Questa one shot è il seguito di Distrazione. Non siete obbligati a leggere quella precedente ma io ve la consiglio caldamente.
Questa storia partecipa al New Generation Constest indetto da Roxanne Potter sul Ferisce più la penna.
Lasciarsi andare
Credo
che sia giusto dedicare questa storia alle tre colpevoli
che
mi hanno spinta a scrivere un continuo.
A
Gabry, per il suo sostegno e lo squittire insieme.
A
Sev, per le discussioni sulla genetica e
per
tutte le preghiere affinché si preservi il buon nome dei Rosier.
A
Sia, per l'entusiasmo e per essere stata la prima
a
credere in questi personaggi.
«Ti
piace?»
Dominique
alza di scatto le iridi chiare dalla pergamena, puntandole sul volto
dell'amica. Aggrotta appena la fronte, perplessa, la mente ancora
impegnata a formulare un resoconto dettagliato e accurato sulla
Pozione Polisucco che dovrà consegnare in settimana.
«Chi?»
domanda dubbiosa, intingendo la punta della piuma nel calamaio.
Scarlett
sbuffa spazientita.
«Come
chi?» ripete ad alta voce, sconcertata. «Mason Dever. Uscite
insieme, no?»
«Già»
conferma Dominique, distratta, rileggendo l'ultimo paragrafo e
storcendo le labbra quando nota una frase sconclusionata sulla sua
pergamena. Snervata, traccia una linea con la piuma, ripensando che
le toccherà riscrivere tutto il tema.
Come
se non fossi già sommersa di compiti, pensa irritata. L'anno
del G.U.F.O. è terribile!
«Allora?»
insiste l'amica, invadente.
Le
scrolla le spalle, noncurante.
«Immagino
di sì» risponde distaccata, tornando a concentrarsi sul compito di
Pozioni.
«Come
immagini?» sottolinea Scarlett, incredula. «O ti piace o non ti
piace!» sentenzia convinta.
Dominique
le rivolge un'occhiata seccata.
«Mi
piace abbastanza da andarci a letto, contenta?» sbotta brusca,
sperando ardentemente di essere lasciata in pace. È già
dannatamente difficile concentrarsi sul tema con il cicaleccio che
c'è in Sala Grande, ci manca solo che Scarlett, con il pretesto di
distrarsi dal disegno per Erbologia, inizi uno dei suoi soliti
interrogatori che le fanno saltare i nervi.
«Perché
ti piace?»
«Ha
un bel fisico».
«E
non c'è altro?» prosegue l'amica, incurante del rischio di farla
davvero arrabbiare.
«Che
altro ci dovrebbe essere?» replica lei, infastidita.
«Non
lo so» ammette Scarlett, abbassando il capo pensierosa. «Dico solo
che non dovrebbe essere così» bofonchia a mezza voce, incerta.
Dominique
si acciglia.
«E
come dovrebbe essere?» chiede pungente.
L'altra
scrolla le spalle, assorta.
«Dovrebbe
piacerti al di là dell'aspetto fisico» ipotizza seria.
«Beh,
non è così» taglia corto lei, gelida, scostando una ciocca ramata
che le è finita davanti al viso. «Ora che lo sai, posso finire il
mio tema?» domanda, troncando brutalmente sul nascere ogni possibile
replica.
*
«Domi!»
Godric,
ci mancava giusto lei!
Si
volta, un'espressione di sufficienza dipinta sul volto, mentre
osserva sua sorella avvicinarsi con un sorriso cordiale sulle labbra.
Le sue, invece, fremono d'irritazione.
Solo
la presenza dell'altra basta a infastidirla. Dominique non sa quando
ha cominciato a nutrire così tanto astio verso Victoire, a sentirsi
minacciata dalla luminosa perfezione che l'avvolge e che lei sa
benissimo di non poter eguagliare.
Non
che non ci abbia provato.
Ha
tentato di mostrarsi dolce, gentile, compassionevole,
ma è uno sforzo ridicolo quanto
inutile.
Lei
non è così. Non è nella sua natura essere buona.
«Stai
andando in Sala Comune?» chiede sua sorella, benevola.
Dominique
annuisce, prima di riprendere a camminare.
Com'è
prevedibile se la ritrova al proprio fianco, magnifica e sorridente.
Lei finge di ignorare la morsa di irritazione che le attanaglia lo
stomaco, costringendosi a sopprimere ogni emozione del volto dietro
la sua solita maschera di alterigia.
«Louis
mi ha detto che hai preso un altro Eccezionale in Pozioni»
esordisce sua sorella, vivace, guardandola orgogliosa.
«L'argomento
era semplice» si schernisce Dominique, piatta, scrollando il capo.
«E Pozioni mi piace».
«Lo
so» risponde Victoire, calorosa. «Stai prendendo in considerazione
una carriera al San Mungo?» si informa attenta.
Si
blocca all'improvviso, nel bel mezzo del corridoio. La maschera di
controllo che aveva tanto faticosamente indossato si sgretola di
colpo, rivelando tutta l'irritazione che le brucia negli occhi chiari
e che le fa corrugare le sopracciglia.
«Che
cosa vuoi, Vic?» l'apostrofa dura.
L'altra
la guarda attonita, un passo davanti a lei, sbattendo le palpebre.
«Che
intendi?»
«Non
sei qui per parlare delle mie aspirazioni lavorative» sentenzia
Dominique, aspra. «Che vuoi?» ripete senza accennare ad addolcire
il tono.
Victoire
esita un istante, mordendosi le labbra combattuta.
«Ho
saputo di te e Mason» inizia titubante.
«E
quindi?» la sprona lei, già sul piede di guerra.
«Pensavo
me ne avresti parlato» afferma l'altra con semplicità.
Dominique
inarca le sopracciglia con quella che pare pena.
«Perché?»
domanda sospettosa. «Noi non parliamo di queste cose» ribadisce
ferrea.
«In
realtà, noi non parliamo affatto» ribatte Victoire, piegando le
labbra in una smorfia amara e guardandola con due dolenti occhi
azzurri. «Sono anni che mi tratti come se fossi una tua nemica»
continua spiccia. «Ho saputo da altri che hai un ragazzo» azzarda
quasi delusa.
Lei
sbuffa, sentendo l'irritazione montare.
«Questi
sono affari miei» stabilisce secca e definitiva.
«Anche
miei» la contraddice l'altra, decisa, afferrandola per un gomito
così da impedirle la fuga. «Sono tua sorella» sottolinea
incredula, come se fosse sorpresa di dover giustificare il suo
interesse.
