Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Red Saintia    02/09/2021    7 recensioni
Anche se è difficile immaginarlo, impossibile sapere come sarà, imprevedibile capirne i vari percorsi... il futuro arriva per tutti. Anche quando il presente incombe come un macigno pronto a schiacciarci a terra, ci sarà sempre un domani nuovo, diverso, migliore. Perché il dolore anestetizza cuore e sentimenti, inaridisce l'anima e spegne le speranze. Ma come tutte le cose di questo mondo pian piano passa, e resta solo un silenzioso compagno con il quale si riesce pacificamente a convivere.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Armin Arlart, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lasciarono l'ospedale percorrendo a piedi un breve tratto di strada che li portò in una sala da tè che Levi conosceva bene. La ragazza che lavorava in quel posto sapeva da tempo le sue abitudini e vedendolo entrare preparò subito una tazza con un piattino e dei biscotti su un vassoio a parte.

Levi si avvicinò al bancone. "Niente tè oggi Marla. Fammi un caffè, forte e amaro, intesi?" la ragazza sgranò gli occhi pensando seriamente che Levi stesse scherzando. Ma quando lui la vide esitare bastò una semplice occhiata per farle capire che non c'era stato nessun errore.

Si accomodarono al tavolo più appartato della sala. Levi attese che anche loro ordinassero qualcosa e poi parlò. "Gabi, raccontami esattamente come sono andate le cose, e tutto ciò che riesci a ricordare su quei pezzi di merda."

La ragazza spiegò come si erano svolti i fatti, benché ogni tanto fosse costretta a fermarsi a causa delle lacrime che non riusciva a trattenere. Era esattamente come Levi aveva sospettato. Volevano Mikasa e sapevano che per convincerla avrebbero dovuto ricorrere ad un ricatto. Ingaggiare battaglia con lei sarebbe stata una sconfitta in partenza, con il risultato di non aver ottenuto niente.

Così invece potevano costringerla con le buone o con le cattive. Avevano atteso il momento opportuno e poi agito. "L'hanno fatta seguire da quando si è imbarcata per raggiungere Londra. Di certo avranno puntato sul fatto che lei non sospettasse ci fossero infiltrati anche qui. Che bastardi!" digrignò con un filo di voce.

"C'è ancora una cosa che ricordo chiaramente. Erano sicuramente di Londra, il loro accento era inconfondibile, non posso sbagliarmi." cocluse Gabi.

Era un'ulteriore conferma che gli jaegeristi avevano messo radici anche in quella città. "Piuttosto... come avete fatto a sapere dov'eravamo. Era impossibile che sapeste il posto preciso." chiese la ragazza

"Vi abbiamo fatte seguire, e sembra che la nostra spia se la sia cavata piuttosto bene visto che non lo avete notato." rispose Falco

"Cosa? Ci avete fatte pedinare?" Gabi sembrò quasi offesa da quella mancanza di fiducia e Falco si sentì come se quelli in errore fossero stati loro.

"Sta a sentire mocciosa... non avrai creduto che vi mandassi in giro da sole senza tenervi d'occhio? Soprattutto sapendo che quei pezzi di merda erano in città?"

"Quindi tu lo sapevi?" era una domanda legittima, e Levi sapeva che arrivati a quel punto doveva mettere le carte in tavola.

"Mi pare ovvio che lo sapessi, altrimenti non vi avrei fatte sorvegliare."

"E non sarebbe stato meglio metterci al corrente della cosa?" la voce di Gabi, notevolmente alterata, stava attirando l'attenzione dei clienti presenti nella sala. L'arrivo di Marla, e delle rispettive ordinazioni, riportò una certa calma tra i presenti. Anche se l'atmosfera pesante che si respirava fece intuire alla cameriera di doversi dileguare quanto prima, anche se avrebbe preferito conversare un po' di più con Levi.

"Non avercela con il capitano, la decisione di non dirti niente è stata appoggiata anche da me. Abbiamo ritenuto che tu e Falco non doveste essere coinvolti. Speravamo... di tenervi fuori da questa storia. Ma adesso sembra evidente che ci siamo sbagliati." l'intervento di Onyankopon calmò in parte la rabbia della ragazza.

