“Come
mai siamo venuti fino a qui?”
– chiede, confuso, Sebastiàn agli adulti.
I bambini,
infatti, sono spaesati e Santiago, svegliatosi bruscamente a causa di
un
incubo, piange e cerca i genitori, stretto tra le esili braccia di
Alba, la
maggiore tra loro , attenta come fosse una mammina. Un istinto materno,
il suo,
ereditato, evidentemente, da Nairobi e ora messo in mostra in veste di
cugina
premurosa.
Le piace
comportarsi da mamma chioccia, abituata al modo che Agata ha di amare i
suoi
figli e proteggerli dal mondo.
“Anche se
siamo insieme agli adulti, sappiate che vi proteggerò sempre
e comunque!” –
disse Alba ai fratellini durante il tragitto che li conduceva
precisamente al
porto dove si trovano adesso.
Alla domanda
posta da Seba è Carmen Johnson a rispondere, cercando la
maniera adeguata per
informarli sulla imminente partenza - “Tesoro, questa nave,
su cui salirete non
appena arriveranno tutti, vi porterà in un posto nuovo,
bello, dove potrete
vivere per un po' di tempo”
“Dobbiamo
andare via da Perth?” – esclama
Sebastiàn, a occhi sgranati.
“Io non
voglio andarmene! Questa è casa nostra”
– interviene, decisa, Alba – “Io ho le
mie amiche qui. Ho il mio corso di danza, la mia scuola, la mia
camera…”
“E io ho
la
scuola di calcio!” – aggiunge, ancora, il
maschietto.
“Lo so,
però… è necessario lasciare
l’Australia quanto prima! E sicuramente anche in un
altro posto, costruirete nuove amicizie e imparerete tante cose
nuove” – anche
Adam prende parola e lo fa per convincerli che, in fondo, si
può conoscere gente
e scoprire passioni anche altrove.
A quel
punto, Ginevra, rimasta in silenzio per tutto il tempo, guarda i nonni
e, con
il magone, sapendo che partire implica allontanarsi da tutto e,
specialmente,
da tutti, domanda ai Johnson – “Dovrò
dire addio anche a loro?” – e li indica.
I Gonzales
sono consapevoli che purtroppo è ciò che
accadrà: perderanno la nipotina tanto
adorata, e, con lei, anche Alba e Seba, e ovviamente non avranno
più occasione
per recuperare il rapporto con Agata.
“Io
voglio
che vengano con me, altrimenti rimarrò qui e
vivrò con loro” – la proposta di
Ginny sembra quasi un ultimatum. O Carmen e Jorge partono con i
Dalì, o è la
bambina a non avere la minima intenzione di salire a bordo.
E i due
anziani sono piacevolmente colpiti dall’affetto che quella
baby gitana nutre
nei loro riguardi. Eppure sanno che, in un momento tanto rischioso per
l’intera
banda dei Dalì, è prioritaria la fuga, e quella
fuga non li tiene in conto.
Messi da
parte i suoi desideri, la settantenne Jimenez, interviene per
distogliere Ginny
da tale idea - “Potrai scriverci delle lettere, mi amor. Io
le leggerò e ti
risponderò. Rimarremo sempre in contatto. Non devi temere,
non perderai né me
né nonno Jorge”
Con tutta la
fatica possibile ed inimmaginabile, Carmen trattiene le lacrime, e si
mostra
serena dell’addio ai nipoti.
Ginevra,
invece, intuisce subito che la scelta di rimanere a Perth non
è decisione di
sua nonna, ma delle circostanze e soprattutto di sua madre. Percepisce,
guardando la gitana negli occhi, quanto soffre. Così,
accarezzandole il volto,
le chiede - “E’ mamma che non vuole?
Perché non ti vuole bene quanto te ne
voglio io?”
E di fronte
a tale interrogativo, l’anziana apre il suo cuore –
“Le ho fatto tanto male, e
quando è una madre a fartene, difficilmente lo si dimentica.