Dominique
le scaglia addosso un'occhiata gelida e tagliente.
«E
questo ti autorizza a dirmi cosa fare?» sbotta velenosa, in preda a
una rabbia incontrollabile che le avvelena il sangue e la mente.
«No»
risponde Victoire, onesta, iniziando ad aggrottare la fronte
spazientita per quei modi sgarbati. «Non sono venuta qui con questa
intenzione» assicura con veemenza.
«Ah
sì?» replica lei, diffidente. «Allora non sei venuta a dirmi che
Mason non ti piace?»
«Non
deve piacere a me».
«Su
questo siamo d'accordo» stabilisce Dominique, stizzita, liberandosi
dalla presa con un gesto secco e violento. «Anche perché, visto chi
ti tieni nel letto, non puoi proprio giudicare i miei gusti in fatto
di ragazzi» insinua aspra.
Victoire
si morde le labbra, probabilmente nel tentativo di frenare la
risposta impetuosa che minaccia di sfuggirle.
«Mason
ti piace davvero?» chiede, invece, quasi apprensiva.
Dominique
alza gli occhi al cielo, scuotendo la testa esasperata.
«Perché
me lo chiedete tutte?» esplode feroce, socchiudendo gli occhi
azzurri in due fessure e senza nemmeno preoccuparsi di controllare il
tono di voce e attirando l'attenzione dei quadri del corridoio. «È
davvero così importante questa dannata risposta?»
*
«Perché
sei arrabbiata, amore?»
Dominique
serra le labbra, deglutendo saliva e nervosismo.
«Ci
deve essere un motivo?» sibila stizzita, stringendo forse con
eccessiva forza il calice di Acquaviola che ha nella mano destra.
Di
solito è sempre bendisposta quando si tratta di partecipare a una
serata del Lumaclub. Ama farsi ammirare – soddisfa il suo lato
vanesio – e, di solito, l'anziano professore non perde mai
occasione per metterla al centro dell'attenzione e ricoprirla di
lodi.
Quella
sera, però, si sente tutto tranne che deliziata.
La
conversazione che ha avuto con Victoire le fluttua ancora nella
mente, infiammandole il petto di una rabbia cieca e incontrollabile
che l'ha spinta a relegarsi in un angolo, accanto a una colonna, a
rimuginare lontano da occhi indiscreti.
Sua
sorella riesce ancora a farla sentire piccola e inadeguata. La cosa
che la irrita davvero è che vuole anche cercare di capirla,
decifrando quei comportamenti che considera tanto assurdi, senza
rendersi conto che, nel loro rapporto, è proprio lei il problema.
A
Victoire non basta essere perfetta. No, deve essere anche
comprensiva.
«Messaggio
ricevuto» risponde Mason, scocciato, interrompendo brutalmente le
sue riflessioni e spingendola a orientare le iridi chiare verso di
lui. «Oggi ti girano e basta» sentenzia schioccando la
lingua.
Dominique
socchiude le palpebre, avvertendo chiaramente un principio di
irritazione anche verso il ragazzo.
«Come
mai si dice in giro che usciamo insieme?» domanda a bruciapelo.
«Forse
perché è vero?» replica l'altro, distratto.
«Ah
sì?» chiede lei, storcendo il viso in una smorfia arrogante. «E
chi lo ha deciso?»
Mason,
che stava allegramente scrutando la sala – o forse sarebbe meglio
dire le ragazze presenti –, torna a guardarla, smarrito.
«C'è
davvero bisogno di farlo?» sbuffa svogliato, sorseggiando la sua
Burrobirra. «Ci frequentiamo da un mese, non facciamo altro che
appartarci in qualche aula deserta e sono stato la tua prima volta.
Questo per te non è abbastanza?» termina ironico.
No,
non lo è.
Mason
può attrarla con il suo sorriso sghembo e malizioso, la sua aria da
cattivo ragazzo e la sua sfacciata sicurezza ma, a ben vedere, non
c'è nulla di lui che la interessi davvero.
Non
è spinta dal desiderio di conoscerlo, né di sapere quali siano le
sue ambizioni o desideri. Non le importa nulla.
Anche
i suoi baci e il modo in cui la stringe a sé non le suscitano più
nulla. All'inizio si sentiva compiaciuta delle sue premure e
dell'orgoglio che gli leggeva negli occhi quando camminava al suo
fianco, mentre ora prova solo noia mista ad irritazione.
«Dovrebbe?
Se avessi voluto ufficializzare la nostra relazione, l'avrei fatto»
infierisce velenosa. «L'ho fatto?» sottolinea cruda.
Lui
corruga le sopracciglia, confuso.
«Che
cosa stai dicendo, Domi?»
«Che
non sei molto sveglio per essere un Corvonero» afferma beffarda lei,
bevendo un sorso di Acquaviola.
«Non
farmi incazzare» l'avverte Mason, indispettito, ricevendo
un'occhiata gelida come risposta. «Si può sapere che cazzo ti
prende? Se hai le tue cose, dillo subito» ordina incollerito.
Dominique
sorride, perfida.
«Per
quelli come te deve essere sempre un problema di ormoni, vero?»
domanda derisoria. «Non può essere che mi sia stufata?»
Lui
la fissa basito, sbattendo le ciglia.
«Mi
stai lasciando?» chiede con lieve timore.
«Se
fossimo stati insieme, sì» svela Dominique, brutale. «Ma noi non
stavamo insieme. Eri solo un passatempo» rimarca insensibile.
Si
sta giusto allontanando quando vede Mason allungare un braccio nel
chiaro tentativo di fermarla. Percepisce appena la stretta delle sue
dita intorno al suo polso quando il calice di Burrobirra che lui
tiene in mano si rovescia di colpo, imbrattando di liquido ambrato il
suo maglione.
Soffocando
una risata al suono delle maledizioni che seguono, Dominique
approfitta dell'occasione per sgusciare via e camminare in direzione
del tavolo dove sono poste le bevande offerte da Lumacorno. Louis
l'attende lì, con un sorriso birichino sul volto.
«La
tua mira a volte mi fa paura» gli dice quando è a un passo da lui,
schioccandogli un leggero bacio sulla guancia.
«Io
dico che ti diverte» rilancia il fratello, leggero. «Perché ti
infastidiva?» domanda con una punta di durezza nella voce.
Lei
scrolla le spalle, appoggiando il calice vuoto di Acquaviola sul
tavolo.
