Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Lisbeth Salander    30/08/2021    4 recensioni
Il primo problema che pone sempre una guerra è saperla riconoscere.
È soltanto nel vedere gli eventi per ciò che sono, che ci si può preparare a combatterla, a capire chi è il nemico da fronteggiare.
Si tratta di un principio essenziale, matematico, quasi asettico nella sua ovvietà ma di difficile applicazione.
La verità è che nessuno vuole riconoscere una guerra, prepararsi all’idea di combattere o rassegnarsi al fatto che tempi di pace e serenità sono conclusi e voltare la testa dall’altra parte è terribilmente semplice.
È la più naturale e normale delle tentazioni, il più primordiale degli istinti: conservare il proprio mondo intatto, preservarlo da forze esterne che arrivano a scuoterlo.
Nessuno ama stare in allerta e riconoscere i segni di una guerra, nessuno ama squarciare il velo e vederci attraverso ma alcuni sembrano destinati a farlo.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alastor Moody, Albus Silente, Dorcas Meadowes, Ordine della Fenice
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3

 

19 dicembre 1970 

Tamworth, Staffordshire


La prima cosa che Emmeline nota, entrando in quello che Dorcas Meadowes pochi giorni prima ha definito il quartier generale, sono le assi del pavimento, cigolanti e usurate dal tempo, così diverse da quelle che è solita percorrere. 
Dalla loro chiacchierata di pochi giorni prima, non ha mai messo in dubbio l’impegno preso. È da tempo che aspetta una via d’uscita, come le ha detto pochi giorni prima, un modo per togliersi da dosso quel senso di colpa che da un anno non smette mai d’essere con lei in ogni istante.
Si è detta che in tutto quel tempo non ha fatto altro che attendere un’occasione per riscattarsi, per fare di più di interrompere un fidanzamento, per combattere ed invertire la follia che aveva scoperto ma mai denunciato. 
«Quando ti ho chiesto di entrare in azione, non credevo mi portassi una bambola» riecheggia, senza il garbo cui è abituata, la voce di Alastor Moody.
Emmeline sorride, sentendo la risposta pronta di Dorcas che sprona Alastor a fidarsi di lei e delle sue scelte. Senza dire una parola, stringe la mano ferma che Benjy Fenwick le ha teso.
«A quanto pare, siamo le nuove reclute», le dice con tono affabile mentre le sposta la sedia invitandola a sedersi.
«Francamente, non vedevo l’ora» dice Emmeline aprendosi in un gran sorriso.
Non c’è nulla come la rivalsa personale che l’abbia motivata tanto. Pur avendo celato il tutto dietro i modi cordiali e freddi, dentro di sé non è ancora riuscita a sopire la scottatura, a far rimarginare la ferita, a perdonarsi per essersi sbagliata tanto. 
Far parte di quel gruppo disomogeneo ed assurdo di persone le è sembrato, sin dal primo istante, l’unica scelta possibile per poter finalmente fermare una brutalità della quale era a conoscenza ma cui non aveva avuto la forza di opporsi e Dorcas, una donna che conosce bene ogni logica e contraddizione della loro società, non ha faticato a intuire che dietro la rottura del suo fidanzamento con Antonin Dolohov vi fosse un’altra storia.
«Miss Vance, è un piacere rivederla».
La voce di Albus Silente, il suo ex Professore di Trasfigurazione, ha l’effetto di farla sentire ancora una volta studentessa, nonostante sia passato oltre un decennio dall’ultima volta che ha frequentato Hogwarts. 
«È un piacere anche per me. Non immaginavo situazione più giusta di questa».
«Devo dire che non sono affatto stupito che abbia deciso di unirsi a noi. Sono certa che con le sue capacità potrà fare la differenza».
Emmeline si limita a sorridere e a scambiare uno sguardo complice con Dorcas, certa che non abbia condiviso tutti i dettagli, in particolare quelli più intimi e confidenziali, della loro conversazione.
Quando anche Silente prende posto, è Alastor il primo a prendere parola ma le conclusioni sono amare: non hanno nulla di fatto, i progressi sulla strage di Wick sono del tutto inesistenti, l’Ufficio per l’Applicazione della Legge Magica ha chiaramente ribadito la volontà del Ministro di non cambiare i Protocolli di sicurezza. 
La motivazione addotta è stata semplice: i Protocolli possono essere mutati soltanto in caso di guerra e lo stato di guerra formalmente non è stato dichiarato dal Wizengamot1. Inoltre, le sparizioni e le morte sospette continuano ad essere celate alla stampa magica e per il momento riguardano per la maggior parte Babbani. 
La comunità magica non ha ancora conosciuto la brutalità di quel movimento sommerso e può ancora voltare la testa dall’altra parte.
Quelli che si fanno chiamare Mangiamorte, infatti, non hanno ancora avuto il coraggio di toccare un membro appartenente alla società magica ma è solo questione di tempo perché ciò accada.
