Sono
trascorse ore da quando la nave dei Dalì ha preso il largo.
Nessuno
di loro sa cosa li attenderà da adesso in poi, convinti
soltanto che la vita da
fuggitivi continuerà in eterno.
Il
professore, però, ha nelle mani il loro futuro, una carta
vincente che
concederà la libertà a tutti.
“Ricordate
quando vi ho detto che tra qualche anno, sareste potuti tornare a
Perth?”
“Si,
e saperlo mi rincuora, visto che i bambini sono nati e cresciuti
lì, è quella
casa loro” – risponde Rio, riferendosi alla sua
famiglia e a quella di Bogotà e
Nairobi.
“Antonio
Garcia è stato un poliziotto di fama notevole, e mi ha
garantito la nostra
assoluta salvezza. Però, ha precisato che ci saremmo dovuti
allontanare, almeno
per un po'. Al momento giusto, la polizia troverà documenti
importanti e diventeremo,
da ricercati quali siamo da quasi quindici anni, ad alleati dei servizi
segreti
australiani”
“Che?”
– esclama, spiazzato, il saldatore, distogliendo
l’attenzione da Sebastian che,
assonnato, si è accoccolato al suo petto.
“A
tempo debito capirete”
“Credo
che sia questo il momento, professore” – interviene
Tokyo, vogliosa di saperne
di più – “Basta con i segreti, parlate
chiaro una volta per tutte. Allora…? Cosa
è che dobbiamo sapere?”
Di
fronte alla solita mania di Silene di essere al corrente di ogni
dettaglio,
Sergio decide di spiegarsi - “Teresa Perez era una ricercata
da anni e sulla
sua cattura vari potenti mondiali si contendevano la vittoria”
“Più
ricercata di noi Dalì?” – chiede Rio,
spiazzato nello scoprire che esisteva
qualcuno maggiormente a rischio rispetto alla Banda.
“Lei
era un capo dei loschi affari, di traffici illegali, di denaro sporco,
di
droga, di cose di cui è meglio non parlare in presenza di
minori…” – è ciò
che
precisa il Marquina, seguito dall’ennesimo tic agli occhiali.
“E
quindi, il punto della questione qual è? Mi sto
perdendo!” – Helsinki, preso
dall’insegnamento di una canzone serba ad Alba e Ginny, non
segue il discorso
ed interviene senza capire nulla di quanto detto.
“Ecco,
concludo…” – puntualizza il capo dei
Dalì, quasi a volersi scusare del
tergiversare – “Abbiamo aiutato Perth, e lo stato
australiano, a catturare la
donna più pericolosa del mondo”
“Cazzo!
Peccato che abbiamo dato loro un cadavere...” –
commenta Denver.
“Non
preoccuparti. La presenza di Antonio Garcia e la sua morte lasciano
intendere
un confronto tra loro, conclusosi nel peggiore dei modi. E anche se un
cadavere, quella è Teresa Perez, quindi hanno catturato chi
era nei loro
obiettivi”
“Ok,
e noi, se il discorso è questo, cosa c’entriamo?
Cioè, la polizia potrebbe
dedurre che è stato Garcia a catturare la Perez. Non noi.
Cosa ci scagiona
dalla cattiva fama?” – la riflessione di Monica
sorge spontanea.
“Giusto,
ottima osservazione Stoccolma!” – puntualizza il
Prof, aggiungendo – “I
documenti di cui vi ho accennato servono proprio a questo!”
“Quindi,
ci stai dicendo che abbiamo in mano la libertà?”
– l’idea di poter vivere come
un tempo, prima di diventare una criminale agli occhi delle
istituzioni,
accende la speranza di Nairobi, che, alzandosi in piedi, non trattiene
la
gioia.
“Esattamente”
– risponde Sergio, accennando un timido sorriso.
“Ma
qui bisogna brindare, cazzo!” – Denver, euforico,
non si contiene e si
allontana correndo, attirando su di sé gli occhi dei
presenti che, nel mentre
si abbracciano e si commuovono per l’immensa
felicità.
I
figli di Bogotà partecipano a quella allegria, sentendosi
vicini anche ai
Gonzales che intervengono con un applauso per festeggiarli.
“Ecco
qui, amici miei! Brindiamo alla nostra libertà!”
– Daniel Ramos si unisce
nuovamente al gruppo, con in mano una bottiglia di spumante.
“Servono
dei bicchieri!” – puntualizza la Gaztambide,
adoperandosi nell’immediato,
seguita da Hanna ed Ivana.
“E
anche un po' di musica” – aggiunge Rio, motivando i
presenti a ballare e
divertirsi.
“Ci
penso io” – alza la mano Axel.
“Sicuro
che senza rete internet possa funzionare?” –
domanda Raquel al ragazzo,
estasiata nel vederlo all’opera.
“Tranquilla,
cara Lisbona! Ho una playlist memorizzata” – e
così dicendo, il gitano dà il
via alla festa.
Tra
musica, champagne e allegria, i Dalì abbracciano un
imminente futuro, un futuro
dai colori brillanti, un futuro di sogni realizzati e di meritata
felicità.