«Si
è convinto di qualcosa che non è mai esistito» risponde serena.
«Altro
cuore spezzato?» chiede Louis, ironico, abbozzando un sorriso.
«Ultimamente stai facendo delle stragi» commenta lieve.
Dominique
gli rivolge un'occhiata che non cela il divertimento.
«Senti
chi parla» replica giocosa.
Lui
scrolla le spalle, noncurante.
«Essere
belli è una croce» afferma coscienzioso, chiudendo gli occhi con
fare teatrale. «Certo che ti attraggono gli stronzi» deduce
piegando le labbra in una smorfia.
«Attraggono
entrambi, mi sa» rilancia lei, individuando immediatamente la figura
di Lucy tra la folla di studenti presenti e indicandogliela con un
cenno del capo.
Louis
sospira, scornato, tornando a bere la sua Burrobirra.
«La
prossima volta scegline uno che ti piaccia davvero» consiglia
amabile.
«Fosse
facile» sbuffa Dominique, roteando gli occhi con stizza. «Trovarne
uno interessante è un'impresa» proclama annoiata, giocherellando
con un ciocca dei capelli ramati.
Lui
la guarda, lasciandosi scappare un sorriso divertito.
«Magari
cerchi nel posto sbagliato» insinua sottile.
«Quando
ho cercato altrove, mi sono sentita rifilare un due di picche
clamoroso» rinfaccia lei, dura, sulla difensiva.
«Per
Etienne sei come una sorella» constata Louis, delicato.
Dominique
annuisce, serrando le labbra.
«Non
me lo ricordare!» esclama mordace, alzando con esasperazione le
iridi al cielo. «Me ne torno in Sala Comune» sentenzia decisa.
«Vuoi
che ti accompagni?» chiede lui, gentile.
Lei
scuote la testa, stampandogli un altro bacio sulla guancia e
ignorando le occhiate affamate di pettegolezzi che vengono rivolte
loro dagli altri invitati. La diverte che molti considerino ambiguo
il rapporto con il fratello gemello.
«Non
ti preoccupare. E poi» continua con falsa premura, sfoderando un
sorriso candido che fa aggrottare per lo scetticismo la fronte
dell'altro. «Non mi perdonerei mai se ti privassi della gioia di
infastidire Lucy» confessa suadente.
Louis
ridacchia, sfiorandole la guancia con una carezza.
«Sei
una stronza» decreta amorevole.
Dominique
alza le sopracciglia con eloquenza.
«Siamo»
corregge bonaria. «Buonanotte».
Si
allontana dalla festa con passi lenti e misurati, alzando il mento e
fingendo di non far caso agli sguardi che sente appiccicati alla
pelle. Anzi, la consapevolezza di essere osservata, le fa spuntare un
sorriso arrogante sulle labbra carnose.
Mantiene
quell'espressione finché non si chiude la porta dell'ufficio di
Lumacorno alle spalle. Sola nel corridoio, la maschera di alterigia
le scivola dal viso, mostrando un'espressione tesa e due occhi
azzurri inquieti.
Prende
un paio di respiri per scacciare quell'odiosa sensazione di
inadeguatezza che spesso torna a farle visita.
Che
tanto tornerà non appena Vic scoprirà quello che è successo stasera, pensa asciutta, sbuffando nervosa. Ci penserà lei a
dirmi, ancora una volta, che non sto facendo altro che sbagliare.
Ma
è davvero così? È tanto sbagliato non volere nessuno al proprio
fianco? Bastarsi e fregarsene dei sentimenti degli altri?
Perché
le persone devono per forza avere qualcuno per sentirsi complete? Io
ho Louis, è sufficiente, riflette assorta, appoggiando la
schiena alla porta di legno. Se avessi voluto un fidanzato, mi
sarei presa Etienne.
Ci
hai provato, le fa notare una
vocina nella sua mente, facendole saltare i nervi per
l'umiliazione di ripensare a quel rifiuto. Ma ovviamente lui aveva
occhi solo per Vic.
Dominique
sbuffa, serrando la mascella e rivelando tutto il suo risentimento.
Sì,
è vero, ci ha provato e ha fallito. La prima e l'ultima volta che le
è capitato con un ragazzo. Non si è mai dovuta impegnare più di
tanto per ottenere le attenzioni di qualcuno, solitamente sono gli
altri a dargliele subito ma ovviamente il cugino è stato l'eccezione che
conferma la regola.
Mi
piaceva davvero, confessa a se stessa, osservando con desolazione
le punte delle sue scarpe scure, soprattutto perché è uno che
usa il cervello e non si fa incantare dalla mia bellezza. Dubito che
esista qualcun altro in grado di farlo.
Dominique sussulta
quando la porta dell'ufficio di Lumacorno si apre all'improvviso.
Si affretta a recuperare il più velocemente possibile il
suo solito atteggiamento gelido e altezzoso, prima di voltarsi e
fronteggiare quell'idiota che ha osato interrompere le sue
riflessioni con due occhi azzurri ardenti di collera.
Storce
le labbra in una smorfia raccapricciata quando vede chi ha davanti.
«Ci
mancavi giusto tu, questa sera» sbuffa velenosa, facendo un passo
indietro per mettere una certa distanza da quello.
«Lieto
che mi consideri tanto importante da condizionare il tuo umore,
Weasley» ironizza Rosier, leggero, chiudendosi la porta alle spalle e sorridendo insolente.
«Che
ci fai qui?» pretende di sapere lei, imperiosa.
«Dovevo
scegliere tra una tetra serata in Sala Comune o il sorbetto al
limone» risponde lui, posato. «Tornassi indietro, non mi schioderei
dai sotterranei per tutto l'oro della Gringotts. Non so come ho fatto
a sopravvivere alla noia» riflette, appena snervato.
Dominique
inarca le sopracciglia, divertita.
«Quindi
ti stai dando alla fuga» deduce impietosa.
«Io
la considero una ritirata strategica» la contraddice Rosier, pronto,
scrollando le spalle con disimpegno. «Cosa che mi pare stia facendo
anche tu» aggiunge sfacciato.
Lei
spalanca le labbra, boccheggiando, presa in contropiede.
«Come
mai fai parte del club?» ritorce aggressiva, le sopracciglia
corrugate e le palpebre serrate.
Comincia
a sentire di nuovo quell'irritazione che le serpeggia sottopelle in
sua presenza. È differente dalla sensazione di rabbia che le provoca
la Bulstrode e quelli della sua specie. No, non si tratta di quel
desiderio di schiacciare, umiliare e distruggere coloro che
rappresentano tutto quello che c'è di marcio nella società Magica.
