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Autore: Mue    01/09/2009    7 recensioni
Luna è ormai una donna adulta quando si imbatte nel suo vecchio amico d'infanzia Rolf Scamandro, ora diventato un celebre allevatore di cavalli alati.
Sono passati tanti anni e lui sembra terribilmente cambiato.
Ma lo è davvero?
La storia d'amore di Rolf e Luna vista da me.
{Dal testo:
«Luna, ti ricordi di mio nipote Rolf, vero?»
Luna sollevò gli occhi dal bicchiere che aveva in mano e incrociò lo sguardo dell’uomo che la signora Peakes le stava presentando.
Gli sorrise. «Certo che mi ricordo di lui. Mi ha baciata.»}
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood, Rolf Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Menta e Bisque Burley'
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Bene, e siamo al penultimo capitolo *-*
E io ho perso il conto di quante volte ho ringraziato, però dato che è cosa buona e giusta, lo faccio di nuovo ^-^ Grazie a tutti!
Ci sentiamo domani per la fine di questa piccola storia. Buona lettura!

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Capitolo VIII

15 luglio, Parco Greengrass


Al termine del banchetto tutti gli invitati furono accompagnati all’enorme e splendido padiglione bianco eretto appositamente per quell’occasione al centro del parco di Villa Greengrass.
Un quartetto di archi ospitato al centro della grande pista di marmo bianco racchiusa nel padiglione attaccò una contraddanza, e subito diverse coppie si disposero in posizione per ballare.
Luna, giunta lì camminando fianco a fianco con Rawdon, che continuava a blaterare, si guardò intorno.
Rolf era in fondo al padiglione, appoggiato a un palo del tendone con le braccia incrociate e l’aria arcigna.
Luna sorrise a Rawdon interrompendolo senza tanti complimenti. «Scusa, Rawdon, ora vado a salutare Rolf.»
Rawdon colse la sua occhiata e vide Rolf. Sorrise. «Sì, è meglio. Tirare la corda è buona cosa, ma tirarla troppo potrebbe spezzarla.»
Luna non capì. «La corda? Quale corda?» chiese ingenuamente.
«Quella della gelosia, mia cara» rispose lui ammiccando, e la lasciò, allontanandosi per raggiungere sua sorella Daphne dall’altra parte della pista da ballo.
Luna si diresse tranquilla verso Rolf, che sembrava molto interessato al vaso di fiori sul tavolino accanto.
«Ciao» disse Luna, quando gli fu vicina.
Lui alzò lo sguardo. «Ciao» disse in un tono molto strano.
«E’ stato proprio un bel pranzo. Hai mangiato bene?»
Lui le lanciò un’occhiataccia. «Benissimo» borbottò.
Luna inclinò la testa da un lato, studiandolo. «Eppure a vederti sembra che tu sia stato costretto a mangiare qualcosa che non era di tuo gusto.»
Il viso di Rolf si fece ancora più arcigno. «Ah sì? Tu invece sembri particolarmente soddisfatta.»
«Già, era tutto buonissimo.»
Rolf non rispose, e si volse a guardare la pista da ballo.
Luna fece altrettanto e vide i danzatori terminare la contraddanza e applaudire. Colta da un’idea improvvisa, posò la mano su un braccio di Rolf. «Perché non balliamo la prossima danza?»
Rolf si girò a fissarla con astio piuttosto evidente. «Perché non lo vai a chiedere a Rawdon? Scommetto che ne sarebbe felicissimo.»
Luna aggrottò la fronte. «Be’, ma io no; preferirei ballare con te.»
Rolf sembrò colpito da quell’affermazione. Arrossì lievemente e si guardò intorno, come se fosse innervosito. «Non so ballare» confessò.
Luna sorrise. «Nemmeno io. Ma quel che conta è divertirsi, giusto?»
Rolf scosse la testa. «Preferisco annoiarmi qui che rendermi ridicolo sulla pista da ballo.»
Luna si accigliò. «Ma non ti renderesti ridicolo. Ti divertiresti.»
«No.»
«Perché? A me piacerebbe. Per favore…»
«Ho detto di no!» sbottò lui, imbarazzato. «Non voglio diventare uno zimbello come te…»
Ammutolì, come se si fosse lasciato sfuggire qualcosa di troppo.
Luna sbatté le palpebre.
«Allora scusa se te l’ho chiesto» disse con calma. «Se le cose stanno così, è meglio che io non balli affatto.»
Si voltò e si avviò fuori dal padiglione, tra le siepi del giardino in stile cinquecentesco. A ogni passo la ghiaia scricchiolava sotto i piedi e il lungo abito ondeggiava lungo i fianchi.
Allora era quello che pensava Rolf di lei?
