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Autore: mercutia    08/08/2021    1 recensioni
L'esperienza in Caerdicca Unitas ha cambiato Imriel, ma ha solo parzialmente rimosso la tensione dal suo rapporto con Phèdre. Per quanto sia felice di riaverlo a casa, a pochi mesi dal suo ritorno è chiaro che ancora tra loro esistano questioni in sospeso, attriti spinosi e ingombranti che solo una persona al mondo dice di poter dissipare. Con questa promessa Mélisande Shahrizai rientra improvvisamente nella vita di Phèdre, proponendole un patto controverso per quanto irrinunciabile.
A dodici anni di distanza la prescelta e l'erede di Kushiel si ritrovano faccia a faccia: chi delle due avrà la meglio nel loro eterno duello d'amore e d'odio?
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La storia è narrata dal punto di vista di Phédre anche se si colloca nella seconda trilogia, per la precisione dopo "Il sangue e il traditore", di cui però ignora il finale in cui Imriel decide di leggere le lettere di sua madre.
[fanfiction Phédre/Mélisande]
[piccoli spoiler fino a "Il sangue e il traditore"]
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Imriel nó Montrève de la Courcel, Joscelin Verreuil, Mélisande Shahrizai, Phèdre nó Delaunay, Ysandre de la Courcel
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Bondage
Capitoli:
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Trovai il mio consorte in cortile ad allenarsi, era di pessimo umore, come mi aspettavo. Vedendo il cocchio non fermò i suoi esercizi e quando scesi mi gettó soltanto uno sguardo, per nulla caloroso. Tanto gli bastó però per capire che qualcosa non andava in me, perciò mi osservò una seconda volta, quindi si alzó da terra velocemente e mi venne incontro detergendosi il sudore. Non gli diedi il tempo di chiedermi nulla, gli gettai le braccia attorno al petto e mi strinsi a lui. 
«Sono tutto sporco» mugugnó incerto se ricambiare il gesto. 
Io mi limitai a stringerlo più forte, allora sentii le sue braccia avvolgermi e la sua voce che vibrava contro la mia testa mentre diceva «Andiamo dentro.»
Il suo calore e l'atmosfera di casa alleviarono molta della tensione che mi stava divorando la lucidità, il bagno caldo che feci insieme a lui poi mi liberò dal vischioso turbamento che mi aveva costretta a fuggire da Mélisande, ragionare con lui su tutte le misure di sicurezza che avremmo adottato mi confermava che non avevo nulla da temere, eppure non riuscivo a cancellare il terrore che gorgogliava ancora nella mia coscienza. 
«Vuoi ostinarti a non dirmi qual è il problema?» mi chiese Joscelin mentre mi asciugavo i capelli. 
Sospirai, appoggiando il telo sulle gambe. 
«Dimmi solo che è tutto pronto per domani.»
«Lo è.»
Lo guardai a lungo, gli sorrisi con il cuore che sembrava scoppiarmi d'affetto. 
«Non so come potrei vivere senza averti al mio fianco» dissi. 
«Amarti è una condanna, Phèdre, una condanna a cui non rinuncerei per niente al mondo.»
«Vieni qui» mi allungai ad afferrare la camicia che si era appena infilato, lo trascinai giù verso di me e lo amai, di nuovo. Era lui il mio solo antidoto al veleno di Mélisande, lui la mia sola difesa dall'intimo richiamo che quella donna esercitava sulla parte più cupa e malsana del mio essere. Elua, lui era da sempre l'ancora di salvezza che mi impediva di affogare nel mio stesso sangue. Davvero, ora come allora, mi chiedo come avrei potuto farcela senza la sua presenza nel mio cuore. 
Finalmente rigenerata dalle premure di Joscelin, andai a cercare Imriel, trovandolo nel mio studio. 
«Ti aspettavo» mi accolse imbronciato «Avevi scritto che saresti tornata presto.»