"Aspettate un attimo, hai detto io e Falco. Allora Mikasa lo sapeva, era al corrente che c'erano quei tizi in giro per la città?” Levi abbassò lo sguardo, e fu sufficiente quello per intuire la risposta. "Se fossi stata armata anch'io tutto questo non sarebbe successo. Avrei potuto aiutarla, invece sono rimasta a guardare, mentre lui le sparava!" Levi strinse i pugni, socchiuse l'occhio sano e l'immagine di lei distesa in quel letto gli tornò in mente. Bevve un sorso di caffè e fu anche peggio... lo stomaco rifiutava qualsiasi cosa. Un conato di vomito lo assalì all'improvviso.

"Scusatemi... io devo uscire un attimo." Corse fuori senza aggiungere altro.

La rabbia di Gabi stava raggiungendo il punto di rottura. Possibile che lui le avesse esposte ad un tale rischio senza nemmeno avvisarle. Sì, le aveva fatte seguire, ma se fosse andato qualcosa storto? Se quei due si fossero accorti che erano sorvegliate? Avrebbero ammazzato anche lui, già... ma poi chi era la persona in questione? "Da chi ci avete fatte seguire?" chiese, rivolta ad Onyankopon.

"Dal ragazzo che vende i giornali per strada, lui può muoversi liberamente senza destare sospetti. Sono stato io stesso a riferirgli il messaggio quella mattina. Sotto lauta ricompensa non ha fatto troppe domande. Aveva solo il compito di tenervi d'occhio e avvisarci se qualcuno di sospetto vi avesse avvicinate. E così è stato."

"Ecco perché hai tardato per la colazione?" adesso tutto sembrava incastrarsi alla perfezione.

"Comunque è inutile inveire contro il capitano, lui ha preso una decisione e di certo non poteva lontanamente immaginare ciò che sarebbe accaduto. Ascolta Gabi... guardalo, tu lo conosci, sono due giorni che non mangia e dorme appena. È distrutto, e le condizioni di Mikasa non accennano a migliorare. Cerchiamo di stargli vicino piuttosto."

Gabi sospirò affranta, a volte si chiedeva come diavolo facesse Falco ad essere così risoluto e lucido. Affrontava sempre le situazioni complicate nel modo migliore, cercando di comprendere lo stato d'animo di ognuno di loro. Lei invece avrebbe spaccato tutto, se avesse avuto un fucile tra le mani di certo il cervello di quei due avrebbe tappezzato le pareti di quel vicolo. Ma le cose erano andate diversamente... è lei ancora una volta era in debito con qualcuno per averle salvato la vita.

"Dove sono finiti i cadaveri di quei ratti di fogna?"

"Accatastati esattamente dove li abbiamo lasciati. Ovviamente Levi ha recuperato il suo coltello. Ma per il resto... stanno facendo compagnia ai rifiuti."

"E se le guardie cittadine dovessero fare domande, magari il ragazzo dei giornali potrebbe parlare e dire qualcosa di compromettente?"

"Non lo farà, ha troppa paura del capitano per correre un simile rischio. E le guardie... quando capiranno che sono jaegeristi se ne fregheranno altamente di indagare."

"Spero che sia così." ma dentro sé non riuscì a condivedere l'ottimismo di Onyankopon.

 

Trascorsero ancora qualche minuto nella sala da tè, in totale silenzio e con gli sguardi bassi. Sperarono che Levi tornasse da loro ma non fu così. Pagarono il dovuto ringraziando Marla, che chiese loro di portare i suoi saluti a Levi, e uscirono in strada.

Si guardarono attorno ma di lui non c'era nessuna traccia.

"Ma dove sarà andata adesso?" Onyankopon percorse correndo varie direzioni senza nessun risultato.

"È andato da lei mi pare ovvio." gli occhi di Gabi si riempirono di lacrime, che divennero un pianto liberatorio quando Falco l'abbracciò stringendola a sé. Lei gli si strinse forte nascondendo il viso sul suo petto. La sua mano che le accarezzava amorevolmente i capelli le diede un senso di sollievo e protezione. Quando finalmente riuscì a calmarsi sollevò lo sguardo sul ragazzo e lui le asciugò le ultime lacrime.

"Io vado da lui, voi tornate a casa e riposate un po'."

"Non ti lascio da sola è fuori discussione!" rispose perentorio, senza ammettere repliche.

