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Autore: BlueBell9    21/09/2021    6 recensioni
Dominique sussulta quando la porta dell'ufficio di Lumacorno si apre all'improvviso. Si affretta a recuperare il più velocemente possibile il suo solito atteggiamento gelido e altezzoso, prima di voltarsi e fronteggiare quell'idiota che ha osato interrompere le sue riflessioni con due occhi azzurri ardenti di collera.
Storce le labbra in una smorfia raccapricciata quando vede chi ha davanti.
«Ci mancavi giusto tu, questa sera» sbuffa velenosa, facendo un passo indietro per mettere una certa distanza con
quello.
«Lieto che mi consideri tanto importante da condizionare il tuo umore, Weasley» ironizza Rosier, leggero, chiudendosi la porta alle sue spalle e sorridendo insolente.
«Che ci fai qui?» pretende di sapere lei, imperiosa.
«Dovevo scegliere tra una tetra serata in Sala Comune o il sorbetto al limone» risponde lui, posato. «Tornassi indietro, non mi schioderei dai sotterranei per tutto l'oro della Gringotts. Non so come ho fatto a sopravvivere alla noia» riflette, appena snervato.
Dominique inarca le sopracciglia, divertita.
«Quindi ti stai dando alla fuga» deduce impietosa.
«Io la considero una ritirata strategica» la contraddice Rosier, pronto, scrollando le spalle con disimpegno. «Cosa che mi pare stia facendo anche tu» aggiunge sfacciato.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dominique Weasley, Louis Weasley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Someone you loved '
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Lasciarsi andare


Questa one shot è il seguito di Distrazione. Non siete obbligati a leggere quella precedente ma io ve la consiglio caldamente.

Questa storia partecipa al New Generation Constest indetto da Roxanne Potter sul Ferisce più la penna.




Lasciarsi andare






Credo che sia giusto dedicare questa storia alle tre colpevoli
che mi hanno spinta a scrivere un continuo.
A Gabry, per il suo sostegno e lo squittire insieme.
A Sev, per le discussioni sulla genetica e
per tutte le preghiere affinché si preservi il buon nome dei Rosier.
A Sia, per l'entusiasmo e per essere stata la prima
a credere in questi personaggi.








«Ti piace?»
Dominique alza di scatto le iridi chiare dalla pergamena, puntandole sul volto dell'amica. Aggrotta appena la fronte, perplessa, la mente ancora impegnata a formulare un resoconto dettagliato e accurato sulla Pozione Polisucco che dovrà consegnare in settimana.
«Chi?» domanda dubbiosa, intingendo la punta della piuma nel calamaio.
Scarlett sbuffa spazientita.
«Come chi?» ripete ad alta voce, sconcertata. «Mason Dever. Uscite insieme, no?»
«Già» conferma Dominique, distratta, rileggendo l'ultimo paragrafo e storcendo le labbra quando nota una frase sconclusionata sulla sua pergamena. Snervata, traccia una linea con la piuma, ripensando che le toccherà riscrivere tutto il tema.
Come se non fossi già sommersa di compiti, pensa irritata. L'anno del G.U.F.O. è terribile!
«Allora?» insiste l'amica, invadente.
Le scrolla le spalle, noncurante.
«Immagino di sì» risponde distaccata, tornando a concentrarsi sul compito di Pozioni.
«Come immagini?» sottolinea Scarlett, incredula. «O ti piace o non ti piace!» sentenzia convinta.
Dominique le rivolge un'occhiata seccata.
«Mi piace abbastanza da andarci a letto, contenta?» sbotta brusca, sperando ardentemente di essere lasciata in pace. È già dannatamente difficile concentrarsi sul tema con il cicaleccio che c'è in Sala Grande, ci manca solo che Scarlett, con il pretesto di distrarsi dal disegno per Erbologia, inizi uno dei suoi soliti interrogatori che le fanno saltare i nervi.
«Perché ti piace?»
«Ha un bel fisico».
«E non c'è altro?» prosegue l'amica, incurante del rischio di farla davvero arrabbiare.
«Che altro ci dovrebbe essere?» replica lei, infastidita.
«Non lo so» ammette Scarlett, abbassando il capo pensierosa. «Dico solo che non dovrebbe essere così» bofonchia a mezza voce, incerta.
Dominique si acciglia.
«E come dovrebbe essere?» chiede pungente.
L'altra scrolla le spalle, assorta.
«Dovrebbe piacerti al di là dell'aspetto fisico» ipotizza seria.
«Beh, non è così» taglia corto lei, gelida, scostando una ciocca ramata che le è finita davanti al viso. «Ora che lo sai, posso finire il mio tema?» domanda, troncando brutalmente sul nascere ogni possibile replica.