Aveva sempre saputo di essere considerata strana da tutti, e aveva sempre saputo che a volte poteva essere imbarazzante anche per i suoi amici più cari, come Harry o Ginny. Però non poteva farci niente, ciò che pensava le usciva dalle labbra senza che lei si rendesse conto di cosa significasse.
Però… però Rolf era il suo vecchio amico più caro, quell’amico che non le era mai venuto meno; nemmeno quando, in quei lunghi anni, era stato assente se n’era mai andato del tutto: era ancora nei suoi pensieri, nei suoi ricordi; era con lei, almeno nel cuore, quando era rinchiusa nella prigione, dopo essere stata rapita.
Ma forse si era sbagliata. Anche se la sua risata era uguale a una volta, non significava che lo fosse anche il resto, giusto?
Avrebbe dovuto immaginarlo, così in quel momento non si sarebbe sentita tanto triste.
Giunse alla fine del vialetto di ghiaia e si sedette sul bordo della grande fontana di pietra grigia in mezzo al giardino. Il rumore dell’acqua copriva la musica proveniente dal padiglione e il ronzio degli insetti. Copriva persino i passi di chi si avvicinava.
Fu per quello che Luna non sentì Rolf arrivare e si accorse di lui solo quando le si sedette accanto.
«Scusa» disse lui. «Non volevo dire quello che ho detto.»
«Però lo pensi» replicò lei tranquilla.
Rolf tacque. Poi, dopo una pausa, come se dovesse prendere un bel respiro, disse: «Penso che tu sia una delle persone più stravaganti che conosca. E che a volte –molte volte- parli senza ragionare. Però ciò che dici è sempre sincero. E ci vuole un gran coraggio per essere sinceri, di questi tempi.»
Luna alzò lo sguardo e incrociò quello di lui, intenso. «Tu non sei sempre sincero? Nemmeno con me?»
Rolf corrugò le sopracciglia. «Be’… non ti ho mai detto una vera e propria bugia, però…»
Luna non era stupida. Era solo stravagante e distratta, ma quando doveva ragionare, la sua mente filava meglio di qualunque altra. «Però ci sono tante cose che non mi hai detto» concluse per lui.
Rolf annuì.
Luna scrollò le spalle. «Non ha importanza.»
Rolf sembrò sorpreso. «Davvero?»
«Non voglio che tu mi dica tutto. Nemmeno io ho mai detto tutto.»
«Che cosa?!» sbottò Rolf.
«Ad esempio, non ti ho mai detto che quando abbiamo tirato su tua cugina Amy dal pozzo, era stata sicuramente colpita da un Gorgosprizzo. Aveva tutti i sintomi.»
Rolf scoppiò a ridere. «Probabile. Ma io avrei pensato che fosse successo quand’era ancora nella culla. E’ sempre stata insopportabile.»
Luna si fece pensierosa. «Chissà, può darsi.» Poi guardò Rolf. «E ora tocca a te.»
«Me?»
«Sì. Raccontami qualcosa che non mi hai mai detto.»
Rolf meditò per un po’, poi scosse la testa. «Non saprei. Che cosa vorresti sapere?»
Luna lo studiò un attimo. «Be’, mi piacerebbe sapere come ti sono venute fuori queste», e alzò una mano a indicare le sopracciglia oblique.
Nel momento in cui le sue dita lo sfiorarono, sembrò passare uno strano lampo negli occhi di Rolf, ma subito passò e lui assunse un’espressione tesa.
«Non è una cosa che mi va di raccontare.»
«Non lo posso sapere?» chiese lei, un po’ delusa.
Rolf scrollò le spalle, mentre il suo viso si arrossava un po’. «Non è un segreto di stato. Però, ecco… non è un ricordo piacevole. E… nemmeno facile da spiegarti.»
Luna tacque, in ascolto.
«E’ stato… credo alla fine del primo anno. Quando sono arrivato a Beauxbatons… be’, non andavano molto di moda i Nargilli e i Plimpi» fece una pausa, come preoccupato di urtare la sensibilità di Luna.
Lei sorrise. «Oh, non ha importanza se anche mi dici che nessuno ci credeva. Ci sono abituata.»
«Be’, sì» proseguì Rolf, cercando di oltrepassare la parte inerente alle creature tanto care a Luna. «I ragazzi del quarto e del quinto anno in particolar modo erano i peggiori. Continuavano a tormentarmi e trattarmi come lo zimbello della scuola, dicendo che Nargilli e tutto il resto non esistevano. Erano degli imbecilli» aggiunse in fretta, temendo di ferire Luna.
Lei lo incoraggiò con un gesto.
«Così un giorno presi coraggio e andai nella foresta. Intorno a Beauxbatons c’è un bosco immenso, popolato da migliaia di creature magiche, e in Francia è considerato uno dei luoghi più pericolosi e inaccessibili. Le punizioni per chi prova a metterci piede sono terribili; una delle tante è l’espulsione.»