Emmeline legge con attenzione alcune pagine del Times, appoggiate sul tavolo insieme a ritagli di stampa locale, storie che ha già letto e che si ripetono con sempre maggior frequenza, prima di schiarirsi la voce.
«Da quel che ne so, sono cavie, passatempi. L’idea è sempre stata quella di spingersi oltre con la magia ma Dorcas mi ha già detto che questo lo avevate immaginato».
«Il problema è che non sappiamo come agiscono, chi colpiranno, cosa faranno dopo. Non conosciamo i loro schemi».
«Questo Lord Voldemort che tutti seguono», continua Emmeline, «ha fatto leva su ragioni antiche per accaparrarsi un buon seguito».
«Il sangue» commenta Benjy con amarezza.
«Non solo quello. Al momento anche la certezza della compiacenza politica. Il Ministero non metterà mai il naso negli affari dei Purosangue finché sono quei soldi a finanziarlo e questo ha consentito ai vari Rosier, Dolohov di turno di agire indisturbati».
«Emmeline ha la certezza che ci siano contatti non soltanto con l’Albania ma anche con altri Stati» interviene Dorcas.
«Che io sappia sono in contatto con alcuni membri della comunità magica della Bulgaria, della Serbia e della Russia. Ricordo questo dalla corrispondenza di Antonin che mi è capitato di intercettare qualche volta».
Il sospiro di Benjy attira l’attenzione generale mentre con dei movimenti che ad Emmeline sembrano lentissimi si sistema gli occhiali sul naso prima di prepararsi a parlare.
«Bulgaria, Serbia, Russia sono tre Paesi noti per la loro particolare tolleranza verso le Arti Oscure. Durmstrang, del resto, ha posto un argine soltanto quando erano fuori controllo, come insegna il caso Grindelwald. C’è grande attenzione alla scoperta di nuovi Incantesimi e grande flessibilità. È uno dei Paesi con cui la Cooperazione Magica ha sempre qualche problema» specifica.
«Che intendi con qualche problema?» chiede Dorcas con impazienza.
«Intendo che gli incidenti internazionali sono numerosi, che i Bulgari vengono qui e si aspettano di comportarsi esattamente come fanno nel loro Paese e quando intervengono le autorità ministeriali bulgare le differenze emergono tutte».
«In cosa c’è precisamente differenza?» incalza Alastor attento e pragmatico.
«Tutti questi Stati, tanto per cominciare, hanno una differente regolamentazione delle creature magiche e del relativo uso. Mancano tutte le restrizioni che sono state introdotte qui e questo alimenta il contrabbando nel Regno Unito ma è motivo di attenzione da parte di molte personalità. Più rilevanti sono le discrepanze nell’uso della Magia. Escluse le Maledizioni Senza Perdono, è difficile dire cosa sia vietato e cosa, invece, sia concesso: ci sono mille scappatoie e mille cavilli per evitare sanzioni rilevanti. Ricordo che durante il mio periodo di studio a Koldovstoretz, ormai svariati anni fa, uno dei Professori, Nicolaj Kuznetsov2, era entrato in possesso di alcuni diari di Rasputin3 e non aveva esitato a condividere con gli alunni ciò che aveva appreso ampliando le conoscenze in materia di necromanzia. Non dimenticherò mai le formule e gli Incantesimi che ci spiegò. Vale l’idea di una Magia con pochissimi limiti e pochissime restrizioni e di una legge magica che si piega agli interessi di chi è al potere». 
Le parole di Benjy, pronunciate con il suo tono calmo, pacato e profondo, hanno l’effetto di provocare un brivido in Emmeline ed anche negli altri, che si scambiano sguardi preoccupati ma soprattutto smarriti.
«Dobbiamo immaginare, dunque, che ad un certo punto ci troveremo davanti a creature magiche, ad Inferi e a magie sconosciute» conclude Silente, accarezzandosi la lunga barba bianca.
«Dobbiamo capire come fermarli prima che ciò avvenga» puntualizza Dorcas giocherellando con i suoi anelli. 
«Bisogna capire quali siano le loro intenzioni e come prevenirli ma anche quali sono le risorse che hanno oggi a disposizione. Abbiamo intercettato Rosier, Mulciber, Dolohov ma è probabile che le schiere siano molto più fitte a questo punto» dice Alastor, alzandosi in piedi e cominciando a passeggiare per la sala.
«Emmeline ed io proveremo a carpire qualche informazione sulle loro intenzioni».
«Come avete intenzione di fare?» chiede Benjy con curiosità.
«Nonostante tutto ho ancora un certo credito verso Dolohov» mormora Emmeline sfoggiando nervosamente un sorriso di cortesia.
«Non dovete dare sospetti. Per il momento l’effetto sorpresa è l’unica vera arma che abbiamo» borbotta Alastor con tono di rimprovero, come se stesse parlando ad uno degli Auror sotto la sua direzione.
«Non ne daremo ma abbiamo bisogno di Veritaserum» rilancia Dorcas rivolgendosi perentoria a Silente e Moody, sotto gli occhi divertiti di Emmeline.
