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Autore: Ivy001    20/09/2021    1 recensioni
Quando la felicità di una famiglia viene distrutta da un evento inaspettato e inspiegabile...qualcuno scompare, la Banda si riunisce
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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35 CAPITOLO: AHORA QUE TE VAS

 

Carmen e Jorge Gonzales sono nella villetta di Nairobi e Bogotà quando giungono in loro aiuto i Johnson, da sempre tutori dei Dalì a Perth.

“Chi dannazione siete voi due? E cosa volete?” – l’uomo scatta in piedi, dal divano sul quale era seduto, non appena vede entrare la coppia, per di più con un mazzo di chiavi privato.

“Ehi, amico, calmo. Siamo stati chiamati dal Professore. Dobbiamo portarvi lontano da qui” – precisa Adam, alzando le mani in segno di resa, di fronte alla reazione poco pacifica dell’anziano.

“Dovremmo credervi? Chi ci garantisce che non siete alleati di quella folle e che non ci farete del male, portando via i bambini?” – anche la Jimenez non è fiduciosa.

“Signora, abbiamo anche lo stesso nome, io mi chiamo Carmen. Abitavo a Madrid, prima di trasferirmi, in Australia, per amore. Ho conosciuto Agata ben dodici anni fa, quando giunsero con una nave fin qui. Il Prof ci incaricò di vigilare su di lei, di Bogotà, di Tokyo e Rio. E così abbiamo fatto. Ecco la prova della nostra amicizia!” - così dicendo, Carmen Johnson mostra alcuni scatti dal suo cellulare.

“Come hai tutte queste foto?”

“Siamo amiche. Conservo immagini dei gemelli, e anche di Alba, da neonati… foto del matrimonio, foto di vari compleanni. Perciò… si fidi! E vada a prendere i suoi nipoti, del resto ci occuperemo io e Adam”

“Del resto?” – domanda, stranito, Jorge.

“Abbiamo poco tempo. Teresa potrebbe aver mandato chiunque in questa casa, perfino la polizia. Per tale ragione, bisogna scappare quanto prima” – comunica la donna, intenta, nel mentre, a caricare quanta più roba possibile in borsoni e trolley vari, nascosti in un posto della casa specifico, adibito proprio per le urgenze di quel tipo.

Sergio fu chiaro con i Johnson quando, ore prima, li telefonò, dando l’ordine di mettere in salvo chi rimasto nella villa.

Se c’è una cosa che la Perez ha organizzato per bene è incastrare i Dalì e mandarli in galera. Di questo il Marquina è certo al cento per cento. Quindi è fondamentale lasciare Perth in vista di una nuova destinazione.

“Dove andiamo, nonnina?” – chiede Ginevra a Carmen Jimenez, una volta saliti tutti su un SUV da sette posti.

C’è anche Santiago, il piccino di Tokyo e Rio, addormentato nel seggiolino, posto di fianco a Carmen Johnson.

“A casa nostra, per il momento” – risponde Adam, alla guida del veicolo, allacciandosi la cintura di sicurezza.

I piccoli si rilassano, protetti da persone che conoscono e amano, però non immaginano di dover salutare una casa e una città divenuta parte del loro cuore, e salutando quella casa e quella città dicono addio anche alle certezze di sempre.

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“Scacco matto, figlia di puttana!” – il sorrisetto beffardo di Nairobi disegna sul suo viso un senso di soddisfazione immenso, forte di aver colpito la sorellastra con l’arma vincente.

Teresa, dal canto suo, fissa l’ex poliziotto, digrignando i denti, furiosa come non mai con i nemici, ma soprattutto con un passato che non ha intenzione di darle pace.

“Abbiamo un conto in sospeso noi due, cara la mia Teresa, o preferisci essere chiamata maestra Honey?”

La Perez scuote il capo. Poi fa un cenno, alzando la mano in aria e due uomini, vestiti di nero, si pongono come suo scudo.

“Credi che due tirapiedi possano difenderti? A me le armi servono a poco. Saranno le parole a distruggerti… perché ho tanto da dirti, tanto dolore da sputarti in faccia. Mi hai distrutto la vita, portandoti via quello che avevo di più prezioso, mia figlia. Ad oggi non mi stupisco delle tue azioni, hai agito da criminale quale sei. È questo che sei, lo ripeto, una criminale. Una folle pronta a tutto, pronta perfino ad eliminare gli innocenti. Non eri e non sei degna di essere la madre di Anastasia. Quella ragazza era un tesoro, aveva un cuore d’oro” – le affermazioni dell’uomo sono pugnalate violente che Teresa Perez riceve senza battere ciglio, cosciente di meritare tanto disprezzo.

