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Autore: Red_Coat    19/09/2021    1 recensioni
"Per tutto questo tempo ho passato ogni singolo giorno della mia vita cercando un modo per riunirmi alla mia famiglia. Per riavere mia madre e mio padre, e dire loro quanto mi siano mancati. Ho speso tutto quello che avevo ... pur di poterli salutare un'ultima volta.
Se sono arrabbiata?? Si. Decisamente. Mi fa rabbia che anche il più grande potere del mondo non sia in grado di far nulla per aiutarmi!"
Emilie Gold è l'unica figlia femmina del Signore Oscuro e della sua amata Belle. Cresciuta nell'amore, curiosa come sua madre e abile nella magia come suo padre, ben presto si renderà conto di quanto il tempo possa essere paziente medico e al contempo spietato nemico. E nel tentativo di rendere possibile l'impossibile, scoprirà quanto il prezzo della magia possa essere alto, e quanto il Maestro tempo possa realmente cambiare anche il più oscuro dei cuori.
(coppie: SwanFire; RumBelle. Questa storia è una rivisitazione degli eventi della serie, potrebbero esserci spoiler così come potrebbero esserci coppie canon mai nate o fatti importanti della trama mai accaduti. Il punto di partenza dalla fine della terza stagione.)
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Baelfire, Belle, Emma Swan, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Episodio III - Benvenuta a Storybrooke


Storybrooke,
Un mese prima ...
 
La freccia intrisa di inchiostro scuro aveva appena colpito la Strega Perfida, trapassandole da una parte all'altra la mano che reggeva il pugnale.
Esso le cadde a terra tintinnando e mentre lei ancora urlava, senza perdere tempo Tremotino si riappropriò dell'arma, guardandola scintillare nelle sue mani quasi come se non riuscisse a crederci, e poi rivolgendo un lungo, implorante e sollevato sguardo a Baelfire e Belle.
Il primo sospirò, chiudendo gli occhi per un secondo. Aveva appena rischiato di morire per mano del Signore Oscuro, manipolato come un burattino da qualcuno più pazzo di lui.
La Bella invece sorrise, correndo ad abbracciarlo forte, gli occhi scintillanti di lacrime.
Mr. Gold, sebbene in quel momento ci fossero altre cose più importanti da fare, non poté che assecondarla.
Era rimasto per troppo tempo da solo, rinchiuso in una gabbia come un cane, sempre costantemente in pensiero per la sua famiglia e per quello che Zelena avrebbe potuto far loro, che adesso riuscì soltanto a stringersi più forte alla sua amata, inspirando il suo profumo con tutta l'aria rimastagli nei polmoni.
E mentre loro si riunivano, gli eroi pensavano al resto.
Zelena era una strega potente, l'inchiostro non l'avrebbe fermata a lungo, perciò dovettero agire in fretta.
Per prima cosa, Emma le legò al polso un bracciale che ne inibiva i poteri, e mentre l'effetto del paralizzante iniziava a svanire, il principe azzurro la bloccò ammanettandola.
La mano continuava a grondare sangue, e lei a urlare di dolore. Ma mentre lo faceva, all'improvviso guardò verso il bosco e sbraitò infuriata, ribellandosi alla stretta degli eroi.
 
«Chi sei, dannato impiccione!? Mostrati!!»
 
Regina e Cora si guardarono sconcertate, lo stesso fecero Swan e i suoi genitori, e Tremotino e la sua famiglia. Anzi, questi pensò subito a recuperare la freccia, ch'era stata spezzata e gettata. Con le ultime forze magiche rimaste, la ricompose nel palmo della sua mano.
 
«Già, chi è stato?» mormorò Regina Mills, facendosi nuovamente preoccupata.
«La riconosci?» domandò il Signore Oscuro a Robin Hood, che gli si accostò ispezionando per bene la freccia.
«È una delle mie, ma è molto vecchia. Non usiamo più questo tipo d'impennaggio da quando siamo venuti qui a Storybrooke. Questi sono uccelli della Foresta Incantata.»
 
Il principe guardò sua moglie, e lei scosse il capo. Non era neanche sua.
Allora, lanciando uno sguardo verso le folte chiome dei pini che circondavano la città, Tremotino ricordò quell'ombra minuta ch’era venuta a fargli visita proprio la sera prima.
Non aveva parlato, ma non gli si era nemmeno avvicinata. Era rimasta sempre costantemente nascosta sotto il cappuccio nero del suo lungo mantello, che lasciava intravedere solo la punta dei suoi stivali, un paio che riconobbe immediatamente come molto simili a quelli che aveva indossato in un altro luogo, ai tempi della foresta incantata.
Aveva provato a fargli delle domande, ma l'unica cosa che gli aveva lasciato era stato un biglietto con parole di speranza:
 
"Non preoccuparti, presto sarai libero.
 
PS. Brucia questo biglietto, Zelena non sospetta che la sto spiando."
 
Molte cose all’improvviso si fecero chiare, ma anche se lui ora era libero sul serio, la faccenda non era ancora conclusa.
 
«Non importa.» decretò Zelena «Non posso aver fatto tutto questo per nulla.»
 