Perciò, è meglio
per il bene di tutti, che io rimanga qui con Jorge. Ma, te lo ripeto,
mi amor…
ti scriverò ogni giorno”
La bambina
annuisce, dispiaciuta, abbassando poi il capo. A quanto pare, da sola
non può
cambiare decisioni già prese dai grandi.
“Credo
sia
giunto il momento di andare” – dice Adam, notando
alcune auto giungere nella
loro direzione – “Arriva qualcuno dei
nostri”
Quell’improvviso
sopraggiungere di alcuni Dalì, affretta i saluti, rendendo
ancora più doloroso
dirsi addio.
“Prima
che
andiate, vorrei che ciascuno di voi avesse un mio ricordo”
– precisa la
Jimenez, richiamando a sé tutti e tre i bambini, il sangue
del suo sangue, la
sua più grande fonte di orgoglio.
La prima a
cui si rivolge è la maggiore.
“Questo
bracciale mi piacerebbe fosse il simbolo di una relazione che avrei
voluto
instaurare anche con te, mia bellissima Alba. Ti guardo e noto in te
una
dolcezza e una premura che solo la mia Agata ha. Che buffa la vita,
adesso che
vi ho conosciuti e che avrei potuto vivervi e amarvi come meritate,
siamo
costretti a separarci. Ho sentito, poco fa, che segui un corso di
danza.
Quindi, come me, ami ballare. Scommetto che ci saremmo divertite un
mondo, io e
te, con il flamenco”
“Potremmo
sempre farlo, se parti con noi” – anche la
primogenita di Nairobi e Bogotà,
adesso, come Ginevra, sogna di non dividersi da un pezzo di famiglia
che
vorrebbe scoprire.
La speranza
dipinta sui volti dei bambini rende ancora più complicato,
per nonna Jimenez,
doversene separare.
“Sapete
bene
che non è possibile, però, anche se saremo
lontani, mi avrete vicina ogni
giorno!”
“Uffa,
però”
– commenta, cupo, Sebastian – “Non
possiamo lasciare Perth e lasciare voi,
adesso che vi abbiamo conosciuti e che iniziavamo a volervi
bene”
Ed è a
lui
che la gitana si rivolge in quell’istante.
“Vorrei
conservassi questo, tesoro mio” – gli cede un
portachiavi, alla vista alquanto
vecchio, ma fortemente simbolico – “Quando entrerai
nella vostra nuova casa, mi
piacerebbe pensassi a me. E questo che stringi ora tra le mani, che era
di tua
madre, oggi è tuo!”
“E’
un…un
fiore?” – chiede, confuso, il piccino.
“Il
simbolo
della comunità gitana, mi amor! Sii sempre fiero delle tue
radici.”
Incuriosito
dal significato e dalla storia di un gruppo a cui appartiene per sangue
materno, Sebastiàn fissa il suo regalo e lo ammira come
ammirerebbe un pallone
di calcio, il suo sport preferito.
A quel punto
la settantenne si volta verso Ginny.
“A te non
posso non regalare questa collana. La tua forza, la tua intelligenza, e
la tua
dolcezza, ti rendono una bambina unica e speciale”
– sorridendole, con una
tenera carezza sul viso, si priva di una collana e la cede alla nipote.
“Questo
ciondolo custodiva il mio legame con Agata. Adesso custodisce il mio
con te”
Tra le
lacrime, versate a fiumi, e tanti abbracci, nonna e nipoti vivono il
loro primo
momento come famiglia. E Jorge, commosso, attira l’attenzione
dei Johnson.
Carmen prova
tenerezza per quell’uomo, visibilmente poco in forma, le cui
rughe sono il
segno tangibile di un passato fatto di errori, di dolore e di azioni
indicibili. E, adesso, è il viso bagnato dal pianto a
redimerlo e mostrare il
suo reale pentimento, nonché la voglia di ricominciare.