*


«Domi!»
Godric, ci mancava giusto lei!
Si volta, un'espressione di sufficienza dipinta sul volto, mentre osserva sua sorella avvicinarsi con un sorriso cordiale sulle labbra. Le sue, invece, fremono d'irritazione.
Solo la presenza dell'altra basta a infastidirla. Dominique non sa quando ha cominciato a nutrire così tanto astio verso Victoire, a sentirsi minacciata dalla luminosa perfezione che l'avvolge e che lei sa benissimo di non poter eguagliare.
Non che non ci abbia provato.
Ha tentato di mostrarsi dolce, gentile, compassionevole, ma è uno sforzo ridicolo quanto inutile.
Lei non è così. Non è nella sua natura essere buona.
«Stai andando in Sala Comune?» chiede sua sorella, benevola.
Dominique annuisce, prima di riprendere a camminare.
Com'è prevedibile se la ritrova al proprio fianco, magnifica e sorridente. Lei finge di ignorare la morsa di irritazione che le attanaglia lo stomaco, costringendosi a sopprimere ogni emozione del volto dietro la sua solita maschera di alterigia.
«Louis mi ha detto che hai preso un altro Eccezionale in Pozioni» esordisce sua sorella, vivace, guardandola orgogliosa.
«L'argomento era semplice» si schernisce Dominique, piatta, scrollando il capo. «E Pozioni mi piace».
«Lo so» risponde Victoire, calorosa. «Stai prendendo in considerazione una carriera al San Mungo?» si informa attenta.
Si blocca all'improvviso, nel bel mezzo del corridoio. La maschera di controllo che aveva tanto faticosamente indossato si sgretola di colpo, rivelando tutta l'irritazione che le brucia negli occhi chiari e che le fa corrugare le sopracciglia.
«Che cosa vuoi, Vic?» l'apostrofa dura.
L'altra la guarda attonita, un passo davanti a lei, sbattendo le palpebre.
«Che intendi?»
«Non sei qui per parlare delle mie aspirazioni lavorative» sentenzia Dominique, aspra. «Che vuoi?» ripete senza accennare ad addolcire il tono.
Victoire esita un istante, mordendosi le labbra combattuta.
«Ho saputo di te e Mason» inizia titubante.
«E quindi?» la sprona lei, già sul piede di guerra.
«Pensavo me ne avresti parlato» afferma l'altra con semplicità.
Dominique inarca le sopracciglia con quella che pare pena.
«Perché?» domanda sospettosa. «Noi non parliamo di queste cose» ribadisce ferrea.
«In realtà, noi non parliamo affatto» ribatte Victoire, piegando le labbra in una smorfia amara e guardandola con due dolenti occhi azzurri. «Sono anni che mi tratti come se fossi una tua nemica» continua spiccia. «Ho saputo da altri che hai un ragazzo» azzarda quasi delusa.
Lei sbuffa, sentendo l'irritazione montare.
«Questi sono affari miei» stabilisce secca e definitiva.
«Anche miei» la contraddice l'altra, decisa, afferrandola per un gomito così da impedirle la fuga. «Sono tua sorella» sottolinea incredula, come se fosse sorpresa di dover giustificare il suo interesse.
Dominique le scaglia addosso un'occhiata gelida e tagliente.
«E questo ti autorizza a dirmi cosa fare?» sbotta velenosa, in preda a una rabbia incontrollabile che le avvelena il sangue e la mente.
«No» risponde Victoire, onesta, iniziando ad aggrottare la fronte spazientita per quei modi sgarbati. «Non sono venuta qui con questa intenzione» assicura con veemenza.
«Ah sì?» replica lei, diffidente. «Allora non sei venuta a dirmi che Mason non ti piace?»
«Non deve piacere a me».
«Su questo siamo d'accordo» stabilisce Dominique, stizzita, liberandosi dalla presa con un gesto secco e violento. «Anche perché, visto chi ti tieni nel letto, non puoi proprio giudicare i miei gusti in fatto di ragazzi» insinua aspra.
Victoire si morde le labbra, probabilmente nel tentativo di frenare la risposta impetuosa che minaccia di sfuggirle.
«Mason ti piace davvero?» chiede, invece, quasi apprensiva.
Dominique alza gli occhi al cielo, scuotendo la testa esasperata.
«Perché me lo chiedete tutte?» esplode feroce, socchiudendo gli occhi azzurri in due fessure e senza nemmeno preoccuparsi di controllare il tono di voce e attirando l'attenzione dei quadri del corridoio. «È davvero così importante questa dannata risposta?»


