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Autore: Fiore di Giada    19/09/2021    4 recensioni
Ad un tratto, da una strada laterale , apparve un motociclista, in sella ad una Ducati rossa.
Genzo sbarrò gli occhi, sorpreso. Impallidì.
Poi, strinse le mani sul volante e premette il piede sul freno. No, doveva impedire una tragedia!
L’auto, tuttavia, non si fermò e investì la Ducati.
La moto cadde e il corpo del motociclista venne sbalzato a diversi metri di distanza.
L’energia dell’impatto piegò il metallo del paraurti e il parabrezza, con un forte scricchiolio, si infranse.
Il braccio destro del giovane si piegò in un angolo innaturale e l’osso squarciò la pelle.
Poco dopo, l’atleta nipponico si accasciò sul volante, quasi privo di conoscenza. Era dunque finita?
Sarebbero morti insieme?
La BMW, con un lungo, fastidioso stridio, si fermò, lasciando lunghi solchi sull'asfalto, simili a nere ferite.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lo sguardo di Genzo, attento, scrutava la strada e le sue mani, ferme, stringevano il volante.
Il sole tramontante colpiva coi suoi raggi gli alberi, i cartelli e gli edifici e le colorava di un vivo colore arancione.
Le automobili percorrevano la strada in entrambi i sensi di marcia, mentre decine di persone camminavano nelle aree pedonali o entravano e uscivano dagli edifici.
Un mezzo sorriso sollevò le labbra del portiere. Aveva fatto la scelta migliore per la sua prima giornata di vacanza.
Una serata a teatro sarebbe stata piacevole per lui e gli avrebbe permesso di rilassarsi, dopo le fatiche calcistiche.
E a Monaco di Baviera, al National Theater, era in programma Parsifal, con dei costumi sontuosi e degli attori validi.
Un fremito di piacere attraversò il suo corpo. La sua permanenza in Germania gli aveva permesso di apprezzarne la cultura.
Lo studio era stato fruttuoso, seppur duro, e gli aveva dato la possibilità di allargare la sua mente.
Il gioco del calcio rimaneva il suo principale interesse e non vi avrebbe mai rinunciato, ma aveva imparato a godere di altri raffinati piaceri.
La musica classica si era rivelata una insperata fonte di divertimento per lui e il suo musicista preferito era Richard Wagner.
Le sue melodie riuscivano a stuzzicare la sua fantasia e a evocare le immagini di un mondo sublime, popolato di dame e cavalieri.
Ed egli era desideroso di lasciarsi avviluppare dalla magia di quelle note.

Ad un tratto, da una strada laterale , apparve un motociclista, in sella ad una Ducati rossa.
Genzo sbarrò gli occhi, sorpreso. Impallidì.
Poi, strinse le mani sul volante e premette il piede sul freno. No, doveva impedire una tragedia!
L’auto, tuttavia, non si fermò e investì la Ducati.
La moto cadde e il corpo del motociclista venne sbalzato a diversi metri di distanza.
L’energia dell’impatto piegò il metallo del paraurti e il parabrezza, con un forte scricchiolio, si infranse.
Il braccio destro del giovane si piegò in un angolo innaturale e l’osso squarciò la pelle.
Poco dopo, l’atleta nipponico si accasciò sul volante, quasi privo di conoscenza. Era dunque finita?
Sarebbero morti insieme?
La BMW, con un lungo, fastidioso stridio, si fermò, lasciando solchi neri sull’asfalto.

