Mycroft: “Well, I
supposed there is a heart
somewhere inside me.
I don’t imagine
it’s
much of a target,
but why don’t we try
for that.”
Casa di
Mycroft Holmes, quattro mesi dopo
<< Anthea! Anthea!
>> la sempre
efficientissima segretaria di Mycroft Holmes si affacciò
alla porta
dell’ufficio del suo capo cercando di mantenere
un’espressione il più seria
possibile.
<< Sì,
Sir? >> Mycroft la guardò
come se volesse strozzarla:<< Una giacca pulita, mi serve
una giacca
pulita >> commentò acido tendendo le braccia e
quindi anche il bimbo che
sorreggeva con esse, davanti a lui per allontanarlo dal suo
completo:<<
Penso che dovrà cambiare completo Sir, quella era
l’ultima giacca di riserva
>> Mycroft alzò gli occhi al
cielo:<< Bene allora vai e trovarmi un
completo >> poi guardando il visino sorridente del nipote
aggiunse:<< E anche una stramaledetta babysitter, non
posso andare alla
riunione con il primo ministro con…lui…
>> e quell’ultima parola gli uscì
quasi con un ringhio, nonostante volesse bene a quell’umano
in miniatura che
assomigliava a Sherlock bambino più di una goccia
d’acqua, nonostante i capelli
fossero quelli della dottoressa Hooper.
Non era ancora riuscito a chiamarlo
per nome o a
trattarlo come chiunque tratterebbe un bambino piccolo, ogni notte
quando lo
metteva a letto malediceva mentalmente suo fratello per aver avuto
quell’assurda idea: che cosa diavolo aveva in testa Sherlock
quando aveva
scritto quel testamento? Sapeva bene che lui era la persona meno
indicata per
prendersi cura di un bambino, sapeva bene quanto lui amasse vivere solo
nella
sua grande casa senza anima viva che gli girasse intorno, il bambino
era solamente
un fastidio in più o l’ennesimo scherzo perverso
del suo caro fratellino.
Guardando di nuovo il nipote che lo
fissava
curioso scosse appena la testa: che cosa stava pensando! Sherlock
doveva aver
avuto le sue ragioni per affidargli quella specie di demone travestito
da
bambino ma lui proprio non riusciva a capire quali; senza contare che
ogni
volta che suo nipote lo guardava con gli stessi occhi acquamarina di
Sherlock
per lui era come una pugnalata al cuore.
<< Sir…il
suo cambio >> e Anthea
rientrò nell’ufficio tenendo in mano una gruccia
con uno dei tanti completi di
Mr Holmes:<< Sì, grazie
Anthea…io… >> e un po’
imbarazzato dal
momento che non riusciva a mettere giù il neonato ma che
doveva farlo per
potersi cambiare Mycroft si alzò impacciato dalla sua
sedia:<< Lo dia a
me, credo che il piccolo abbia bisogno di essere cambiato
>> mormorò la
sua assistente con un sorriso avvicinandosi alla porta scorrevole dove
solamente quattro mesi prima aveva allestito la piccola nursery per il
nuovo
arrivato.
<< Ma come sei
carino…sì…bravo…bravissimo
piccolo…>>
sentendo quelle e altre frasi simili provenire dalla nursery Mycroft si
avvicinò curioso mentre finiva di allacciarsi il nodo della
cravatta e rimase
immobile guardando Anthea che faceva smorfie e solleticava la pancia di
suo
nipote steso sul fasciatoio che rideva felice agitando le gambine nude
mentre
la donna gli cambiava il pannolino.
<< Sei proprio un
bravo bambino sai…e poi
sei così bello…scommetto che da grande sarai un
grande rubacuori… >>
Mycroft alzò gli occhi al cielo: perché i bambini
facevano rincitrullire gli
adulti a quel modo? Perché la gente diventava stupida e
senza alcun pudore
davanti a quei piccoli esserini sdentati e sbavanti?
Perfino Anthea che era sempre
così perfetta e
professionale si trasformava davanti al piccolo, perfino i suoi
genitori…tutti,
tutti tranne lui.
Stava per immergersi in una delle
sue, ormai
abituali in quel periodo, spirali di autocommiserazione e pessimismo
quando il
suono del cellullare poggiato sulla sua scrivania lo riportò
alla realtà
facendolo avvicinare per rispondere.
Erano quasi le dieci quando
rientrò a casa dalla
riunione con il primo ministro, quell’uomo aveva una
parlantina incredibile e
quindi quello che doveva essere un semplice resoconto delle operazioni
dell’MI6
si era trasformato in un dettagliato e prolisso riepilogo di ogni
operazione
compiuta dalla sezione nell’ultimo anno; tuttavia ora Mycroft
era a casa,
stanco e stremato ma con già la prospettiva del proprio
letto caldo e confortevole
in cui sprofondare la testa e lasciarsi andare ad un sonno ristoratore.