È
proprio la
donna, rivolgendosi ad Adam, a suggerire – “Forse
se anche loro partissero,
potrebbero recuperare gli errori commessi, e vivere gli ultimi anni
circondati
dall’amore. Quei bambini hanno bisogno dei nonni, e i nonni
sono il cuore di
una famiglia. Sono convinta che Alba, Sebastiàn e Ginevra
vivrebbero meglio il
distacco da Perth”
“Non
è me
che devi convincere me, tesoro. Nairobi temo non accetterà
mai sua madre”
Nel
frattempo, il gruppetto viene raggiunto da parte della Banda appena
giunta.
Helsinki e
Palermo, seguiti dai figli di Bogotà, salutano i presenti,
ringraziandoli del
lavoro svolto.
Tra questi
c’è anche Axel, subito notato sia dai Gonzales che
da Ginevra.
Ed è
alla
sua sorellina che il ragazzo dona un sorriso carico di tenerezza.
Alba,
posizionata di fianco alla sorellina minore, la prende per mano.
“Fidati
di
lui” – le sussurra all’orecchio.
Facendosi forza
della presenza di chi le vuole bene, la bambina alza la testa e
incontra gli
occhi di Axel, e dopo un’iniziale titubanza risponde a quel
sorriso con uno,
più timido.
Un inizio
che fa ben sperare nella costruzione di un rapporto fratello-sorella.
“Avete
novità degli altri?” – domanda Adam ai
due storici Dalì.
“Il
professore ha dato comunicazioni. Stanno arrivando, è
questione di minuti” –
comunica Palermo – “Iniziamo a caricare la roba
sulla nave, ok?” – dice il
serbo, indicando ai sei ragazzi il da farsi.
Ai piccoli
non rimane che guardare la triste realtà.
Valigie,
ricordi, oggetti vari, tutto viene condotto sul mezzo con cui diranno
addio
alla loro vita, alla loro identità.
Si tengono
per mano mentre, con la coda dell’occhio, scorgono la
disperazione dei due
anziani alle loro spalle.
“Dobbiamo
convincere la mamma” – decide Alba, non
più intenzionata a rinunciare
all’affetto del suo stesso sangue.
“Sono
d’accordo!” – esclamano in coro i gemelli.
E mentre
complottano, a modo loro, il da farsi, gli adulti si occupano dei
lavori
pesanti.
“Fatto!
Possiamo iniziare a salire!” – dopo qualche minuto
è Drazen a riferire che è
tutto pronto.
“Perfetto,
forza bambini. Venite, vi aiutiamo noi” – dice
Berrote, porgendo la mano ai
figli di Nairobi e Bogotà.
Spiazzato
dalla loro resistenza, si guarda, stranito, con il compagno, postogli
di
fianco.
“Pensaci
tu,
magari sei più dolce di me” – gli
sussurra, occupandosi dei saluti ai Johnson.
Così
Mirko,
con il suo atteggiamento da zio coccolone, si piega sulle ginocchia,
all’esatta
altezza dei minori e, premurosamente, si informa sul loro stato
d’animo.
“Non
abbiate
paura. Vivremo tutti insieme, e ci conosceremo. Vi insegnerò
tanti giochi e
tante canzoni serbe!”
Eppure
neanche la proposta di “stare tutti insieme” rende
felici i minori.
Quindi
Helsinki indaga, domandando, preoccupato - “Cosa succede?
Perché non volete
salire sulla nave?”
“Possiamo
aspettare mamma e papà? Abbiamo una richiesta da
fargli” – a prendere parola è
proprio Ginevra, su accordo con i fratelli. Nessuno più di
lei ha il carattere
per imporsi sui grandi. E lo zio Helsi accetta, seppure sospettoso che
l’idea
dei bambini riguardi i signori Gonzales, dai quali non si separano
neppure
fisicamente.