“La sola cosa su cui non ho potuto intervenire è stata la somiglianza fisica… era una gitana in piena regola! Però, ora che vedo tua sorella, ti assicuro che noto una certa parentela tra loro, più che con te”

E di fronte all’ennesimo confronto con Nairobi, l’ennesima sconfitta, la sedicente maestra esplode – “Non dire stronzate. Ana l’ho partorita io, è sangue del mio sangue, carne della mia carne, non ha nulla a che vedere con Agata”

“Puoi dire ciò che vuoi, sta di fatto che io avrei evitato in ogni modo di farvi incontrare. Piuttosto, l’avrei lasciata alle cure di tua sorella…certo che in quella famiglia avrebbe trovato tanto amore”

Udire tali parole, alimenta la furia della ex miss Honey, che con l’ennesimo cenno agli scagnozzi, dà ordine di allontanarsi. Un miscuglio di pensieri e di emozioni attraversano la sua persona. E così, preda di tale confusione, sceglie di agire da sola.

“A che gioco stai giocando? Prima chiami a te i tuoi uomini, adesso te ne disfi”

“Sta zitto, bastardo” – tuona la Perez, con occhi fiammanti, e l’aria di chi non ha voglia di perdere altro tempo.

Antonio Garcia, fisso con lo sguardo sulla criminale, cerca di studiarne ipotetiche mosse.

Eppure, oltre la ceca rabbia, ben evidente su quel volto e fortemente dominante su un corpo in fibrillazione, il poliziotto non scorge altri segnali che potessero essergli d’aiuto nel prevenire delle mosse pericolose.

Bogotà, nel frattempo, nervoso dalla circostanza che sta vivendo, ha timore per le sorti dei figli. Spinto dall’istinto paterno, sussurra a Eric, posto di fianco, di andare via.

“Ma papà, cosa stai dicendo? Non vi abbandoneremo qui”

“E invece sì, cazzo!” – sbotta il saldatore, lanciando un’occhiata a Palermo e Helsinki, arrivati da poco con il Garcia.

Difficile per il serbo capire cosa Bogotà e l’argentino si stanno comunicando con strani sguardi, eppure gli basta sentire la mano del compagno stringere la sua per fidarsi.

“Ragazzi, dobbiamo raggiungere la villa. I bambini sono lì, e Teresa può aver mandato gli scagnozzi a prendere Ginevra”

Davanti a un timore tanto grande, i giovani della Banda si allertano.

“Andate, e proteggete i vostri fratellini, mi raccomando” – dice Bogotà, dando una pacca sulle spalle ai maschi e un bacio al volo alle due femmine.

Il tutto accade senza che la Perez si renda conto, troppo presa dai pensieri e dalla prossima azione da compiere contro il nemico.

“Cazzo, la sirena della polizia si fa vicina! Dobbiamo andarcene, Professore. Siamo rimasti in pochi, ci acciufferanno in un battibaleno.” – a parlare è Rio, terrorizzato all’idea di essere catturato per la seconda volta.

“Adesso che i miei figli sono andati via con Palermo e Helsinki, siamo in numero inferiore, è vero! Ma non è ancora detta l’ultima parola” – prende parola Bogotà.

La mente di Sergio,intanto, studia la situazione e cerca soluzioni per venirne a capo. E ciò ha come sottofondo il continuo battibecco tra la Boss e il polizotto.

“Tu non conoscevi Anastasia, non sapevi nulla di lei, cosa le piaceva, cosa sognava per il futuro…Voglio che tu sappia quanto lei soffrisse la tua mancanza. Mi diceva spesso di volerti conoscere, di sapere se almeno eri felice… hai mai trovato qualcuno che pensasse con premura a una madre che invece l’ha abbandonata? Dubito! In fondo ti circondi solo di pezzi di merda! Però, tutto sommato, mi fai pena. Che vita infernale ti aspetta. Alla morte di una figlia non si sopravvive, e tu hai smesso di vivere quando il suo cuore ha smesso di battere”

L’astio dell’uomo, mostrato con voce rotta, tocca con violenza inaudita Teresa Perez, che continua a rimanere in silenzio, mentre tra i suoi ricordi si fa strada il viso di sua figlia.

“Se io ho fatto ciò che ho fatto, la colpa è anche tua. Non credere di essere un santo, agente Garcia. Sbaglio o sei stato tu ad illudermi, a portarmi a letto, a mettermi incinta, e a minacciarmi per scegliere tra la galera o una bambina che non sarebbe mai nata se tu non mi avessi truffata!”