"Lo farai invece. Mi accompagnerete fuori l'ospedale e poi andrete via. Non serve che rimaniate. Ho bisogno di parlare con Levi da sola." Falco la osservò negli occhi e capì che non sarebbe riuscito a farla desistere. Non c'era verso quando si metteva in testa di fare qualcosa.

"Cosa ne pensi Onyankopon, possiamo lasciarla da sola con il capitano?"

Il giovane sorrise appena "È un rischio... però chissà, magari i loro continui battibecchi potrebbero far svegliare Mikasa alla fine." Sarebbe stato bello se fosse bastato così poco. Ma almeno quelle parole servirono a smorzare la paura e la preoccupazione che gravava su tutti loro.

 

                                                                                                                      ***


"Allora io vado."

"Non ti azzardare a tornare a casa da sola. Aspetta Levi, ci siamo capiti?"

"Dubito che lui si muoverà da qui."

"Convincilo a tornare, ha bisogno di riposarsi e di fare un bagno caldo. E poi sono sicuro che non ti lascerebbe mai tornare da sola."

Gabi annuì, di quello era certa anche lei. Si salutarono con un leggero bacio, appena accennato, prima che lei sparisse oltre la porta d'entrata.

Non appena imboccò il corridoio che portava alla stanza di Mikasa lo vide. Era poggiato al muro con lo sguardo perso fuori dalla finestra mentre osservava l'approssimarsi del tramonto. I passi di Gabi alle sue spalle lo fecero voltare. Il suo sguardo sembrava altrove... perso, lontano da quel luogo, probabilmente tra ricordi non proprio piacevoli.

"Che ci fai qui, perché non sei a casa con gli altri?"

"Perché è qui che voglio stare, e perché tu non sei certo l'unico ad essere preoccupato per lei. Come credi che mi senta io? È la seconda volta che lei mi salva la vita. Ti rendi conto? Lei ha salvato me! Io... che ho ucciso una persona a lei cara, ferendone mortalmente un'altra, che forse contava più della sua stessa vita. Io, che ero una nemica che voleva ammazzarvi tutti. E non lo mai neanche ringraziata per quella volta."

Levi le si avvicinò sollevandole il viso."Non darti colpe che non hai. Le mani di tutti noi sono sporche di sangue. Sangue innocente e senza colpe. La guerra non fa distinzioni, è solo un assurdo massacro nel quale sopravvivono unicamente quelli che decidono di spegnere la ragione e i propri sentimenti."

Non lo aveva mai sentito parlare così. Aveva l'aria stanca, l'animo affranto. Per la prima volta dimostrava più dell'età che aveva. Come se fosse invecchiato di colpo sotto il peso dei ricordi e dei rimpianti.

"Anche per te è stato così? Anche tu hai spento i tuoi sentimenti per non soffrire?"

Non rispose. D'altronde... cosa avrebbe dovuto dirle. Lui non aveva mai conosciuto sentimenti che non fossero condizionati dall'ottenere uno scopo preciso. Per questo non voleva legami né amicizie profonde, perché sapeva che niente di buono né sarebbe venuto fuori.

Quando poi conobbe Farlan e Isabel qualcosa in lui cambiò. Decise di provare ad avere fiducia in qualcuno. E quando loro persero la vita, anche una parte di quelle certezze acquisite morì con loro. Trovò nuovi obbiettivi, un nuovo scopo. Conobbe qualcuno forte quanto lui, non fisicamente forse, ma dalla mente brillante in grado di trascinare dietro se qualsiasi soldato al suo comando. 
Conobbe Hanji, e scoprì che nonostante l'orrore in cui erano costretti a vivere grazie a lei riusciva ancora a sdrammatizzare e ad avere fiducia negli altri. Era ammirato, invidiato, amato e odiato da chiunque lo conoscesse.

Lo temevano perché sapevano del suo oscuro passato e dei suoi pochi scrupoli. E quando fu messo a capo di una squadra ricominciò per l'ennesima volta a costruire qualcosa d'importante. Doveva farlo, se voleva sopravvivere e rendere loro forti e combattivi. I giganti, la guerra, gli avevano tolto tutto. Amici, compagni, superiori, la sua stessa squadra. Alla fine tutto ciò che gli rimase fu solo un manipolo di ragazzini inesperti ma tenaci. Così tenaci da diventare indispensabili. Aveva lottato strenuamente per farli sopravvivere perché ognuno di loro realizzasse i propri sogni e avesse un futuro. Eppure adesso in quel letto giaceva una di loro.