«Sarò io a procurarvela ma dovrete restare con lui fin quando l’effetto non scompare» precisa Albus.
Emmeline annuisce prontamente, senza tradire l’agitazione che inizia ad avvertire per la prima volta da giorni all’idea di ingannare l’uomo che un tempo ha amato. 
«Dobbiamo iniziare a pensare ad una scorta di Pozioni da tenere qui per riserva. Non solo il Veritaserum, ma più in là potrebbe servirci anche la Polisucco o semplici Distillati» osserva Dorcas.
«Questo posto va indubbiamente attrezzato» conviene Benjy «Nel frattempo, vorrei dirvi che ho svolto alcune ricerche su una persona scomparsa, un Mago, per l’esattezza, Caradoc Dearborn».
«È lo stagista che ti ha fatto notare l’esistenza di Passaporte irregolari, giusto?» chiede Alastor.
«Esatto. Ho cercato al suo ultimo indirizzo e quelli che credo fossero i suoi coinquilini mi hanno detto che non hanno più notizie di lui da settimane. Secondo i miei calcoli, dal giorno in cui è stato licenziato».
«Credi che i Mangiamorte lo abbiano attaccato?» ipotizza Emmeline, preoccupandosi per un ragazzo la cui storia gli è ancora sconosciuta.
Benjy, però, scuote la testa rivelando di essere fermamente convinto del fatto che Caradoc abbia deciso di mettersi di sua sponte ad indagare.
«Non sono riuscito a trovare traccia della sua famiglia di origine. Sembrano spariti anche loro nel nulla da qualche settimana a questa parte. Credo che Caradoc abbia voluto mettere in salvo i genitori ma penso di sapere dove potrebbe essere».
«Sarebbe una reazione comprensibile, avendo messo in allerta il vice del Ministro della Magia» commenta Dorcas con un tono sprezzante che ad Emmeline non sfugge.
Non ha potuto fare a meno di notare l’acrimonia che Dorcas ha nei confronti di tutto l’ambiente ministeriale che, del resto, soltanto pochi anni prima l’ha ostracizzata dopo averla vista protagonista per anni.
Le chiacchiere che si sono rincorse sulle dimissioni di Dorcas Meadowes sono state molteplici, anche per il carattere chiuso di quella donna che agli occhi di Emmeline pare essere destinata ad assumere la leadership di quel gruppo.
Che l’asso nella manica di Eugenia Jenkins fosse l’intuito e il genio di Dorcas non è mai stato realmente un segreto e, del resto, non appena la direzione di Dorcas è venuta meno il Ministro ha iniziato a incasellare errori dopo errori, con un crollo verticale della relativa popolarità.
Tuttavia, è impossibile non notare la tendenza prevaricatrice di Dorcas, desiderosa di avere le redini e poco incline ad ammettere di essere nel torto o in difetto.
Quel che è successo tra lei e il Ministro della Magia, a parere di Emmeline, resterà sempre un mistero ma il modo in cui Dorcas si riferisce agli attuali consiglieri di Eugenia non fa altro che confermare come si senta tuttora espropriata di un ruolo che ritiene intimamente essere il proprio.
«È su quest’altra pista che vorrei indirizzarmi. Voglio cercare Caradoc, capire se ha trovato qualcosa che ci sfugge. Voglio cercare nei dintorni di Wick» chiarisce Benjy.
«A Wick?».
«Lui ha collegato tutto e tutto porta a Wick. Credo sia lì e vorrei andare a cercarlo». 
«Ha senso», commenta Silente, «E nessuno di noi è tornato lì, in effetti».
«Ci sono gli Auror che sono tornati lì, più e più volte», replica piccato e punto nel vivo Alastor.
«Non per cercare Caradoc Dearborn, però» ribatte Dorcas, dando pieno appoggio a Fenwick.
«Continua pure a cercare Dearborn, per Merlino. Intanto, io sto cercando un modo per smuovere le cose al Ministero, senza insospettire Darby» annuncia Alastor.
«Hai già pensato a chi potrebbe aiutarci?» chiede Silente.
«Barthemius Crouch, Ufficio Applicazione della Legge Magica. È un fedelissimo del Ministero, però, non potrò mai chiedergli di fare questa cosa con noi».
Dorcas si alza anche lei, continuando a girare infinite volte i suoi anelli, assorta nei suoi pensieri, mentre Emmeline segue con vivido interesse i ragionamenti relativi alla dinamica ministeriale che non conosce a sufficienza. 
È sempre stata brava a capire la società magica, le loro logiche e il lato più frivolo. Non le è mai interessato sedersi al tavolo di chi decide ma soltanto oggi si rende conto di quanto quegli aspetti risultino inevitabilmente legati e imprescindibili l’uno dall’altro.
«Barty è un uomo di Legge. È fedele a quella soltanto, più che ad un Ministro in particolare e questo, nel nostro caso, è un vantaggio» sentenzia Dorcas.
«Questo vuol dire che, pur non andando apertamente contro Eugenia, non esiterà ad evidenziare gli errori della sua amministrazione».
«Esattamente, Albus, ed è per questo che voglio partire da Crouch, da uno che le leggi e i protocolli può cambiarli davvero e, statene pure certi, lo farà quando vedrà che siamo ad un passo dalla guerra». 
 

