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