«Sono tornata appena ho potuto.»
«Non credevo di avere così poco tempo. E venirlo a sapere con due righe di messaggio non è stato il massimo. Avevi detto… »
«Lo so quel che avevo detto» lo interruppi un po' brusca «Tua madre ha preso alla sprovvista anche me sui tempi, ma ho dovuto convenire con lei che fosse meglio così.
Ora dimmi, come posso aiutarti?»
«Non lo so nemmeno io. Non voglio dire a te quello che devo dire o chiedere a lei. Non ora.»
«Posso sapere perché? Sei in imbarazzo?»
«No. Non è quello. Solo… Tu potresti non essere d'accordo. Non su tutto. E… è meglio di no.»
Temevo le sue ragioni, pur non volendo pensarci a fondo era facile immaginare e mi dispiaceva terribilmente. Ma lo capivo. 
«Come preferisci.»
«Credi che dovrei leggere le sue lettere?»
«Non credo cambi molto ora. Lo sa che non le hai lette, me lo ha chiesto.»
«E cos'ha detto?»
«Nulla. Forse ne parlerà con te. A me ha fatto solo domande. Ma sapeva già molto di te, molto più di quanto mi aspettassi» e quindi lo misi al corrente di tutto ciò che mi aveva chiesto e che io le avevo detto, incluso quanto era accaduto tra me e lui. 
«Ho ritenuto importante farglielo sapere, dal momento che è qui per aiutarti.»
«Di questo ha detto qualcosa?»
Scossi la testa. 
«Nulla. 
Credo lo immaginasse. 
Ad ogni modo quando abbiamo concluso mi ha ringraziata per essere stata all'altezza del compito di crescerti, finora.»
«E adesso cosa succederà?»
«Suppongo sia ciò di cui parlerete domani.»
Taceva pensieroso, lo sguardo fisso a un punto indefinito della parete. 
«Come ti senti?» gli chiesi dopo un po'. 
Mi guardò a lungo senza rispondere, poi fece un sospiro. 
«Ho un po' paura. 
Paura di sprecare l'occasione che ho. 
Paura di restarne deluso. 
Paura che questo incontro non servirà a niente. 
E… E paura di lei.»
«Mi sembra del tutto lecito. 
Ascoltami, durante gli anni di addestramento, sia a Casa Cereo che con Delaunay poi, mi sono stati insegnati dei piccoli trucchetti per mantenere il controllo delle emozioni in certi frangenti. Ci sono situazioni in cui non sono sufficienti, ma tentar non nuoce.»
Passai così il resto del pomeriggio a fare esercizi di respirazione e giochi mentali insieme a lui, scoprendo quanto fossero utili anche al mio tremendo stato emotivo, oltre che al nostro rapporto. Andammo avanti anche dopo cena, ritrovandoci poi a parlare di nuovo di Mélisande, in modo così sincero e spassionato che mi fu davvero difficile non rivelargli i termini del patto che avevo stretto con lei e quanto per me fosse doloroso pensare di portarlo a compimento. 
«È così strano» disse Imri ad un certo punto. 
«Cosa?»
«Quando parli di lei, anche quando racconti gli aspetti più negativi, c'è qualcosa di diverso nella tua voce, come una nota agrodolce, un velo di tristezza e, per quanto lo trovi assurdo, d'affetto.»
Sorrisi mesta. 
«Non me l'aveva mai detto nessuno.»
«Non l'avevo mai notato prima.»
Sospirai. 
«Tua madre si è macchiata di colpe indelebili, molte delle quali hanno colpito direttamente me e i miei cari.
Nonostante questo lei è la ragione della mia stessa esistenza, il motivo per cui sono ciò che sono, la sua esatta complementarietà. 
Non posso odiarla. Ci ho provato, non ne sono capace. 
E non posso nemmeno amarla, non fino in fondo, perché vorrebbe dire sacrificare la mia coscienza e anche di questo non sono capace.