Una ragazza, così profondamente legata a lui da poterne sentire i pensieri. Una donna che in qualche modo discendeva dalla sua stessa stirpe. Così simile a lui da creargli sgomento. Tanto forte da incutergli timore quanto fragile da volerla proteggere. 
Così bella... da togliergli il fiato ogni volta che si perdeva nei suoi occhi. Non poteva, né voleva pensare di doverla perdere. Aveva impedito con ogni mezzo che le accadesse qualcosa in tutti quegli anni per poi vederla morire così?

Era vero, anche lui per tanto tempo aveva spento i propri sentimenti, li aveva seppelliti in un angolo buio dove niente e nessuno avrebbe potuto farli riemergere. 
Niente e nessuno, tranne lei. C'era voluto tempo per comprenderlo ma sapeva che era a causa sua se adesso nel petto il cuore aveva assunto un ritmo diverso.

"Io... non so cosa provo esattamente. So solo che non voglio che lei muoia. Voglio che viva a lungo, che sia felice, lontana da tutto questo e lontana da me."

Gabi trasalì sentendo quelle parole perché sapeva che stridevano con quello che aveva visto quella maledetta mattina di due giorni prima. 
"Non sei bravo a mentire quanto lo sei a combattere capitano, fattene una ragione. È tempo di gettare la maschera, Levi..." erano rare le volte in cui si rivolgeva a lui in modo così confidenziale. Quando però accadeva le sue parole lo scuotevano in modo profondo. "... se davvero tieni a lei, come credo, devi dirglielo. Perché se vuoi bene ad una persona desideri che lei torni da te con tutte le tue forze! Hai lottato per una vita intera per gli altri. Adesso fallo per te stesso e per lei, per poter vedere insieme quel mondo per cui tanto avete sacrificato."

Levi l'ascoltò in silenzio, sinceramente colpito dalla maturità di un tale pensiero."Adesso mi dai persino dei consigli? Credevo che fossi arrabbiata a morte con me?"

"Oh... lo sono eccome, puoi giurarci. Ma adesso la cosa più importante è che lei si riprenda. E che tu ti dia una lavata a dire il vero. Perché sei davvero in condizioni pietose capitano."

"Cosa? In che condizioni sarei io?" ribatté furente, ma Gabi confermò con un gesto quelle parole, e lui osservandosi si rese conto di quanto avesse ragione.

"Torniamo a casa capitano, concediti un po' di riposo ti prego..." era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare, ma comprese che la ragazza era sinceramente preoccupata anche per lui. E poi non l'avrebbe mai lasciata tornare da sola.

"Va bene ragazzina seguirò il tuo consiglio. Dammi un minuto e andiamo."

Lo vide rientrare nella stanza di Mikasa, dove negli altri tre letti presenti gli ammalati sembravano già dormire. Si fermò ad osservarla spostando con la mano una ciocca di capelli che le ricopriva il lato destro del viso.

"Tornerò domani, non temere, non ti lascio in questa situazione da sola. Tu intanto riposa ancora un po', ma se puoi, ti prego... torna da me." pronunciò quelle parole sussurrandole appena al suo orecchio e sfiorandole il viso con la fronte.

Poi si alzò e raggiunse Gabi che lo stava osservando da fuori la porta. La ragazza non disse niente, limitandosi ad affiancare il capitano e lasciando insieme quel luogo per tornare a casa.

 

                                                                                                                            ***

 

"Siete tornati, meno male, eravamo preoccupati." rientrarono in silenzio cercando di lasciare per un attimo alle loro spalle ansie e preoccupazioni. Gabi si gettò sul divano, chiudendo gli occhi in cerca di riposo.

Levi si tolse la giacca cominciando a sbottonare la camicia. Onyankopon seguiva i suoi movimenti con lo sguardo, incerto se parlargli oppure no. Quando vide che stava per dirigersi verso la stanza da bagno senza dire una parola prese l'iniziativa seguendolo.

"Levi, credo che dovremmo avvisare Armin e gli altri..." sentendo quelle parole si fermò di colpo senza voltarsi, incapace di formulare una qualsiasi risposta "... mi hai sentito Levi?"