23 dicembre 1970 

Chatworks, Derbyshire

L’ansia che si impossessa delle sue viscere tutte le volte in cui è tenuta a presenziare ad eventi della società magica è un disagio del quale non si è mai liberata del tutto. 
Suo marito, il cui braccio è puntualmente martoriato dalle mani di Dorcas durante quegli eventi, ha sempre sottolineato quanto fosse paradossale che lei, una donna abituata a parlare alla folla, a fronteggiarsi con persone di potere, viva con tanta sofferenza e angoscia quelle che per una gran parte del mondo sono occasioni di divertimento.
Ci sono eventi, però, a cui non è possibile sottrarsi e il fidanzamento ufficiale della prima figlia di Cygnus Black e Druella Rosier con il primogenito dei Lestrange è uno di questi, è una di quelle leggi non scritte a cui Dorcas ha sempre saputo di dover obbedire.
Cygnus Black4 è stato uno dei più grandi amici di suo marito ad Hogwarts e, nonostante i rapporti tra loro si siano progressivamente raffreddati e formalizzati, non avrebbero mai potuto disertare quell’evento.
Tracce del tocco frivolo e civettuolo di Druella vi sono sin dal momento in cui le porte del maniero si spalancano dinanzi a loro, rivelando gli sfavillanti addobbi natalizi che animano l’intero giardino.
I padroni di casa, affiancati dai due futuri sposi, li attendono all’ingresso del maniero, impettiti e fieri di quella prima unione così riuscita.
Mentre Druella le afferra le mani con una cortesia a tratti eccessiva, decantando le lodi e la felicità della primogenita, lo sguardo di Dorcas corre a poggiarsi su Bellatrix, tanto bella quanto visibilmente inquieta.
La ragazza dai capelli e occhi nerissimi non ha l’aspetto trasognato delle convenzionali future spose. Non sembra una diciannovenne pronta a coronare il proprio sogno d’amore mentre se ne sta impettita e seria a salutare gli ospiti. Piuttosto, sul suo volto si può leggere l’alterigia, la fierezza e una certa smania di svincolarsi da quella festa mentre Rodolphus Lestrange, di tanto in tanto, le stringe la mano sussurrandole parole che per pochi istanti sembrano acquietarla.
«La futura sposa non mi sembra così felice» le sussurra in maniera eloquente Christopher, una volta entrati nel salone.
«Di certo meno dello sposo».
«Sai come sono fatti i Black. Per loro nessuno è degno del loro rango, un po’ come i nostri genitori».
E in quelle parole, Dorcas lo sa, c’è probabilmente gran parte dell’amarezza che ha caratterizzato spesso il suo matrimonio: non propriamente infelice, ma non esattamente felice.
Trovare Emmeline tra le vesti scintillanti dei presenti si rivela un’impresa più difficile del previsto, che le riesce soltanto quando finalmente la scorge in compagnia del nemico.
Lei, infatti, è intenta a sorseggiare Acquaviola con Evan Rosier, cugino della padrona di casa, e Abraxas Malfoy e le rispettive consorti.
«Oh, Dorcas, eccoti qui!» esclama con tono squillante, «Conoscerete la mia amica Dorcas Meadowes, vero?».
La naturalezza di Emmeline in quell’habitat le riconferma, una volta di più, l’importanza di averla come alleata.
«Ci siamo incrociati qualche volta alle riunioni del Consiglio di Hogwarts ma non abbiamo mai avuto il piacere di fermarci a conversare» dice con fermezza Evan Rosier mentre le tende la mano. 
«Stavamo parlando dell’ultima proposta di legge presentata al Wizengamot, quella che restringe ancor di più le possibilità di utilizzo di manufatti Babbani», spiega Emmeline lanciando a Dorcas uno sguardo complice.
«Sono abbastanza fiducioso nel fatto che non passerà» continua piccato Abraxas Malfoy mentre la sua biondissima signora annuisce passivamente.
«Io ne sono certo», afferma Rosier aggiustandosi le maniche del vestito da cerimonia.
«Da cosa deriva tanta certezza?» chiede Dorcas, comprendendo perfettamente le intenzioni di Emmeline nell’inserirla in quel discorso.
«Non mi pare che la politica del Ministro Jenkins stia andando in questa direzione».
«L’amministrazione Jenkins è sempre stata piuttosto compromissoria, in verità». 
«Non posso darle torto ma una legge del genere non credo che le assicurerà un sereno prosieguo del suo mandato. Per di più, poco fa Marcus Darby si è mostrato piuttosto divertito all’idea che una legge del genere possa passare». 
Il riferimento a Darby è solo uno dei campanelli d’allarme che quella breve conversazione le ha fatto scattare. 
Rosier, dall’alto della propria posizione sociale, dei propri mezzi e, soprattutto, dell’appoggio politico, ha esposto il suo legame con Darby e la relativa influenza.
Anche Dorcas è certa che una legge ulteriormente restrittiva sui manufatti babbani non potrà mai avere l’approvazione del Wizengamot ma è l’assoluta certezza di Rosier a disturbarla.
Senza che nemmeno se ne renda conto, Emmeline la trascina via da quelle chiacchiere sotto braccio con la scusa di salutare altri vecchi amici.
«Antonin è appena arrivato», le dice lapidaria e per la prima volta Dorcas avverte un tremito nella voce.
«Sei pronta? Hai tutto?».
Lei annuisce mentre sorride cordialmente alle figlie minori di Cygnus e Druella, intente a conversare con la zia Walburga a pochi passi da loro.
«Se tu volessi tirarti indietro, lo capirei», incalza Dorcas stringendole il braccio in segno di comprensione.
«Perché dovrei tirarmi indietro?» le chiede brusca Emmeline «Credo sia la cosa più sensata che faccia da anni. Non penso di avere motivi altrettanto validi per non tirarmi indietro».
«L’amore. Tu eri innamorata di lui».
«Non mi sembra abbastanza e, Dorcas, pensi che sarei davvero in grado di amare ancora un pazzo razzista e pluriomicida?». 
La domanda non presuppone una risposta ed Emmeline sguscia via rapida, in direzione del suo vecchio amore con la sua solita espressione indecifrabile dipinta sul volto.
Dorcas li osserva da lontano, come hanno convenuto nei giorni precedenti, e ciò che le arriva immediato, lampante e inequivocabile è la totale ammirazione e devozione di Antonin Dolohov per Emmeline.
Antonin pende dalle sue labbra, sussulta ogni volta che la mano di Emmeline sfiora con studiata casualità la sua veste, si apre in un sorriso sincero ad ogni sua frase. 
È possibile distinguere con facilità le parole di supplica che il Mangiamorte rivolge ad Emmeline nella richiesta di ricostituire il loro fidanzamento. È una continua ed infinita proposta di matrimonio cui lei, con fare civettuolo, riesce a sottrarsi mentre gli porge l’Acquaviola in cui ha prontamente versato il Veritaserum.
Le confidenze di qualche sera prima rimbombano ancora nella testa di Dorcas, affascinata da quell’abilità impareggiabile di Emmeline nell’interagire con il nemico e nel riuscire a tenere il vantaggio.

