But they never did, ever lived, ebbing
and flowing
Inhibited, limited
Till it broke open and it rained down
It rained down, like…
Believer
Il silenzio in
macchina era opprimente. Io continuavo a spostare lo sguardo fra Mycroft e il
paesaggio che correva accanto all’auto. Sembrava quasi di essere fermi. La
nebbia aveva avvolto la notte con il suo fitto abbraccio e non capivo come
l’autista potesse percorrere la strada a velocità così con una visibilità tanto
ridotta. Quello, però, non era il problema più impellente. Dovevamo scoprire
dove fossero andati James e Sebastian e se veramente la Barriera fosse caduta.
Ancora non potevo credere che degli Omega avessero deliberatamente messo in
pericolo la nostra comunità. Per che cosa, poi? Che cosa aveva promesso loro
Sebastian? Potere? Prestigio? Denaro? Libertà? Aveva davvero importanza avere
una risposta?
Mycroft sospirò: “I
satelliti hanno registrato l’improvvisa comparsa di una grossa isola
nell’Oceano Atlantico. La mia assistente è riuscita a distruggere i dati e a
disturbare la ricezione degli altri satelliti, ma non abbiamo molto tempo. Gli
altri paesi si accorgeranno presto che qualcosa non va e ripristineranno la
funzionalità dei loro satelliti.”
“Avrai dei
problemi?” Domandai. Non volevo che si scatenasse una guerra, prima ancora di
sapere che cosa fosse comparso.
“Oh, no. Questi
giochetti che ci divertiamo a fare anche solo per capire quanto siano bravi i
reciproci informatici. E ti posso garantire, John, che tutti hanno ottimi
esperti.”
“In parole povere,
quanto tempo abbiamo?” Intervenne Sherlock.
“Al massimo un paio
d’ore.”
“Non arriveremo
nemmeno all’Isola!” Sbottò Sherlock.
“Ti sbagli. – mi
intromisi, con voce tesa – Unendo i nostri poteri, potremmo teletrasportare una
piccola imbarcazione direttamente all’Isola. È sicuramente la stessa cosa che
ha fatto Sebastian.”
L’abitacolo si
riempì di un silenzio sbigottito. Io scossi la testa: “Non avete proprio idea
di che cosa possano fare un Alfa e un Omega Legati. È per questo che gli
Anziani ritengono che il nostro ritorno nel Mondo Esterno sia troppo
pericoloso. Un potere così grande nelle mani sbagliate può causare danni
incalcolabili.”
Mycroft riprese
presto il controllo della situazione: “Ho ordinato ad Anthea di mandare una piccola
squadra di uomini scelti su uno dei nostri mezzi più piccoli. Saremo pronti a
partire in venti minuti. Ho avvisato anche Greg. Mi sembra giusto che anche lui
sia presente alla difesa dell’Isola.”
Sapevo molto bene
quale fosse il sottinteso, nel discorso di Mycroft. Lui e Greg avrebbero difeso
l’Isola, ma volevano conoscere i propri figli. Chi ero io per impedirlo?
La piccola
imbarcazione ci attendeva in una darsena isolata, nell’insolitamente silenzioso
porto di Londra. Al squadra scelta da Anthea era composta da una decina di
persone, lei compresa, armati e decisi. Erano tutti Beta. Fui grato a Mycroft
per questo. Loro non sarebbero mai stati interessati agli Omega, quindi ero
certo che ci avrebbero difesi, senza secondi fini.
Greg era già
arrivato. Dalla sua espressione preoccupata, capii che le notizie non erano
buone: “Mentre venivo qui, ho sentito alla radio la bizzarra notizia che su
internet giri la voce che una grande isola sia comparsa improvvisamente sui
satelliti di tutto il mondo, per poi sparire di nuovo. Si chiedono se si tratti
di Atlantide, risalita dal fondo dell’Oceano.”
“Sono notizie
divulgate dai miei sottoposti per depistare chi abbia visto l’Isola. Spero che
questo non le provochi dei rimorsi, sovrintendente,” spiegò Mycroft.
“Assolutamente no.
Più teniamo tutti all’oscuro di ciò che sta davvero accadendo, meglio è. Che
cosa facciamo qui, comunque? Impiegheremo ore per raggiungere la nostra meta e
il vostro depistaggio non avrà senso.”
“Ti sbagli, Greg,
non ci vorrà così tanto. – ribattei – Sei pronto, Sherlock?”
“Che cosa devo
fare?”
“Nulla. Prendimi le
mani. All’incantesimo penserò io. Ho bisogno che tu condivida la tua energia
con me. Pronto?”
“Pronto.”