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“Ehi,
si sono addormentati?” – chiede Bogotà a
Nairobi, raggiungendola nella cabina
dove sono sistemati alcuni letti e dei sacchi su cui i Dalì
avrebbero potuto
riposare.
Agata,
rimboccando la coperta ad Alba, dà conferma al marito.
“Menomale,
pensavo che con tutto quel trambusto, guardando gli zii Denver e Rio
ubriachi
persi, non avrebbero preso sonno. Invece…”
“Invece
sono crollati, tutti e tre. Tu piuttosto? Sarai esausto, è
stata una giornata
infernale” – precisa la Jimenez, avanzando verso di
lui. Si avvinghia al suo
collo, giocando con i suoi capelli.
Bogotà
le avvolge i fianchi, quasi frenato dal toccarla.
“Che
ti prende? Vuoi che sia di nuovo io, come dodici anni fa, a darti il
permesso
di scendere più giù?” –
Nairobi ridacchia, ricordando quel momento, quando
trascinò la mano di Bogotà sul suo sedere,
permettendogli di godere di qualcosa
che lui avrebbe sognato di fare dal primo momento che la vide.
“Credo
di conoscere bene il tuo corpo, adesso” – si
imbarazza, mostrandosi ancora più
innamorato del periodo della loro conoscenza. E con delicatezza, la sua
mano si
adagia, non sul fondoschiena, ma sul viso della donna.
L’accarezza
con una tenerezza tale da far tremare il cuore di Nairobi e ricordarle
la forza
dei sentimenti che nutre per quell’omone grande e grosso e
super sensibile,
quei sentimenti che nessuno potrà mai distruggere.
“Mi
sei mancato da morire” – gli sussurra –
“Perdonami per quanto accaduto”
“Basta,
dimentica le scuse e gli ultimi giorni che abbiamo vissuto. Adesso
siamo noi
due, con i bambini e tutti i nostri figli, non possiamo desiderare di
meglio”
“Sicuro
che non desideri qualcosa di meglio, in questo momento?”
– lo stuzzica la
gitana, affondando le sue dita nella folta barba del marito,
fissandogli le
labbra in attesa di ricevere un bacio da toglierle il fiato.
E
Bogotà afferra subito il doppio senso, arrossendo,
riconoscendo una forte
nostalgia patita per l’assenza di quel modo di fare
passionale di sua moglie.
“Sarà
la prima cosa che faremo appena avremo una casa tutta
nostra…e prega Dio che
non avremo i Dalì sotto il nostro stesso tetto!”
– ridacchia poi – “Perché ci
supplicheranno di smetterla”
La
battuta bollente del saldatore spiazza Agata che, però,
sorride maliziosa.
Da
un attimo di riferimenti agli attimi intimi che li attendono, si passa
invece a
parole di immensa dolcezza. Ed è la gitana a pronunciarle -
“Ti amo” - facendole
seguire da un bacio che, se non fosse stato per la circostanza
limitata,
sarebbe sfociato in altro.
“Anche
io, ti amo da impazzire! E ti sposerei cento, mille volte, per
ricordarti
quanto sei importante per me”
Un
discorso talmente romantico, a tratti erotico, che mostra tutti i lati
amorosi
di una coppia che ha costruito una relazione su basi stabili, vogliosa
di un
futuro roseo e di una famiglia numerosa e forte, una coppia che,
però, con la
sparizione di Ginny, con il crollo di ogni certezza, ha perduto la
propria
stabilità, ritrovandosi solo ad oggi più
innamorata che mai.
Mentre
Bogotà e Nairobi continuano a coccolarsi e regalarsi amore
reciproco, è il sonno
disturbato di Ginevra a riportarli alla realtà.
La
bambina comincia a muoversi e a urlare parole senza senso.
“Amore,
stai calma! Ci siamo noi qui” – le dice la Jimenez,
sedendosi di fianco alla
piccola.
E
il saldatore fa lo stesso, prendendole una mano.
A
quel punto è un nome che spiega lo strano sogno.
“Maestra
Honey! Hai sentito anche tu? È la causa del suo
incubo” – fa notare Agata,
avendo udito l’appellativo della sorellastra, ormai morta,
ormai parentesi di
vita chiuso per sempre.
O
meglio, è ciò che si sperava fino a
quell’istante.
Improvvisamente,
la piccola si sveglia, sudata e con gli occhi spaventati.
La
sua fortuna è trovare vicino i genitori che non esitano a
stringerla e
tranquillizzarla.
“Tesoro,
è stato solo un brutto sogno. Va tutto bene”
– Bogotà le dà un bacio sulla
fronte.
Le
danno dell’acqua, l’abbracciano, le mostrano la
loro presenza. Questo aiuta
Ginevra a superare lo spavento.
“Ho
sognato che la maestra Honey mi portava lontano”
“Tu
non le volevi bene?” – domanda la gitana, spiazzata
che sua figlia, infatti,
avesse un incubo con protagonista una persona di cui si fidava.