Pochi istanti dopo, Genzo aprì gli occhi, poi spalancò la portiera e scese dall’automobile.
Il suo braccio destro pendeva inerte e una lesione piuttosto ampia, si apriva all’altezza del gomito, facendo emergere un pezzo di osso.
Il suo volto, bianco d’angoscia, era sfregiato da escoriazioni e lividi e dai suoi occhi, rossi di spavento, sgorgavano lacrime.
Ansimando, si avvicinò al corpo del motociclista, che giaceva sulla strada, in una pozza di sangue.
Si chinò e, cauto, posò la mano sinistra sul collo del centauro, sinistramente reclinato sulla spalla.
Sbarrò gli occhi e una debole speranza palpitò nel suo cuore. Sentiva un flebile battito contro le sue dita.
Forse, c’era una possibilità di salvargli la vita.
Ma non doveva perdere tempo.
Ogni istante era prezioso.
Girò la testa e i suoi occhi fissarono i presenti, che assistevano, pietrificati.
– Chiamate un’ambulanza e la polizia! Presto! – gridò, angosciato. No, non doveva lasciarlo morire.
Non se lo sarebbe mai perdonato.
Allungò la mano verso il torace del centauro. Forse, poteva fare qualcosa.
Doveva tentare una prima manovra di soccorso, affinché le possibilità di un esito positivo aumentassero.
Per fortuna, grazie ad un corso, conosceva la rianimazione cardiopolmonare.
Una mano, ferma, si posò sulla sua spalla sinistra e il giovane, d’istinto, si girò.
Vide un uomo tarchiato, con corti capelli biondi e occhi verdi, nascosti dietro occhiali quadrati, dalla montatura sottile.
– Che vuoi? – gridò, la voce vibrante di angoscia rabbiosa. Perché lo aveva fermato?
Non comprendeva.
– Con il braccio in quello stato, non puoi fare nulla. Lascia che sia io a fargli il massaggio cardiaco. Sono un paramedico. – affermò l’uomo in un tedesco perfetto, seppur macchiato da un lieve accento rumeno.
Il giovane nipponico ansimò e lo fissò, quasi stupito, poi abbassò lo sguardo sul suo braccio destro.
– Sì… Ha ragione. – ammise, il tono colpevole.
Vedendo la ferita dell'asiatico, l'uomo imprecò, poi prese dalla tasca destra della giacca un fazzoletto di seta e glielo consegnò.
Che... Che cosa ci devo fare? – domandò il giocatore.
Premilo sulla ferita. Purtroppo, non ho garze sterili. Per fortuna, è pulito. – spiegò.
Genzo annuì e premette la stoffa sulla lesione.
Il rumeno annuì, si inginocchiò e abbassò la zip della tuta del motociclista.
Poi, posò le mani sul suo petto e cominciò il massaggio cardiaco.

Il lungo fischio di tre sirene, ad un tratto, lacerò l’aria.
Due ambulanze, accompagnate da tre auto della polizia, si fermarono.
Qualche istante dopo, le porte dei mezzi si aprirono e scesero due squadre di barellieri.
Una di queste si avvicinò a Genzo e il giovane venne disteso sulla barella.
Un poliziotto scese dall’automobile e, a passo rapido, si avvicinò a loro.
– Avrei bisogno di fare delle domande al guidatore. E’ possibile? – chiese, monocorde.
Genzo provò a parlare, ma solo flebili lamenti uscirono dalle sue labbra livide, come se avesse dei sassi in gola. Gli sembrava di soffocare…
Eppure, doveva rivelare la verità alla polizia!
Non doveva fuggire dalle sue responsabilità.
– Tragga lei le sue conclusioni. E’ cosciente, ma ha bisogno di cure immediate. – rispose uno dei soccorritori, severo.
Il poliziotto lanciò uno sguardo perplesso a Genzo, poi fissò i soccorritori.
– Va bene. Ma, a tempo debito, faremo le nostre indagini. – dichiarò.
I barellanti non risposero e rientrarono nell’ambulanza.

Qualche minuto dopo, partì.
Genzo, perplesso, squadrò i soccorritori. Perché si erano affaccendati attorno a lui?
L’incidente era stato dannoso per quel motociclista, che era stato sbalzato a diversi metri di distanza dall’impatto con la sua auto.
Quali danni aveva riportato? Poteva essere salvato?
Certo, quell’uomo era intervenuto e gli aveva effettuato un efficiente massaggio cardiaco, ma sarebbe bastato?
Gli era parso che il motociclista avesse il collo spezzato.
Ma poteva essere una sua impressione errata, dettata dall’angoscia.
Doveva essere un suo errore di valutazione!
A lui sarebbe bastata una ingessatura, perché aveva una semplice frattura ad un braccio e simili danni non avevano bisogno di cure immediate.
Il suo respiro accelerò e il suo sguardo si fissò in un punto indefinito. Aveva quasi ucciso una persona per il suo desiderio di andare a teatro…
Una splendida serata, per lui e per quello sfortunato sconosciuto, si era tramutata in un incubo.
Deboli ronzii giungevano alle sue orecchie e l’ambiente, davanti ai suoi occhi, cominciò a scolorirsi, come fosse coperto da nebbia grigia . Non sapeva perché, ma non riusciva a vedere nulla.
Che cosa stava succedendo?
Il suo fisico era prossimo al collasso?
Eppure, si era solo fratturato un braccio e simili lesioni non erano portatrici di complicanze gravi.
Qualche istante dopo, l’oscurità velò i suoi occhi e perse i sensi.

   
 
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