“Io ho pagato per questo. E la mia gamba lo dimostra! Forse non hai chiaro il mio ruolo, però. Io sono la legge che va rispettata, e tu sei una boss che andava fermata! Piuttosto che giudicare me, pensa alla tua coscienza. Fossi in te, dopo quanto accaduto con Ana, mi sarei consegnata alla polizia. Tu invece cosa fai? Ti ostini a dare la caccia a una donna che, al contrario, avrà anche rubato oro e denaro, ma non ha mai ucciso nessuno. Una donna che ha saputo andare avanti, e che, diversamente dalla grande e potente Teresa Perez, si è ricostruita una vita. Ha dei figli, un marito che la ama, amici che darebbero la vita per lei. Agata ha tutto ciò che avresti voluto tu…e che il tuo cuore di ghiaccio ti hanno impedito di avere. Ecco perché la odi. Non mentire a te stessa, le ragioni sono queste. E strapparle Ginevra sarebbe stata la soddisfazione più grande! Ti starai chiedendo come so di quella bambina, beh…sono stato informato. Non posso permettere che tu strappi via una figlia a un genitore…per la seconda volta!”

Stringendo i pugni, con il battito accelerato, e la rabbia pronta ad esplodere, la Perez prende la pistola.

“Vuoi uccidermi? Dopo aver eliminato Ana, avrai la tua rivincita su di me. Mi avrai cancellato dalla faccia della terra, senza sapere che mi stai facendo un favore. Io senza la mia Anastasia non vivo più. Perciò, spara pure…spara questo zoppo, inutile, poliziotto che desidera ricongiungersi alla sua dolce figlia!”

Il Professore, spiazzato dalla richiesta di Antonio Garcia, cerca di intervenire per farlo ragionare. In fondo non era nei piani che l’alleato si autoeliminasse.

“Io sono stanca di tutti voi. Ho cercato l’amore disperatamente in quella bambina, in Ginny. In lei ho rivisto me stessa. Volevo soltanto averla con me, lei era quella figlia a cui ho dovuto rinunciare. Quella figlia che mi avrebbe amata come desideravo”

“Dimenticando che Ginevra una madre ce l’ha già” – commenta Bogotà.

Teresa evita di rispondere, infastidita.

“La realtà fa male, vero? Sappi che ne hai recato tanto, a molti. E io ti sto ripagando con la stessa moneta. Occhio per occhio…”

Davanti al coraggio di quel padre, rimasto solo e senza prole, Sergio Marquina intuisce in lui il desiderio che lo spinge ad agire in tale maniera. E solo allora, si accorge che il complice tenta il tutto per tutto pur di salvare loro.

Infatti, senza esitazione, Garcia fa segno ai Dalì di andare via quanto prima.

“Avanti, sparami! Fallo e vedrai che il rimorso ti mangerà per il resto dei tuoi giorni. Fallo….ORA!” – grida l’uomo.

Quel FALLO ORA pronunciato con forza è indirizzato al Professore, invitato a scappare adesso che ne ha la possibilità.

“Andiamocene” – dice allora alla Banda, prendendo per mano Raquel.

“Cosa? Ma lo lasciamo da solo nelle mani di questa folle? È pericoloso” – si preoccupa Stoccolma.

“Sento che ha un piano, vedrete che è così” – li convince.

Mentre Antonio continua a punzecchiare la Perez, i Dalì si dileguano, raggiungendo i loro mezzi poco distanti.

Non c’è scagnozzo che li trattiene, né la stessa Boss.

Hanno di fronte a loro la strada per la salvezza.

“Come mai hai ordinato ai tuoi uomini di lasciarti sola? Dimmelo, stai tentando di morire?”

“Stai zitto!!!” – ripete più volte la Perez.

“Fino a che punto sei disposta a spingerti pur di vincere? Eh?”

“Adesso basta!” – dice, caricando il grilletto, pronta a lanciare un proiettile verso il nemico numero uno.

E Teresa sa bene chi è il nemico numero uno.

E non si tratta di Nairobi.

Probabilmente neanche di Antonio Garcia.

“Forza, che aspetti!? Spara…spara ho detto!” – il poliziotto alza le braccia e si pone di fronte al suo cecchino.

Nel frattempo, i Dalì salgono a bordo dei loro mezzi, eppure, seppure sani e salvi, non si sentono del tutto sollevati.

“Possiamo dirci vittoriosi?!” – chiede Tokyo, speranzosa, per spostare poi lo sguardo su Nairobi.

La gitana, infatti, è scura in volto.