«Una mattina mi sono svegliata da sola a casa di Antonin. Lui era già andato via, non era la prima volta che accadeva. 
Nessuno di noi due è, per fortuna, sufficientemente Purosangue per sottostare alle assurde regole delle Sacre Ventotto e, infatti, sin da subito il nostro fidanzamento è stato piuttosto libero e appassionato.
Mi ero innamorata davvero di lui, del suo modo di fare, di trattarmi, di quella cultura così diversa dalla mia. È diverso da me, dal mondo in cui sono cresciuta e questo mi aveva attratta sin dal primo istante.

Lui mi ha fatto una corte spietata per mesi. A modo suo, sono convinta mi abbia amata tantissimo.
Mancava pochissimo al matrimonio e noi già vivevamo da marito e moglie. La famiglia di Antonin è lontana e lui ha sempre vissuto qui solo. Questo ci ha dato una libertà tale da trascorrere innumerevoli notti insieme. 
Tornando a quella mattina, era la prima volta che trovavo il suo studio aperto e sono entrata lì e dirti che mi si è aperto un mondo sarebbe riduttivo. 
Sulla scrivania c’erano centinaia di lettere, di cui molte scritte in cirillico ma di questo non mi sono stupita perché Antonin mi ha sempre detto che ha mantenuto i rapporti con la famiglia che vive tra la Bulgaria e la Russia. 
Mi è bastato poco per comprendere che non fossero fratelli o cugini a scrivergli: una delle lettere indicava alcuni incantesimi anche in lingua inglese. Erano Incantesimi di tortura ma questo l’ho potuto scoprire e verificare soltanto dopo perché sul momento la formula evocava scenari sinistri che non ero ancora pronta ad accettare. 
Lì, nel suo studio, con la sola veste da camera e quella lettera in mano, non riuscivo a credere che si trattasse di formule in grado di farti esplodere ogni singola vena, di farti arrestare il cuore senza ucciderti, di indurti allucinazioni devastanti. 
In compenso, guardandomi intorno ho realizzato che mi trovavo in un vero e proprio ricettacolo oggetti oscuri, che non potresti trovare neanche a Nocturn Alley. 
C’era questa sorta di giavellotto che aveva attirato la mia attenzione: Antonin ha sempre respinto ciò che è babbano, ragion per cui trovare una tradizionale arma Babbana sulla sua scrivania mi ha incuriosita immediatamente. Non appena l’ho toccato è diventato completamente di fuoco e emanava delle scariche. Ho cercato di capire da dove venisse nei giorni successivi ma sono solo riuscita a comprenderne il funzionamento. 
Anche questo è uno strumento di tortura, non ferisce il corpo ma la mente. Se scagliato, consente di intrufolarsi nella mente di una persona, impossessandosi dei suoi pensieri mentre il cervello è percosso da continue scosse.
C’erano anche delle maschere argentee, un disegno di un teschio che non riuscivo a comprendere con sotto una formula Morsmordre
Ho iniziato a collegare Antonin e tutto quel che avevo visto sino a quel momento ai Mangiamorte di cui si parlava, che vanno in giro vestiti di nero, mascherati e lasciano come segnale del proprio passaggio il teschio. 
Non avevo ancora il quadro completo e, quindi, ho continuato a vagare per lo studio nel tentativo di trovare altre cose. 
Ti confesso che ho sperato di trovare qualcosa che smentisse ogni mio timore ma, purtroppo, è stato un incubo che è soltanto peggiorato. 
C’era una cassapanca piena di cimeli delle vittime, non solo oggetti normali, come gioielli, orologi, pezzi di bacchetta, ma anche dita, occhi, pezzi del corpo. 
Il primo istinto è stato quello di scappare e vomitare per quanto avevo visto ma alla fine ho deciso di continuare a frugare fino a quando ho trovato questa sorta di diario, in cui erano annotati esperimenti, giornate di tortura, sensazioni provate mentre giocava con la vita delle persone.
A quel punto sono corsa via e tornata a casa mia. Non ho avuto il coraggio di confessare a nessuno quel che avevo scoperto ma ho annotato tutto quel che avevo appreso e l’ho messo al sicuro in luogo sicuro per quando sarebbe stato opportuno. 
Cos’altro avrei potuto fare? Andare dagli Auror e dire che avevo scoperto che l’uomo che in meno di un mese avrei dovuto sposare era un torturatore omicida? Mi avrebbero dato credito a fronte dei contatti di Antonin, delle donazioni che il Ministero riceve costantemente da questo forestiero che si è impiantato in Inghilterra?
Ho deciso di interrompere il fidanzamento da un momento all’altro, senza mai rivelargli quel che avevo scoperto. Lui mi ha sempre amata troppo per usarmi qualsiasi violenza ma, se sapesse che so tutta la verità sul suo conto, non credo che mi lascerebbe vivere in tranquillità.
Ho scelto di non riversargli addosso tutto lo schifo e la rabbia per quel che avevo scoperto. Ho solo aspettato il momento giusto ed ora è arrivato».