Quindi si liberò dalla stretta di David Nolan e, le mani ancora ammanettate, trafugò la pistola dalla sua fondina e sparò un colpo verso sua sorella.
Regina non fece nemmeno in tempo ad accorgersene, perché nel tentativo di difenderla sua madre le si parò davanti prendendo il colpo destinato a lei.
Il proiettile non le lasciò scampo, trafiggendola al cuore. Sconvolta, la Strega Perfida sgranò gli occhi e lasciò cadere la pistola ancora fumante, nascondendo la sua espressione sconvolta dietro alle sue mani.
Ma mentre quella tragedia si consumava sotto gli occhi attoniti di tutti, Baelfire e suo padre si scambiarono uno sguardo complice, dopodiché Neal si precipitò verso il punto in cui la freccia era partita, deciso a svelare il mistero.
Era da tanto che se lo portava dietro, da quando anche lui aveva ricevuto uno strano messaggio, sull’isola che non c’è.
Ma, sfortunatamente, nonostante avesse corso il più velocemente possibile, anche stavolta non gli rimase che una manciata di impronte da seguire che scomparivano poco dopo nel nulla.
Chiunque fosse stato a salvarli, quel mistero sarebbe dovuto rimanere irrisolto ancora per un po’.
 
\\\
 
Quella sera, mentre con le lacrime agli occhi e il cuore gonfio pensava a sua madre e alla sua miserabile sconfitta, seduta sullo scomodo letto della piccola cella in cui l’avevano rinchiusa in attesa del processo e circondata dal silenzio, Zelena seguitò a fissare le proprie mani tremanti, incapace di credere a ciò che era stata in grado di fare.
Aveva appena ritrovato sua madre, e spinta dalla sua insaziabile gelosia l’aveva perduta per sempre, mettendo fine lei stessa a quella vita. Il suo maestro aveva ragione: Com’era ironico il destino.
Immersa in quei tristi pensieri, neanche si accorse dell’ombra nera che era entrata nel frattempo.
Se ne rese conto solo quando le luci si spensero, e drizzandosi in piedi strinse i pugni trattenendo il fiato, pensando in un primo momento si trattasse del Signore Oscuro, venuto a cercare vendetta.
Invece si trovò davanti un’ombra piuttosto minuta, avvolta in un lungo mantello nero che lasciava intravedere solo la punta degli stivali. Fu quel dettaglio a confonderla.
In un primo momento pensò che il suo intuito avesse ragione, che Tremotino avesse rimesso i panni del vecchio Signore Oscuro per ucciderla indisturbato.
Sogghignò nervosamente.
 
«Entrata ad effetto.» disse «Ma non credo ti servirà. Pensavo fossi dalla tua Belle a festeggiare, invece ti sei degnato di venire a trovarmi. Ne sono lusingata.»
 
L’ombra alzò il viso, rivelando un ghigno diverso da quello del Signore Oscuro. La pelle era candida e giovane, i denti lucidi, le labbra sottili e rosee. Si fece seria, e la poca sicurezza ch’era riuscita a trovare, all’improvviso l’abbandonò.
In un battito di ciglia, la sconosciuta oltrepassò le sbarre e la inchiodò al muro, rivelandole il suo volto.
Era una ragazza, lunghe ciglia nere ed occhi grigi. Ma la sorpresa più grande fu vederla stringere un pugnale ch’era in tutto e per tutto identico a quello dell’Oscuro, ma senza il suo nome sopra.
Glielo puntò alla gola, emettendo un’inquietante risata sommessa, molto simile a quella del suo vecchio maestro.
 
«Meno boria, Zelena.» l’apostrofò «Non ti è ancora passata la voglia di mostrarti così altezzosa?»
 
La sua voce era chiara, ma molto simile a quella di Tremotino.
Non riuscì a capire però se quel tono fosse un’imitazione per confonderla o meno.
 
«Cosa … chi sei tu?» domandò confusa.
 
La ragazza sorrise di nuovo, imitando colui al quale chiaramente s’ispirava.
 
«Colei che ti ha appena sconfitto.» mormorò, quindi senza darle il tempo di aggiungere altro la colpì al cuore, e mentre il suo sangue gocciolava sul guanto che le proteggeva le mani aggiunse, digrignando i denti «E adesso, per tutto quello che hai fatto a mio padre e alle sua famiglia, muori.»
 
Quindi estrasse di colpo il pugnale e la vide sgretolarsi in mille pezzi, come un prezioso vaso di porcellana che ha perso definitivamente il suo valore, fino a che di lei non rimase che un mucchio di polvere e una scia verdastra, che sollevatasi da essa fuggì, attraverso una delle finestra aperte.
Si voltò a guardarla, sollevando altera il capo.
 
«Ci rivedremo presto, mia cara. E ti consiglio di starmi alla larga, stavolta.» mormorò, quando per un attimo questa sembrò fermarsi a guardarla.
 
Poi, quando la scia magica finalmente scomparve, prima di riaccendere le luci Emilie si tolse il cappuccio, guardando verso la telecamera.
Quindi si smaterializzò, riapparendo molte miglia più in là, dentro la sua casa nel bosco, dove estrasse con un colpo preciso e secco il cuore dal proprio petto e lo guardò tingersi di una minuscola nota scura.
Quello che prima era solo un puntino, ora s’ingrandì, assumendo le dimensioni di una pallina.
Una piccola pallina di oscurità che andava via via ingrandendosi. Se lo rimise in petto, e cadendo in ginocchio scoppiò in lacrime.
Fu quella la prima volta in cui si rese conto di aver tradito l’accordo stretto con suo padre.
La volta in cui realizzò di aver macchiato per sempre il suo cuore con l’oscurità, solo per regalare a lui un po’ di sollievo.
 
