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Autore: LaserGar    13/09/2021    0 recensioni
Yunix Braviery ha 16 anni. Dopo aver perso la memoria in circostanze ignote, il ragazzo, completamente solo, si è ritrovato a vagare in un mondo dominato dai Quirk, alla ricerca di una sistemazione stabile. La sua unica certezza è di aver commesso un crimine terribile, perciò mantiene un profilo basso, cercando di non avere contatti con nessuno. Dopo due mesi di vagabondaggio giunge alla sua meta che spera ponga fine alla sua 'fuga' intercontinentale: lo stato/città indipendente di Temigor, nella punta meridionale dell'isola del Kyushu. La città in questione, chiamata Kotetsu dai Giapponesi, per l'acciaio speciale che vi si ricava all'interno, è una metropoli ricca di persone provenienti da ogni dove. L'HG è l'accademia per eroi della città, capace di rivaleggiare contro lo U.A, per il titolo di scuola migliore per eroi. Nel frattempo, un cimelio del passato rinvenuto nella giungla sudamericana rischia di far sprofondare nel caos non solo Temigor, ma tutta la società degli Heroes. Yunix non sa ancora cosa l'aspetta quando si ritroverà faccia a faccia con il suo futuro e ovviamente il suo passato.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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La città di ferro - Parte Seconda: I villaggi della miseria


Era ormai giorno inoltrato quando Yunix Braviery raggiunse le prime catapecchie.

Lo stacco tra la città e quel panorama fangoso era grande, ma non esagerato, considerando che l’acciaio presente negli edifici si era ridotto al minimo, man mano che Yunix si allontanava dal centro. In ogni caso, era solo una stretta stradina a dividere la civiltà da qualcosa di ben diverso.

Gli abituri erano affiancati l’uno all’altro, in modo da formare una barriera di legno marcio, ferro arrugginito, cemento e mattoni. Il ragazzo inizialmente non capì il perché di una tale riservatezza. Una ringhiera bucherellata, poco rassicurante, rappresentava l’ingresso alla zona.

C’erano poche persone che gironzolavano attorno alla barricata dismessa. Yunix osservò una lastra, che doveva fungere da cartello. Sopra di essa, di una vernice nera, c’era quello che doveva essere il nome della ‘Città’: “Abones Village”. Tuttavia, la lettera “A” era stata cancellata da una croce rossastra. In quel modo, la scritta diventava “Bones Village”.

Yunix non era molto rassicurato. “Villaggio delle ossa? Davvero vivono così male, quaggiù?”

Si avvicinò all’entrata e sbirciò all’interno. Nella strada fangosa, avvistò solo un senzatetto. Rabbrividì. Sapeva bene com’era soffrire i morsi del freddo notturno. Aveva passato tante notti all’aria aperta, osservando mesto le finestre illuminate delle case. Poi aveva cominciato a viaggiare di notte e dormire di giorno. Anche ora, dopo diverse settimane, sentiva tutti gli acciacchi che aveva subito. Chissà se si sarebbe mai ripreso del tutto...

Due turisti si avvicinarono al cancello. Stavano scherzando amichevolmente tra loro. La donna si accorse per prima della direzione che avevano preso. «Ehi, ma dove mi hai portato? Non credere che entrerò lì dentro. Ho visto discariche in migliori condizioni...» La donna gettò uno sguardo sbieco ai presenti, Yunix compreso, che poteva benissimo passare per un senzatetto del luogo.

L’uomo accanto alla donna stava controllando la mappa. «Non c’è problema, possiamo arrivare al mare anche di là...» La donna lo prese per mano. «E allora guidami, capitano.» L’uomo sorrise alla battuta e cominciò ad allontanarsi, parlando ad alta voce con la donna. «Comunque, non preoccuparti. Quei mostri di fango avranno un bel da fare a seguirci. Probabilmente inciamperanno prima su sé stessi.»

La donna rispose annoiata. «Ma fammi il piacere... È incredibile che luoghi del genere siano ancora in piedi a Temigor. Se fosse per me, distruggerei tutto. Dove sono gli Hero quando servono?»

Yunix si sentì ribollire il sangue nelle vene. “Come se la gente scegliesse di vivere qui perché lo vuole... Non sempre c’è scelta.”