"Certo che ti ho sentito. So bene che dovremmo avvisarli, ma aspettiamo ancora un paio di giorni."

"Ne sei sicuro?"

"Non sono più sicuro di niente. E se vuoi saperlo non ho la minima idea di cosa fare. Come diavolo potrei guardare in faccia Armin e dirgli che non sono stato in grado di proteggerla?"

Sentiva un senso di rabbia e impotenza esplodergli nel petto. Proprio com'era successo quando vide i cadaveri di Farlan e Isabel, come quando chiese ad Erwin di sacrificarsi per spianare loro la strada. Credeva di aver seppellito per sempre certe sensazioni, ma il destino si faceva ancora beffe di lui.

"Non è colpa tua Levi, anzi... tu lei hai salvato la vita."

"Io ho dato l'occasione a quel pezzo di merda di sparare. E sai perché? Perché sono stato un egoista. Avrei dovuto mandarla via, anche con la forza se fosse stato necessario, come avevo detto dal primo momento. Ma alla fine non ce l'ho fatta. Solo perché... perché..."

Onyankopon comprese ciò che lui provava e soprattutto le parole che faceva fatica ad ammettere persino a sé stesso.

"Non è il momento per le recriminazioni questo. Mi fido del tuo giudizio Levi. Aspettiamo e cerchiamo di essere ottimisti. Mikasa è una donna forte, vedrai che si riprenderà." Non erano parole di circostanza, credeva davvero in ciò che gli stava dicendo, e sperò quanto meno che se ne convincesse anche il capitano.

 

Quando finalmente si ritrovò da solo poté liberarsi di quegli abiti sudici e immergersi nel tepore di un bagno caldo. I muscoli tesi si rilassarono, e lui ritrovò, dopo tanto, il controllo di sé e del proprio corpo. Si soffermò a pensare che in fondo lo sapeva... sapeva che per quelli come loro la parola pace aveva un senso unicamente effimero e sfuggente.

Che erano cambiati solo il modo e il nemico, ma che avrebbero dovuto sempre lottare per sopravvivere. Una parte di sé sapeva di non poterla biasimare se non voleva risvegliarsi. Perché avrebbe dovuto farlo, a quale scopo? Voleva conoscere di più del suo passato? E cosa le avrebbe giovato sapere che la famiglia reale un tempo aveva giocato con le loro vite come delle cavie.

Sì, perché lui qualcosa sapeva. Qualcosa... scoperto tanti anni prima, in circostanze impreviste. Credeva di avere tempo... tempo per poterle spiegare, per farle comprendere alcune cose. Ma il tempo, per loro, sembrava un nemico costante e inesorabile. D'altrode lui aveva scelto fin da subito chi essere e cosa fare della propria vita. Sapeva per certo che nessuno gli avrebbe più messo i piedi in testa o costretto a fare ciò che non voleva. No, lui non era uno schiavo, eppure a volte uccidere e stroncare vite era un qualcosa da cui non riusciva in alcun modo a sottrarsi. Chiuse l'occhio sinistro, immerse la testa nell'acqua e lasciò che tutto ciò che lo circondava si spegnesse. Non voleva pensare, non voleva ricordare. Voleva solo rivedere i suoi occhi e perdersi nuovamente in essi.

 

                                                                                                                        ***


Ebbe un incubo, che la costrinse a svegliarsi di soprassalto madida di sudore e con il respiro affannato. Era da tempo che i ricordi del passato non bussavano alla sua mente togliendole il sonno, e ne era sinceramente felice.

Quella notte però non fu così. Rivide se stessa, sentì montare dentro la stessa rabbia di allora, la medesima frustrazione. Rivide i volti dei compagni morti, lei... con il fucile in mano pronta a puntarlo verso il nemico. Percepì le sue mani sporche di sangue, e poi il volto di Sasha e quello di Eren, feriti a morte da un colpo esploso da lei. Strinse la testa tra le mani cercando di scacciare quell'incubo che credeva ormai sepolto e irraggiungibile.