 
***
 
Presente,
Storybrooke.
 
L'aria quella mattina era frizzante e pulita, la tempesta del giorno prima l'aveva resa più fresca e aveva fatto si che il mare, agitandosi, liberasse nell'aria parte della sua benefica fragranza salmastra.
Uncino aveva passato la notte a terra, in quelle condizione era impossibile anche per un lupo di mare come lui restare a bordo della Jolly Roger.
Si era rintanato in uno dei tanti pub malfamati e mezzi sconosciuti che popolavano i dintorni di Storybrooke, il più lontano possibile dal Granny's e dalle sue vecchie conoscenze, e aveva bevuto fino ad essere ubriaco marcio.
Poi, verso l'alba, era rientrato e dopo aver buttato quasi più della metà della bile del suo stomaco in mare era crollato sulla sua branda.
Riaprì gli occhi appena prima delle otto, con un forte mal di testa e l'umore più nero del solito.
Con questo spirito si riaffacciò sul ponte e restò a guardare il porto e i suoi dintorni, senza nessun pensiero preciso.
Fu per questo che, quasi per caso, riuscì a scorgere due figure che si avvicinavano alla città.
Uno era sicuramente il fante di cuori, ma l'altra... era una ragazza sconosciuta, vestita di nero in uno stile che, dovette ammetterlo, non era affatto male.
Aveva lunghi capelli neri e camminava spedita, ma ci fu qualcosa che gliela rese familiare. Forse il suo fisico, lui era tagliato per valutare dettagli del genere, o il modo in cui parlava, camminava e si muoveva.
Fatto sta che non poté fare a meno di osservarla e pensare che era la prima volta che la vedeva aggirarsi in città, la valigia il fante la aiutava a portare e lo strano zaino nero che aveva in spalla lo confermavano.
Eppure ... gli sembrava davvero di averla già vista da qualche parte, ma probabilmente era solo colpa dei residui fumi dell'alcool.
 
\\\
 
Will ed Emilie, ora Alexandra, camminavano chiacchierando beatamente verso il centro città, quando, passando davanti al porto, il Fante mormorò, facendo finta di guardarla ma in realtà buttando un occhio verso la Jolly Roger.
 
«Il pirata ti sta fissando...»
 
La ragazza gli sorrise, alquanto soddisfatta.
 
«Meglio per lui.» fece «Almeno avrà qualcosa di carino da fissare, oggi, dopo che la mia adorata cognatina lo ha scaricato per mio fratello.»
 
Scarlett sorrise, leggermente agitato.
 
«Si, beh. Non mi sembra ti stia fissando a quel modo. Sembra più uno sguardo minaccioso.» osservò, per poi aggiungere sottovoce «Forse ti ha riconosciuta.»
 
Alexandra si voltò di nuovo a guardarlo, ma stavolta era seria, quasi torva.
 
«Will, giuro che se continui così ti tiro un pugno in faccia, non m'interessa chi ci sta guardando. Guai a te se mi fai scoprire.» lo avvisò.
 
Solo allora il Fante capì di essersi di nuovo fatto prendere dal panico.
 
«Scusa. Non so che mi succede ...» mormorò, infilando le mani nelle tasche dei jeans e guardandosi la punta degli stivali.
«Lo so io ...» bofonchiò contrariata la ragazza, dopo un breve sospiro «Riprenditi, e segui me da adesso in poi. D'accordo?»
 
Will Scarlett annui, tornando a guardare dove camminava.
La cittadina si era appena svegliata, le strade erano già percorse dai primi abitanti che, a piedi o in macchina, si affrettavano a raggiungere il loro posto di lavoro.
Tra questi, i due neocugini incrociarono il cammino del dottor Hopper, che si fermò a salutarli con un largo sorriso proprio mentre Emilie si attardava ad osservare l'insegna del negozio d'antiquariato, sullo stesso lato della strada.
Era ancora chiuso, ma attraverso i vetri giallo pallido delle finestre riuscì a scorgere un'ombra che sembrava appartenere a suo padre.
Il cuore rallentò i battiti per un secondo, e mentre Will salutava cordialmente per un attimo lei non riuscì a stare più al passo con la conversazione.
Solo quando il Fante le diede un colpetto al braccio col gomito riuscì in qualche modo a riscuotersi.
Guardò l'espressione in attesa del loro interlocutore e si rese conto di non avere affatto idea di quello che le avesse detto. Comunque, ad occhio e croce doveva trattarsi del classico frasario di conoscenza.
Gli strinse la mano e, con gran disinvoltura, seppe cavarsi dall'impiccio, anche se dovette resistere davvero con tutta sé stessa per non tornare a concentrarsi sull'insegna che a grandi lettere recitava: Mr. Gold, banco dei pegni e antiquariato.
 
«Oh, dottor Hopper piacere di conoscerla!» esordì «Deve perdonarmi, ma è più forte di me. Adoro le anticaglie.»
 