È una triste condizione, Imri, forse è questo che avverti nella mia voce» e il fatto che non posso pensare di porle fine. 
Lo congedai poco dopo e andai in camera da letto, dove mi raggiunse Joscelin. 
«È pronto?» mi chiese. 
«Chi può dirlo? Per molti versi Imri è più duro di me e te messi insieme. Ma d'altra parte sua madre è sua madre e questo per lui vale più che per chiunque altro. 
Non ha voluto dirmi cosa le vuole dire e forse è un bene, avrei finito per influenzarlo in un modo o nell'altro. 
Abbiamo lavorato molto sul controllo delle emozioni. Credo abbia fatto bene a entrambi.»
Mi mise una mano sotto il mento e mi sollevó il viso. 
«Allora perché ancora questo sguardo?»
Chiusi gli occhi e girai la testa di lato. 
«Lo vedo che hai paura, Phèdre e non sono così stupido da non immaginarne il motivo. Quello che non capisco è perché hai accettato se hai ancora dei dubbi.»
«Perché sono dubbi infondati. Abbiamo esaminato tutto più e più volte, in ogni singolo dettaglio. Oggi sono anche tornata con lei alla villa, ho ricontrollato tutto. Non c'è nulla di cui aver paura, nulla di cui dubitare, se non di me stessa e della mia lucidità. Ho paura di me più di quanta ne abbia di lei. E lei è la sola che possa ristabilire il mio equilibrio. Mi sento intrappolata in un circolo vizioso.»
«Sicura che sia solo questo?»
«Ho paure irrazionali e non so nemmeno esattamente di cosa. Sono ossessionata dal fatto che ci sia una trappola e non la trovo. Continuo a chiederle giuramenti e poi non le credo. Non riesco a essere oggettiva e sai quanto questo non sia da me.»
«Phèdre, stai parlando di Mélisande, la donna che ha tradito te e il regno più volte e nei modi più infimi. Le tue paure sono umane.»
Scossi la testa. 
«Non ha mai mentito quando c'era in gioco la vita di Imriel. Ha giurato anche su di lui che non ha secondi fini. 
Il problema sono soltanto io.»
Joscelin mi prese il viso tra le mani. 
«Il fatto di doverla consegnare alla giustizia non c'entra niente? Dimmi la verità.»
Tacqui, distolsi lo sguardo e lui capì. 
«Vuoi che me ne occupi io? Sai che lo farei con piacere.»
«Proprio per questo non te lo permetterei mai. Devo farlo io.»
«Elua, Phèdre, tu e il tuo assurdo senso del dovere!»
«Detto da un cassiliano suona davvero ridicolo.»
Mi guardó storto, ma poi allungó le braccia a stringermi. 
«Non voglio discutere, non questa notte. Però, Phèdre, promettimi di non fare sciocchezze, promettimi che sarai attenta e soprattutto» mi distanzió per potermi guardare negli occhi «Soprattutto promettimi che se non dovessi farcela a portare a termine il patto, lascerai che ti aiuti io. È questo che io temo, che tu possa in qualche modo acconsentire a salvarla. Ho paura che arriveresti a pagare per lei.»
Avrei così voluto indignarmi, dirgli che fosse assurdo e offensivo nei miei confronti, invece restai lì a farmi penetrare dalla tenerezza dei suoi occhi, mentre pregavo di trovare almeno la forza di fare quelle promesse. Poi gli afferrai la testa, cercando in lui la forza che da sempre mi aveva dato per controbilanciare la debolezza della mia natura e, prima di baciarlo, dissi «Andremo fino in fondo, a qualunque costo. Te lo giuro.»