Presi le mani di
Sherlock. Erano calde e sicure. Mi infusero tanta forza e fiducia. Gli sorrisi
e intrecciai le nostre dita. Chiusi gli occhi e comincia a pronunciare la
formula, concentrando la mente sul punto in cui volevo che io, le persone e
l’imbarcazione ci trovassimo. Una luce verdognola avvolse il piccolo natante,
prima che, con uno schiocco, svanisse nella nebbia.
Quando riaprii gli
occhi, l’Isola era davanti a me. Vicino alla spiaggia era ancorata una nave,
più o meno delle dimensioni della nostra. In lontananza si notavano alcune
colonne di fumo.
“Hanno dato fuoco ad
alcune delle abitazioni. – sibilai – Dobbiamo avvicinarci senza farci vedere.”
“L’occultamento si è
alzato appena siamo apparsi. Dalla nave non ci vedranno arrivare,” mi informò
Anthea.
Annuii, ma non
riuscii a sorriderle. Pensavo ai miei figli, a mio padre, a mio fratello, ai
miei amici. Gli Alfa arrivati sull’Isola si stavano comportando come dei
conquistatori. Come aveva potuto Sebastian pensare che sarebbe andata in modo
diverso?
“Stanno bene. Ne
sono sicuro.” Mi rassicurò Sherlock, stringendomi una mano.
Alzai gli occhi sul
suo viso e vidi che stava cercando di tranquillizzare anche se stesso. Lui
amava i nostri figli quanto me ed era preoccupato come lo ero io. Ricambiai la
stretta di mano, senza riuscire a dire nulla.
Arrivammo velocemente
vicino alla nave di Moriarty. A bordo c’erano solo due uomini. Era evidente che
James e Sebastian non si aspettavano un attacco dal mare né resistenza a terra.
Sopraffatti i due uomini di guardia, sbarcammo e ci inoltrammo nell’Isola,
facendo attenzione a non farci vedere.
La natura rigogliosa
ci permise di arrivare a ridosso del villaggio senza che nessuno notasse la
nostra presenza. Gli Omega adulti erano stati radunati nella piazza principale,
sorvegliati da sette Alfa armati. Accanto a loro, riconobbi alcuni Omega, che
non facevano parte del gruppo dei prigionieri, ma potevo notare il loro
nervosismo e la loro diffidenza. Cercavano di stare lontani dagli Alfa e li
guardavano di sottecchi, come se fossero pronti a reagire più a un loro attacco
che a una fuga degli Omega prigionieri. Doveva essere accaduto qualcosa che
aveva creato dei dubbi sull’alleanza fra loro e gli invasori.
Cercai con lo
sguardo il volto di mio padre e di mio fratello. Tirai un sospiro di sollievo,
quando li vidi, un po’ acciaccati, ma in ottima salute. Mancavano i bambini.
Probabilmente erano rinchiusi da qualche parte, con la minaccia di fare loro
del male, se gli adulti osavano ribellarsi. Questo spiegava perché un numero
maggiore di Omega non tentasse di sopraffare un numero così esiguo di Alfa e di
loro titubanti alleati.
“Quanto è potente un
Omega non legato?” Sussurrò Mycroft.
“Abbiamo poteri più
forti di via Alfa, ma credo di riuscire a convincere i miei amici a non porre
resistenza. Le cose non stanno andando come si aspettavano e non vedono l’ora
che qualcuno gli dia la possibilità di porre fine a tutto,” risposi con più
convinzione di quella che in realtà provavo.
Mycroft fece un
segnale ai propri uomini. Nel giro di pochi minuti, gli Alfa invasori vennero
sopraffatti. Gli Omega loro alleati osservarono i nuovi arrivati con gli occhi
sbarrati, senza reagire. Noi siamo sempre stati molto pacifici. Vivendo
isolati, non provavamo brame di conquista. Sapevamo che cosa fosse la lotta.
Potevamo avere reazioni anche violente, ma non sapevamo che cosa volesse dire
combattere veramente.
“Non vi preoccupate.
Siamo amici. – esordii, facendomi avanti – Il capo di questi uomini è il
fratello di Sherlock. Potete fidarvi di loro. Non faranno del male a nessuno
che non si opponga.”
“John!” Era la voce
di mio padre. Sentii il sollievo, nel suo tono.
Lo raggiunsi e lo
abbracciai: “Padre. Dove sono i bambini?”
“Sono nella Sala del
Consiglio. Severus si è rinchiuso lì, insieme ai bambini. Li ha riuniti appena
ha visto la nave degli invasori. Sebastian e il suo Alfa stanno cercando di
convincerlo ad arrendersi. Noi non abbiamo avuto il coraggio di ribellarci,
perché quegli uomini ci hanno detto che avevano un’arma capace di fare saltare
in aria il palazzo, con dentro i bambini e Severus. Non potevamo essere sicuri
che ci stessero mentendo.”