Rivide i vestiti di Mikasa, il suo cappotto e la sciarpa, che lei aveva lavato e risistemato non appena tornata a casa dopo la disavventura che avevano avuto. In quel momento pensò di averle portato via tanto, di essere l'artefice della sofferenza di chi invece le aveva salvato la vita, e si sentì piccola e meschina. 
Si alzò come furia, non riusciva più a restare lì inerme. Si diede una lavata e indossò degli abiti puliti. Il sole, come sempre, tardava a mostrarsi quella mattina ma volle approfittare del fatto che la stanchezza di quei giorni teneva gli altri ancora a letto. Scrisse un biglietto in tutta fretta, lasciandolo in bella vista sul tavolo della cucina. Prese il cappotto e uscì.

Per le strade i commercianti e altre persone più distinte cominciavano la loro giornata lavorativa. Si guardava attorno di continuo con fare sospetto, ma non poteva fare diversamente. Sapeva che non appena Falco e gli altri si fossero accorti della sua bravata le avrebbero fatto una sonora strigliata. La cosa non le importava, però almeno doveva essere prudente.

Affrettò il passo e in un quarto d'ora circa fu all'ingresso dell'ospedale. La signora di mezza età nella sala d'aspetto la riconobbe subito pur rimanendo sorpresa nel vederla lì a quell'ora.

"Gabi... è forse successo qualcosa? Che ci fai qui di mattina presto, non è orario di visita lo sai?"

"Mi faccia entrare la prego. Prometto che non darò fastidio, non mi sentirà emettere neppure un fiato, ma mi faccia andare da lei la prego." la donna non ebbe cuore di rifiutarsi, anche perché Gabi le ricordava la sua secondogenita, quindi acconsentì.

"Grazie infinite prometto che starò buona." ma le sue parole si persero già lungo il corridoio mentre si apprestava ad entrare nella stanza di Mikasa.

Il giorno precedente non aveva avuto modo di vederla, aveva preferito che fosse Levi a salutarla conoscendo bene la riservatezza del capitano in certi frangenti aveva preferito non interferire. Entrò lentamente per non disturbare gli altri pazienti, vide la consueta sedia accanto al letto e si sedette. Solo allora si soffermò a guardarla. Sembrava stesse semplicemente dormendo. Aveva i capelli perfettamente pettinati e acconciati intorno al viso, le lenzuola profumavano di pulito, segno che le infermiere erano già passate a risistemare la stanza. Il suo respiro era lento e regolare, se non fosse stato per il lieve movimento del lenzuolo si sarebbe appena percepito.

Le prese la mano e la strinse tra le sue. Non sapeva che dire né cosa fare, sapeva solo che doveva stare lì con lei. Cominciò a strofinarle il dorso della mano per riscaldarlo e sentì che le lacrime pizzicavano gli occhi ansiose di scendere. Non glielo avrebbe permesso. Fece un lungo respiro e cominciò a parlare.

"Sai una cosa... questa città è strana, sì lo è davvero. Quando siamo arrivati qui la prima cosa che pensai era che fosse fatta su misura per il capitano Levi. Fredda, scostante, imprevedibile e scontrosa. Insomma... avrebbe potuto metterci radici senza alcun problema. È stato difficile, un po' tutto direi. La convivenza, la distanza dalle nostre famiglie, da coloro che hanno condiviso con noi tante esperienze, tante sofferenze. Poi con il passare del tempo le cose sono lentamente cambiate. Ho scoperto che ci sono persone cordiali e amichevoli anche qui. Che la loro diffidenza non è presunzione, ma istinto di sopravvivenza e protezione. E grazie a questo ho potuto comprendere meglio anche Levi. 
Ho capito che lui ha un animo speciale, che mostra solo a coloro i quali ritiene degni di fiducia. A noi lo ha mostrato, anche se molto di rado. E lo ha fatto anche con te... io l'ho visto. Ho visto il suo viso sereno e rilassato quando ti è accanto. Ho visto che quando è vicino a te il suo sguardo è attento e vibrante. Vuoi sapere come faccio a sapere queste cose? Lo so perché è esattamente così che Falco mi guarda, ed è così che anch'io guardo lui." abbassò lo sguardo e stavolta non poté impedire alle lacrime di bagnare la sua mano e anche quella di Mikasa.
"Il mondo non è solo crudeltà e violenza, ci sono tante cose belle, anche in questa città. Noi dobbiamo mostrartele e tu devi vederle. C'è sempre un motivo, una ragione per lottare Mikasa. Anni fa l'hai trovata e sei andata avanti nonostante tutto. Trovala anche adesso e risvegliati ti prego. Ci sono delle cose che voglio dirti di persona e tu devi ascoltarmi... devi perd..." si era ripromessa di non piangere, di stare buona e in silenzio rispettando anche la sofferenza degli altri ammalati. Ma fu più forte di lei.