Senza indugiare oltre, il ragazzo entrò nel quartiere. Non aveva grandi aspettative, dopo quello che aveva visto e sentito da fuori, ma tanto non poteva tirarsi indietro. Avanzando nei viottoli, notò diversi messaggi minacciosi, intagliati sul legno o dipinti sui muri. Le persone che oltrepassava tenevano gli occhi bassi, agghindate come potevano, probabilmente in cerca di qualcosa da mangiare o immischiate in brutte faccende. Sopra le abitazioni erano visibili decorazioni bianche, probabilmente ossa. Non si soffermò a fissarle.

Mentre Yunix attraversava il Giappone, ricordava di aver letto qualcosa sui quartieri poveri di Temigor, situati per la maggior parte nelle zone meridionale e occidentale della città, ma non pensava di trovare una tale miseria. Nelle vie più grandi c’erano famiglie intere accampate per strada o intente a lavarsi nelle pozzanghere. Loschi uomini si passavano oggetti di mano in mano. C’erano persino persone accasciate a terra, forse morte, ma Yunix voleva credere il contrario. C’era chi urlava, chi piangeva, chi correva.

Accelerò il passo, sentendo l’amaro in bocca. “Ma perché non usano i loro Quirk? Pensavo che fosse permesso. Non possono essere No-Quirk... C’è qualcosa che non quadra... Dove sono gli eroi? Questo è molto peggio di un quartiere povero.”

Voleva aiutare quelle persone, capire come fosse possibile un tale degrado in una città come Temigor, ma non riusciva nemmeno a guardarle, dal gran che gli facevano pena. “Non posso finire come loro. Io, questo viaggio, no...” Il mal di testa stava tornando, più intenso che mai.

Per sua fortuna, il clima iniziò rapidamente a cambiare. Le catapecchie lasciarono il posto a capanne areate, ma di un legno più solido, con teli e tende rattoppate. La strada divenne un ciottolato. “Mi sto avvicinando alla costa forse?” Yunix avanzò con più calma, ma ancora sconvolto da quello che aveva visto.

Una vocina cercava di fare capolino nella sua testa. “Cosa ti aspettavi, Yunix? Una reggia? Questo è il meglio a cui puoi aspirare e lo sai bene...” Il ragazzo si strofinò gli occhi con le mani. Si sentiva stanco, sia fisicamente che mentalmente. Ma più di tutto era infastidito. “Vedere queste persone... Lo detesto. Mi sembra quasi di non avere il diritto di puntare più in alto di loro. Eppure, dall’altro lato voglio credere che questo lungo viaggio sia servito a qualcosa... Perché sono sempre indeciso? Se solo... Se solo ci fosse qualcuno che mi dicesse cosa fare...”

Incapace di proseguire, si sedette al lato della strada. Si sfilò lo zaino e bevve un po’ d’acqua. Si sentì leggermente meglio. «L’unico modo per andare avanti è non pensare a niente...» mormorò Yunix chiudendo gli occhi. «Lasciare che tutto scorra nel suo ritmo e proseguire sulla stessa strada...» Sollevò una mano e sentì l’aria che la sfiorava. “Non è quello che ho sempre fatto in fondo? Non pensare... Me lo ha insegnato il dimenticare. È così che sono riuscito ad arrivare fin qui?” Il suo corpo si stava rilassando. Da quanti giorni non dormiva?

Yunix, come in trance, aprì gli occhi. Di fianco a lui c’era una ragazza che lo fissava. Gli occhi dei due si incontrarono. Furono lunghi istanti di silenzio per Yunix, che, fedele alle sue parole, e in gran parte a causa della stanchezza, davvero non stava pensando a nulla. La ragazza lo squadrava con sospetto.

«Ehi! Sei vivo?» Il ragazzo era frastornato e un po’ infastidito. La ragazza gli diede un calcio. «Allora? Non mi va che un turista muoia quaggiù.»

Yunix si girò con un gemito, cercando di riacquisire un po’ di lucidità. «Turista? Chi ti ha detto che sono un turista...?» «Lo sei, no?» Yunix annuì, stanco. «Bene... Almeno sei una persona onesta.» La ragazza era abbastanza alta. Indossava una tunica marroncina sfatta con maniche corte, di un materiale molto sottile e dei guanti da lavoro in entrambe le mani, uno nero, l’altro marrone. Portava lunghi e spessi pantaloni neri con risvoltini ben evidenti, sulle caviglie. La sua struttura era molto affusolata. I capelli erano verdognoli, stile punk, ma si prolungavano fino al terreno, in un’unica lunga coda. Il resto del cranio vedeva capelli rasati quasi a zero.

