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Autore: Baudelaire    14/08/2021    2 recensioni
Kimberly è una giovane ventenne delusa dalla vita.
Ma quella vita sta per cambiare per sempre... Il Freddo è arrivato a Fitzroy Crossing.
E, molto presto, arriverà anche da lei...
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Fitzroy Crossing, Kimberley, Western Australia



Fitzroy Crossing.
Un paesino di poche anime, sperduto nel selvaggio Kimberley, remota regione nel nord australiano, ad ovest del Kakadu National Park.
La regione dal nome così simile al suo…
 
Kimberly aveva 20 anni e viveva sola in quel posto dimenticato da Dio.
I suoi genitori erano morti cinque anni prima, in un incidente ferroviario che non aveva lasciato loro scampo.
Kimberly aveva pianto tutte le sue lacrime. Poi era stata costretta a trasferirsi da una zia scorbutica e ipocondriaca, con la quale aveva vissuto per tre anni.
Al compimento della maggiore età, finalmente, la giovane aveva potuto tornare a casa sua.
Era perfettamente in grado di mantenersi, ora che aveva trovato un lavoro.
Faceva la cameriera presso il Fitzroy River Lodge, un hotel sperduto nel deserto, dove arrivavano, perlopiù, sposini in viaggio di nozze, dall’Europa, dall’America. Posti che Kimberly poteva solo sognare.
Viaggiare era il suo sogno, ma era chiaro che non avrebbe mai potuto farlo.
Sarebbe rimasta per sempre inchiodata lì, in quel posto popolato da tristi aborigeni, completamente dimentichi della loro cultura, che vivevano nelle baracche poco fuori dal paese e che la notte si ubriacavano fino a stordirsi.
Un’intera cultura spazzata via dall’uomo bianco.
Kimberly li trovava patetici.
Se solo avessero voluto si sarebbero potuti riappropriare di ciò che spettava loro di diritto.
Ma forse era troppo tardi.
O forse, semplicemente, non avevano voglia di farlo.
Era più comodo starsene lì a vegetare, accomodati nel finto lusso europeo, piuttosto che alzarsi e ascoltare quella voce interiore che li avrebbe ricondotti alle loro origini.
 
In ogni caso, a Kimberly non importava un fico secco.
Pensava soltanto a se stessa, a portare a casa lo stipendio per sopravvivere.
Questa era la sua squallida vita di ventenne.
 
Poi accadde qualcosa.
La monotona routine di Fitzroy Crossing venne turbata da una serie di efferati omicidi.
Iniziarono a circolare voci.
Voci assurde, secondo Kimberly.
Pareva che un vampiro si aggirasse nei dintorni e uccidesse le vergini violentandole.
O meglio, prima le violentava, poi ne succhiava il sangue fino a provocarne la morte. Questo era quel che si diceva in giro.
“Non sei spaventata?” – le domandò un’amica, una sera.
Era seduta al bancone di fronte a lei. Kimberly stava asciugando un bicchiere con uno straccio.
“No.”
“Ma tu…”
“Sì, Jessica, sono ancora vergine, se proprio vuoi saperlo.”
“E come fai a non avere paura?”
Kimberly alzò gli occhi dal bicchiere e la fissò. “Punto primo: se un vampiro mi violentasse, credo che morirei all’istante. Non credo a quelle stupide voci secondo cui le uccide succhiando il sangue. Sempre ammesso e non concesso che di un vampiro si tratti.”
“Ma la polizia…” – obiettò Jessica.
Kimberly sbuffò. “Senti, Jessi, io ho ancora molto da fare qui, se non ti dispiace. E poi, se hai tanta paura, che cosa ci fai fuori casa a quest’ora della sera?”
Jessica strinse le labbra.
Kimberly non era mai stata così dura con lei.
Mortificata e offesa, si alzò e se ne andò, senza nemmeno salutarla.
Kimberly sospirò.
Forse non avrebbe dovuto essere così dura, ma ne aveva abbastanza. Ormai in città non si parlava d’altro.
Era davvero un vampiro?
Qualcuno gli aveva perfino dato un soprannome. Lo chiamavano il Freddo.
Davvero stuprava le ragazze? E perché soltanto le vergini?
E quella storia del succhiasangue, poi…
Ah, quante sciocchezze!
Ma perché non aveva paura?
Kimberly si soffermò a riflettere. Era giovane, aveva tutta la vita davanti.
Avrebbe dovuto temere per la propria incolumità, no?
Invece non provava niente.
Perché?
Davvero era diventata così apatica, in soli vent’anni di vita?
Certo, la vita non era stata molto clemente con lei. Mamma e papà se n’erano andati troppo presto, quando ancora aveva bisogno di loro.
Era stato questo, forse, a farla cambiare per sempre.
I tre anni con la zia erano stati deprimenti. Kimberly mordeva il freno.
Per fortuna al River Lodge c’era bisogno di personale. I giovani scappavano da Fitzroy. Molti andavano a Kununurra, dove era più facile trovare lavoro. Il Kakadu era una miniera d’oro per gli affari. Un piccolo paradiso terrestre.
Altri fuggivano più lontano. A Broome, più a ovest. Qualcuno osava spingersi fino in città, perlopiù a Perth, giù, nel Western Australia.
Lei, invece, era rimasta lì.
E così l’avevano assunta e aveva potuto fare ritorno a casa.
Una casa vuota, senza mamma e papà.
Ma almeno non aveva più una zia lamentosa tra i piedi.
Non era felice Kimberly. Forse, mai lo sarebbe stata.
E se davvero il Freddo fosse venuto da lei per farle del male?
Aveva paura di morire?
Kimberly si sorprese della risposta: no.
Non aveva paura di morire, sarebbe tornata da mamma e papà.
Che prospettive aveva lì?
Avrebbe potuto andarsene come tutti gli altri, certo. Perché no?
Ma ovunque fosse andata, i suoi demoni l’avrebbero accompagnata.
Forse la chiave non era scappare.
Forse la chiave era fare pace con se stessa.
Ci sarebbe mai riuscita?
 