“Allora?
Che
ti hanno detto?” – gli domanda Palermo, guardandolo
avanzare nella sua
direzione, senza aver concluso nulla.
E il serbo
rivela i suoi dubbi – “Temo che a Nairobi non
farà piacere, però ci troveremo
di fronte a una resistenza in versione baby”
“Eh?”
–
esclama, confuso, Martìn.
Ma in quel
preciso momento il clacson di un’automobile, seguita da
un’altra, li avverte
dell’arrivo della rimanente Banda.
Scesi in
tutta fretta dai mezzi, i Dalì raggiungono il resto della
famiglia.
Agata si
getta, senza esitazione, sui suoi bambini che si avvinghiano a lei.
Bogotà
abbraccia uno ad uno i suoi ragazzi ormai divenuti uomini e donne
fortissimi.
Tokyo e Rio
possono riempire di baci il loro Santiago che trova calma e
serenità tra le
braccia materne.
“Andiamo
via, sbrighiamoci. È rischioso perdere altro tempo, la
polizia è giunta fino
alla villa!” – comunica Sergio agli amici,
invitando le donne a muoversi per
prime.
“Fortuna
che
non troverà più nulla! Ci siamo mossi con
anticipo” – precisa Carmen Johnson.
Salutati i
loro alleati australiani, Stoccolma, Hanna, Ivana, Lisbona, Tokyo, una
sostenuta all’altra, salgono a bordo della nave.
“Nairo,
tocca a te! Cosa aspetti?” – è proprio
Silene a richiamare l’amica.
“Arrivo”
–
risponde, dando priorità alla voce dei suoi figli che, la
supplicano di
esaudire un loro desiderio.
“Vorremmo
i
nonni con noi! Ti prego, non dirci di no” – la
richiesta viene proprio dalla
voce di Ginny, bambina che Agata ha rischiato di perdere per sempre a
causa
della follia di una pazza e delle sue stesse fissazioni psicologiche.
Gli occhi
dei suoi tre tesori la pregano disperatamente, le chiedono di
perdonare, di
dare a Carmen e Jorge una seconda chance.
“Noi non
vogliamo perderli!” – interviene anche Seba.
“Sono
parte
della famiglia” – aggiunge Alba.
Nairobi, in
silenzio, avverte la vicinanza di Bogotà, che prendendola
per mano, offrendosi
da spalla per ogni decisione che prenderà, dice -
“Se non te la senti, non sei
costretta a farlo. Agisci seguendo il tuo cuore”
Sono i
Gonzales, rimasti in disparte, a notare la gitana avvicinarsi,
improvvisamente e
con l’aria sofferta.
“Ci sei
venuta a dire addio?” – domanda Jorge, mentre
avvolge la moglie tra le sue
braccia, pronto a sostenerla da saluti dolorosi.
“Mi amor,
perdonami” – con occhi colmi di lacrime, Carmen
Jimenez mostra i segni di un
pentimento che ha scontato, e che sconta ancora oggi.
Spiazzando
tutti, dopo un lungo e profondo respiro, come a voler buttare fuori la
sua
frustrazione, la falsaria comunica qualcosa di sconvolgente –
“Voglio che
veniate con noi! I miei figli hanno bisogno di
voi…”
“Cosa?
Dici
sul serio?” – esclama, sconvolta, Carmen, con il
cuore a mille.
Cerca di
avvicinarsi a lei per abbracciarla, però è
quest’ultima a tirarsi indietro –
“Non ho parlato di perdono. Diciamo che devo ai miei bambini
un po' di
felicità”
L’euforia
e
i pianti si susseguono tra i Gonzales e i nipotini.
E mentre la
Jimenez osserva la scena di gioia, sale a bordo, retta dalla mano di
suo
marito, ricevendo l’approvazione di molti amici che si
complimentano per la sua
forza e per il coraggio di aver messo da parte il proprio orgoglio e la
propria
sofferenza, per il bnene dei bambini.