I suoi occhi vitrei erano di nuovo fissi in quelli di Yunix. «Hai intenzione di stare lì seduto ancora a lungo?» Questi fu tentato di risponderle di sì, ma quasi senza ragionare si fece aiutare ad alzarsi. La ragazza era estremamente forte, a discapito dell’apparenza.

Yunix si schiarì le idee. «Tu chi sei? Sei qui per salvarmi?» La ragazza gli assestò un pugno nello stomaco. Yunix si piegò in due e vomitò quella poca sostanza che aveva ancora nel corpo, in gran parte acqua.

La ragazza non attese che si riprendesse. Afferrò con le mani il colletto della sua maglia e trascinò Yunix contro il muro, sollevandolo da terra di qualche centimetro.

«Sia ben chiaro, smettila di fare la vittima. Qui non c’è tempo per essere deboli. Qui si lavora per migliorare e lo si fa in silenzio. Se sei passato per Bones Village avrai sicuramente visto qual è il fondo del pozzo e grazie a Dio qui ne siamo ben lontani.» Yunix digrignò i denti. «Come vuoi, teppista.»

La ragazza lo lasciò andare. Notò immediatamente la rabbia cocente del ragazzo. «Guarda che lo faccio per te... Poco fa sembravi sulla soglia dell’altro mondo.» Yunix si mise a posto, come poteva. «Mi stavo solo riprendendo.» La ragazza lo ignorò. “Questa ragazza potrebbe farmi da guida, ma devo toccare i tasti giusti...”

«Siete sicuramente pratici in questa zona. Avrete lavorato duramente per ottenere un risultato del genere.» La ragazza lo guardò con sospetto. «E’ una presa in giro?» Yunix scosse la testa in fretta, temendo un altro pugno. «No, davvero; qui mi sembra che le cose vadano decisamente meglio. Sono solo curioso di sapere come sia possibile.»

Il viso pronunciato di lei si accese un poco. «È vero, abbiamo lavorato più di quanto tu possa immaginare. Ma non è sempre stato così. Gli abitanti del posto erano messi male... Io non ero ancora nata, eh... Proprio al pari degli abitanti degli altri ‘villaggi’. Alla mattina si svegliavano maledicendo la città e passavano la giornata a rovistare tra i rifiuti, a indebitarsi, a piangere... Però poi si sono resi conto di quello che stavano sbagliando. Stavano sopravvivendo, ma nulla di più. Non cercavano di migliorare. Rimanevano in un limbo di miseria stabile. E si accorsero di essere soli... Di non essere una comunità, ma solamente vittime della stessa tragedia...» Yunix sbuffò. «Non ci si accorge di qualcosa da un giorno all’altro.»

La ragazza diede un calcio a una lattina. «È vero... Ma va detto che furono gli unici a cogliere il messaggio...» «Il messaggio di chi?» domandò Yunix vagamente interessato. «Non ho idea di come si chiamasse, ma mi è sempre stato descritto come “Il venditore di sale”. Un giorno è sorto dal nulla e ha cominciato a predicare le verità che ti ho detto prima. Bisognava smettere di essere passivi e fare del nulla qualcosa di nuovo, qualcosa di vivo... Guarda! Guarda quanto siamo arrivati lontano in quella ventina d’anni...»

Yunix non guardò subito ciò che indicava, ma osservò lei. “E’ davvero orgogliosa di quello che sono riusciti a creare. Sentendola parlare, mi viene da pensare che si sia compiuto un vero e proprio miracolo...” «Abbiamo tutti delle sistemazioni solide e, lavorando sodo tutto il giorno, la mensa ci garantisce un pasto completo. C’è del gran lavoro da fare... Stiamo cercando di allargare il perimetro del nostro ‘villaggio’. Se riuscissimo a inglobare tutti i quartieri da qui fino alle ultime case a nord, riusciremmo a donare nuova vita a un’area data per persa da tutti. Insomma, abbiamo persino un Hero qui.»