*


«Perché sei arrabbiata, amore?»
Dominique serra le labbra, deglutendo saliva e nervosismo.
«Ci deve essere un motivo?» sibila stizzita, stringendo forse con eccessiva forza il calice di Acquaviola che ha nella mano destra.
Di solito è sempre bendisposta quando si tratta di partecipare a una serata del Lumaclub. Ama farsi ammirare – soddisfa il suo lato vanesio – e, di solito, l'anziano professore non perde mai occasione per metterla al centro dell'attenzione e ricoprirla di lodi.
Quella sera, però, si sente tutto tranne che deliziata.
La conversazione che ha avuto con Victoire le fluttua ancora nella mente, infiammandole il petto di una rabbia cieca e incontrollabile che l'ha spinta a relegarsi in un angolo, accanto a una colonna, a rimuginare lontano da occhi indiscreti.
Sua sorella riesce ancora a farla sentire piccola e inadeguata. La cosa che la irrita davvero è che vuole anche cercare di capirla, decifrando quei comportamenti che considera tanto assurdi, senza rendersi conto che, nel loro rapporto, è proprio lei il problema.
A Victoire non basta essere perfetta. No, deve essere anche comprensiva.
«Messaggio ricevuto» risponde Mason, scocciato, interrompendo brutalmente le sue riflessioni e spingendola a orientare le iridi chiare verso di lui. «Oggi ti girano e basta» sentenzia schioccando la lingua.
Dominique socchiude le palpebre, avvertendo chiaramente un principio di irritazione anche verso il ragazzo.
«Come mai si dice in giro che usciamo insieme?» domanda a bruciapelo.
«Forse perché è vero?» replica l'altro, distratto.
«Ah sì?» chiede lei, storcendo il viso in una smorfia arrogante. «E chi lo ha deciso?»
Mason, che stava allegramente scrutando la sala – o forse sarebbe meglio dire le ragazze presenti –, torna a guardarla, smarrito.
«C'è davvero bisogno di farlo?» sbuffa svogliato, sorseggiando la sua Burrobirra. «Ci frequentiamo da un mese, non facciamo altro che appartarci in qualche aula deserta e sono stato la tua prima volta. Questo per te non è abbastanza?» termina ironico.
No, non lo è.
Mason può attrarla con il suo sorriso sghembo e malizioso, la sua aria da cattivo ragazzo e la sua sfacciata sicurezza ma, a ben vedere, non c'è nulla di lui che la interessi davvero.
Non è spinta dal desiderio di conoscerlo, né di sapere quali siano le sue ambizioni o desideri. Non le importa nulla.
Anche i suoi baci e il modo in cui la stringe a sé non le suscitano più nulla. All'inizio si sentiva compiaciuta delle sue premure e dell'orgoglio che gli leggeva negli occhi quando camminava al suo fianco, mentre ora prova solo noia mista ad irritazione.
«Dovrebbe? Se avessi voluto ufficializzare la nostra relazione, l'avrei fatto» infierisce velenosa. «L'ho fatto?» sottolinea cruda.
Lui corruga le sopracciglia, confuso.
«Che cosa stai dicendo, Domi?»
«Che non sei molto sveglio per essere un Corvonero» afferma beffarda lei, bevendo un sorso di Acquaviola.
«Non farmi incazzare» l'avverte Mason, indispettito, ricevendo un'occhiata gelida come risposta. «Si può sapere che cazzo ti prende? Se hai le tue cose, dillo subito» ordina incollerito.
Dominique sorride, perfida.
«Per quelli come te deve essere sempre un problema di ormoni, vero?» domanda derisoria. «Non può essere che mi sia stufata?»
Lui la fissa basito, sbattendo le ciglia.
«Mi stai lasciando?» chiede con lieve timore.
«Se fossimo stati insieme, sì» svela Dominique, brutale. «Ma noi non stavamo insieme. Eri solo un passatempo» rimarca insensibile.
Si sta giusto allontanando quando vede Mason allungare un braccio nel chiaro tentativo di fermarla. Percepisce appena la stretta delle sue dita intorno al suo polso quando il calice di Burrobirra che lui tiene in mano si rovescia di colpo, imbrattando di liquido ambrato il suo maglione.
Soffocando una risata al suono delle maledizioni che seguono, Dominique approfitta dell'occasione per sgusciare via e camminare in direzione del tavolo dove sono poste le bevande offerte da Lumacorno. Louis l'attende lì, con un sorriso birichino sul volto.
«La tua mira a volte mi fa paura» gli dice quando è a un passo da lui, schioccandogli un leggero bacio sulla guancia.
«Io dico che ti diverte» rilancia il fratello, leggero. «Perché ti infastidiva?» domanda con una punta di durezza nella voce.
Lei scrolla le spalle, appoggiando il calice vuoto di Acquaviola sul tavolo.
«Si è convinto di qualcosa che non è mai esistito» risponde serena.
«Altro cuore spezzato?» chiede Louis, ironico, abbozzando un sorriso. «Ultimamente stai facendo delle stragi» commenta lieve.
Dominique gli rivolge un'occhiata che non cela il divertimento.
«Senti chi parla» replica giocosa.
Lui scrolla le spalle, noncurante.
«Essere belli è una croce» afferma coscienzioso, chiudendo gli occhi con fare teatrale. «Certo che ti attraggono gli stronzi» deduce piegando le labbra in una smorfia.
«Attraggono entrambi, mi sa» rilancia lei, individuando immediatamente la figura di Lucy tra la folla di studenti presenti e indicandogliela con un cenno del capo.
Louis sospira, scornato, tornando a bere la sua Burrobirra.
«La prossima volta scegline uno che ti piaccia davvero» consiglia amabile.
«Fosse facile» sbuffa Dominique, roteando gli occhi con stizza. «Trovarne uno interessante è un'impresa» proclama annoiata, giocherellando con un ciocca dei capelli ramati.
Lui la guarda, lasciandosi scappare un sorriso divertito.
«Magari cerchi nel posto sbagliato» insinua sottile.
«Quando ho cercato altrove, mi sono sentita rifilare un due di picche clamoroso» rinfaccia lei, dura, sulla difensiva.
«Per Etienne sei come una sorella» constata Louis, delicato.
Dominique annuisce, serrando le labbra.
«Non me lo ricordare!» esclama mordace, alzando con esasperazione le iridi al cielo. «Me ne torno in Sala Comune» sentenzia decisa.
«Vuoi che ti accompagni?» chiede lui, gentile.
Lei scuote la testa, stampandogli un altro bacio sulla guancia e ignorando le occhiate affamate di pettegolezzi che vengono rivolte loro dagli altri invitati. La diverte che molti considerino ambiguo il rapporto con il fratello gemello.
«Non ti preoccupare. E poi» continua con falsa premura, sfoderando un sorriso candido che fa aggrottare per lo scetticismo la fronte dell'altro. «Non mi perdonerei mai se ti privassi della gioia di infastidire Lucy» confessa suadente.
Louis ridacchia, sfiorandole la guancia con una carezza.
«Sei una stronza» decreta amorevole.