Dorcas nota il flusso di parole che Antonin sta sussurrando ad Emmeline che annuisce e stringe rassicurante le sue mani, nonostante stia visibilmente trattenendo il disgusto. 
Non sa quanto tempo passi abilmente nascosta ad un passo dallo studio di Cygnus Black dove Emmeline ha trascinato Antonin per quella loro prima missione.
È solo quando Emmeline sfodera la bacchetta e la punta contro Antonin, pronta a cancellare il ricordo di quegli ultimi istanti e a sostituirli, che comprende che la partita è chiusa. 
Quando le viene incontro, asciugandosi una lacrima furtiva, sussurra «Con questo abbiamo annullato ogni vantaggio. Quando saprà, mi ucciderà».

 

27 dicembre 1970

Tamworth, Staffordshire

«Questo piano è da folli» afferma Alastor infastidito.
«Converrai, amico mio, che è l’unico modo per fermarli» replica Silente, senza dar segni di turbamento.
«Non abbiamo altro modo, Alastor» continua Dorcas.
«Siamo noi contro almeno una decina di Mangiamorte che agiranno senza alcuno scrupolo il 1 gennaio».
«Secondo quanto ha detto Antonin sotto effetto del Veritaserum, il prossimo attacco è alla Bombed Out Church a Liverpool. Nel periodo natalizio c’è un gran via vai di gente e l’obiettivo è colpire ogni genere di Babbano, così ha detto» ripete Emmeline, rabbrividendo.
Alastor scuote la testa ancora una volta, carico di rabbia per la mancanza di mezzi e risorse.
Sono solo loro cinque, sempre che Silente decida di partecipare, ad impedire l’ennesimo massacro di Babbani, che sembra presentarsi come più efferato e straziante della strage di Wick.
Mobilitare il Dipartimento Auror significherebbe svelare apertamente di far parte di una organizzazione militare parallela al Ministero e per questo sarebbe lui stesso a rischiare, se non Azkaban, il licenziamento immediato. 
«La cosa positiva è che gli ingressi della chiesa è uno solo. Quella negativa è che noi siamo in cinque e questa è un’operazione che richiederebbe quanto meno il doppio della risorse» sottolinea Alastor.
«Se solo riuscissi a trovare Dearborn in tempo…» sospira Benjy, stropicciandosi stancamente gli occhi.
«Benjy, non smettere di cercarlo» incalza Dorcas, interrompendo Alastor.
«Dobbiamo camuffarci» istruisce quest’ultimo, nel tentativo di star dietro a tutti i possibili scenari catastrofici.
«È ovvio, non potremo mica presentarci con le nostre facce» salta su Emmeline.
«Vi ho portato un po’ di appunti dall’addestramento Auror per il camuffamento. Non possiamo farci trovare impreparati» continua mentre, con un rapido movimento di bacchetta, fa comparire dinanzi ai compagni lunghe pergamene.
«Il piano è coglierli impreparati e contrastare le loro barbarie» dice Albus con un tono imperturbabile che fa che irritare ancor di più Alastor.
Più di una volta da quando si è imbarcato in questa missione si è chiesto quanto l’amico sia conscio di ciò che rischiano, quanto, oltre la saggezza dietro cui si trincera, abbia ponderato i rischi che tutti loro hanno deciso di correre, quanto, soprattutto, gli importi.
«Qualcuno deve rimanere fuori, altri devono essere dentro» puntualizza l’Auror con una punta di irritazione che non riesce a soffocare.
«Benjy, te la senti di entrare con me?» chiede Dorcas mentre l’altro subito annuisce.
«Alastor ed io agiremo dall’esterno, Dorcas e Benjy, invece, saranno già dentro. Lei, Professor Silente, sarà fuori con noi?» chiede Emmeline scrutando ancora una volta la cartina della Bombed Out Church.
«Io sarò dove vi sarà bisogno, mia cara».
«Dobbiamo pensare ad un segnale nel caso in cui qualcuno si ferisca o le cose vadano male. È fondamentale. È una delle prime prassi in qualsiasi evento» spiega meticolosamente Benjy.
«Scintille?» suggerisce Emmeline.
«Non potranno mai vedersi nel caos generale e tenderebbero a confondersi con quelle natalizie. Se scoppia un combattimento, nessuno di noi avrà il naso per aria» sbuffa Alastor.
«Non credo che per il momento abbiate altra scelta, Alastor, ma il modo di comunicare è, in effetti, un punto dolente. Ci serve un metodo di comunicazione rapido» incalza Albus.
«Albus, con tutto la comprensione di cui sono capace, pensa tu al metodo di comunicazione. Noi staremmo cercando il modo per salvare un numero imprecisato di Babbani da morte certa, cercando di aver salva la pelle» sbotta definitivamente Alastor, sotto lo sguardo comprensivo di Dorcas.
Albus si limita a sorridergli alzando le spalle, non nuovo ai suoi modi.
Si sono sempre intesi così, dopotutto, loro due: Albus è sempre stato perso nei filosofismi, nelle ragioni per cui il mondo va cambiato, in nuovi studi da compiere, in altri meccanismi da capire; Alastor, dal canto suo, ha sempre preferito scendere in campo e cambiarlo davvero il mondo, guardando e superando ostacoli reali, risolvendo problemi pratici. 