Rosier
non le ispira violenza. È più una sorta di prurito
fastidioso.
«Che
tu ci creda o meno, il nome dei Rosier sortisce ancora qualche
effetto» afferma lui, lieve, il viso animato dalla soddisfazione.
«Lumacorno
si è ricordato di qualche membro della tua famiglia?» replica lei,
sbeffeggiatrice.
«Difficile
dimenticare Evan» commenta Rosier, la voce improvvisamente
carezzevole mentre un sorriso lieve gli addolcisce i lineamenti del
viso e le ciglia si abbassano a nascondere le iridi azzurre.
La
venerazione che lui dimostra per quel Mangiamorte è rivoltante!
Dominique
scuote il capo, i capelli ramati che oscillano e sembrano più scuri
alla luce delle fiaccole che illuminano il corridoio.
«O
della tua ammirazione per lui» rinfaccia brutale, facendo del suo
meglio per sottolineare tutto lo sprezzo che prova.
Rosier
la scruta sorpreso, prima ridacchiare di gusto.
«Non
credevo che la nostra conversazione ti fosse rimasta così impressa»
sottolinea quasi impressionato, facendola avvampare per vergogna di
fargli sapere che il loro primo incontro non è stato affatto
dimenticato. «Evidentemente mi sono sottovalutato» commenta
gongolante.
Dominique
ha cercato di scordarsi di lui nel momento in cui ha scoperto il suo
nome, dicendosi che risolvere il suo stupido indovinello avrebbe
anche spento quel braciere di curiosità che lui le aveva instillato
dentro. Si è costretta a ignorarlo, a non far scivolare lo sguardo
alla tavolata dei Serpeverde durante i pasti.
Rosier
non merita tanto.
È
solo un idiota come tanti.
«Più
il disgusto, che la conversazione» precisa lei, pungente,
arricciando il naso. «Non capita tutti i giorni di incontrare il
discendente di un assassino» osserva nauseata.
«O
una che ha un tale stato di sangue che farebbe inorridire il buon
Salazar» replica subito lui, sereno, facendole serrare le labbra per
la rabbia. Nessuno può insultarla, nessuno. «Non ti
crucciare, Weasley. Il discendente di un assassino se ne va»
conclude lasciandola di stucco e facendole un cenno di congedo con il
capo.
Dominique
lo guarda allontanarsi di qualche passo, stordita, prima di
riscuotersi.
«La
Sala Comune di Serpeverde è dall'altra parte» sottolinea
automaticamente, corrugando le sopracciglia con evidente confusione.
Rosier
si ferma, voltandosi all'indietro e scrutandola con un'occhiata di un
azzurro gelido e spietato.
«Non
ho mai detto che sarei andato lì» replica a bassa voce.
«E
allora dove?» insiste lei, sbalordita. Manca poco allo scattare del
coprifuoco.
Lui
continua a fissarla, facendo crepitare l'aria di una strana
elettricità, prima di sorriderle invitante.
«Ti
vuoi unire?»
*
«Prima
mi hai rifilato una balla, vero?»
«Mmm?»
«Non
sei stato ammesso al Lumaclub grazie al tuo cognome»
spiega Dominique, certa, con un guizzo di esultanza a colorarle la
voce. «Lumacorno cerca sempre di evitare di avere a che fare con i
parenti dei Mangiamorte» sottolinea
sagace.
Rosier,
il capo appoggiato alla parete di pietra, le indirizza un'occhiata di
un azzurro intenso, continuando a fumare la sua sigaretta.
«Mi
sorprendi» commenta
beffardo, a bassa voce, accennando un sorriso derisorio. «Allora c'è
davvero un cervello sotto quella cascata di capelli rossi»
constata, inarcando le sopracciglia stupito.
Lei
– stranamente – non prova nemmeno un briciolo di stizza,
sistemandosi una ciocca ramata dietro l'orecchio e dondolando il capo
con aria trionfante.
Non
sa bene che cosa l'abbia spinta a seguire Rosier fino alla Torre di
Astronomia, né perché sia lì, in terra, seduta accanto a lui.
Forse aveva bisogno di staccare un momento la spina e dimenticare i
suoi problemi e la sola presenza dell'altro, per qualche strano
motivo, riesce a oscurare ogni cosa.
Forse
perché è troppo occupata ad arricciare il naso per il ribrezzo per
lambiccarsi la testa sul casino che è la sua vita.
«Quindi?»
insiste, pretenziosa, aspirando a sua volta fumo dalla sigaretta che
lui le ha precedentemente offerto. Strano, si è detta, quando
lo ha visto sfilarsi dalla tasca del mantello il pacchetto, che
uno che tanto esalta il mondo Purosangue, abbia un vizio così
Babbano. «In che cosa sei bravo?»
indaga indiscreta.
«In
molte cose» risponde Rosier,
sovrappensiero, quieto. «Madre natura è stata particolarmente
generosa con me».
«Ah
sì?» sbuffa lei, scettica. «Cosa ti avrebbe donato, di preciso?»
«Carisma,
bellezza, intelligenza, avvenenza, sensualità»
elenca leggero, scrollando appena le spalle e storcendo il viso in una
smorfia che sottolinea tutto il suo compiacimento. «Tralasciando
la purezza di sangue, ovviamente. I Rosier sono nelle Sacre Ventotto»
ricorda con un ghigno orgoglioso.
Dominique
gli scocca un'occhiata affilata.
«E
questo conta per te?» domanda,
cercando di celare l'interesse.
Lui
annuisce, inclinando appena la testa per guardarla meglio.
«Non
dovrebbe?» replica sommesso.
«La famiglia è importante, così come conoscere le proprie origini»
riflette assorto, aggrottando appena la fronte e tornando a fissare
un punto davanti a sé,
«E
i Rosier da dove vengono?» chiede
lei, stando al gioco.
Si
rende conto che sia un pensiero un po' sciocco e assurdo ma le piace
la sua voce. La incanta – soprattutto quando è così flebile,
appena morbida – il modo in cui non vi è traccia di dialetto nella
sua pronuncia.
E
il suo viso è quasi carino.
Certo, probabilmente è a causa delle
semioscurità della Torre, dove la luce delle fiaccole è poca e
molto debole.