“So
quanto
sia duro per te, mamma! Lo sarà anche per me,
però non voglio precludermi
nulla, magari imparerò a perdonarli, con il tempo. Questa
è la seconda
opportunità che meritano” – anche Axel
pare aver messo da parte ogni forma di
rancore.
Sapere di
rischiare la vita, prigioniero di Teresa Perez, l’ha aiutato
a comprendere
quanto le cose possano cambiare nel giro di minuti, di secondi, di
attimi che
non torneranno più.
“A questo
punto, vale la pena vivere il presente, non lasciando che il passato
possa
interferire ancora e ancora, recando solo ed esclusivamente dolore. E
tu sei stata
brava nel prendere la giusta decisione, sono fiero di averti come
madre”
Emozionata
dalle parole del suo primogenito, la Jimenez lo stringe a
sé, scoppiando in un
lungo pianto, accettando, così, delle presenze poco gradite
al suo cuore ma che
forse l’aiuteranno a mettere un punto ai cattivi ricordi.
Bogotà,
di
fianco alla moglie, ascolta il discorso di Axel e ripensa al suo ruolo
di
padre. Sbagliò tanto nella vita, con i suoi sette figli,
eppure loro non hanno
esitato a correre in suo soccorso alla prima occasione.
E il primo
pensiero vola al maggiore, Yerevan, un ventisettenne invaghitosi, senza
volerlo, della donna sbagliata.
“Dovrei
fare
la stessa cosa con Emilio! Meriterebbe la seconda
opportunità...” – sostiene,
con un filo di voce.
Sentire quel
nome fa trabalzare la Jimenez, ancora in colpa per quanto accaduto con
quel
ragazzo.
“Stavo
pensando a lui; mi ha dato una seconda chance come genitore, ed
io…cazzo, io ho
più di cinquant’anni. Dovrei comportarmi da adulto
che riconosce l’errore del
figlio e lo perdona…invece, ho ragionato da adolescente a
cui hanno rubato la
fidanzata”
“Ti sei
sentito tradito, è normale reagire così!
Però è anche vero che quel ragazzo ha
sofferto dell’assenza di amore, e merita di riceverne.
Soprattutto da te che
sei il suo modello di vita!” – aggiunge la gitana,
accoccolandosi al petto del
marito, tentando di intervenire, spezzando una lancia a favore del
figliastro.
Prima che la
nave gettasse l’ancora, il saldatore chiede ai
Dalì un ultimo favore.
Scende
rapidamente, raggiungendo i Johnson, prossimi ad andare via.
“Aspettate!”
– grida, correndogli incontro.
“Cosa
succede?” - domanda preoccupato Adam, appena salito su una
delle automobili
lasciate nei parcheggi dai Dalì.
“Vorrei
mi
faceste un piacere” – e così spiega alla
coppia di amici le sue intenzioni, con
parole brevi e concise.
Sotto lo
sguardo confuso e sospettoso dei compagni di banda, Bogotà
risale a bordo della
nave.
“Ora
possiamo andare!” – comunica, sedendosi di fianco a
Nairobi.
Scruta la
situazione notando le singole coppie appartarsi per godere di minuti di
relax e
di intimità. Poco distante dalla postazione che occupa
assieme a sua moglie,
guarda, fiero la sua numerosa prole e, dando un dolce bacio sul collo
della
gitana, confessa – “Non potevo sognare un futuro
più roseo di questo. E se
accadrà quanto spero, avrò realizzato ogni mio
sogno”
“Ti
riferisci ad Emilio? Cosa hai detto ai Johnson?”
“Rivoglio
mio figlio con me, e loro faranno da tramite”
La partenza
è immediata e la grande squadra del professore si allontana,
in mare, pronta ad
una nuova avventura, una nuova copertura, una nuova speranza di
salvezza.