«Converrà a tutti studiare questo materiale utilissimo dato da Alastor e ritrovarci il 1 gennaio qui».
Benjy, con il suo tono calmo, sembra riuscire a smorzare la tensione con una naturalezza invidiabile e, se ha timore, non lo dà a vedere. Dietro il ministeriale ligio, dietro gli occhiali pesanti, c’è un uomo solido, che nulla sembra scalfire e che sa sempre come evitare che la situazione degeneri.
In fin dei conti, è da anni alla Cooperazione Magica e dev’essere stato abituato a sbrogliare ogni giorno beghe di quel tipo.
«Pensi davvero che sia così rischioso?».
Perso nei suoi pensieri, non si è neanche accorto che Dorcas gli si è avvicinata allontanandosi da Benjy ed Emmeline, ancora intenti a discutere con Albus.
«Siamo in quattro a salvare potenzialmente centinaia di Babbani da almeno una dozzina di Mangiamorte. Non penso sia rischioso, Dorcas. Lo è» sentenzia dall’alto della sua esperienza da Auror.
Dorcas deglutisce e sembra reprimere ogni traccia di ansia e timore.
«Andrà bene» dice più a se stessa che a lui.
«Ci impegneremo perchè vada bene ma dovremo star bene attenti ad ogni cosa».
«Questa volta abbiamo un vantaggio, Alastor. Loro non sanno che c’è qualcuno che sa e che li ha anticipati, non ora. Pensano di agire indisturbati».
«È su quello che dobbiamo contare. L’effetto sorpresa è tutto. Per questo, come ho detto prima, dobbiamo essere ben nascosti e sabotarli con intelligenza, senza bruciarci subito».
«Riuscirà. Non abbiamo ingannato Dolohov per morire al primo tentativo» incalza Dorcas.
«Siete state brave, anche se non avete condiviso i dettagli di questa operazione con noi altri» ammette, per la prima volta, Alastor.
«Almeno lo hai ammesso!» esclama Dorcas, suscitando il primo vero sorriso di entrambi.
«Questa faccenda della società segreta inizia a piacerti, per essere una che si dichiarava fortemente contraria».
«Mi piace scommettere soprattutto contro me stessa».
«Spero ti piaccia vincere».
«Io non perdo mai, Moody, mai. Non so farlo».
 

30 dicembre 1970

Wick, Scotland 

Da quando ha lasciato la propria casa pochi minuti prima per Materializzarsi a Wick, Benjy non riesce a fare altro che tenersi ben saldo alla bacchetta.
Fino a quel momento è riuscito a fingere che i rischi che sta correndo non lo spaventino ma ora, ora che è solo in quel paesino a camminare nella neve, il terrore è un nemico difficile da scacciare.
Ha cercato di non tradire emozioni nel salutare moglie e figli, di essere sempre ben allegro e rassicurante nel suo «ci vediamo tra poco» ma ad ogni passo si sente sempre più insicuro di quelle parole.
I luoghi segnati dalle stragi hanno sempre un’aura funesta, che i Babbani scambiano per suggestione ma che i Maghi rintracciano immediatamente.
Ci sono varie forme di Magie e Benjy questo lo sa bene. La Magia della Terra è una di quelle branche che pochi studiano ma che è terribilmente affascinante. 
Wick è intrisa di una forza motrice negativa, proprio come lo erano i siti in cui in passato venivano uccisi maghi e streghe. È una regola implicita in qualsiasi incantesimo: ogni Magia lascia un segno.
Benjy lascia impronte nella neve dietro di sé mentre percorre quelle strade che soltanto poche settimane prima hanno conosciuto l’orrore. Ha individuato una posizione strategica che Caradoc Dearborn potrebbe aver individuato per continuare ad indagare, per cercare una falla in quella strage che consenta loro di prevenire le prossime, di capire il modo di agire.
Gli è subito parso chiaro che i Mangiamorte si muovono nella sicurezza dell’inerzia politica e dell’omertà di una parte della società magica. Ha scritto lettere su lettere a tutti i suoi amici in ogni parte del mondo per avere risposte, per capire fino a dove si sia estesa quella rete di Magia Oscura.
È certo che esista un ponte, un canale di comunicazione con i Maghi dell’Est Europa e che sia un ponte difficile da bloccare. Per questo non ha esitato ad attivare altre strade, a sperare che ci sia una parte della comunità magica che decida di ascoltare la loro voce così isolata.
I Paesi dove Grindelwald ha seminato il terrore soltanto pochi decenni prima sono sordi alle nuove minacce, ora che hanno riassaporato la tranquillità e la serenità che dà un tempo di pace.
La Gran Bretagna, vissuta al limite tra la guerra aperta e un regime di latente terrore, è, invece, un nuovo terreno perfetto per quel genere di sentimento anti-Babbano, per quelle nuove teorie sul sangue.
C’è una pericolosa somiglianza, come ha notato, tra le idee di Grindelwald e il suo «Per il bene superiore» e il sentimento di odio e ripugnanza patrocinato da Lord Voldemort e i suoi seguaci.
È soltanto l’approccio che è inverso: se Grindelwald suggeriva l’idea che la dominanza dei Maghi volgesse a favore dei Babbani, Lord Voldemort non fa altro che sottolineare la netta supremazia dei Maghi, in particolare dei Purosangue, rispetto ai Babbani, cavalcando l’onda di un sentimento che ha antiche radici nella storia britannica.
Ed infatti, la leggenda narra che fosse stato proprio lo stato di sangue degli studenti di Hogwarts a generare la più grande frattura tra Salazar Serpeverde e gli altri tre fondatori. 
È solo la storia a far compagnia a Benjy in quella infinita camminata verso il numero 43 di Telford Street, dove, secondo le sue indagini, si dovrebbe trovare Dearborn. 
Quando vi si trova davanti, non vede altro che una minuscola casa in pietra e una luca fioca che illumina la stanza del piano inferiore.
Bussa tre volte e tutte e tre le volte teme che il cuore gli esploda dal terrore. 
Non riesce a dire nulla.
L’ultima cosa che vede è il volto rabbioso di Caradoc Dearborn e un lampo di luce rossa.