«Renania-Palatinato»
svela lui, all'istante, gli occhi azzurri persi nel vuoto. «Poi,
verso il Settecento, ci
siamo spostati in Inghilterra»
continua totalmente rapito dalla storia della sua dinastia,
portandosi di nuovo la sigaretta alla bocca.
«Sempre
Purosangue?» provoca Dominique,
ironica, arrotolandosi una ciocca ramata intorno all'indice della
mano sinistra.
Rosier
sposta le iridi chiare su di lei, piegando le labbra in un sorriso
accennato.
«Da
almeno tredici generazioni»
sentenzia fiero, inarcando per un istante le sopracciglia con
eloquenza. «Se mai sono esistiti dei rami marci, sono stati
prontamente potati» considera piano, carezzevole, quasi tra sé.
Lei
corruga la fronte, confusa.
«Intendi
diseredati e cancellati?»
traduce dubbiosa.
Conosce
poco dei meccanismi della società Purosangue, tutto quello che sa si
limita ai commenti rabbiosi che a volte nonno Arthur si lascia
scappare o alla storia di Andromeda Black.
All'anziana
strega non piace parlare della sua famiglia ma Dominique ha visto con
i propri occhi la bruciatura sull'arazzo a Grimmauld Place, dove,
sotto il nero divorato dal fuoco, una volta svettava il nome della
nonna di Teddy, detestata e disprezzata dai suoi stessi genitori per
aver sposato un Nato Babbano.
Che
onta vergognosa, commenta piatta, terminando la sua sigaretta e
facendo sparire il mozzicone con un colpo di bacchetta. Rosier avrà
pure sigillato la porta della Torre così da evitare di essere
sorpresi dal Custode ma è meglio non lasciare tracce in giro sulla
sua presenza fuori dalla Sala Comune oltre il coprifuoco.
«No,
io intendevo freddati» la
riscuote la voce di lui, facendola sobbalzare e sgranare gli occhi
per le parole crudeli che ha appena sentito pronunciare con tanta
noncuranza. «Ma sì... suppongo che anche diseredati vada bene»
ragiona pratico, storcendo le labbra in una smorfia pensierosa.
Ed
ecco di nuovo quella sensazione di inquietudine che le si insinua
sotto pelle e che le provoca dei brividi lungo la schiena. Non riesce
davvero a comprendere come faccia a uscirsene con simile atrocità
con lo stesso tono di chi conversa di argomenti di poca importanza.
«Disgustoso»
sibila aggressiva, arricciando le labbra e scoprendo i denti con
genuino ribrezzo.
Rosier
sorride lieve, con uno strano scintillio di divertimento che balugina
in quelle iridi azzurre e fredde.
«Non
mi aspetto che tu lo capisca»
concede spassionato.
«Per
quanto interessante sia la storia della tua famiglia, non hai
risposto alla mia domanda» riprende
Dominique, aspra, alzando il mento con fare altezzoso. «Come
mai fai parte del Lumaclub?»
Lui
scrolla le spalle, imperturbabile.
«Potrei
essere discreto in Pozioni» azzarda
criptico con quel sorriso arrogante che gli spunta sulle labbra
Lei
lo osserva scettica, inarcando un sopracciglio.
«E?»
lo sprona spazientita.
«E
discendere da una famiglia influente, essere il figlio di un uomo che
non ha preso posizione durante la Seconda Guerra Magica perché
ancora minorenne e l'erede di buona parte del patrimonio dei Carrow,
Burke e Vance» continua quello,
pragmatico. «Ti bastano come motivazioni?»
domanda mite.
«Ed
essere anche uno dei più abili duellanti del Club della scuola»
conclude lei, saputa, gioendo dell'attimo di sconcerto che balena
nello sguardo di lui.
«Ma
guarda» commenta Rosier,
divertito. «Sembra che qualcuno non abbia chiesto in giro solo il
mio nome» provoca beffardo,
ampliando quel sorriso.
Dominique
sospira, indifferente, ringraziando la scarsa illuminazione delle
fiaccole che nasconde il rossore che le ha invaso traditore le
guance.
«Mi
annoiavo» sentenzia altezzosa,
guardandolo quasi con pena.
«Fingerò
di crederci» concede lui,
magnanimo. «E tu perché eri lì?»
«Sono
un genio in Pozioni» spiega
superba, alzando il mento con compiacimento. «Sono una Weasley, sono
bella e-»
«Incredibilmente
modesta e gentile» la interrompe
Rosier, ironico.
«Non
essere ridicolo» lo fredda
Dominique, sprezzante. «La modestia è per gli ipocriti»
sostiene con forza, convinta.
Lui
amplia il sorriso.
«Sono
stranamente d'accordo con te»
commenta piano.
Lei
sgrana gli occhi, simulando un'espressione stupita.
«Così
mi sconvolgi» afferma fingendosi
lusingata.
«E
perché eri tanto incazzata se ti trovavi nel tuo habitat naturale?»
riprende Rosier, dopo un attimo di pausa, l'ultima boccata di fumo
prima di far sparire il mozzicone di sigaretta con un con Evanesco.
«Quando ci siamo visti, fuori dall'ufficio di Lumacorno, avevi la
stessa luce folle come lo sguardo di Medusa»
considera basito, aggrottando la fronte.
Dominique
trattiene a stento la furia, buttando fuori con eccessiva enfasi
l'aria dalle narici.
«Diciamo
che mia sorella mi aveva già irritata prima ancora di arrivare al
club» ringhia furente, rievocando
nella mente l'incontro con Victoire e digrignando i denti.
«Capisco».
«Fammi
indovinare: hai fratelli?»
«Tre»
risponde lui, sbalordendola. «Uno più rompicazzo dell'altro. Mi
tocca anche dividere l'eredità»
sospira contrariato, scuotendo il capo. «E oltre a tua
sorella?» domanda leggero,
appoggiando la testa alla parete e inclinandola per
guardarla meglio.
Lei
giocherella con una ciocca dei suoi capelli, arricciandosela intorno
al dito.
«Anche
Mason ha contribuito ad aumentare il nervoso»
confida indispettita.
«Perché?»
chiede Rosier, partecipe.
«Perché
lui si era fatto un film mentale sul fatto che stessimo insieme
quando io gli avevo messo in chiaro le cose fin dall'inizio»
sbotta Dominique, feroce, non accorgendosi di aver alzato la voce.
«Non voglio essere perfida ma quando fai il finto tonto solo per
rigirare la situazione a tuo vantaggio, viene fuori il peggio di me!»
Lui
inarca le sopracciglia, impressionato.