Questi sorrise.
 
«Oh, capisco. Deve sicuramente essere una persona molto sensibile. Non a tutti è concesso il privilegio di amare qualcosa che ha già una storia dietro di sé. I più preferiscono le novità.»
 
Lei si aprì in un sorriso soddisfatto.
 
«Ah, un'analisi degna di un bravo psicologo!» replicò.
«Faccio del mio meglio.» sorrise modesto questi.
 
Ma ora era il turno di Alexandra per farsi conoscere.
 
«Non male.» si complimentò «Ma anche io sono brava nelle intuizioni. Hopper … » fece finta di riflettere «Salterino. Quindi devi essere il grillo parlante, mi sbaglio?»
 
L'uomo alzò le mani, in segno di resa.
 
«Scoperto. Non male, davvero.»
 
Risero entrambi, mentre Will assieme ad un sorriso buttava fuori in un sospiro tutta l'ansia accumulata.
C'era mancato tanto così. Forse non era stata proprio una buona idea fermarsi proprio di fronte al negozio di Mr. Gold.
 
«E questo bel cagnolone chi è?» seguitò nel frattempo Lizzie, che si era inginocchiata a raccogliere le feste del dalmata al guinzaglio del dottore.
 
Lei le piaceva. Scodinzolava allegro, e non appena lei gli prese il muso tra le mani, il cane iniziò a leccarle tutto il viso, tanto che Hopper dovette rimproverarlo.
 
«Pongo!» disse tirando un po’ il guinzaglio «Gli piacete molto.» sorrise quindi, contento.
 
Emilie sorrise intenerita, accarezzandogli il capo.
 
«Mi piaci anche tu, Pongo.» rispose, parlando direttamente a lui «Io amo gli animali, specialmente i cani.» rivelò -Quando ero piccola mio padre me ne regalò uno.» e si fermò, prima di tornare ad incupirsi e a rivolgere lo sguardo al negozio alle sue spalle.
«Un altro segno di un animo profondo.» annuì comprensivo il grillo, e a quel punto, con gran sollievo del Fante, Emilie decise che aveva rischiato abbastanza.
 
In realtà, si era attardata così tanto perché sperava di veder uscire Mr. Gold da quel negozio, oppure di veder entrare sua madre o Baelfire.
Ma non era successo, e adesso era ora di muoversi.
 
«Beh, è stato un piacere conoscerla Dottor Hopper.» concluse, sincera «Vale anche per te, Pongo.» aggiunse, strizzando un occhiolino al cane che ricambiò, facendo roteare la coda e abbassando le orecchie.
«Il piacere è stato mio, Elizabeth. Se ha bisogno, Will sa dove trovarmi.»
 
Il fante annuì.
 
«Oh, la ringrazio.» decretò lei, decidendo di concludere con un po’ di sano umorismo «Ma ho già una coscienza. Non posso garantire sul suo corretto funzionamento, ma non vorrei che si offendesse.»
 
Mentre Scarlett sgranò gli occhi, pensando che con quel solo atto di sfrontatezza la giovane avesse già mandato all'aria una conversazione salvata in extremis, Hopper sembrò cogliere il suo umorismo e sorrise, alzando nuovamente le mani.
 
«Non sia mai. Averne una è già qualcosa.» concluse.
 
Si salutarono con una calorosa stretta di mano, poi entrambi ripresero a camminare per la propria strada.
 
«Quindi?» domandò Emily, traendo un sospiro «Me la sono cavata, no?»
«Alla grande.» fu la laconica risposta del suo partner in crime «Ma devi sempre condire tutto col tuo umorismo controcorrente.»
 
Le labbra della giovane s'incresparono in un ghigno divertito.
 
«Credimi.» concluse «Se avessi veramente voluto andare controcorrente avrei detto anche di peggio.»
 
\\\
 
La serata appena trascorsa era stata piena e intensa per la detective Swan e i suoi "vice".
Davanti ad una pizza fumante e un buon bicchiere di vino, o coca cola per Henry, i tre avevano raccolto le idee e cercato di venire a capo di quel mistero fitto come la foresta incantata, e la conversazione era stata così interessante da far dimenticare loro lo scorrere del tempo e l'inevitabile arrivo del sonno.
Il primo a crollare era stato Henry, la faccia sul suo inseparabile libro di favole che raccontava il passato degli abitanti di Storybrooke, cercando invano di trovare tracce della sconosciuta forestiera che diceva di essere sua zia.
Scambiandosi un breve sorriso complice, Neal ed Emma avevano deciso di riportarlo a letto e così l'uomo lo aveva preso in braccio e gli aveva poi rimboccato le coperte, crollando al suo fianco senza nemmeno accorgersene, mentre Emma si dava da fare per lasciare la cucina quanto più ordinata possibile.
Il mattino seguente, Bae fu comunque il primo a riaprire gli occhi, ritrovandosi la testa di Emma appoggiata sul suo petto all'altezza del cuore e le braccia di suo figlio strette intorno alla vita.
Sorrise, lasciando un tenero bacio sulla nuca ad entrambi. Emma sorrise a sua volta, riaprendo gli occhi e guardandolo.
 
«Buongiorno.» mormorò sottovoce lui, per non svegliare il bambino che ancora dormiva.
«’Giorno.» bofonchiò lei, stampandogli un bacio sulle labbra.
 