Si era appena steso sotto le
coperte quando,
quasi avesse intuito le sue intenzioni, il suo piccolo coinquilino
cominciò a
piangere.
<< Anthea! Anthea il
bambino… >> ma
mentre pronunciava quelle parole si ricordò di aver
congedato la sua assistente
appena finita la riunione, c’erano solo loro due in casa e
toccava a lui
alzarsi e prendersi cura del piccolo.
<< Oh andiamo che
cos’hai? Di solito dormi
così bene >> borbottò entrando
nella nursery e avvicinandosi alla culla
dove il piccolo si agitava nervoso stringendo le mani a
pungo:<< Che cosa
c’è? Avanti dormi >> e guardandolo
dalla sponda del lettino quasi avesse
paura di lui Mycroft pregò mentalmente che smettesse di
piangere, cosa che
ovviamente non avvenne.
<< Su non fare
storie, i frignoni non
piacciono a nessuno, avanti smettila, coraggio >> le sue
parole non
sortirono alcun effetto, anzi il volume della voce del nipotino
aumentò ancora
di più, se non avesse smesso nel giro di poco i vicini
avrebbero chiamato la
polizia e lui si sarebbe trovato a dover spiegare perché era
così incapace da
non riuscire a far smettere di piangere un neonato.
Sbuffò di nuovo poi
preso da uno scatto di
nervosismo abbassò le mani nella culla sollevando il bambino
e scrutandolo come
se fosse stato una bomba sul punto di esplodere:<<
Andiamo che cos’hai?
Non devi essere cambiato >> constatò lanciando
un’occhiata al pannolino
ancora immacolato:<< Hai mangiato quando se
n’è andata la tata quindi non
puoi avere fame, che cosa vuoi? Che cosa vuoi piccolo…
>> e quasi non
rendendosene conto mentre parlava e lo scrutava avvicinò il
bambino al proprio
corpo più o meno all’altezza del suo cuore,
immediatamente il bambino si calmò
stringendo uno dei lembi del suo pigiama con le sue piccole manine.
Incredulo di averlo fatto smettere
Mycroft
rimase immobile per un paio di minuti buoni per assicurarsi che il
piccolo si
riaddormentasse poi quando lo sentì di nuovo respirare
regolarmente lo staccò
da sé facendo il più piano possibile e
poggiandolo di nuovo nella culla.
Era quasi arrivato alla porta della
stanza
quando sentì il piccolo tonfo del corpicino che si girava e
riaccadde di nuovo.
Sentendo il freddo del materassino
su cui
riposava il piccolo spalancò di nuovo gli occhi
ricominciando a strepitare come
se lo stessero uccidendo.
Di corsa Mycroft tornò
alla culla e lo riprese
in braccio, istantaneamente il piccolo smise di piangere gorgogliando
felice;
fece per rimetterlo nella culla e gli occhi del bambino si riempirono
di nuovo
di lacrime:<< No…oh no non
ricominciare… >> poi soffermandosi un
attimo a guardarlo si maledisse da solo per ciò che stava
pensando:<< Non
pensarlo nemmeno, non pensare che…non starò tutta
la notte qui a… >> ma
quando fece per metterlo di nuovo giù il neonato
alzò gli occhi nei suoi e
Mycroft rivide lo stesso sguardo con cui lo guardava Sherlock quando,
sia da
bambino sia da adulto, chiedeva silenziosamente il suo aiuto.
<< Maledetto
Sherlock, maledetto
fratellino >> commentò a bassa voce chinandosi
di nuovo a prendere in
braccio il bambino:<< Solo per stanotte, sarà
solo per stanotte sono
stato chiaro? >> poi tenendo il suo piccolo fagottino tra
le braccia si
avviò verso la propria stanza mentre il suo piccolo problema
insonne si
guardava intorno curioso, in fondo non era mai uscito troppo dalla
nursery in
quei mesi.
<< Eccoci qui, ora
sei soddisfatto piccola
canaglia? >> domandò dopo aver poggiato il
bambino sul letto ed esservisi
infilato a sua volta.
Si girò per mettersi
comodo quando notò il
bambino che stava fissando la foto appoggiata sul comodino
dall’altro lato del
letto: la foto del matrimonio di Sherlock e Molly.