Yunix, che si stava pentendo un po’ di aver dato della teppista a quella ragazza sfortunata, si riscosse all’informazione. «Un eroe? Chi è? E tu chi sei?» La ragazza sollevò le mani, fingendosi innervosita. «Basta, basta. Basta domande. Mi hai già fatto parlare troppo... Questo è tutto tempo portato via al lavoro.» La ragazza lanciò un’occhiata fugace al viso di Yunix, un po’ sconsolato. «Tuttavia, dato che sono sulla strada, ti porterò alla tenda principale, così potrai vedere l’Hero tu stesso...» Si incamminò subito verso destra.

Yunix si affrettò a seguirla, stringendosi ancora la pancia, tra le mani. Dopo qualche secondo di silenzio, Yunix tornò all’attacco. «Non mi hai detto come ti chiami...» La ragazza grugnì.

«Shigoto Andawa, ma tutti mi chiamano Shig. Si fa prima a pronunciare un nome corto.»

Yunix la raggiunse. «Conosci tutte le persone che abitano in questa zona?» Shig era colpita. «Cosa te lo fa pensare?» Yunix scrollò le spalle. «Hai capito subito che ero un turista... Sicuramente vi conoscete tutti in questa comunità, anche solo di faccia. Non è vero?» La ragazza annuì lentamente. «Sì beh, se non fosse per quello passeresti davvero per un abitante del luogo... Non mi era mai capitato di vedere un ragazzo estraneo ai quartieri così trasandato.

Yunix sorrise appena. “Dice di non voler parlare, ma secondo me ha un forte bisogno di confrontarsi con qualcuno della sua età... E poi...” «Shig, voi avete mai del tempo libero? Quali sono le attività che praticate, quando non lavorate?»

La ragazza lo guardò stranita. «Ma di che parli? Lavorare è il nostro tempo libero. Ogni momento che non passiamo a cercare di migliorarci è solo mendicanza, autocommiserazione. Piuttosto che fare la fine dei miei antenati, preferirei rompermi la schiena, cadendo da un’impalcatura...» Il ragazzo dai capelli grigi si fermò di colpo. «Non smettete mai di lavorare?» Shig era stupita per quelle domande.

«No. Lavoriamo tutto il giorno, eccetto durante i pasti e quando dormiamo. Anche ora... Sembrerà che io non stia lavorando, ma in realtà sto portando diversi messaggi al capo-villaggio. Proprio per questo faresti meglio a sbrigarti...»

«Ma avrai degli amici, no?»

La ragazza lo guardò dubbiosa. «Se intendi le persone con cui lavoro...» Yunix scosse la testa. «Veri amici... Persone con cui ti confidi. Che scherzano e ridono assieme a te. Che ti considerano importante.»

I due si guardarono. «Non proprio. Non c’è tempo per... Non c’è la necessità...» Yunix sentì un profondo senso di pietà farsi strada nel suo cuore. «Tu dici che avete imparato a vivere, ma questo non è vivere, tanto quanto non lo era prima. State dimenticando cosa c’è nel mondo oltre alla fatica e alla sofferenza.» Shig lo osservava con un certo distacco. «Non c’è niente che stiamo dimenticando, perché non c’è nient’altro nel nostro mondo. Noi stiamo combattendo per migliorare la nostra vita. La fatica è solo un valido mezzo per riuscire nei nostri scopi.»

Yunix le afferrò un braccio. «Ma al fine di cosa? Cosa farete una volta che avrete ottenuto ciò che volete così disperatamente? Cosa farai, Shig?»

La ragazza ci pensò, scostando rudemente il braccio di Yunix. Quest’ultimo tremava per la tensione. Era da troppo tempo che non parlava così apertamente a una persona. Si sentiva strano, ma non era una brutta sensazione. Anche a lui serviva un confronto con qualcuno della sua età, che avesse simili difficoltà alle sue. La ragazza sembrava in conflitto. «Shig...» ripeté Yunix, avvicinandosi.

Due ragazzi sulla ventina arrivarono di corsa sul percorso, superando i due, impalati nel mezzo. Shig li riconobbe. «Ehi, voi! Tornate ai vostri posti! Adesso porteranno il cemento, che vi serve.» Uno dei ragazzi si fermò e riprese fiato. «Scusa, Shig, ma questa è un’occasione che non possiamo proprio perdere. L’eroe numero 1 è qui...» Il ragazzo ricominciò a correre, scansando un giaciglio di stracci sul suo percorso.