Restarono ancora un istante in silenzio, abbracciati, godendosi il momento.
 
«Lo sai, mio padre aveva ragione...» disse infine la Salvatrice.
 
Neal tornò a guardarla.
 
«In merito a cosa?»
«Riguardo al vivere i momenti belli.» fu la risposta «Se avessi saputo che quell'invito a pranzo ci avrebbe portato a questo, non avrei esitato un solo istante.»
 
Sorrisero entrambi, scambiandosi un altro bacio. In realtà, dopo quell'invito era seguito un altro sortilegio ad opera di Pan, e questo li aveva divisi per un tempo sufficiente ad Uncino per tornare alla ribalta e riprovare a mettersi tra di loro.
Baelfire aveva quasi creduto di averla persa per sempre, ma poi il pirata aveva fatto una serie di mosse stupide che gli avevano fatto perdere non pochi punti e avevano permesso ad Emma di capire chi fosse realmente quell'uomo: Un'anima oscura dalla quale era attratta, ma della quale non avrebbe mai potuto essere innamorata. Per il bene di Henry e anche per il suo, Neal era la scelta giusta.
Certo, le scelte di comodo non le erano mai piaciute, ma loro si amavano ancora. Potevano ancora essere una famiglia.
 
«Allora...» propose Neal, dopo essersi staccato dalle sue labbra «Ti va di vivere un altro momento felice? Colazione da Granny?»
 
Emma assunse un'aria maliziosamente interessata.
 
«È un altro appuntamento?» domandò.
«Forse...» fece lui, fingendo ingenuità «O forse no, chi lo sa. Quindi?»
 
Emma sorrise.
 
«Faccio una doccia e sono pronta.» concluse alzandosi.
 
Neal la osservò innamorato. Sopra la biancheria indossava solo una sua camicia, piuttosto grande da coprirla ma non abbastanza da farlo del tutto.
 
«Ti serve una mano?» le chiese ammiccando.
 
Lei ridacchiò in silenzio, quindi gli fece segno di tacere portandosi l'indice destro sulle labbra, e indicando Henry.
Neal sorrise divertiti guardandola uscire dalla stanza, quindi si alzò, cercando di non svegliare il bambino che gli dormiva ancora affianco, e si rivestì, lasciando un post it sul comodino in cui avvisava suo figlio che sarebbero tornati presto.
Era Domenica, aveva il diritto di dormire quanto voleva e poi ricevere la colazione a letto dai suoi super genitori, innamorati come mai prima.
 
\\\
 
Il locale era stracolmo di gente quel mattino, ma Will Scarlett e suo cugina trovarono comunque un paio di posti al bancone del bar.
Emilie seguì il Fante fino all'entrata, ma mentre lui andò ad accomodarsi lei si perse improvvisamente ad ammirare i dintorni. Non era affatto come se lo era immaginato... era anche meglio.
Seduti in un angolo a chiacchierare c'erano brontolo e un altro dei suoi amici nani. Non seppe distinguere quale, per lei erano tutti uguali.
Ma per LeRoy non dovette essere lo stesso, perché appena l'ebbe vista prese a guardarla insistentemente.
Sostenne lo sguardo, sorridendo il più scioltamente possibile.
Per fortuna, ci pensò la solare avventrice del locale a cavarla definitivamente dall'impaccio.
Era una ragazza sui venti, dovevano essere coetanee almeno all'apparenza.
Capelli neri, pelle diafana e unghie smaltate di rosso. La sua divisa da cameriera era composta da una gonna vertiginosamente corta, zatteroni rossi e una camicia scollata del medesimo colore.
 
«Buongiorno, benvenuto da Granny. Io sono Ruby.» la salutò, porgendole la mano.
 
Oh, cappuccetto rosso! Bene, era sempre stata affascinata da quella ragazza che era insieme donna e lupo mannaro. Un po' come suo padre, che a quanto pareva non era affatto l'unico mostro in città, a dispetto di ciò che pensavano i suoi abitanti.
Nel frattempo Will, da dietro le spalle della ragazza, la osservò senza dire o fare nulla, solo ansioso di vedere come si sarebbe comportata.
Forse aveva pensato che si fosse sentita spaesata, ma non fu affatto così. E per dimostrarlo si sciolse in un amichevole sorriso e ricambiò la stretta di mano.
 
«Piacere di conoscerti, Ruby. Io sono Alexandra, la cugina di quell'idiota laggiù.» si presentò allegra, gettando su di lui l'attenzione di tutti gli astanti, che a quel punto seguitarono ad osservarlo ancora più interessati.
 
«Oh, direttamente dal paese delle meraviglie!» commentò affascinata la ragazza, mentre sciolto l'imbarazzo lei si accomodava accanto al fante di cuori «È la tua prima volta a Storybrooke? Non ti ho mai vista in giro.»
 
Emilie si arrampicò agilmente sullo sgabello rosso e con un gesto del capo scacciò i capelli da davanti al viso. Avrebbe potuto scegliere di crearsi una chioma meno indisciplinata, ma almeno qualcosa di sé stessa aveva voluto tenerla, per non perdere il contatto con la realtà e sentirsi meno a disagio.
 