«Credevo
che il peggio di te lo riservassi solo per il sottoscritto»
afferma divertito.
Dominique
gli scocca un'occhiata gelida ed obliqua.
«Infatti
è così» conferma con acredine. «Mason è praticamente sceso al
tuo livello» aggiunge, facendo una
smorfia disgustata.
«Potrei
quasi esserne geloso»
commenta Rosier, stendendo le labbra in un sorriso ironico. «Che
altro?» la sprona paziente.
«Questo
non ti basta?» replica lei,
inviperita. «Io, davvero, voglio sapere come diavolo sia
potuta venirgli un'idea simile. Non avevamo nulla in comune, nulla!
Stavamo insieme solo perché
volevo provare che cosa significasse stare con un ragazzo ma, se devo
essere proprio sincera, non era nemmeno questo granché quando
facevamo sess-»
«Dai,
non puoi dire che non vuoi essere perfida» la interrompe lui,
scoppiando in una risata senza ritegno. Ci mette un attimo per
riprendere il controllo e Dominique lo fissa spiazzata, le
sopracciglia inarcate e la bocca dischiusa. Rosier le ha sempre dato
l'impressione di uno che non è capace di lasciarsi andare e la
sconvolge scoprire che, sotto sotto, anche lui sa fare una cosa così
banale come ridere di cuore. «Hai praticamente detto che non sa
scopare» continua, la voce che trema per il divertimento. «Magari
lui pensava di essere stato grandioso, invece non raggiungeva nemmeno
la sufficienza» riflette cercando di apparire comprensivo, e
fallendo miseramente.
Lei
aggrotta la fronte, scrutandolo malevola.
«Chissà
perché quando si tocca quell'argomento, diventate stranamente
solidali tra voi» rinfaccia
sferzante.
«Perché
è davvero un modo spietato di distruggerci» spiega lui, semplice,
con ancora quella traccia di ilarità sul volto. «Beh, allora? Quali
erano queste mancanze deprecabili?» chiede, schiarendosi la voce e
guardandola con le sue iridi chiare.
«Mi
stai davvero chiedendo come mi piace farlo?» si assicura lei,
smarrita.
Rosier
scrolla le spalle, sereno.
«A
questo punto sono curioso» ammette senza problemi, prima di
sfoderare un ghigno che sa di pura provocazione. «Ma se ti imbarazza
parlarne...»
«Non
mi imbarazza!» replica Dominique, all'istante, seccata. «Solo che
non penso ti riguardi».
«Peccato».
«Peccato
cosa?»
«Potevo
trarne qualche spunto interessante» risponde lui, flemmatico,
storcendo le labbra in una smorfia. «Non c'è niente che ammazzi di
più l'eccitazione della routine» considera pratico.
Dominique
serra la mascella, oltraggiata da tanta confidenza.
«A
te come piace farlo?» sputa fuori, aggressiva.
Rosier
aggrotta le sopracciglia, meditabondo.
«Se
parliamo di posizione, non ne ho una preferita» risponde, infine,
indifferente. Punta gli occhi azzurri davanti a sé, grattandosi i
capelli corvini. «Mi adatto a qualsiasi situazione o fantasia.
L'unica cosa che non tollero è quando mi si lasciano i segni
addosso. Passino i graffi – non c'è problema, mi eccitano anche –
ma i succhiotti no» sentenzia irremovibile, e il pensiero di
altre labbra su quella pelle provocano a Dominique un fremito di
rabbia. «Sopra o sotto?» riprende lui, all'improvviso.
Lei
boccheggia, presa alla sprovvista.
«Come?»
articola a fatica, ancora rimbambita da quel pensiero che le è
affiorato in testa.
«Ti
piace stare sopra o sotto?» ripete lui, paziente.
Dominique
si lascia sfuggire un verso stizzito.
«Come
diavolo faccio a saperlo?» ribatte impetuosa, fulminandolo con lo
sguardo. «Le uniche volte che l'ho fatto con Mason, ero seduta su un
banco» afferma caustica.
«È
di questo che ti lamenti?» ipotizza Rosier, arcuando le
sopracciglia. «Non ti piaceva la posizione?»
«No,
è perché non sono mai-» si morde la lingua ma ormai quelle parole
le sono sfuggite.
Lo
vede piegare le labbra in un sorriso ampio e beffardo.
«Venuta?»
deduce lui, all'istante, godendo del rossore che ha invaso le guance
di lei. «Quante volte hai detto che l'avete fatto? Ora capisco
perché sei tanto incazzata. Lo sarei anch'io al tuo posto»
considera sghignazzando, gongolante.
«Finiscila,
Rosier!» sbotta Dominique, sanguinaria. Sente l'umiliazione addosso
e non può assolutamente permettere che uno come lui pensi anche
soltanto di poterla prendere in giro. «Adesso ridi ma vorrei proprio
sapere se sai fare meglio di Mason!» insinua spietata, guardandolo
dall'alto in basso.
L'altro
continua a ridere, ignorando bellamente tutti i suoi tentativi di
fargli perdere le staffe e facendola inviperire ancor di più.
«Se
vuoi scopare con me, basta dirlo» biascica ironico.
Lei
inarca le sopracciglia, scettica.
«Davvero?
Basterebbe così poco?» provoca melliflua.
«Chiedi
e ti sarà dato» concede lui, con quella che pare grande generosità.
Continua a ridere, incurante che fra un momento gli arriverà uno
schiaffo sulla guancia. «Che cosa c'è, Weasley? Vuoi davvero farmi
credere di essere tentata?» insinua distratto, distogliendo lo
sguardo da lei.
Dominique
si umetta le labbra, prima di inclinare il capo.
«E
se ti dicessi di sì?» domanda a bassa voce, suadente. «Sarebbe un
problema per te?»
La
testa di Rosier schizza nella sua direzione. Per un istante in quelle
iridi chiare e gelide brucia una luce di sconcerto, subito soppressa
da un azzurro imperturbabile. Lo vede soppesarla serio, prima di
piegare le labbra in quel suo sorriso misterioso e invitante.
«Affatto»
mormora affascinante, provocandole un groviglio nello stomaco che non
sa bene come spiegare. «Ma non farti illusioni» l'avvisa fermo.
Devi
essere impazzita, le dice una voce nella sua testa che identifica
come quella del suo cervello. Tu non faresti mai una cosa del
genere!