Dominique alza le sopracciglia con eloquenza.
«Siamo» corregge bonaria. «Buonanotte».
Si allontana dalla festa con passi lenti e misurati, alzando il mento e fingendo di non far caso agli sguardi che sente appiccicati alla pelle. Anzi, la consapevolezza di essere osservata, le fa spuntare un sorriso arrogante sulle labbra carnose.
Mantiene quell'espressione finché non si chiude la porta dell'ufficio di Lumacorno alle spalle. Sola nel corridoio, la maschera di alterigia le scivola dal viso, mostrando un'espressione tesa e due occhi azzurri inquieti.
Prende un paio di respiri per scacciare quell'odiosa sensazione di inadeguatezza che spesso torna a farle visita.
Che tanto tornerà non appena Vic scoprirà quello che è successo stasera, pensa asciutta, sbuffando nervosa. Ci penserà lei a dirmi, ancora una volta, che non sto facendo altro che sbagliare.
Ma è davvero così? È tanto sbagliato non volere nessuno al proprio fianco? Bastarsi e fregarsene dei sentimenti degli altri?
Perché le persone devono per forza avere qualcuno per sentirsi complete? Io ho Louis, è sufficiente, riflette assorta, appoggiando la schiena alla porta di legno. Se avessi voluto un fidanzato, mi sarei presa Etienne.
Ci hai provato,
le fa notare una vocina nella sua mente, facendole saltare i nervi per l'umiliazione di ripensare a quel rifiuto. Ma ovviamente lui aveva occhi solo per Vic.
Dominique sbuffa, serrando la mascella e rivelando tutto il suo risentimento.
Sì, è vero, ci ha provato e ha fallito. La prima e l'ultima volta che le è capitato con un ragazzo. Non si è mai dovuta impegnare più di tanto per ottenere le attenzioni di qualcuno, solitamente sono gli altri a dargliele subito ma ovviamente il cugino è stato l'eccezione che conferma la regola.
Mi piaceva davvero, confessa a se stessa, osservando con desolazione le punte delle sue scarpe scure, soprattutto perché è uno che usa il cervello e non si fa incantare dalla mia bellezza. Dubito che esista qualcun altro in grado di farlo.
Dominique sussulta quando la porta dell'ufficio di Lumacorno si apre all'improvviso. Si affretta a recuperare il più velocemente possibile il suo solito atteggiamento gelido e altezzoso, prima di voltarsi e fronteggiare quell'idiota che ha osato interrompere le sue riflessioni con due occhi azzurri ardenti di collera.
Storce le labbra in una smorfia raccapricciata quando vede chi ha davanti.
«Ci mancavi giusto tu, questa sera» sbuffa velenosa, facendo un passo indietro per mettere una certa distanza da quello.
«Lieto che mi consideri tanto importante da condizionare il tuo umore, Weasley» ironizza Rosier, leggero, chiudendosi la porta alle spalle e sorridendo insolente.
«Che ci fai qui?» pretende di sapere lei, imperiosa.
«Dovevo scegliere tra una tetra serata in Sala Comune o il sorbetto al limone» risponde lui, posato. «Tornassi indietro, non mi schioderei dai sotterranei per tutto l'oro della Gringotts. Non so come ho fatto a sopravvivere alla noia» riflette, appena snervato.
Dominique inarca le sopracciglia, divertita.
«Quindi ti stai dando alla fuga» deduce impietosa.
«Io la considero una ritirata strategica» la contraddice Rosier, pronto, scrollando le spalle con disimpegno. «Cosa che mi pare stia facendo anche tu» aggiunge sfacciato.
Lei spalanca le labbra, boccheggiando, presa in contropiede.
«Come mai fai parte del club?» ritorce aggressiva, le sopracciglia corrugate e le palpebre serrate.
Comincia a sentire di nuovo quell'irritazione che le serpeggia sottopelle in sua presenza. È differente dalla sensazione di rabbia che le provoca la Bulstrode e quelli della sua specie. No, non si tratta di quel desiderio di schiacciare, umiliare e distruggere coloro che rappresentano tutto quello che c'è di marcio nella società Magica.
Rosier non le ispira violenza. È più una sorta di prurito fastidioso.
«Che tu ci creda o meno, il nome dei Rosier sortisce ancora qualche effetto» afferma lui, lieve, il viso animato dalla soddisfazione.
«Lumacorno si è ricordato di qualche membro della tua famiglia?» replica lei, sbeffeggiatrice.
«Difficile dimenticare Evan» commenta Rosier, la voce improvvisamente carezzevole mentre un sorriso lieve gli addolcisce i lineamenti del viso e le ciglia si abbassano a nascondere le iridi azzurre.
La venerazione che lui dimostra per quel Mangiamorte è rivoltante!
Dominique scuote il capo, i capelli ramati che oscillano e sembrano più scuri alla luce delle fiaccole che illuminano il corridoio.
«O della tua ammirazione per lui» rinfaccia brutale, facendo del suo meglio per sottolineare tutto lo sprezzo che prova.
Rosier la scruta sorpreso, prima ridacchiare di gusto.
«Non credevo che la nostra conversazione ti fosse rimasta così impressa» sottolinea quasi impressionato, facendola avvampare per vergogna di fargli sapere che il loro primo incontro non è stato affatto dimenticato. «Evidentemente mi sono sottovalutato» commenta gongolante.
Dominique ha cercato di scordarsi di lui nel momento in cui ha scoperto il suo nome, dicendosi che risolvere il suo stupido indovinello avrebbe anche spento quel braciere di curiosità che lui le aveva instillato dentro. Si è costretta a ignorarlo, a non far scivolare lo sguardo alla tavolata dei Serpeverde durante i pasti.
Rosier non merita tanto.
È solo un idiota come tanti.
«Più il disgusto, che la conversazione» precisa lei, pungente, arricciando il naso. «Non capita tutti i giorni di incontrare il discendente di un assassino» osserva nauseata.
«O una che ha un tale stato di sangue che farebbe inorridire il buon Salazar» replica subito lui, sereno, facendole serrare le labbra per la rabbia. Nessuno può insultarla, nessuno. «Non ti crucciare, Weasley. Il discendente di un assassino se ne va» conclude lasciandola di stucco e facendole un cenno di congedo con il capo.
Dominique lo guarda allontanarsi di qualche passo, stordita, prima di riscuotersi.
«La Sala Comune di Serpeverde è dall'altra parte» sottolinea automaticamente, corrugando le sopracciglia con evidente confusione.
Rosier si ferma, voltandosi all'indietro e scrutandola con un'occhiata di un azzurro gelido e spietato.
«Non ho mai detto che sarei andato lì» replica a bassa voce.
«E allora dove?» insiste lei, sbalordita. Manca poco allo scattare del coprifuoco.
Lui continua a fissarla, facendo crepitare l'aria di una strana elettricità, prima di sorriderle invitante.
«Ti vuoi unire?»