«Allora non avresti dovuto andarci» lo rimproverò Luna. «Pensa se ti avessero espulso!»
Rolf sorrise. «Lo so, ma allora ero solo uno stupido ragazzino che credeva ai Narg… che si cacciava nei guai» si corresse in fretta. «Così m’inoltrai nella foresta, e dopo mezz’ora che vagavo trovai un fauno.» Fece una pausa.
Luna era totalmente avvinta dal suo racconto, gli occhi che luccicavano.
«Ci parlai e feci un patto con lui; uno di quelli seri, che non si possono sciogliere nemmeno con la magia: avrebbe scambiato il mio corpo per un giorno e una notte con il suo, poi mi avrebbe portato a vedere i Ricciocorni Schiattosi.»
«Sei stato per un giorno e una notte nel corpo di un fauno?» chiese Luna, affascinata.
«Sì. Non è stato molto piacevole. Quel fauno era pieno di pulci» rispose lui con una smorfia.
Luna ridacchiò, e così fece anche lui. Poi tornò serio.
«Dopo un giorno e una notte, però, non tornò, così raggiunsi la scuola con l’aspetto di fauno; non potevo entrare a causa degli incantesimi di protezione, ma lo vidi comunque.» Aveva assunto un’espressione feroce.
«Cosa faceva?» chiese Luna, incuriosita.
«Be’» disse lui, arrossendo in modo palese, «i fauni adorano le ragazze umane, ma non possono di certo avvicinarle con il loro aspetto. Però, ora che quell’essere aveva il mio corpo, non si faceva scrupoli di andare dietro a cinque o sei di loro contemporaneamente.»
«E poi?» chiese Luna, interessata.
«Due giorni dopo uno dei professori aveva cominciato a insospettirsi: sai, anche trasformati da umani, i fauni rimangono comunque fauni, con i loro comportamenti bizzarri, la loro personalità animalesca e tutto il resto. Così lo scoprirono e lo costrinsero a confessare dov’ero, e mi vennero a prendere.»
«E a quel punto lo scambio si sciolse?»
Rolf si rabbuiò. «Sì, ma non nel modo che credevo. Dato che il fauno non poteva mantenere la sua promessa, lo scambio non fu ripagato e ci furono delle… complicazioni tecniche.»
«Cioè?»
«Su di me rimasero… be’, le tracce dell’essere stato, anche solo per poco tempo, una di quelle stupide creature. E su di lui quelle dell'essere stato umano. Non è stato piacevole per nessuno dei due; lui aveva previsto di rimanere me per sempre, ma ha avuto quello che si meritava.»
Luna era perplessa. «Ma perché lo scambio non fu pagato?»
Rolf esitò a rispondere a quella domanda. “Perché… perché il fauno non poteva mostrarmi i Ricciocorni.»
Luna si accigliò. «Perché?»
Rolf inspirò. Sembrava molto restio a darle una risposta.
Luna, allora, capì da sola. «Perché i Ricciocorni non esistono, vero?» lo precedette.
Rolf annuì di malavoglia.
Luna chinò il capo.
Le creature magiche sapevano perfettamente chi e quali di loro esistessero e quali no. E quel fauno non aveva ragione di mentire. Perciò se diceva che i Ricciocorni non esistevano, allora doveva essere così.
E allora… allora le convinzioni di suo padre, i soldi spesi per le ricerche, tutte le ore che aveva usato per cercare il materiale per la tesi… tutto buttato via. Tutto.
«Mi dispiace» disse Rolf, sinceramente contrito.
«Oh, non è colpa tua» lo rassicurò Luna, triste. Era la prima volta che uno dei miti che l’avevano accompagnata per tutta la vita s’infrangevano in modo così chiaro e inequivocabile. Era… davvero triste.
Senza che se ne accorgesse, le salirono le lacrime agli occhi.
«Oh, se penso a come ci rimarrà male papà…» disse, angosciata.
«Luna.»
Lei alzò gli occhi e vide il volto di Rolf vicinissimo, tanto da sentire il suo alito sul naso. Ricordava solo una volta in cui lui si era avvicinato così tanto.
«Mi vuoi baciare?» chiese, sorpresa.
Rolf si bloccò a pochi centimetri dalle sue labbra. «Io…»
Si guardarono.
«Sei innamorato di me?» chiese ancora lei.
Rolf si scostò. «Ecco… non lo so…»
«Allora perché mi vuoi baciare?»
Rolf si alzò di scatto. «Hai ragione, scusa. Non dovrei.»
La guardò ancora, per un breve istante, poi le diede le spalle e si allontanò a grandi passi, la ghiaia che scricchiolava sotto gli stivali a ogni suo passo affrettato.

   
 
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