«Esatto, ma credimi, cento volte meglio Storybrooke. Wonderland può essere entusiasmante per i turisti.» replicò con navigata non curanza, anche se in tutta la sua vita aveva visitato il paese delle meraviglie solo una volta, con Alice «Ma dopo un po' che ci vivi desideri solo di scappare al più presto. Vero cuginetto?» aggiunse, lanciando la palla al fante, che non fu affatto contento di doverla prendere.
«Mh, mh. Già.» bofonchiò «Possiamo ordinare? Sto morendo di fame.»
 
Con suo grande sollievo, il suo tentativo di cambiare argomento riuscì alla grande.
 
«Certo.» fece Ruby «Cosa vi porto?»
«Due menù colazione salati, grazie. Birra inclusa.» chiese lui, ma prima che la penna di Ruby potesse registrare tutto Alexandra la fermò.
«Un menù colazione salato, birra inclusa.» lo corresse «E uno dolce, caffè amaro e pancake con tanta panna e una bella amarena sopra. Dimentichi, mio caro cuginetto, che detesto avere lo stomaco pieno di birra al mattino presto, quasi quanto svegliarmi col sapore del bacon in bocca.»
 
Ruby sorrise divertita.
 
«Annotato.» replicò «Comunque, non perché è mia nonna, ma dovresti dare un'opportunità al menù salato. Anche se a pensarci bene io adoro la carne, quindi si, forse sono veramente di parte.»
 
Risero entrambe, divertite.
 
«D’accordo, Ruby. Ci farò un pensierino per l’ora di pranzo.» replicò tranquilla Alexandra.
«Ne sono felice. Benvenuta a Storybrooke, Alexandra.» concluse Cappuccetto Rosso, prima di tornare in cucina a portare le loro ordinazione.
 
Nel frattempo, Will si stava già godendo la sua birra.
 
«Simpatica la lupacchiotta.» sussurrò Emilie, quasi tra sé, con un sorriso.
 
Ma il suo buon umore durò poco, perché all’improvviso una voce assai familiare li riscosse.
 
«Allora è vero, tua cugina è decisamente più simpatica di te.»
 
Cogliendoli del tutto di sorpresa, Robin Hood si accomodo vicino a Will Scarlett, fissandola con amichevole interesse.
Ritrovarselo di fronte ebbe per le lo stesso effetto che avrebbe potuto farle incontrare un fantasma. Nella vita di Emilie, quell’arciere era stato un amico e un capo molto importante. C’era stato un tempo in cui la giovane figlia del Signore Oscuro si era sentita persa e sconfitta. Lui le aveva dato non solo le motivazioni giuste per lottare e rialzarsi, ma anche gli strumenti per farlo. Era stato lui ad insegnarle a tirare con l’arco, e grazie al suo invito ad entrare nella Compagnia aveva incontrato validi amici come lo stesso Will e la valorosa Mulan, grazie ai quali era infine riuscita a raggiungere il suo scopo ultimo e ad impossessarsi dell’occhio di Cronos.
Loro l’avevano supportata e sostenuta, erano stati disposti a seguirla in quella ricerca e a rischiare tutto, perfino la vita, pur di vederla trionfante. Certo, avevano dei desideri in comune, alcuni dei quali non potevano essere realizzati senza l’occhio, ma questo a suo parere non era stato che un incentivo alla nascita di quel prezioso legame.
Per questo motivo, quando gli occhi di Lockslay incrociarono nuovamente i suoi, per un istante smise di respirare, dimenticando perfino di essere nascosta sotto un volto nuovo. Ebbe paura di essere riconosciuta, e dovette distogliere lo sguardo per non rischiare di lasciar trapelare nulla di tutto ciò.
Con suo grande sollievo, però, l’uomo sembrò essere cascato appieno nel tranello.
 
«Piacere di conoscerti, Alexandra. Io sono Robin di Lockslay.» esordì con un sorriso, porgendole la mano.
 
Will si voltò a guardarla, rivolgendole uno sguardo interrogativo. “Tutto bene?”
La ragazza si sciolse in un sorriso che sulle prime risultò un po’ nervoso. Annuì, e mentre calmava il suo cuore ignorandone la corsa, strinse la mano cercando di non tremare.
 
«Ah, ma certo. L’uomo che ha sopportato mio cugino per così tanto tempo!» rispose, scaturendo in lui una risata divertita «Ode alla tua pazienza. In famiglia ormai sei quasi alla pari d’un santo.» concluse, accennando ad un inchino genuflettendosi appena e facendo roteare i polsi, in una gestualità fin troppo riconoscibile.
 
Will sgranò gli occhi, scuotendo il capo, ma lei sorrise scoccandogli un occhiolino.
“Rilassati, è tutto sotto controllo.”
 
«Benvenuta a Storybrooke.» le rispose l’arciere «Comunque alla fine ho ceduto anche io.» puntualizzò, dandole quasi ragione.
«Come biasimarti?»
 
Nel frattempo, i loro menù erano arrivati e dalla porta d’ingresso altri due ospiti inattesi erano giunti a turbarla. Il primo ad entrare fu Baelfire, che neanche si accorse di lei. Mano nella mano con Emma salutò tutti con un
 
«Buongiorno gente!»
 