No, non aveva nessuna paura del Freddo.
Nessuna paura.
 
Altri omicidi.
Altre ragazze uccise.
Jessica non si era più fatta vedere. Kimberly immaginava che i suoi genitori le avessero proibito di uscire di sera.
Ma era una cosa stupida. Il Freddo, a quanto pareva, si infiltrava nelle case. Nessuno udiva nulla, nessun grido, nessun lamento, fino a quando non venivano scoperti i cadaveri.
La gente era sempre più terrorizzata. Le giovani vergini si chiudevano in casa.
Kimberly, invece, continuava la sua vita come sempre. Lavorava, andava a fare la spesa al negozio di generi alimentari gestito dagli unici aborigeni simpatici della zona.
Tornava a casa, mangiava, dormiva.
Tutto nella norma.
Tutto come sempre.
 
Fino a quando il Freddo non arrivò da lei.
Lei, che quasi stentava a credere nella sua esistenza.
Ed eccolo lì, nella sua stanza, proprio un attimo prima che Kimberly spegnesse la luce per dormire.
Era mezzanotte passata. Aveva lavorato fino a tardi. Non aveva nemmeno mangiato. Si era infilata in doccia e ora aveva solo voglia di dormire.
Non seppe da dove era entrato. Se lo ritrovò di fronte all’improvviso.
Un uomo alto, dai lunghi capelli corvini e mossi, pettinati all’indietro.
La pelle di latte, gli occhi di un rosso infuocato, i denti bianchissimi, perfetti.
Indossava un completo scuro e una camicia bianca.
Le sorrideva.
Kimberly, seduta sul letto, lo fissò, senza timore.
Dunque, dicevano la verità. Il Freddo esisteva davvero.
Era giunta la sua fine?
Perché diavolo non riusciva ad avere paura? Se ne avesse avuta, tutto sarebbe stato più semplice. La morte era meno dolorosa se avevi paura.
Così, invece, diventava tutto dannatamente complicato.
Kimberly si alzò.
Avrebbe voluto parlare, ma non sapeva cosa dire.
Attese che fosse lui a farlo.
O ad agire.
In ogni caso, Kimberly non avrebbe potuto difendersi, in nessun modo.
E di scappare non se ne parlava. Non era mai stata una codarda e non avrebbe cominciato certo adesso.
“Perché non sento l’odore della tua paura?” – le domandò il vampiro.
Kimberly lo fissò negli occhi, un po’ presa in contropiede da quella domanda. “Potrai sforzarti finchè vuoi. Non la sentirai.”
Il sorriso del Freddo si allargò.
Mosse un passo in avanti, sicuro di sé e divertito. “Bene bene, abbiamo una damigella coraggiosa qui. Pane per i miei denti.”
“Fai quello che devi. Ma fallo in fretta.”
Quelle parole lo paralizzarono.
Perché quella ragazza non aveva paura di lui? Tutte ne avevano. Tutte. La paura era ciò che rendeva la caccia ancora più eccitante. Il motivo stesso per cui faceva quel che faceva.
Gli piaceva tanto.
Ma che gusto c’era se la vittima non tremava, non implorava pietà?
Non poteva divertirsi così.
Il Freddo si irritò.
“Sono qui per ucciderti.”
“Sì, l’ho capito.”
La rabbia montò ancora di più.
Decise di metterla alla prova.
In un attimo fu di fronte a lei. Chiuse gli occhi, stordito dal suo profumo inebriante.