Con una strana sensazione nel petto
a cui non
sapeva dare un nome Mycroft si mise seduto nel letto e prendendo prima
il
nipote e poi la foto fece un piccolo sorriso:<< Loro sono
la tua mamma e
il tuo papà, quando sarai più grande ti
parlerò di loro, ti racconterò di tutte
le assurdità che combinava tuo padre e di quanto fosse
insopportabilmente
geniale e… >> sentendolo parlare il nipote
sorrise emettendo dei piccoli
versetti felici poggiando le manine sul vetro della fotografia quasi
riconoscesse le due persone a cui doveva la vita ma che non aveva avuto
la
fortuna di conoscere.
<< Ti volevano bene
piccolo, ti volevano molto
bene anche se non eri ancora nato e avrebbero fatto di tutto per
offrirti una
vita meravigliosa >> era la prima volta
dall’incidente che Mycroft
parlava di Sherlock con qualcuno, era la prima volta che riusciva a
ricordare
suo fratello senza che una morsa d’acciaio gli stringesse il
cuore, anzi
sentiva uno strano calore.
Abbassò gli occhi quasi
senza pensarci e vide
suo nipote stretto a lui con una mano stretta al suo pigiama e
l’altra poggiata
sulla fotografia, finalmente si era addormentato, finalmente sembrava
dormire
in pace.
Restando immobile a guardare quel
piccolo
miracolo un sorriso sincero si disegnò sulle labbra di
Mycroft Holmes mentre
tutte le lacrime che aveva cercato di non versare dalla morte di
Sherlock si
riversarono sulle sue guance come un fiume in piena e la sua voce rotta
mormorava commossa:<< Ci sono io William, ci sono qui io
e non permetterò
a nessuno di farti del male >> poi chiudendo gli occhi si
addormentò
anche lui insieme al nipote.
Fu proprio in quel modo che li
trovò Anthea la
mattina dopo quando entrò in casa del suo datore di lavoro
con la sua copia
delle chiavi e non trovando Mycroft Holmes nel suo ufficio.
<<
Sir…Sir… >> e scuotendogli
leggermente la spalla Anthea fece per svegliare Mr Holmes che
aprì gli occhi
sbattendo le palpebre e guardandosi intorno un po’
spaesato:<< Anthea…ma
che ore sono? >> la donna sorrise lanciando
un’occhiata all’orologio
digitale sul comodino:<< Sono le 9.30 Sir
>> colto in fallo dal
momento che di solito si alzava alle prime luci dell’alba
Mycroft borbottò
qualcosa di incomprensibile per poi, sistemandosi meglio il nipote tra
le
braccia, aggiungere mettendo i piedi fuori dal letto:<<
Quello stupido
orologio deve essere rotto, la sveglia non ha suonato stamattina
>>
Anthea lanciò un’occhiata a uomo e bambino poi
fece un piccolo sorriso:<<
Se vuole posso farla controllare Sir >> Mycroft scosse il
capo:<<
Abbiamo da fare Anthea, non c’è il tempo di
pensare ad una sciocca sveglia che
non suona >> poi quasi fosse la cosa più
naturale del mondo fece per
scendere in cucina per la colazione:<<
Ehm…Sir… >> e la donna
richiamò la sua attenzione facendogli voltare la testa
all’indietro:<<
Sì, Anthea? >> << Il bambino
>> mormorò lei debolmente
facendogli notare che lui aveva ancora tra le braccia il nipote che si
stava
svegliando:<< Il bambino cosa Anthea? >>
<< Beh Sir ce l’ha
in braccio >> continuò lei non sapendo che
cosa dirgli:<< So
benissimo di tenere in braccio mio nipote Anthea e vista
l’ora anche lui come
me vorrebbe fare colazione >> poi considerando chiuso il
discorso l’uomo
scese al piano di sotto appoggiando il piccolo nella culla e
cominciando a
preparargli il biberon come se non avesse mai fatto altro nella vita.
Ferma sulla porta ad osservarlo
Anthea non
riusciva a credere ai suoi occhi, fino al giorno prima Mycroft Holmes
sembrava
tollerare a malapena la compagnia del piccolo e lo teneva con
sé solo lo
stretto necessario, ora invece gli preparava addirittura il biberon e
sembrava
non avesse mai fatto altro per tutta la vita.
<< Sir, devo chiamare
la babysitter per…
>> ma le parole di Anthea poco dopo mentre Mycroft finiva
di infilarsi la
giacca del completo furono interrotte dal suono del campanello
dell’ingresso.
<< Vai ad aprire
Anthea per favore
>> commentò lui finendo di allacciarsi la
cravatta e poco dopo la donna
tornò di sopra bussando piano sulla porta mentre Mycroft
stava prendendo in
braccio il nipote.