E si accomodò poi insieme a lei al tavolo riservato proprio alle sue spalle.
Da quella posizione, potè sentire lo sguardo di Emma puntato sulla sua schiena. La donna si era accorta di lei quasi subito, diversamente dal suo compagno, e fu difficile far finta di nulla, continuando a chiacchierare amabilmente con Robin e Will. Del resto il Fante l’aveva avvisata, un estraneo a Storybrooke era una rarità, quasi impossibile farlo passare inosservato.
Mentre lo faceva, con la coda dell’occhio vide la Salvatrice sussurrare qualcosa nell’orecchio di suo fratello, che di conseguenza si voltò a guardarla assottigliando le palpebre.
Il cuore tornò a battere forte. Lasciando i due uomini del gruppo alla loro conversazione, pensò che fosse meglio dedicarsi alla sua colazione. Magari gli zuccheri le sarebbero serviti a calmare l’ansia.
 
\\\
 
Emilie chiuse a chiave la porta della sua stanza in affitto al Granny's hotel, si prese un istante appena per individuare eventuali telecamere e dopo essersi resa conto della loro assenza si lasciò andare sul letto, chiudendo gli occhi e stringendo nelle mani l'anello di suo padre, che aveva trasformato in un ciondolo da tenere nascosto sotto la camicia.
Chiuse gli occhi, sospirando.
Nonostante l'avesse previsto e fosse riuscita a condurre perfettamente il gioco, la conversazione con Emma Swan era stata una delle cose più estenuanti che avesse mai avuto modo di fare da quando era giunta a Storybrooke.
La donna, dopo aver consumato con tranquillità la sua colazione, aveva lasciato andare il fidanzato e si era avvicinata al bancone, prendendo posto accanto a lei e salutandola con un sorriso che aveva tutta l'aria di un preludio ad un interrogatorio.
 
«Così tu saresti la cugina del Fante di Cuori. Benvenuta.» aveva esordito.
 
Lei aveva trangugiato l'ultimo sorso di caffè, tutto d'un fiato, ed era tornata a guardarla negli occhi, sentendo il suo sguardo trapassare quella finta pelle da parte a parte.
 
«Ti ringrazio...» aveva risposto, scrutandola a sua volta «E tu sei...?» aveva quindi chiesto, fingendo di non riconoscerla.
«Oh, hai ragione. Non mi sono presentata.» aveva sorriso la donna, ma fu solo un momento «Emma Swan, la figlia di Biancaneve e del... beh, Principe Azzurro.» quindi le aveva porto la mano, e aveva aggiunto seria facendosi seria, quasi minacciosa «Nonché vicesceriffo di questa città.»
 
Si erano scrutate intensamente, in silenzio. Infine, ritrovando tutta la strafottenza ed il coraggio di cui era capace, Emilie aveva sogghignato e le aveva stretto la mano.
 
«Oh, il Principino Azzurrino.» aveva osservato, tornando ad imitare la gestualità di suo padre.
 
Sapeva che la stavano cercando. Sapeva perché, e se Emma Swan era sulle sue tracce voleva dire che era qualcosa che interessava anche a Baelfire.
Perciò, se il detective Swan era veramente così intuitiva come diceva di essere, avrebbe colto subito quella somiglianza, anche sotto mentite spoglie.
Difatti, vederla agire in quel modo la colse di sorpresa, e nel comprenderlo il suo ghigno si accentuò. A quel punto non restava che decidere se concedere a Bae quell'incontro oppure no.
Non ci aveva messo molto, ma aveva ritenuto comunque utile concedersi un altro po’ di tempo per pensarci a mente fredda.
 
«Ho saputo che ci sono stati parecchi problemi in città, ultimamente. Che ne dici di scambiarci i numeri di telefono? Potrebbe tornarmi utile sapere chi chiamare, per ogni evenienza.»
 
Emma aveva seguitato a guardarla con sospetto, dopo essersi ripresa dallo sconcerto dovuto al suo comportamento.
Non solo era nuova a Storybrooke ben sapendo cosa questo comportava, ma non faceva neanche nulla per evitare di destare ulteriori sospetti. Di certo non era un comportamento degno di chi non voleva farsi trovare, anche se sapeva che a volte quelli veramente bravi destavano sospetti per sviare l'attenzione o confondere.
 
«Hai un telefono? Non pensavo che nel paese delle meraviglie li vedessero.» l'aveva provocata.
 
Alexandra aveva sogghignato di nuovo, per nulla colpita.
 
«Oh, ci sono tante cose che ancora ignori, Detective Swan.» le aveva risposto, aggiungendo poi con nonchalance, mentre la sua interlocutrice seguitava a scrutarla cercando di capire cosa avesse voluto dirle con quella frase «Mio cugino me ne ha procurato uno. Aggeggi fenomenali, questi cellulari. Basta un pulsante e puoi parlare con chiunque in qualunque posto tu ti trovi. Non è fantastico?»
 
Emma Swan l'aveva quindi scrutata senza risponderle. A che gioco stava giocando? Possibile che non facesse assolutamente nulla per nascondersi?
 
«Già...» aveva mormorato, mentre Emilie, china sul bancone, usava una penna estratta dalla sua borsa in pelle nera per scriverle su un tovagliolo il suo numero di telefono, assieme a qualcos'altro che la lasciò basita.
 