*


«Prima mi hai rifilato una balla, vero?»
«Mmm?»
«Non sei stato ammesso al Lumaclub grazie al tuo cognome» spiega Dominique, certa, con un guizzo di esultanza a colorarle la voce. «Lumacorno cerca sempre di evitare di avere a che fare con i parenti dei Mangiamorte» sottolinea sagace.
Rosier, il capo appoggiato alla parete di pietra, le indirizza un'occhiata di un azzurro intenso, continuando a fumare la sua sigaretta.
«Mi sorprendi» commenta beffardo, a bassa voce, accennando un sorriso derisorio. «Allora c'è davvero un cervello sotto quella cascata di capelli rossi» constata, inarcando le sopracciglia stupito.
Lei – stranamente – non prova nemmeno un briciolo di stizza, sistemandosi una ciocca ramata dietro l'orecchio e dondolando il capo con aria trionfante.
Non sa bene che cosa l'abbia spinta a seguire Rosier fino alla Torre di Astronomia, né perché sia lì, in terra, seduta accanto a lui. Forse aveva bisogno di staccare un momento la spina e dimenticare i suoi problemi e la sola presenza dell'altro, per qualche strano motivo, riesce a oscurare ogni cosa.
Forse perché è troppo occupata ad arricciare il naso per il ribrezzo per lambiccarsi la testa sul casino che è la sua vita.
«Quindi?» insiste, pretenziosa, aspirando a sua volta fumo dalla sigaretta che lui le ha precedentemente offerto. Strano, si è detta, quando lo ha visto sfilarsi dalla tasca del mantello il pacchetto, che uno che tanto esalta il mondo Purosangue, abbia un vizio così Babbano. «In che cosa sei bravo?» indaga indiscreta.
«In molte cose» risponde Rosier, sovrappensiero, quieto. «Madre natura è stata particolarmente generosa con me».
«Ah sì?» sbuffa lei, scettica. «Cosa ti avrebbe donato, di preciso?»
«Carisma, bellezza, intelligenza, avvenenza, sensualità» elenca leggero, scrollando appena le spalle e storcendo il viso in una smorfia che sottolinea tutto il suo compiacimento. «Tralasciando la purezza di sangue, ovviamente. I Rosier sono nelle Sacre Ventotto» ricorda con un ghigno orgoglioso.
Dominique gli scocca un'occhiata affilata.
«E questo conta per te?» domanda, cercando di celare l'interesse.
Lui annuisce, inclinando appena la testa per guardarla meglio.
«Non dovrebbe?» replica sommesso. «La famiglia è importante, così come conoscere le proprie origini» riflette assorto, aggrottando appena la fronte e tornando a fissare un punto davanti a sé,
«E i Rosier da dove vengono?» chiede lei, stando al gioco.
Si rende conto che sia un pensiero un po' sciocco e assurdo ma le piace la sua voce. La incanta – soprattutto quando è così flebile, appena morbida – il modo in cui non vi è traccia di dialetto nella sua pronuncia.
E il suo viso è quasi carino.
Certo, probabilmente è a causa delle semioscurità della Torre, dove la luce delle fiaccole è poca e molto debole.
«Renania-Palatinato» svela lui, all'istante, gli occhi azzurri persi nel vuoto. «Poi, verso il Settecento, ci siamo spostati in Inghilterra» continua totalmente rapito dalla storia della sua dinastia, portandosi di nuovo la sigaretta alla bocca.
«Sempre Purosangue?» provoca Dominique, ironica, arrotolandosi una ciocca ramata intorno all'indice della mano sinistra.
Rosier sposta le iridi chiare su di lei, piegando le labbra in un sorriso accennato.
«Da almeno tredici generazioni» sentenzia fiero, inarcando per un istante le sopracciglia con eloquenza. «Se mai sono esistiti dei rami marci, sono stati prontamente potati» considera piano, carezzevole, quasi tra sé.
Lei corruga la fronte, confusa.
«Intendi diseredati e cancellati?» traduce dubbiosa.
Conosce poco dei meccanismi della società Purosangue, tutto quello che sa si limita ai commenti rabbiosi che a volte nonno Arthur si lascia scappare o alla storia di Andromeda Black.
All'anziana strega non piace parlare della sua famiglia ma Dominique ha visto con i propri occhi la bruciatura sull'arazzo a Grimmauld Place, dove, sotto il nero divorato dal fuoco, una volta svettava il nome della nonna di Teddy, detestata e disprezzata dai suoi stessi genitori per aver sposato un Nato Babbano.
Che onta vergognosa, commenta piatta, terminando la sua sigaretta e facendo sparire il mozzicone con un colpo di bacchetta. Rosier avrà pure sigillato la porta della Torre così da evitare di essere sorpresi dal Custode ma è meglio non lasciare tracce in giro sulla sua presenza fuori dalla Sala Comune oltre il coprifuoco.
«No, io intendevo freddati» la riscuote la voce di lui, facendola sobbalzare e sgranare gli occhi per le parole crudeli che ha appena sentito pronunciare con tanta noncuranza. «Ma sì... suppongo che anche diseredati vada bene» ragiona pratico, storcendo le labbra in una smorfia pensierosa.
Ed ecco di nuovo quella sensazione di inquietudine che le si insinua sotto pelle e che le provoca dei brividi lungo la schiena. Non riesce davvero a comprendere come faccia a uscirsene con simile atrocità con lo stesso tono di chi conversa di argomenti di poca importanza.
«Disgustoso» sibila aggressiva, arricciando le labbra e scoprendo i denti con genuino ribrezzo.
Rosier sorride lieve, con uno strano scintillio di divertimento che balugina in quelle iridi azzurre e fredde.
«Non mi aspetto che tu lo capisca» concede spassionato.
«Per quanto interessante sia la storia della tua famiglia, non hai risposto alla mia domanda» riprende Dominique, aspra, alzando il mento con fare altezzoso. «Come mai fai parte del Lumaclub?»
Lui scrolla le spalle, imperturbabile.
«Potrei essere discreto in Pozioni» azzarda criptico con quel sorriso arrogante che gli spunta sulle labbra
Lei lo osserva scettica, inarcando un sopracciglio.
«E?» lo sprona spazientita.
«E discendere da una famiglia influente, essere il figlio di un uomo che non ha preso posizione durante la Seconda Guerra Magica perché ancora minorenne e l'erede di buona parte del patrimonio dei Carrow, Burke e Vance» continua quello, pragmatico. «Ti bastano come motivazioni?» domanda mite.
«Ed essere anche uno dei più abili duellanti del Club della scuola» conclude lei, saputa, gioendo dell'attimo di sconcerto che balena nello sguardo di lui.
«Ma guarda» commenta Rosier, divertito. «Sembra che qualcuno non abbia chiesto in giro solo il mio nome» provoca beffardo, ampliando quel sorriso.
Dominique sospira, indifferente, ringraziando la scarsa illuminazione delle fiaccole che nasconde il rossore che le ha invaso traditore le guance.
«Mi annoiavo» sentenzia altezzosa, guardandolo quasi con pena.