<< Sì?
>> domandò poco dopo
girandosi:<< Sir c’è il dottor
Watson, dice che deve parlare con lei
>> << John Watson? >>
domandò allora Mycroft perplesso, da
quando erano stati dal notaio e John si era infuriato alla lettura del
testamento non lo aveva più né visto
né sentito, pensava che il buon dottore se
ne stesse nell’ombra ad attendere lo scadere dei suoi sei
mesi di prova per poi
prendersi finalmente cura del figlio del suo migliore amico,
l’aveva sempre
pensato e allora…allora perché John Watson era
nel suo soggiorno?
<< A cosa devo la
visita dottore? >>
John alzò lo sguardo vedendo Mycroft scendere le scale con
il nipote tra le
braccia:<< Mycroft >> lo salutò
poi calmo:<< Non hai risposto
alla mia domanda, che cosa ci fai qui? >> John si
passò una mano tra i
capelli:<< Avevo bisogno di parlarti, di parlarti a
proposito del bambino
>> sedendosi sulla sua consumata poltrona di pelle
Mycroft annuì
sistemandosi meglio il piccolo in braccio:<< Lo
immaginavo >> poi sollevando
di nuovo il viso verso John continuò:<< Avanti
ti ascolto >> per un
minuto buono John rimase in silenzio, la sua faccia era
l’emblema della
perplessità e dell’imbarazzo poi schiarendosi la
voce decise di dar voce ai
propri pensieri:<< Sto ancora cercando di capire che
cos’è successo,
perché Sherlock non
mi ha detto di aver
sposato Molly e di aspettare un figlio…perché
hanno deciso di affidarlo a te
invece che… >> <<
Perché, perché, perché…
>> lo interruppe
Mycroft brusco:<< Possiamo andare avanti tutto il giorno
con i tuoi
perché dottore; mio fratello non ha rivelato a nessuno di
essersi sposato, io e
Mr Hudson eravamo gli unici ad esserne a conoscenza perché
siamo stati i loro
testimoni, quanto alla gravidanza della dottoressa Hooper ne sono
venuto a
conoscenza anch’io pochi giorni prima
dell’incidente, stavano pensando di
trasferirsi a Musgrave per un periodo ma quell’autista ha
cambiato i loro piani
>> John annuì poi tornando a guardare il
bambino aggiunse:<< Sì,
capisco ma penso che per crescere il figlio di Sherlock
dovrebbe… >>
<< William >> John si
bloccò:<< Come? >>
<< William
Sherlock Scott Holmes, mio nipote ha un nome dottor Watson, gradirei
che lo
usassi >> << Will…William
Sherlock Scott… >> balbettò
Watson ricordandosi
il giorno in cui il suo migliore amico gli aveva rivelato il suo nome
completo
nel caso in cui cercasse un nome da dare a sua figlia:<<
È il nome di…
>> << Mio fratello preferiva farsi chiamare
Sherlock ma penso che a
lui non dispiacerà farsi chiamare William >>
poi sollevando una mano fece
una dolce carezza sulla testa castano chiaro del piccolo.
<<
William… >> commentò John
sospirando e alzandosi per avvicinarsi ai due:<< William
Holmes >>
e allungò un dito per sfiorare le guanciotte rosa del
bambino:<< Sì, mi
piace come suona >> poi sollevando gli occhi verso Holmes
aggiunse:<< Prendersi cura di un bambino così
piccolo non è uno scherzo
Mycroft >> l’uomo tornò serio e
glaciale come sempre:<< Sono
pienamente cosciente di ciò che questo comporta dottor
Watson, ma non mi tirerò
indietro >> avrebbe voluto aggiungere altro a quel
discorso ma la voce di
Anthea dal suo studio li interruppe:<<
Sir…c’è Buckingham Palace al telefono,
dicono che è urgente >> Mycroft fece una
piccola smorfia poi sollevando
il nipote all’altezza del proprio viso
aggiunse:<< Andiamo William,
andiamo a sentire che cosa vogliono stavolta da Buckingham Palace
>> poi
con un piccolo sorriso tutto per suo nipote salutò
velocemente il dottor
Watson.
Ufficio
del notaio, due mesi dopo
<< Bene, come da
accordi siamo qui per sistemare
le questioni circa l’affidamento del piccolo William Sherlock
Scott Holmes
>> esplicò il notaio come se stesse parlando a
due idioti mentre Mycroft,
anche se non l’avrebbe mai ammesso, aveva i nervi a fior di
pelle per ciò che
sarebbe potuto succedere, John Watson non si era più visto
da quella visita due
mesi prima ma nel frattempo un paio di assistenti sociali erano venuti
a casa
sua per valutare le sue capacità di genitore e per vedere
come si sarebbe preso
cura del piccolo William.