“Che cos’altro è
successo? Gli alleati di Sebastian non sembrano più molto convinti della loro
scelta. Non hanno nemmeno tentato di opporre resistenza.”
“Un paio di Alfa
hanno tentato di forzare il Legame con alcuni di loro. – rispose mio padre, in
tono grave e rabbioso – Ti lascio immaginare come sia finita.”
Non avevo bisogno di
sentire altro. Scossi la testa. Quale errore aveva commesso Sebastian!
Possibile che fosse ancora convinto di avere fatto la scelta giusta? Non aveva
compreso quali danni potevano fare gli Alfa? “Riuscite a tenere sotto controllo
questi uomini, mentre noi andiamo ad aiutare Severus?”
“Andate pure. Qui ci
pensiamo noi,” garantì mio padre.
Ci spostammo verso
il Palazzo del Consiglio. Davanti c’erano altri sette uomini, compresi
Sebastian e James. Non avevo mai visto in azione lo scudo protettivo del
palazzo, ma ogni Omega ne conosceva l’esistenza e l’invulnerabilità. Era stato
creato dai primi Omega giunti sull’Isola e pensato per resistere persino al
potere congiunto di un Omega e di un Alfa.
“Avanti, Severus.
Non farmi arrabbiare. – stava dicendo James in tono annoiato, guardandosi le
unghie – Non vuoi avere davvero sulla coscienza la morte dolorosa di qualcuno
dei tuoi amici, vero?”
Osservai il viso di
Sebastian. Era scuro. Sembrava furioso. Mi chiesi con chi.
“Mio caro signor
Moriarty, non credo che farà nulla di così drammatico. – giunse la risposta
dall’interno – Se torcerà un capello anche un solo Omega, perderà la fiducia di
quelli che hanno creduto nelle sue bugie.”
“Bugie bugie bugie.
– cantilenò James, facendo il verso a Severus – Che cosa importa ciò che io ho
promesso? Tanto la vostra Barriera è caduta. Se anche non sarò io a sfruttare
il vostro potere, lo farà qualcun altro.”
“Noi non siamo qui
per sfruttare il potere degli omega! – sbottò Seb – Dobbiamo convincere gli
ostinati che il Mondo Esterno non è un pericolo per noi. Che potremmo viverci
senza dover temere gli Alfa!”
“Come vedi,
Sebastian, non tutti gli Alfa sono sinceri. – intervenne Severus – Non sono
cambiati.”
“Non cercare di
mettere zizzania fra di noi!” ruggì James.
“Non ho bisogno di
fare nulla, signor Moriarty. – ribatté Severus serafico – Bastano le sue azioni
e quelle dei suoi uomini.”
Fu a quel punto che
gli uomini di Mycroft entrarono in azione. Ciò che seguì, non si poté nemmeno
definire uno scontro vero e proprio. I cinque uomini al soldo di James vennero
sopraffatti in fretta. Quello che mi stupì, però, fu il sorriso sulle labbra di
Moriarty. Lo avevamo sconfitto. Avremmo ripristinato la Barriera, prima che i
satelliti potessero tornare in linea. Perché sorrideva, come un gatto che
avesse intrappolato un topo?
“Guarda guarda chi è
arrivato. Il prode John Watson, cavaliere senza macchia e senza paura delle
tradizioni Omega, con i suoi impavidi amanti. – ridacchiò Moriarty – Immagino che
pensiate che sia tutto finito.”
“È tutto finito.”
Ribattei, secco.
“Mi credete molto
stupido. – sbottò Moriarty, praticamente offeso – Pensate davvero che io sia
venuto qui con solo questi pochi uomini?”
“Che cosa hai fatto,
James?” Domandò Seb, sconvolto.
“Ciò che dovevo. Da quando
siamo giunti all’Isola, un apparecchio sulla nave invia un segnale di
localizzazione ai miei soci, sparsi per tutto il mondo. Avendo più o meno un’idea
della posizione dell’Isola, non si sono posizionati troppo lontani. Presto arriveranno
qui. E vi conquisteremo. Grazie al Legame che formeremo con voi, diventeremo
così potenti, da poter dominare il mondo.”
C’era una luce di
folle gioia negli occhi neri di James Moriarty. Sebastian era inorridito. Si era
fatto ingannare. Aveva spalancato le porte all’inferno. L’Isola e i suoi
abitanti erano a un passo dalla rovina.
Angolo dell’autrice
Mi
sa che gli Omega siano nei guai fino al collo. Riusciranno a trovare una
soluzione per salvarsi?
Grazie
a chi stia leggendo il racconto.
A
giovedì prossimo, per l’ultimo capitolo.
Ciao.