"Anche io so chi sei, Swan. Il tuo super potere ha ragione su di me."
 
Così aveva deciso di rivelarsi, ma senza gettare del tutto la maschera.
Quando infine la donna ebbe alzato il volto verso di lei per scrutarla sconvolta, Emilie si era alzata, aveva chiesto a Ruby la chiave della sua camera e dopo averla ricevuta aveva concluso, rivolgendole un lungo sguardo serio.
 
«Mi faccio viva io. Buona giornata anche a te, Emma.»
 
Quindi aveva fatto per andarsene di sopra, ma all'improvviso si era voltata e aveva concluso, dandole il colpo di grazia.
 
«A proposito, che splendido nome.»
 
Non avrebbe facilmente dimenticato la faccia sconcertata della sua adorata cognatina, che a quel punto non aveva più saputo se essere felice o preoccupata per aver avuto la conferma che si era aspettata di doverle estorcere a forza di duelli con le parole.
Ma lei non era venuta per nascondersi così a lungo, e se aveva dovuto farlo era per il bene della sua famiglia. Ora era arrivato il tempo di riabbracciarli.
 
\\\
 
Quella sera stessa...
 
Di fronte ad una fumante fetta di pizza, Emma aveva appena finito di raccontare loro di quella stranissima conversazione avuta con la nuova arrivata, e Neal le aveva appena chiesto un suo parere sulla vicenda, quando il telefono le squillò in tasca.
Si affrettò a rispondere.
Era lei.
 
«Alexandra?» chiese.
«Di a Baelfire che se vuole incontrarmi lo aspetto nel bosco, vicino al pozzo.» esordì la ragazza, seria «Voglio vederlo da solo, per ora.»
 
Ma la Salvatrice non volle fidarsi.
 
«Che intenzioni hai?» domandò sospettosa.
«Voglio solo conoscere mio fratello.» fu la risposta.
«Si, certo. Come facciamo a sapere che non sia l'ennesima scusa? Probabilmente Alexandra non è neanche il tuo vero nome.»
«No, infatti. È Emilie, complimenti per l'intuizione detective.» la interruppe la ragazza «Mio padre mi aveva detto che era difficile fare sì che tu ti fidassi di qualcuno.»
«E anche questo. Se sei veramente la figlia di Tremotino, come mai lui non sa niente di te?» la incalzò Swan, ma anche stavolta Emilie non ebbe paura di rispondere.
«Perché io non dovrei ancora esistere, nella vostra epoca.» replicò, poi prima che la Salvatrice potesse chiedere altro concluse, risoluta «Questa è l'ultima risposta che avrai da me. Se non ti fidi di mio padre perché io dovrei aspettarmi un trattamento migliore? Sono disposta a raccontarvi tutto, ma lo farò solo con Baelfire. Lo aspetto al pozzo, fino all'una di notte sarò lì, dopo di ché tornerò nella più totale ombra e per voi sarà difficile trovarmi.
Ho usato un incantesimo per camuffare il mio aspetto, dubito ti servirà a qualcosa avermi incontrata.»
 
La chiamata si chiuse bruscamente, e mentre Emilie ripristinava le sue vere sembianze e si teletrasportava al luogo dell'incontro, Baelfire, Emma ed Henry rimasero per un po' a riflettere increduli su quella conversazione.
 
«'La vostra epoca?'» bofonchiò Emma, confusa.
«Forse intende che viene dal futuro.» ipotizzò Henry, entusiasta «Questo spiegherebbe perché nel libro non c'è scritto niente su di lei.»
«Se è così... mio padre e Belle alla fine hanno avuto il loro lieto fine.» osservò Neal, aprendosi in un sorriso appena accennato subito dopo «Sarà felice di saperlo.»
«Si, ma perché è tornata indietro? Se stava così bene nella 'sua epoca', perché viaggiare nel tempo fino a noi?» soggiunse Emma.
 
Neal parve rifletterci.
 
«Qualcosa deve essere andato storto, e lei ora vuole rimediare. Mph, già solo questo basterebbe a farmi credere che sia figlia di mio padre.» concluse, ironico e un po' amaro.
«Quindi le credi davvero?» domandò Emma.
 
Lo vide scuotere le spalle.
 
«Non lo so. Comunque credo che dovrei incontrarla.» decise, alzandosi e prendendo il suo cappotto.
«Sicuro che non vuoi che venga?» tornò a domandargli la Salvatrice, in apprensione.
 
Bae sorrise e annuì, afferrando la maniglia della porta.
 
«Non mi è sembrata minacciosa.» la rassicurò «E credo che Belle abbia ragione, se resta nascosta ci sarà un motivo. Voglio scoprirlo.» poi le scoccò un occhiolino in segno di gratitudine «Missione compiuta, Detective. Saprò sdebitarmi.»
 
Emma sorrise.
 
«Si, beh... È stato più facile del previsto stavolta.» concluse, trovando suo figlio Henry piuttosto d'accordo.
 
Batterono il cinque, ridacchiando.
Anche lui era piuttosto eccitato all'idea di svelare il mistero dietro all'operazione camaleonte, finalmente avrebbe potuto conoscere quella zia tanto astuta da aver sconfitto Zelina senza nemmeno aver bisogno di farsi vedere.
   
 
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