Le dà ragione ma quel pensiero non le impedisce di spingere il viso verso quello di Rosier fino ad arrivare alle sue labbra, morderle per obbligarlo a dischiuderle e sfiorargli la lingua con la sua. E quando lo sente ricambiare, con
delicatezza senza alcuna fretta, inclinando il viso per baciarla
meglio, Dominique semplicemente smette di pensare.
Si
stacca solo quando ha il fiato corto, le palpebre ancora abbassate e
il sapore di lui in bocca. Si azzarda a guardarlo dopo un istante,
con la leggera apprensione di chi si rende improvvisamente conto di
essere in trappola senza via d'uscita.
Rosier
è l'erede di una famiglia di Mangiamorte, è un Serpeverde e
sostenitore di tutte quelle idee per cui i suoi genitori hanno
combattuto la guerra. È proprio la persona più sbagliata con cui
abbassare la guardia e lasciarsi andare.
E
allora perché quando lui, dopo essersi lasciato sfuggire un sorriso
che sa di trionfo e che gli illumina gli occhi azzurri, torna a
baciarla, lei non lo rifiuta? Perché invece di urlargli tutto il suo
disgusto, lo afferra per il maglione della divisa tirandoselo
addosso, questi pensieri scompaiono nel momento in cui ha la sua
lingua nella bocca?
Dominique
freme contro quelle labbra, sentendosi bruciare quando le mani di lui
la sfiorano sopra il maglione e quando la lentezza di quel bacio
viene spazzata via da una feroce bramosia, provocandole una scossa
bollente sotto pelle. Si sente eccitata come quella volta in cui
Mason l'ha trascinata in quell'aula deserta, facendola rabbrividire
per l'impazienza e il timore di quello che stava per succedere da lì
a poco.
Con
Rosier, la sensazione è la medesima ma triplicata.
Non
ricorda di aver mai provato una simile smania nello spogliarsi ed
essere spogliata, nello sfilargli il mantello e maglione con la
stessa foga che sembra quasi disperazione. Non si sofferma nemmeno
suoi colori della cravatta, che in un'altra occasione le avrebbero
provato un genuino senso di fastidio allo stomaco, arrivando a
lasciarla cadere sul pavimento prima di dedicarsi a slacciargli i
bottoni della camicia con dita impacciate e tremanti. Si ferma solo
dopo averlo spinto in basso, la schiena sul mantello, troneggiando
sopra di lui.
Vederlo
sotto di sé, alla sua mercé, le provoca una scarica di adrenalina
che la fa rabbrividire.
È solo la vistosa cicatrice che scorge sulla
sua pelle pallida, che dal collo scende verso la clavicola, che fa
tentennare il sorriso che le è affiorato sul viso.
Scacciando
l'esitazione come una mosca fastidiosa, Dominique si china a
baciarlo. Sobbalza quando sente le mani di lui sotto la canottiera ma
non le allontana, anzi si separa dalla sua bocca solo il tempo di
sfilarsela di dosso. Se mai ha provato imbarazzo per essere seminuda,
a cavalcioni su un altro corpo, questo viene spazzato via nel momento
in cui incontra di nuovo la bocca di Rosier. Le succhia il labbro
inferiore con lentezza mentre con una mano le stringe i capelli
dietro la nuca, una presa salda ma non dolorosa.
Dominique
mugugna prima di spostare le labbra in basso, verso il suo mento e poi
ancor più giù, verso quella gola candida e la clavicola. Gli
sfiora la cicatrice con la punta della lingua, sentendolo sospirare.
Un sospiro flebile, appena udibile, capace di farle perdere qualsiasi
inibizione.
Lascia
una scia di piccoli baci sulla pelle del torace e lo sente fremere
mentre si spinge più in basso, le palpebre abbassate, sfiorandogli
l'addome che si tende al suo passaggio. Si ferma solo quando arriva
in prossimità dei pantaloni e, anche se conosce perfettamente la
teoria, nemmeno si rende conto di immobilizzarsi per l'imbarazzo e il
nervosismo.
«È
evidente che devi prenderci ancora la mano» sentenzia Rosier, roco,
facendola sobbalzare e liberando i suoi capelli rossi dalle sue dita.
Lei indietreggia quando lo vede fare forza sulle braccia per portarsi
seduto. «Non preoccuparti: a qualcuno eccita l'incertezza» la
rassicura sardonico.
Dominique
si inumidisce le labbra, abbassando per un istante lo sguardo per la
vergogna di essersi mostrata così debole.
«E
a te?» gracchia flebile, nel momento in cui torna a guardarlo.
Lui
sorride, infilandole di nuovo la mano tra i capelli ramati per
spingerla ad avvicinare il viso al suo.
«Solitamente
no» confessa a bassa voce, dopo averle dato un bacio lieve e
scostandosi quanto basta per guardarla negli occhi. «Ma ammetto che
sono intrigato dal vederti arrossire» continua con due iridi
ammalianti. «Ti dispiace se finisco di spogliarmi da solo? Inizio a
stare un po' stretto» ironizza con un sorriso, accennando con il
mento in basso.
Lei
esita un istante, prima di sfiorargli le labbra e mordere appena
quello inferiore. Fa scorrere lentamente le mani dalle sue spalle in
giù, accarezzandogli la pelle con la punta delle dita e sentendola
fremere appena, fino ad arrivare ai suoi pantaloni.
«Ti
aiuto» si offre amabile, sfoderando un ghigno affilato.
Apre
la fibbia della cintura, sfilandola via dai passanti
del pantalone il più lentamente possibile. Lo guarda dritto in
faccia, gioendo nel vedere tremare quel sorriso sicuro quando,
nell'abbassare la cerniera dei pantaloni, i suoi polpastrelli
sfiorano il rigonfiamento sottostante.
«Ce
la fai a toglierti il resto?» chiede Dominique, carezzevole,
ampliando quel ghigno quando lo vede deglutire teso.
Rosier
le scocca un'occhiata raggelante.
«E
tu?» rilancia leggero, ostentando un sorriso che la inquieta,
togliendole una scarpa e giocherellando con il bordo di una calza
scura. Lei si morde le labbra con forza, sperando di calmare i
brividi che quelle dita le provocano quando si spingono oltre il
ginocchio, sotto la gonna, sfiorandole la pelle morbida dell'interno
coscia. «Faccio io o preferisci pensarci da sola?» chiede quasi
premuroso.
«Faccio
da sola» risponde Dominique, di getto, cercando di suonare aspra.
«Toglimi le mani di dosso» ordina aggressiva, scrollandoselo via. Si toglie l'altra scarpa e quasi si strappa di dosso i calzini,
tanto si sta innervosendo.