Riuscii a dormire, al sicuro tra le braccia di Joscelin riuscii a concedermi il riposo di cui avevo bisogno per poter affrontare quella giornata e ciò che ne sarebbe conseguito. Mi svegliai lucida e risoluta, attenta nel verificare che tutto quanto era stato predisposto cominciasse a prendere forma. Come me, né Joscelin né Imriel dissero una parola oltre i saluti, ognuno di noi si occupò soltanto di eseguire i propri compiti così come avevamo prestabilito e in poco tempo eravamo già diretti alla villa di Sigàn, Joscelin alla guida della carrozza, io e Imri al suo interno. 
«Sei pronto, tesoro?» chiesi al ragazzo dopo un primo tratto di strada trascorso in silenzio.
Si girò a guardarmi facendo spallucce. 
«Non lo so. Da un certo punto di vista non vedo l'ora che sia tutto finito.» 
«Vuoi che ne parliamo un po'?»
«Preferisco di no.»
Concentrarmi sul suo nervosismo mi avrebbe aiutata a non pensare al mio che stava facendo breccia sulla fermezza che mi ero imposta, ma rispettai la sua volontà, almeno fino a quando riconobbi le colline tra le quali si trovava la villa di Lord Sigàn. Stavamo per arrivare e non sapevo se una volta giunti a destinazione avrei più avuto modo di parlargli da sola prima che incontrasse sua madre. 
«Perdonami tesoro, una cosa soltanto» dissi allora. 
Mugugnó un assenso restando peró assorto a guardare fuori. 
«Stai sempre attento, mi raccomando.»
A quel punto si volse a guardare me. 
«Tua madre mi ha giurato di essere qui con le migliori intenzioni, di non voler arrecare danno né a te, né a me, né a nessun altro. Ad ogni modo il non sapere nulla di ciò che ti dirà onestamente mi spaventa. Perciò ti chiedo di essere sempre prudente e di valutare con cura tutto quanto… »
«Hai stretto un patto con lei e non ti fidi della sua parola?» mi interruppe. 
«Mi fido della parola che mi ha dato, ma credo di avere tutto il diritto di non essere troppo tranquilla comunque. Tu non abbassare mai la guardia, intesi? E soprattutto, non dubitare mai di me.»
«Perché dovrei?»
«Perché il suo punto di vista potrebbe portarti a farlo. In fin dei conti hai ascoltato sempre solo una campana, ascoltare l'altra è normale possa far sorgere dei dubbi e uno dei principali talenti di tua madre è senz'altro quello di confondere la verità.»
Sospiró scuotendo la testa. 
«La prima cosa che mi hai detto quando mi hai parlato del fatto che mia madre fosse qui è che sai quello che stai facendo e che hai la situazione sotto controllo. Ora, se dici così…»
«Vedi, tesoro, tra me e tua madre c'è un equilibrio estremamente sottile, eppure solido. Non dimenticarti che ho affrontato un viaggio fino all'altra parte del mondo per salvare te e Hyacinthe e l'ho fatto fidandomi ciecamente della parola di tua madre. E ho fatto bene: mi aveva detto il vero e grazie a lei ho potuto liberare suo figlio e il mio migliore amico. Sembrava un patto equo fino a quel punto, invece alla fine lei ha ottenuto, oltre alla tua salvezza, la mia implicita concessione alla sua fuga e anche la promessa che ti avrei cresciuto io. 
È questo che temo, che di nuovo riesca in qualche modo a strapparmi più di quanto abbiamo pattuito. Per questo non sono del tutto tranquilla e ti chiedo, per favore, di stare sempre attento.»
«Posso sapere, almeno adesso, cos'ha offerto lei?»
«Mi ha chiesto di non dirtelo e non lo farò nemmeno adesso.»
Restó a lungo pensieroso a guardarmi, poi la carrozza si fermó, dal finestrino vidi l'ingresso della villa che si apriva ed Emeric che usciva per accoglierci. 
«Staró attento» disse Imri subito prima che Joscelin aprisse la portiera e mi allungasse una mano per farmi scendere.

   
 
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