Sarebbe stato dolcissimo godere di quel sapore così invitante…
Difficile, molto difficile resistere.
Ma lui voleva divertirsi. Aveva bisogno della sua paura.
Le sfiorò il collo con due dita, e sentì il brivido della sua pelle al contatto con la sua.
Kimberly chiuse gli occhi, pronta all’inevitabile.
Sentì la bocca gelida sul collo.
Aveva ragione. Non le stuprava. Le uccideva e basta, dissetandosi avidamente, sfruttando i loro corpi per soddisfare il suo bisogno di sangue.
Kimberly attese.
Mamma, papà, sto arrivando…
Ma nulla accadde.
Riaprì gli occhi.
Il Freddo si era scostato, e la guardava irrequieto, sconvolto.
Per la prima volta nella sua lunga vita di immortale, i suoi occhi color fuoco erano impietriti dinanzi a qualcosa di inspiegabile.
Una giovane mortale gli stava sconvolgendo l’intera esistenza.
Il Freddo era ammutolito dinanzi a quel coraggio.
O forse avrebbe dovuto chiamarla stupidità?
Gli occhi scuri di Kimberly erano pozze di mistero, insondabili, imperscrutabili.
“Che cosa senti?” – le domandò, al colmo dell’angoscia.
“Niente.”
Una risposta sicura, pregna di verità.
E fu lì, in quell’attimo, che il Freddo prese la decisione.
Non ne avrebbe fatto carne da macello.
Quella giovane meritava molto di più.
Si chinò di nuovo su di lei e stavolta i denti affondarono nella tenera carne.
Nel contempo, le serrò la bocca, impedendole di urlare.
Kimberly fu sul punto di svenire, ma il Freddo la sorresse con facilità.
Si cibò di quel nettare dolcissimo, fino al momento giusto.
Poi, si fermò.
La giovane era pallida, incosciente.
L’adagiò sul letto e attese al suo fianco per tutta la notte.
 
Kimberly si risvegliò alle prime luci dell’alba.
Si sentiva un po’ stordita, ma incredibilmente forte, incredibilmente diversa.
Poi si accorse di una presenza al suo fianco.
Il Freddo.
“Ben svegliata.” – le disse.
Era ancora più bella, con gli occhi rossi come i suoi, la pelle diafana, il corpo perfetto, forte, pronto per quella nuova vita.
“Perché sei qui? Perché non mi hai uccisa?”
“Ti ho dato molto di più. Ti ho fatto dono dell’immortalità.”
Kimberly si sollevò, lentamente. Si guardò allo specchio. Gli occhi non erano più di brace, ma rossi.
Gli occhi di un vampiro.
Si voltò di scatto. “Perché mi hai fatto questo? Io non te l’ho chiesto!”
“Non hai avuto bisogno di chiedere. Io ho capito. Ora sei libera, finalmente. Verrai via con me.”
Kimberly era sconvolta.
Da un giorno all’altro, la sua vita mortale non era più.
Non avrebbe raggiunto i suoi genitori.
Mai.
Il Freddo la condusse con sé e Kimberly scoprì il mondo, paesi che mai avrebbe sognato di visitare.
Il suo corpo era dotato di una forza sorprendente, mai stanco, mai pago di scoprire, di conoscere, di imparare.
Fu l’inizio di qualcosa di unico e magico, che mai avrebbe osato sperare.
 
Per la prima volta nella sua vita, e per sempre, Kimberly assaggiò il sapore della libertà.
E non se ne separò mai più.
   
 
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