«Cosa!? L’eroe numero 1? Che ci fa qui?» Gli urlò dietro la ragazza. Yunix era stupito. «All Might? È qui a Temigor?» La ragazza aggrottò le sopracciglia.

«All Might? Quello è l’eroe numero 1 del Giappone. Che ci verrebbe a fare qui?» «E allora chi è?» domandò il ragazzo. Shig riprese a camminare, leggermente preoccupata. «Per assurdo è uno degli eroi più stimati qui a Salt Village, dopo mio padre. Nessuno lo ha mai battuto, né ci è andato vicino. Si fa chiamare “Eroe del Paradiso”. Il nome che ha scelto è Ten Ken ed è il numero 1 di Temigor.»

La ragazza si morse un labbro. «Se è venuto fin qui, ci sono solo due possibilità. È successo qualcosa di grosso nei dintorni, oppure... Ten Ken vuole sfidare mio padre.»

Yunix notò il timore nella voce di Shig. «Tuo padre è l’Hero che risiede quaggiù?» La ragazza non si voltò per rispondergli, né gli fece un cenno, ma Yunix capì che non vi erano dubbi a proposito. Tuttavia, non capiva tutta quella preoccupazione. La sola presenza dell’eroe numero 1 avrebbe spaventato il villain del caso e, anche se Ten Ken avesse voluto combattere col padre di Shig, che problema ci sarebbe stato? Non conosceva l’uomo che stava dietro al nome di Ten Ken, ma essendo un eroe, dubitava che avrebbe messo a rischio un’altra persona in semplici scontri amichevoli.

Voleva esprimere i suoi pensieri alla ragazza, ma un dettaglio lo colpì. Per un attimo gli sembrò di poter vedere, attraverso la pelle della ragazza, lo sfondo dietro di lei, ma fu solo un istante. Sbatté le palpebre. Forse era stata solo una sua impressione. In fondo, non dormiva da giorni. Eppure...

«Ehi! Shig, tu hai un Quirk, non è vero...?» La ragazza si voltò e Yunix temette seriamente di aver toccato un tasto sbagliato. Era pallidissima. «Non dirmi che l’ho attivato di nuovo senza volerlo. Quando sono tesa, non riesco a evitarlo. Ti prego non dirlo a nessuno...»

«Ma non c’è problema. Il Quirk è parte di te. Nessuno ti vieta di...» La ragazza lo interruppe, gridando.

«E invece sì che è vietato! Non possiamo utilizzare il nostro Quirk, qua dentro. È l’unica regola fondamentale, che Temigor si è degnata di imporci. Se qualcuno sapesse... Si viene ripagati bene a denunciare una persona per uso illecito di unicità.»

Yunix rimase interdetto. “Questa è la libertà di Temigor? Ma è assurdo...” La ragazza si accorse delle sue intenzioni e lo fermò. «Senti... Davvero non fa niente. È sufficiente che dimentichi quello che hai visto. Sono certa che un giorno... Quando avremo dimostrato di essere abitanti validi della città... sono sicura che avremo di nuovo il diritto di usarli... Io... ne sono certa.»

Yunix si sforzò di sorridere. «Certo... Mi auguro che sia così. Muoviamoci. Voglio conoscere questo Ten Ken.» Shig deglutì e annuì, per poi ricominciare la marcia verso il tendone principale. Yunix la seguì. “Non puoi nascondere nulla a una persona che conosce la tua solitudine, bene come me... Sai che non cambierà nulla, anche se doveste raggiungere tutti i vostri scopi. Tu rimarrai sola... Senza un Quirk.... Senza uno scopo... Senza un amico... Se solo sapessi come si fa ti insegnerei a vivere, io stesso.” Prima che potesse evitarlo sentì gli occhi bruciare, ma nessuna lacrima si fece strada sulle sue guance.


Note d'autore:
Ecco il secondo capitolo... Spero vi piaccia. Quasi non sembra My Hero, eh? Però mi piaceva l'idea di approfondire un po' la società di Temigor. Nel prossimo, apparirà finalmente "The Greatest Hero", anche se non sarà un vero e proprio simbolo della pace. Alla prossima...
   
 
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