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Autore: musa07    23/08/2021    4 recensioni
[KageHina][SkipTime]
"- È alle sette e cinquantasette il treno? -
- Sì. -
- Il biglietto ce l’hai? I documenti anche? -
- Sì. E sì. - cerca di farlo ridere, Shoyo, ma ultimamente è un’impresa davvero titanica.
Tobio lo guarda con sospetto. Lo sa, se ne rende conto. Lo sente, l’ha sentito in quelle 48 ore nelle quali è ritornato a Tokyo, il peso del suo sguardo penetrante su di sé.
È impossibile per lui non capire Tobio. Da sempre. Il suo aggrottare delle sopracciglia, l’assottigliarsi degli occhi...
Non hanno affrontato l’argomento, anche se ha aleggiato sulle loro teste come una pesante spada di Damocle per tutto il tempo. Non per codardia, ovviamente, ma per non rovinare in qualche modo quelle preziose – quante rare ultimamente – ore insieme. A cercare di dar una parvenza di normalità.
E Shoyo aveva ben dovuto affrontare - e sostenere - un altro sguardo solo qualche giorno prima.
- Torni da lui? -[...]"
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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No, ma geniale comunque
mettersi a scrivere un’altra minilong
quando ho una BokuAka impiantata

Però a mia discolpa posso dire
che questa sarà davvero mini-mini,
tre massimo quattro capitoletti
e ho già iniziato a scrivere la seconda parte.
Sì, lo so: sono indifendibile in ogni caso.

Perdonatemi a prescindere^///^

Ah! Skiptime, ovviamente,
a quando i due militano in due squadre differenti.

 

 

È restare, combattere ed emozionarsi che richiede coraggio

 

1. Shoyo
 

- È alle sette e cinquantasette il treno? -
- Sì. -
- Il biglietto ce l’hai? I documenti anche? -
- Sì. E sì. - cerca di farlo ridere, Shoyo, ma ultimamente è un’impresa davvero titanica.
Tobio lo guarda con sospetto. Lo sa, se ne rende conto. Lo sente, l’ha sentito in quelle 48 ore nelle quali è ritornato a Tokyo, il peso del suo sguardo penetrante su di sé.
È impossibile per lui non capire Tobio. Da sempre. Il suo aggrottare delle sopracciglia, l’assottigliarsi degli occhi...
Non hanno affrontato l’argomento, anche se ha aleggiato sulle loro teste come una pesante spada di Damocle per tutto il tempo. Non per codardia, ovviamente, ma per non rovinare in qualche modo quelle preziose – quante rare ultimamente – ore insieme. A cercare di dar una parvenza di normalità.

E Shoyo aveva ben dovuto affrontare - e sostenere - un altro sguardo solo qualche giorno prima.
- Torni da lui? - gli aveva chiesto Atsumu, passando davanti alla sua camera dopo esser uscito dalla bagno, con il solo asciugamano legato in vita.
- Sì, vado da Tobio. – aveva risposto lui, fiero, sostenendo il suo sguardo (nel quale vi aveva letto una lieve canzonatura ne era certo; sapeva leggere così bene anche il suo sguardo, molto più decifrabile e aperto di quello di Tobio) – Torno a casa. -

Tobio lo abbraccia prima che lui salga sul treno. E lui vi si aggrappa in qualche modo.
L’ha preso alla sprovvista, si erano già salutati. Shoyo sa quanto Kageyama odi il momento dei saluti, se dipendesse dall’alzatore questi porterebbe avanti le lancette del tempo per rendere il tutto meno doloroso.
L’ha attirato a sé per un braccio, facendogli perdere l’equilibrio e trovarsi il volto impattato sul suo petto. Avvolto dalle sue braccia. Come una infinità di volte.
“È questo il mio posto!” pensa Shoyo, stringendosi forte. Quanto bene conosce quella stretta, quelle braccia, quel profumo… Anche se in qualche modo gli dà idea che sia un abbraccio che in qualche modo sa di disperazione, di una disperata richiesta di aiuto. E lui si aggrappa come se fosse la zattera sulla quale loro due si trovano come due naufraghi in una tempesta. L’unica speranza che rimane loro...

Sale sul treno che inizia a piovere. Dapprima piccole gocce iniziano a picchiettare sul vetro dove lui ha appoggiato la fronte, guardando il suo volto riflesso dopo che gli occhi sono rimasti incollati sulla figura di Tobio che lo salutava fino a quando non è stata inghiottita dall’oscurità. Poi il ticchettio si fa più urgente, quasi assordante.
Vorrebbe correre giù. Correre da Tobio. Chiamarlo. Vedere come questi si girerebbe aggrottando le sopracciglia facendogli venire quella curiosa rughetta tra di esse (e lo sa, lo sa Shoyo che quella rughetta è anche per colpa sua. Solo per colpa sua…) iniziando ad insultarlo. Non l’ha mai fatto in quei due giorni. Ed è terribilmente sintomatica questa cosa…
Tobio sospetta qualcosa, ed è inutile che lui continui a dirgli che non è successo niente. Perché è vero, non è mai successo niente, ma Tobio gli scandaglia l’anima, lo scruta dentro – come ha sempre fatto – e cerca risposte, rassicurazioni, che in qualche modo quella volta non ha trovato al cento per cento.

Non è mai successo niente tra lui e Atsumu.
È una battaglia di intenti, di sguardi, di provocazioni da parte dell’altro che lui scansa come il migliore dei dribblatori. Ma è una guerra che lo sta sfinendo, lo sfianca, si sente cedere, sente che le mura difensive stanno iniziando mestamente a sgretolarsi. Se n’è accorto con orrore; si è pietrificato, la gola gli si è serrata impedendogli il respiro per un lungo istante nel momento in cui si è reso conto di essersi immaginato per un attimo di avere le mani dell’altro, e non quelle di Tobio, su di sé.

Non è mai successo niente tra lui e Atsumu.

Per il momento… gli sussurra maligna una voce dentro di sé.

 

Continua…

 

Io lo sapevo, lo sapevo che se scoperchiavo il vaso di Pandora dell’angst ero finita…
È sempre colpa di ‘Tsumu comunque!

   
 
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