Si chiese quando la vita avrebbe finalmente smesso di giocare con i loro sentimenti in quel modo. Quanta sofferenza ancora avrebbero dovuto mandar giù prima di poter dire di essere veramente liberi e al sicuro. Si chiese tante cose, pur sapendo che non avrebbe trovato le risposte che cercava. Tentò di soffocare i singhiozzi poggiando la testa accanto al braccio di Mikasa, come se cercasse nella sua presenza riparo e comprensione. Cosa sperava di fare con quel gesto quella mattina, non lo sapeva davvero.

Aveva agito d'istinto, senza pensare, mossa da un'esigenza nata inconsciamente dentro sé. E mentre ancora rifletteva sul fatto di quanto tutto quello che stava dicendo e facendo fosse completamente inutile, non si accorse che la mano di qualcuno le stava amorevolmente accarezzando la testa.

 

                                                                                                                  ***


"Merda! Razza di mocciosa testarda e imprudente." sbattè con rabbia il biglietto che aveva appena letto sul tavolo, proprio nel momento in cui Falco aveva varcato la porta della cucina.

"Ma che succede capitano..." il volto ancora assonnato e gli occhi semi chiusi si spalancarono d'improvviso non appena incrociarono quello di Levi.

"Succede che la tua ragazza è una testa calda, ma stavolta non gliela faccio passare liscia!"

"Cosa ha fatto stavolta?"

"È andata in ospedale da Mikasa, stamattina presto, da sola!"

Sentendo quelle parole Falco scattò all'istante . 
"Cavolo!"

Uscì di corsa in direzione della sua camera cercando i primi vestiti decenti da poter infilare per correre da lei. Nel frattempo anche Onyankopon era sceso di sotto venendo a conoscenza del motivo di quel baccano mattutino.

"State calmi, agitarvi non vi porta a niente. Era preoccupata ed è andata da lei non serve che siate così in allarme."

Levi gli lanciò uno sguardo di monito lasciandogli intendere che quelle parole erano del tutto fuori luogo. 
"Ti rendi conto che siamo finiti nel mirino degli jeageristi vero? Secondo te perché i giornali non hanno menzionato il ritrovamento di quei due cadaveri? Vogliono insabbiare la cosa per non dare nell'occhio ma ci tengono sotto sorveglianza."

"Gabi non è una sprovveduta, adesso sa del pericolo che corre, e poi l'ospedale non dista molto da qui. Cerca di comprendere anche il suo stato d'animo Levi. Non lo ha fatto con l'intenzione di farci preoccupare."

"Non me ne faccio un cazzo del suo stato d'animo se lei muore, è solo questo che conta!"

Era furioso, e di certo la notte insonne non aveva migliorato il suo umore.

"Sono pronto capitano." lo avvisò Falco

"Onyankopon tu rimani qui, non voglio che la casa rimanga vuota, noi andiamo in ospedale. Manderò Falco ad avvisarti non appena mi sarò accertato che sia tutto apposto."

"Come vuoi, ma siate prudenti." Levi fece un breve cenno con il capo precipitandosi fuori in un istante.






E' un momento importante questo, è il momento delle riflessioni, di pensare a quello che è accaduto e soprattutto decidere come muoversi nel caso ci fossero conseguenze. Gli stati d'animo di Gabi e Levi sono al centro di questo capitolo, perchè seppur in modo diverso sono entrambi preoccupati per Mikasa. Onyankopon vorrebbe avvertire gli altri, e mi sembra anche giusto, Levi invece temporeggia... sì, la sua è anche paura, e soprattutto rammarico per non aver potuto evitare quello che è successo. Insomma... questa trasferta a Londra non è stata propriamente indolore, ma questo era facilmente intuibile. Cosa saprà Levi riguardo agli Ackerman? Ma, cosa più importante, avrà modo di poterlo dire a Mikasa? Vedremo...
Vi ringrazio davvero tanto per il vostro sostegno e le vostre parole sempre incoraggianti, ci risentiamo la prossima settimana.

 

 

 

   
 
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