«Fingerò di crederci» concede lui, magnanimo. «E tu perché eri lì?»
«Sono un genio in Pozioni» spiega superba, alzando il mento con compiacimento. «Sono una Weasley, sono bella e-»
«Incredibilmente modesta e gentile» la interrompe Rosier, ironico.
«Non essere ridicolo» lo fredda Dominique, sprezzante. «La modestia è per gli ipocriti» sostiene con forza, convinta.
Lui amplia il sorriso.
«Sono stranamente d'accordo con te» commenta piano.
Lei sgrana gli occhi, simulando un'espressione stupita.
«Così mi sconvolgi» afferma fingendosi lusingata.
«E perché eri tanto incazzata se ti trovavi nel tuo habitat naturale?» riprende Rosier, dopo un attimo di pausa, l'ultima boccata di fumo prima di far sparire il mozzicone di sigaretta con un con Evanesco. «Quando ci siamo visti, fuori dall'ufficio di Lumacorno, avevi la stessa luce folle come lo sguardo di Medusa» considera basito, aggrottando la fronte.
Dominique trattiene a stento la furia, buttando fuori con eccessiva enfasi l'aria dalle narici.
«Diciamo che mia sorella mi aveva già irritata prima ancora di arrivare al club» ringhia furente, rievocando nella mente l'incontro con Victoire e digrignando i denti.
«Capisco».
«Fammi indovinare: hai fratelli?»
«Tre» risponde lui, sbalordendola. «Uno più rompicazzo dell'altro. Mi tocca anche dividere l'eredità» sospira contrariato, scuotendo il capo. «E oltre a tua sorella?» domanda leggero, appoggiando la testa alla parete e inclinandola per guardarla meglio.
Lei giocherella con una ciocca dei suoi capelli, arricciandosela intorno al dito.
«Anche Mason ha contribuito ad aumentare il nervoso» confida indispettita.
«Perché?» chiede Rosier, partecipe.
«Perché lui si era fatto un film mentale sul fatto che stessimo insieme quando io gli avevo messo in chiaro le cose fin dall'inizio» sbotta Dominique, feroce, non accorgendosi di aver alzato la voce. «Non voglio essere perfida ma quando fai il finto tonto solo per rigirare la situazione a tuo vantaggio, viene fuori il peggio di me!»
Lui inarca le sopracciglia, impressionato.
«Credevo che il peggio di te lo riservassi solo per il sottoscritto» afferma divertito.
Dominique gli scocca un'occhiata gelida ed obliqua.
«Infatti è così» conferma con acredine. «Mason è praticamente sceso al tuo livello» aggiunge, facendo una smorfia disgustata.
«Potrei quasi esserne geloso» commenta Rosier, stendendo le labbra in un sorriso ironico. «Che altro?» la sprona paziente.
«Questo non ti basta?» replica lei, inviperita. «Io, davvero, voglio sapere come diavolo sia potuta venirgli un'idea simile. Non avevamo nulla in comune, nulla! Stavamo insieme solo perché volevo provare che cosa significasse stare con un ragazzo ma, se devo essere proprio sincera, non era nemmeno questo granché quando facevamo sess-»
«Dai, non puoi dire che non vuoi essere perfida» la interrompe lui, scoppiando in una risata senza ritegno. Ci mette un attimo per riprendere il controllo e Dominique lo fissa spiazzata, le sopracciglia inarcate e la bocca dischiusa. Rosier le ha sempre dato l'impressione di uno che non è capace di lasciarsi andare e la sconvolge scoprire che, sotto sotto, anche lui sa fare una cosa così banale come ridere di cuore. «Hai praticamente detto che non sa scopare» continua, la voce che trema per il divertimento. «Magari lui pensava di essere stato grandioso, invece non raggiungeva nemmeno la sufficienza» riflette cercando di apparire comprensivo, e fallendo miseramente.
Lei aggrotta la fronte, scrutandolo malevola.
«Chissà perché quando si tocca quell'argomento, diventate stranamente solidali tra voi» rinfaccia sferzante.
«Perché è davvero un modo spietato di distruggerci» spiega lui, semplice, con ancora quella traccia di ilarità sul volto. «Beh, allora? Quali erano queste mancanze deprecabili?» chiede, schiarendosi la voce e guardandola con le sue iridi chiare.
«Mi stai davvero chiedendo come mi piace farlo?» si assicura lei, smarrita.
Rosier scrolla le spalle, sereno.
«A questo punto sono curioso» ammette senza problemi, prima di sfoderare un ghigno che sa di pura provocazione. «Ma se ti imbarazza parlarne...»
«Non mi imbarazza!» replica Dominique, all'istante, seccata. «Solo che non penso ti riguardi».
«Peccato».
«Peccato cosa
«Potevo trarne qualche spunto interessante» risponde lui, flemmatico, storcendo le labbra in una smorfia. «Non c'è niente che ammazzi di più l'eccitazione della routine» considera pratico.
Dominique serra la mascella, oltraggiata da tanta confidenza.
«A te come piace farlo?» sputa fuori, aggressiva.
Rosier aggrotta le sopracciglia, meditabondo.
«Se parliamo di posizione, non ne ho una preferita» risponde, infine, indifferente. Punta gli occhi azzurri davanti a sé, grattandosi i capelli corvini. «Mi adatto a qualsiasi situazione o fantasia. L'unica cosa che non tollero è quando mi si lasciano i segni addosso. Passino i graffi – non c'è problema, mi eccitano anche – ma i succhiotti no» sentenzia irremovibile, e il pensiero di altre labbra su quella pelle provocano a Dominique un fremito di rabbia. «Sopra o sotto?» riprende lui, all'improvviso.
Lei boccheggia, presa alla sprovvista.
«Come?» articola a fatica, ancora rimbambita da quel pensiero che le è affiorato in testa.
«Ti piace stare sopra o sotto?» ripete lui, paziente.
Dominique si lascia sfuggire un verso stizzito.
«Come diavolo faccio a saperlo?» ribatte impetuosa, fulminandolo con lo sguardo. «Le uniche volte che l'ho fatto con Mason, ero seduta su un banco» afferma caustica.
«È di questo che ti lamenti?» ipotizza Rosier, arcuando le sopracciglia. «Non ti piaceva la posizione?»
«No, è perché non sono mai-» si morde la lingua ma ormai quelle parole le sono sfuggite.
Lo vede piegare le labbra in un sorriso ampio e beffardo.
«Venuta?» deduce lui, all'istante, godendo del rossore che ha invaso le guance di lei. «Quante volte hai detto che l'avete fatto? Ora capisco perché sei tanto incazzata. Lo sarei anch'io al tuo posto» considera sghignazzando, gongolante.
«Finiscila, Rosier!» sbotta Dominique, sanguinaria. Sente l'umiliazione addosso e non può assolutamente permettere che uno come lui pensi anche soltanto di poterla prendere in giro. «Adesso ridi ma vorrei proprio sapere se sai fare meglio di Mason!» insinua spietata, guardandolo dall'alto in basso.
L'altro continua a ridere, ignorando bellamente tutti i suoi tentativi di fargli perdere le staffe e facendola inviperire ancor di più.