 

Che lui ricordi non è mai stato Schiantato prima, perché quella sensazione terribile di stordimento è certo di non averla provata neanche quando bersagliato dagli strani Incantesimi che lanciavano i suoi compagni di Koldovstoretz.
Caradoc lo osserva con i suoi occhi verdissimi e risentiti dall’altro lato della stanza, visibilmente scosso e tremante.
«Ho già perso il lavoro a causa tua».
«Non è stato a causa mia, te lo assicuro», replica pacato, «ma la prossima volta ti pregherei di non Schiantarmi. Sono più per il dialogo, qualsiasi siano le cose da dire».
«Come hai fatto a scoprire che ero qui?».
«Ho i miei trucchetti, Caradoc. Lasciamo tutti tracce, io mi sono limitato a seguire le tue».
Caradoc si siede di fronte a Benjy, mettendosi le mani nei capelli e non nascondendo il terrore che lo perseguita da settimane.
«Io non ho né trucchetti né altro. Ho ventitré anni e l’unica cosa che volevo era lavorare al Ministero».
«Per quel che vale, eri un ottimo dipendente, scrupoloso ed attento».
«Il Consigliere Darby non la pensava così» sibila con un moto di risentimento.
«Non credo che il Consigliere Darby sarà lì per sempre e a quel punto spero che tu possa riavere il posto che ti spettava».
Caradoc continua ad agitarsi nervosamente e Benjy ha la sensazione che solo adesso, lì con lui, si stia lasciando andare a disperazione mista a paura.
«Sono riuscito a fare poche indagini. Speravo di trovare qualcosa di più qui a Wick, invece nulla. Il fuoco ha portato via tutto, anche se credo che abbiano usato un fuoco diverso».
«Ardemonio?» osa Benjy.
Caradoc scrolla le spalle, alzandosi poi frettolosamente per recuperare alcuni resti dell’incendio, curiosamente corrosi dal fuoco, e mostrarglieli.
«L’oggetto non è completamente distrutto, pur essendo in legno. Non è curioso?» chiede.
Benjy continua a girare e rigirare la cassetta di legno, consunta ma non distrutta.
«Cosa pensi di fare?» domanda, poi, a bruciapelo a Caradoc.
«Ho convinto i miei genitori a trasferirsi in Norvegia. Penso che li seguirò. Qui non posso più lavorare da quando Darby…».
«Potresti restare».
«Non capisci, Fenwick? Darby è colluso con questi Mangiamorte. È l’unica cosa che sono riuscito a scoprire: Darby ha ricevuto una lauta somma poco dopo la strage di Wick. Sai per che cos’era? Per aver messo a tacere il tutto, per aver distolto l’attenzione della Gazzetta del Profeta».
Benjy, intimamente certo di non essere Schiantato di nuovo, si avvicina al ragazzo.
«Se lo desideri, se vuoi combattere e fermare questi Mangiamorte, conosco un modo per farti restare. Non preoccuparti per l’alloggio. Rimarrai a casa mia». 


Secondo il Lexicon e Wizarding World, il Wizengamot svolge sia funzioni di Parlamento, sia di Tribunale supremo.
Nicolaj KuznetsovPersonaggio di mia invenzione, Professore presso la Scuola di Magia e Stregoneria di Koldovstorez.
Grigorij Rasputin. Personaggio storico, mistico russo e consigliere privato dei Romanov.
Piccola precisazione su Cygnus Black: in base all'albero genealogico dei Black pubblicato anni fa da J.K.Rowling, Cygnus sarebbe nato nel 1938 e avrebbe dovuto avere la primogenita Bellatrix nel 1951 a soli 13 anni. Per questo ho corretto questa assurdità nella long e immaginato che la data di nascita fosse di dieci anni precedente, ossia nel 1928.

 


Note: sono finalmente riuscita a tornare da questa storia che, soprattutto nei capitoli iniziali, mi sta dando un bel po' di filo da torcere ma il peggio dovrebbe essere passato, anche per quanto riguarda le mie tempistiche. 
La trama, come avevo anticipato, non è incentrata sull'azione ma più su quel che esiste dietro l'azione, sui legami tra Società Magiche e le relative classi sociali, con uno sguardo sempre alla politica. 
Grazie a tutti coloro che hanno trovato un momento non soltanto per recensire, ma anche per leggere questa storia.
Un abbraccio,
Fede

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Lisbeth Salander