<< Abbiamo qui i
rapporti degli assistenti
sociali e… >> << Prima che possa
continuare vorrei dire una cosa
>> il notaio alzò gli occhi:<<
Prego Mr Holmes? >> <<
Posso parlare un attimo con il dottor Watson? >> il
notaio annuì poi
Mycroft continuò:<< In privato
>> l’uomo senza aggiungere altro si
alzò e lasciò lo studio ricordando ad
entrambi:<< Cinque minuti >>
Rimasti soli John si
voltò a guardare
Mycroft:<< Che cosa c’è?
>> Holmes chinò per un attimo il capo
prima di rialzarlo e guardare lui:<< Devo dirtelo prima
di sapere che
cosa dice quella sentenza dottore >> John
continuò a guardarlo perplesso
cercando di capire dove andasse a parare quel discorso:<<
So che gli
assistenti sociali hanno parlato anche con te e con chissà
chi altro, ma non mi
interessa quello che c’è scritto lì
dentro, io non voglio rinunciare a William,
so che non sarà facile e non ti impedirò certo di
fare parte della sua vita,
proprio come Sherlock anche lui avrà bisogno di qualcuno
come te vicino;
so di non potergli dare tutto quello di cui avrà bisogno e
sono disposto a
lasciarti fare in quelle questioni che coinvolgono relazioni e rapporti
umani
ma non voglio lasciarlo a nessuno, non voglio che cresca lontano da me,
vederlo
solo nei weekend o durante le feste sarebbe…
>> << Mycroft, Mycroft
respira >> << Non credo di ricordare come
si fa >> replicò
l’uomo cercando di non vergognarsi delle sue stesse parole,
da quando William
era entrato nella sua vita il suo freddo sistema emozionale sembrava
essere
andato in tilt e ora non sapeva nemmeno lui che cosa provava davvero.
<< Leggi
>> e porgendogli una busta
John gli sorrise:<< Ma questa è…
>> e anche lui riconobbe la grafia
di suo fratello:<< Quando il notaio me l’ha
data non l’ho aperta subito,
non riuscivo a farlo perché avrebbe voluto dire che Sherlock
era veramente
morto, che non l’avrei davvero rivisto mai più, ho
trovato il coraggio di farlo
solamente dopo essere venuto a trovarvi due mesi fa, credo che debba
leggerla
anche tu >> con la mano che tremava Mycroft
afferrò la lettera aprendola
e cominciando a leggere.
<< Bene signori,
possiamo continuare?
>> e rientrando il notaio tornò a sedersi
dietro la sua scrivania mentre
Mycroft riconsegnava la lettera al dottor Watson trattenendo a stento
le
lacrime per ciò che aveva appena letto.
<< Beh è
inutile girarci intorno: da
entrambi i rapporti degli assistenti sociali e dai colloqui con amici e
parenti
è emerso un giudizio unanime: Mr Holmes >>
Mycroft alzò gli occhi
guardando l’uomo che in quel momento teneva in mano le sorti
del suo
futuro:<< La tutela di William Holmes è
affidata a lei in modo
permanente, da oggi lei è il suo tutore e
prenderà ogni decisione che riguarda
il bambino >> John Watson rimase a guardare Mycroft
Holmes che,
compassato come sempre, ringraziava il notaio e firmava i documenti per
la
custodia ma che dentro gioiva come un bambino il giorno di Natale.
Mentre usciva dallo studio del
notaio il buon dottore
ripensò alle parole che il suo amico aveva scritto in
quell’ultima lettera e
sorrise scuotendo la testa:<< Hai dedotto anche
questo vero,
vecchio
mio…
>> e mentre alzava una mano per chiamare un taxi e
tornare a casa da
Rosie gli sembrò quasi di sentire la voce di Sherlock che
rideva soddisfatto.
So
che penserai male di me per averti nascosto tutto questo John, so che
ti
sentirai tradito, probabilmente avrei dovuto affidare a te la custodia
di mio
figlio come tu una volta mi hai chiesto di prendermi cura di Rosie se
mai a te
o Mary fosse successo qualcosa…perdonami amico mio ma non
posso farlo, non
quando c’è qualcuno che ha più bisogno
di te di avere quel bambino nella sua
vita, Mycroft sarà un ottimo padre per lui, si è
preso cura di me per tutta la
mia vita quando io stesso non potevo farlo.
Stai
vicino ad entrambi te ne prego,
Sherlock.