“Dopo
che ho saputo che ha rapito Axel l’ho immaginata diversa. Ho
sognato che aveva
una pistola… e poi…” – inizia
a piangere, accoccolandosi al petto della mamma.
“Sappi
che non accadrà niente. La maestra Honey non la vedrai mai
più” – e dopo
essersi distesa di fianco a sua figlia, Nairobi le canta una
ninnananna, così
da aiutarla a riaddormentarsi.
E
proprio quando sente il respiro di sua figlia, ormai caduta tra le
braccia di
Morfeo, la falsaria commenta con suo marito circa la morte di Teresa
Perez.
“Chissà
cosa sarà davvero accaduto tra quei due!”
“Sarà
un mistero che non potremmo mai risolvere!”
“L’importante
è che sia tutto finito, per sempre” –
conclude Nairo, prima di chiudere gli
occhi e seguire le orme dei suoi bambini, cedendo al sonno.
Il
tutto mentre i festeggiamenti dei Dalì continuarono fino
all’ultima goccia
dell’ultima bottiglia di champagne custodite nel frigobar.
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Ma
cosa è davvero accaduto tra Antonio Garcia e Teresa Perez
nei minuti che
precedettero la loro morte?
FLASHBACK
“Come
mai hai ordinato ai tuoi uomini di lasciarti sola? Dimmelo, stai
tentando di
morire?”
“Stai
zitto!!!” – ripete più volte la Perez.
“Fino
a che punto sei disposta a spingerti pur di vincere? Eh?”
“Adesso
basta!” – dice, caricando il grilletto, pronta a
lanciare un proiettile verso
il nemico numero uno.
“Forza,
che aspetti!? Spara…spara ho detto!” –
il poliziotto alza le braccia e si pone
di fronte al suo cecchino.
Teresa
non ha notato l’assenza dei Dalì, fuggiti in quel
preciso momento, corsi verso
la libertà, verso il the end di una storia da cui credevano
di non uscire
vittoriosi.
“Ti
ho detto di spararmi, sono stanco di questa vita!”
– insiste Garcia.
Ma
nella testa di Teresa si affollano tanti pensieri, e una scarsa
lucidità.
Presa
l’arma, cambia direzione di quella pistola, puntandola verso
se stessa.
“Cosa
cazzo stai facendo?” – Antonio, l’aveva
provocata, eppure mai avrebbe scommesso
sul fatto che quella pazza si sarebbe autoeliminata. Per di
più, non era tra i
suoi obiettivi di vita vederla morta; piuttosto mirava a catturarla per
farle
scontare un ergastolo, come meritava.
“Quello
che avrei dovuto fare tempo fa”
Sotto
lo sguardo esterrefatto dell’ex poliziotto, si consuma un
suicidio che mette un
punto a un passato doloroso, e lascia volare via l’anima di
una donna che paga
così il conto con il dolore, con la sua coscienza, con la
gente a cui ha recato
male, e con sua figlia, alla cui ha dato la vita, per poi
strappargliela
ingiustamente.
Scioccato
dall’immagine di una Boss così forte e di
ghiaccio, piegata alla sofferenza e giunta
ad uccidersi, Antonio, con mano tremante, invia un messaggio al
Professore, e
toglie la pistola dalle mani di quello che è ormai un
cadavere.
“Cosa
faccio ancora in questo mondo se non ho più ragioni per
vivere?”
Né
una figlia da vendicare, né una criminale da
acciuffare… per di più una gamba inutile,
un lavoro inesistente. Gli resta la fama e il successo accumulati negli
anni…
certo di lasciare un segno nella storia di molti, e felice di aver
aiutato i
Dalì, punta l’arma contro il suo cuore e saluta il
mondo.
Un
colpo…
Due
colpi…
Corpi
a terra, trovati poco dopo dalla polizia che leggono chiaramente
l’SMS che
Garcia scrisse a Sergio, un contatto numerico di cui ignorano
l’esistenza. Un
contatto di cui Marquina si è disfatto immediatamente,
sapendo la possibile
rintracciabilità.
“Grazie
di cuore, Antonio!” – è la frase che il
Professore rivolge all’amico che ormai
sa essere nell’aldilà, quando legge il suo ultimo
messaggio.
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Ai
Dalì viene concessa una nuova chance di vita, per merito di
chi ha perso molto negli
anni ma si è guadagnato un posto d’oro in cielo,
un posto accanto a sua figlia
Anastasia, e un posto nel cuore di gente che lo custodiranno per sempre
nei
ricordi grazie al sacrificio ultimo che ha garantito loro la
libertà.
IL
PROSSIMO CAPITOLO SARA’ L’ULTIMO, SONO GIUNTA ORMAI
ALLA CHIUSURA
DI QUESTA STORIA A CUI MI SONO AFFEZIONATA, FORSE PIU’ DI
TANTE ALTRE CHE HO
SCRITTO NEGLI ANNI.
BUONA
LETTURA, E AL PROSSIMO CAPITOLO 😉
PER I SALUTI
FINALI.
BESITOS
A TODOS.