«Se vuoi scopare con me, basta dirlo» biascica ironico.
Lei inarca le sopracciglia, scettica.
«Davvero? Basterebbe così poco?» provoca melliflua.
«Chiedi e ti sarà dato» concede lui, con quella che pare grande generosità. Continua a ridere, incurante che fra un momento gli arriverà uno schiaffo sulla guancia. «Che cosa c'è, Weasley? Vuoi davvero farmi credere di essere tentata?» insinua distratto, distogliendo lo sguardo da lei.
Dominique si umetta le labbra, prima di inclinare il capo.
«E se ti dicessi di sì?» domanda a bassa voce, suadente. «Sarebbe un problema per te?»
La testa di Rosier schizza nella sua direzione. Per un istante in quelle iridi chiare e gelide brucia una luce di sconcerto, subito soppressa da un azzurro imperturbabile. Lo vede soppesarla serio, prima di piegare le labbra in quel suo sorriso misterioso e invitante.
«Affatto» mormora affascinante, provocandole un groviglio nello stomaco che non sa bene come spiegare. «Ma non farti illusioni» l'avvisa fermo.
Devi essere impazzita, le dice una voce nella sua testa che identifica come quella del suo cervello. Tu non faresti mai una cosa del genere!
Le dà ragione ma quel pensiero non le impedisce di spingere il viso verso quello di Rosier fino ad arrivare alle sue labbra, morderle per obbligarlo a dischiuderle e sfiorargli la lingua con la sua. E quando lo sente ricambiare, con delicatezza senza alcuna fretta, inclinando il viso per baciarla meglio, Dominique semplicemente smette di pensare.
Si stacca solo quando ha il fiato corto, le palpebre ancora abbassate e il sapore di lui in bocca. Si azzarda a guardarlo dopo un istante, con la leggera apprensione di chi si rende improvvisamente conto di essere in trappola senza via d'uscita.
Rosier è l'erede di una famiglia di Mangiamorte, è un Serpeverde e sostenitore di tutte quelle idee per cui i suoi genitori hanno combattuto la guerra. È proprio la persona più sbagliata con cui abbassare la guardia e lasciarsi andare.
E allora perché quando lui, dopo essersi lasciato sfuggire un sorriso che sa di trionfo e che gli illumina gli occhi azzurri, torna a baciarla, lei non lo rifiuta? Perché invece di urlargli tutto il suo disgusto, lo afferra per il maglione della divisa tirandoselo addosso, questi pensieri scompaiono nel momento in cui ha la sua lingua nella bocca?
Dominique freme contro quelle labbra, sentendosi bruciare quando le mani di lui la sfiorano sopra il maglione e quando la lentezza di quel bacio viene spazzata via da una feroce bramosia, provocandole una scossa bollente sotto pelle. Si sente eccitata come quella volta in cui Mason l'ha trascinata in quell'aula deserta, facendola rabbrividire per l'impazienza e il timore di quello che stava per succedere da lì a poco.
Con Rosier, la sensazione è la medesima ma triplicata.
Non ricorda di aver mai provato una simile smania nello spogliarsi ed essere spogliata, nello sfilargli il mantello e maglione con la stessa foga che sembra quasi disperazione. Non si sofferma nemmeno suoi colori della cravatta, che in un'altra occasione le avrebbero provato un genuino senso di fastidio allo stomaco, arrivando a lasciarla cadere sul pavimento prima di dedicarsi a slacciargli i bottoni della camicia con dita impacciate e tremanti. Si ferma solo dopo averlo spinto in basso, la schiena sul mantello, troneggiando sopra di lui.
Vederlo sotto di sé, alla sua mercé, le provoca una scarica di adrenalina che la fa rabbrividire.
È solo la vistosa cicatrice che scorge sulla sua pelle pallida, che dal collo scende verso la clavicola, che fa tentennare il sorriso che le è affiorato sul viso.
Scacciando l'esitazione come una mosca fastidiosa, Dominique si china a baciarlo. Sobbalza quando sente le mani di lui sotto la canottiera ma non le allontana, anzi si separa dalla sua bocca solo il tempo di sfilarsela di dosso. Se mai ha provato imbarazzo per essere seminuda, a cavalcioni su un altro corpo, questo viene spazzato via nel momento in cui incontra di nuovo la bocca di Rosier. Le succhia il labbro inferiore con lentezza mentre con una mano le stringe i capelli dietro la nuca, una presa salda ma non dolorosa.
Dominique mugugna prima di spostare le labbra in basso, verso il suo mento e poi ancor più giù, verso quella gola candida e la clavicola. Gli sfiora la cicatrice con la punta della lingua, sentendolo sospirare. Un sospiro flebile, appena udibile, capace di farle perdere qualsiasi inibizione.
Lascia una scia di piccoli baci sulla pelle del torace e lo sente fremere mentre si spinge più in basso, le palpebre abbassate, sfiorandogli l'addome che si tende al suo passaggio. Si ferma solo quando arriva in prossimità dei pantaloni e, anche se conosce perfettamente la teoria, nemmeno si rende conto di immobilizzarsi per l'imbarazzo e il nervosismo.
«È evidente che devi prenderci ancora la mano» sentenzia Rosier, roco, facendola sobbalzare e liberando i suoi capelli rossi dalle sue dita. Lei indietreggia quando lo vede fare forza sulle braccia per portarsi seduto. «Non preoccuparti: a qualcuno eccita l'incertezza» la rassicura sardonico.
Dominique si inumidisce le labbra, abbassando per un istante lo sguardo per la vergogna di essersi mostrata così debole.
«E a te?» gracchia flebile, nel momento in cui torna a guardarlo.
Lui sorride, infilandole di nuovo la mano tra i capelli ramati per spingerla ad avvicinare il viso al suo.
«Solitamente no» confessa a bassa voce, dopo averle dato un bacio lieve e scostandosi quanto basta per guardarla negli occhi. «Ma ammetto che sono intrigato dal vederti arrossire» continua con due iridi ammalianti. «Ti dispiace se finisco di spogliarmi da solo? Inizio a stare un po' stretto» ironizza con un sorriso, accennando con il mento in basso.
Lei esita un istante, prima di sfiorargli le labbra e mordere appena quello inferiore. Fa scorrere lentamente le mani dalle sue spalle in giù, accarezzandogli la pelle con la punta delle dita e sentendola fremere appena, fino ad arrivare ai suoi pantaloni.
«Ti aiuto» si offre amabile, sfoderando un ghigno affilato.
Apre la fibbia della cintura, sfilandola via dai passanti del pantalone il più lentamente possibile. Lo guarda dritto in faccia, gioendo nel vedere tremare quel sorriso sicuro quando, nell'abbassare la cerniera dei pantaloni, i suoi polpastrelli sfiorano il rigonfiamento sottostante.
«Ce la fai a toglierti il resto?» chiede Dominique, carezzevole, ampliando quel ghigno quando lo vede deglutire teso.