“Amica mia, il peggio è passato. Hai con te Ginny e anche Axel. A breve saremo via da qui e ci lasceremo la brutta vicenda alle spalle” – la conforta.

“Non credo di farcela. Ho scoperto troppo del mio passato, nel giro di poco tempo, e il mio cuore non regge. Sapere che il bambino che aspettavo, l’ha eliminato proprio mia sorella, mi ha messa definitivamente fuori gioco”

“Però tu sei forte, sei una roccia. Andrai avanti, come sempre” – aggiunge la Oliveira, accarezzandole il viso.

“E poi non sei da sola! Ricordalo” – aggiunge Bogotà, dandole un tenero bacio sulle labbra.

Proprio allora, in quel preciso istante, quando i motori delle auto si accendono, e si è pronti a fuggire, i Dalì si pietrificano udendo in lontananza alcuni colpi di pistola.

“Cazzo!” – esclama il prof, sbandando nella guida.

“No, cazzo! E adesso? L’ha ucciso!” – si agita Raquel.

“Maledetta!” – esclama Nairobi, decisa ad affrontare di petto la parente. Tutta la rabbia che nutre nei suoi confronti la spinge ad agire precipitosamente, seguendo l’esempio di Tokyo e della sua impulsività.

Scende dal veicolo, ignorando i richiami della banda e si dirige, rapida, verso il posto da cui ha udito lo sparo. Adesso è la testa che comanda il suo corpo; il cuore è spento, e a dominarla è la foga di un momento di mancata lucidità.

E’ Bogotà, assieme a Denver, a raggiungerla.

E quando sono a pochi passi dalla gitana, notano che si è immobilizzata di fronte a una scena inimmaginabile.

Sull’erba di quel parco, giacciono due corpi. Due cadaveri.

Il saldatore, istintivamente, abbraccia la moglie – “Tesoro, andiamo via! La polizia sarà qui a momenti! E’ l’attimo giusto per scappare”

Solo allora, Denver riceve un messaggio da Sergio.

“Il Prof ha detto di tornare nelle auto. Ha una comunicazione per noi”

Seppure a fatica, i tre si incamminano nella giusta direzione.

Davanti ai loro occhi c’è il Marquina, con il solito atteggiamento rigido e riflessivo.

“Dalla tua faccia si direbbe che sono pessime notizie. Però mai tragiche come quella che abbiamo appena appurato…” – afferma Ramos.

“Antonio mi ha inviato un sms prima dello sparo” – così dicendo, il capo della Banda mostra loro l’oggetto in questione.

È il saldatore a leggerlo ad alta voce – “La mia vita mi pesava come un macigno e non sopportavo più un’esistenza così. Teresa mi sparerà e se non lo farà, sarò io a farlo! Addio e grazie per avermi dato l’opportunità di liberarmi di un dolore tanto grande…”

“Si è ucciso?” – chiede, ancora sotto shock, Nairobi.

“O l’ha ucciso lei” – ipotizza Denver.

“Ne dubito. Se lei lo avesse ucciso, sarebbe venuta a cercarci. E invece..” – precisa il prof.

“Quindi abbiamo vinto anche questa battaglia, giusto?” – l’entusiasmo di Dani Ramos è fuoriluogo rispetto alla morte di due persone, di cui una fin troppo buona.

Ed è Sergio a placare la sua gioia, invitandolo a tacere. La Jimenez manifesta l’opposto stato d’animo.

“Come ti senti, amore mio?” – le sussurra Bogotà.

“Con il cuore a pezzi, e l’animo sollevato!”

E dopo un bacio tra i due, con un ultimo sguardo rivolto a quel parco isolato, la Banda sfreccia via.

Quel luogo, che a breve verrà messo sottosopra dagli investigatori, dai Ris, dalla Polizia, è il posto in cui Nairobi dice addio al suo passato e ad una parte rilevante di esso.

“Dove andiamo adesso?” – chiede Rio, tramite radio, agli amici nell’altro veicolo.

A rispondere è Lisbona – “Ci aspettano al porto di Fremantle, da lì ci imbarcheremo”

“Dovremo lasciare Perth, mi ero affezionata a questa città” – confessa Tokyo, dispiaciuta.

“Lasciamo passare alcuni anni, poi tornerete qui” – la rassicura quello che la donna considera il suo angelo custode.

“Prof, tu sai qualcosa che ci sfugge?” – domanda Stoccolma, intendo in tali parole qualche segreto.

“Saprete a tempo debito. Adesso preparatevi a salutare l’Australia. Si naviga, di nuovo, tutti insieme, alla vista dell’ignoto!”

 

 

   
 
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