«Fino
a un attimo fa non ti dispiaceva» insinua beffardo. Il fruscio che
sente le fa intuire che anche l'altro ha ripreso a spogliarsi,
tuttavia Dominique si impone di non guardarlo e concentrarsi solo sul
far scivolare via gonna e slip.
«Rosier,
ti avverto» afferma minacciosa, storcendo il viso in una smorfia
irata e fermandosi dallo sganciare la chiusura del reggiseno.
«Un'altra parola e giur-» ma le parole le si bloccano in gola
quando, voltando la testa di scatto, si rende conto che lui è già
nudo.
Rosier
sorride amabile.
«Cosa?»
la sprona gentile con quel suo sorriso da schiaffi, gongolando nel
vederla boccheggiare. «Te ne vai?» provoca divertito, inarcando le
sopracciglia.
«Dovrei»
ribatte Dominique, brusca, dopo essersi scrollata quel torpore
disgustoso. Non esiste che lei si incantata a guardarlo. Lui, uno
sporco Serpeverde!
Rosier
amplia il sorriso trasformandolo in un ghigno compiaciuto.
«Sarebbe
un peccato» continua, fingendosi compassionevole. «Ti mostrerei
cosa ti sei persa fino ad ora. Ma non ti costringo a rimanere...»
Dominique
lo fissa furiosa, umiliata a morte.
«Spero
che ne valga la pena» sbotta velenosa. «Perché l'idea di essere
toccata da te mi provoca ribrezzo!» sentenzia implacabile.
«E
io che credevo di provocarti altro» replica lui, derisorio,
slacciandole il reggiseno e facendolo cadere a terra. Poi sbuffa,
alzando con esasperazione le iridi al soffitto. «Weasley, per quanto
trovi entusiasmante parlare con te... possiamo passare ai
fatti?» domanda condiscendente.
Lei
socchiude le palpebre con odio, prima di avventarsi contro le sue
labbra. Gli infila le mani tra i capelli corvini, stringendo con
forza le ciocche, e permettendogli di farla stendere sul mantello e
sovrastarla. Sussulta appena per il gelo del pavimento in pietra che,
dal tessuto, sente contro la schiena.
Tuttavia
è un problema che viene presto dimenticato. Le viene quasi un nodo
alla bocca dello stomaco quando lo vede lì, sopra di lei, nudo e con
un tale sguardo negli occhi che la fa rabbrividire.
Soprattutto
quando Rosier torna a baciarla, sfiorandole la lingua con la sua, e
scivolando giù dalle sue labbra, percorrendo la linea del collo.
Dominique chiude gli occhi, assaporando quel tepore che si sprigiona
sulla sua pelle nel momento in cui lui ci passa sopra con la bocca.
Con le palpebre abbassate, le dita che ancora stringono i capelli dell'altro, nemmeno si accorge di mordersi le labbra per il nervosismo e per la
paura di lasciarsi sfuggire qualche sospiro compromettente.
«Ti
do un consiglio» riprende Rosier, basso, facendole spalancare gli occhi, quando giunge oltre il suo ombelico. Lo vede sollevare
appena il capo dalla sua pelle, le iridi azzurre baluginanti e un
sorriso lieve sulle labbra. «Quando vuoi fare qualcosa, falla e
basta. Non rifletterci troppo» continua dischiudendole le cosce con
un mano e abbassandosi tra le sue gambe. «Così» sussurra a
malapena udibile e lei sobbalza quando sente la sua lingua umida lì
in mezzo, a stimolarle il clitoride.
Dominique
si porta un pugno contro la bocca, per cercare di sopprimere i
sospiri che, sleali, minacciano di sfuggirle. La testa le ronza
mentre le gambe tremano quando gli ansiti lasciano il posto ai
gemiti. Con gli occhi chiusi, si morde le labbra a sangue quando lui
la tocca con movimenti più rapidi, facendole battere furioso il
cuore contro la gabbia toracica.
Solo
quando si stacca, all'improvviso, le sembra di tornare a respirare.
Fa a malapena in tempo a metterlo a fuoco quando lo vede posizionarsi
tra le sue gambe
«Aspetta»
lo blocca, annaspando, agitandosi in panico. «Hai lanciato
l'incantesim-»
«Già
fatto» rassicura lui, con un sorriso pago sulle labbra. «Credimi:
non mi perdonerei mai se dovessi metterti incinta» afferma
sarcastico.
Forse
in un'altra occasione non avrebbe esitato a mandarlo al diavolo ma
quando lo sente scivolare dentro di lei, perde ogni rimasuglio di
ragione che ha cercato disperatamente di controllare l'eccitazione.
Non prova nemmeno un briciolo di dolore – quello se l'è preso
Mason la prima volta, insieme al fastidio di quelle successive –,
solo un'intensa brama che le fa ribollire il sangue e bruciare la
pelle.
Dominique
lo afferra per i capelli per tirarselo contro, baciandolo fino a non
avere più fiato. E quando si separano per incamerare aria e vede
quegli occhi azzurri affamati di desiderio, quando lo sente muoversi
dentro di lei con maggiore decisione, proprio non riesce a fare a
meno di sorridere.
È
normale desiderare che questo momento duri per sempre?
«Tiro
a indovinare: lo hai trovato, vero?»
«Chi?»
«Qualcuno
che ti piaccia».
«Sì»
confida Dominique, indirizzando uno sguardo
al
tavolo di Serpeverde e sorridendo di riflesso. «Penso proprio di
sì».
"Non
aveva scelto lui fra tutti quanti.
La
verità è che non aveva pensato a nessun altro."
Paolo
Giordano
Perché
scrivere due one shot collegate invece di fare un'unica long?
Per
il semplice motivo che Distrazione non doveva avere un sequel.
Doveva essere un progetto auto conclusivo, non era calcolato che
tornassi di nuovo a parlare di Dominique e Lance (probabilmente lo
avrei fatto, prima o dopo, ma non immaginavo così presto).
Vi
anticipo già che ci sarà un'altra one shot, visto che ho abbastanza
materiale su di loro. Comunque inserisco tutte queste storie in
un'unica serie, così da facilitare l'ordine cronologico.
Con
Lasciarsi andare, la partita è solo all'inizio.
Ringrazio
di nuovo Gabry, Severa e Sia per il loro sostegno: spero di avervi
deluso e di non farlo in seguito (oddio, formate due fazioni opposte
quindi una perderà di sicuro).
Alla
prossima,
Blue