Rosier le scocca un'occhiata raggelante.
«E tu?» rilancia leggero, ostentando un sorriso che la inquieta, togliendole una scarpa e giocherellando con il bordo di una calza scura. Lei si morde le labbra con forza, sperando di calmare i brividi che quelle dita le provocano quando si spingono oltre il ginocchio, sotto la gonna, sfiorandole la pelle morbida dell'interno coscia. «Faccio io o preferisci pensarci da sola?» chiede quasi premuroso.
«Faccio da sola» risponde Dominique, di getto, cercando di suonare aspra. «Toglimi le mani di dosso» ordina aggressiva, scrollandoselo via. Si toglie l'altra scarpa e quasi si strappa di dosso i calzini, tanto si sta innervosendo.
«Fino a un attimo fa non ti dispiaceva» insinua beffardo. Il fruscio che sente le fa intuire che anche l'altro ha ripreso a spogliarsi, tuttavia Dominique si impone di non guardarlo e concentrarsi solo sul far scivolare via gonna e slip.
«Rosier, ti avverto» afferma minacciosa, storcendo il viso in una smorfia irata e fermandosi dallo sganciare la chiusura del reggiseno. «Un'altra parola e giur-» ma le parole le si bloccano in gola quando, voltando la testa di scatto, si rende conto che lui è già nudo.
Rosier sorride amabile.
«Cosa?» la sprona gentile con quel suo sorriso da schiaffi, gongolando nel vederla boccheggiare. «Te ne vai?» provoca divertito, inarcando le sopracciglia.
«Dovrei» ribatte Dominique, brusca, dopo essersi scrollata quel torpore disgustoso. Non esiste che lei si incantata a guardarlo. Lui, uno sporco Serpeverde!
Rosier amplia il sorriso trasformandolo in un ghigno compiaciuto.
«Sarebbe un peccato» continua, fingendosi compassionevole. «Ti mostrerei cosa ti sei persa fino ad ora. Ma non ti costringo a rimanere...»
Dominique lo fissa furiosa, umiliata a morte.
«Spero che ne valga la pena» sbotta velenosa. «Perché l'idea di essere toccata da te mi provoca ribrezzo!» sentenzia implacabile.
«E io che credevo di provocarti altro» replica lui, derisorio, slacciandole il reggiseno e facendolo cadere a terra. Poi sbuffa, alzando con esasperazione le iridi al soffitto. «Weasley, per quanto trovi entusiasmante parlare con te... possiamo passare ai fatti?» domanda condiscendente.
Lei socchiude le palpebre con odio, prima di avventarsi contro le sue labbra. Gli infila le mani tra i capelli corvini, stringendo con forza le ciocche, e permettendogli di farla stendere sul mantello e sovrastarla. Sussulta appena per il gelo del pavimento in pietra che, dal tessuto, sente contro la schiena.
Tuttavia è un problema che viene presto dimenticato. Le viene quasi un nodo alla bocca dello stomaco quando lo vede lì, sopra di lei, nudo e con un tale sguardo negli occhi che la fa rabbrividire.
Soprattutto quando Rosier torna a baciarla, sfiorandole la lingua con la sua, e scivolando giù dalle sue labbra, percorrendo la linea del collo. Dominique chiude gli occhi, assaporando quel tepore che si sprigiona sulla sua pelle nel momento in cui lui ci passa sopra con la bocca.
Con le palpebre abbassate, le dita che ancora stringono i capelli dell'altro, nemmeno si accorge di mordersi le labbra per il nervosismo e per la paura di lasciarsi sfuggire qualche sospiro compromettente.
«Ti do un consiglio» riprende Rosier, basso, facendole spalancare gli occhi, quando giunge oltre il suo ombelico. Lo vede sollevare appena il capo dalla sua pelle, le iridi azzurre baluginanti e un sorriso lieve sulle labbra. «Quando vuoi fare qualcosa, falla e basta. Non rifletterci troppo» continua dischiudendole le cosce con un mano e abbassandosi tra le sue gambe. «Così» sussurra a malapena udibile e lei sobbalza quando sente la sua lingua umida lì in mezzo, a stimolarle il clitoride.
Dominique si porta un pugno contro la bocca, per cercare di sopprimere i sospiri che, sleali, minacciano di sfuggirle. La testa le ronza mentre le gambe tremano quando gli ansiti lasciano il posto ai gemiti. Con gli occhi chiusi, si morde le labbra a sangue quando lui la tocca con movimenti più rapidi, facendole battere furioso il cuore contro la gabbia toracica.
Solo quando si stacca, all'improvviso, le sembra di tornare a respirare. Fa a malapena in tempo a metterlo a fuoco quando lo vede posizionarsi tra le sue gambe
«Aspetta» lo blocca, annaspando, agitandosi in panico. «Hai lanciato l'incantesim-»
«Già fatto» rassicura lui, con un sorriso pago sulle labbra. «Credimi: non mi perdonerei mai se dovessi metterti incinta» afferma sarcastico.
Forse in un'altra occasione non avrebbe esitato a mandarlo al diavolo ma quando lo sente scivolare dentro di lei, perde ogni rimasuglio di ragione che ha cercato disperatamente di controllare l'eccitazione. Non prova nemmeno un briciolo di dolore – quello se l'è preso Mason la prima volta, insieme al fastidio di quelle successive –, solo un'intensa brama che le fa ribollire il sangue e bruciare la pelle.
Dominique lo afferra per i capelli per tirarselo contro, baciandolo fino a non avere più fiato. E quando si separano per incamerare aria e vede quegli occhi azzurri affamati di desiderio, quando lo sente muoversi dentro di lei con maggiore decisione, proprio non riesce a fare a meno di sorridere.
È normale desiderare che questo momento duri per sempre?



«Tiro a indovinare: lo hai trovato, vero?»
«Chi?»
«Qualcuno che ti piaccia».
«Sì» confida Dominique, indirizzando uno sguardo
al tavolo di Serpeverde e sorridendo di riflesso. «Penso proprio di sì».








"Non aveva scelto lui fra tutti quanti.
La verità è che non aveva pensato a nessun altro."
Paolo Giordano


















Perché scrivere due one shot collegate invece di fare un'unica long?
Per il semplice motivo che Distrazione non doveva avere un sequel. Doveva essere un progetto auto conclusivo, non era calcolato che tornassi di nuovo a parlare di Dominique e Lance (probabilmente lo avrei fatto, prima o dopo, ma non immaginavo così presto).
Vi anticipo già che ci sarà un'altra one shot, visto che ho abbastanza materiale su di loro. Comunque inserisco tutte queste storie in un'unica serie, così da facilitare l'ordine cronologico.
Con Lasciarsi andare, la partita è solo all'inizio.
Ringrazio di nuovo Gabry, Severa e Sia per il loro sostegno: spero di avervi deluso e di non farlo in seguito (oddio, formate due fazioni opposte quindi una perderà di sicuro).
Alla prossima,
Blue



   
 
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