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Autore: cin75    02/10/2021    4 recensioni
Dalla storia:
“Voglio stare con te!” trovò il coraggio di precisare.
Gli occhi verdi fissi in quelli ambrati di Jared che lo guardavano stupiti.
Jared annullò lo spazio tra lui e il bancone. Poggiò le mani sul piano di legno levigato e strinse appena un po’.
“Tu vuoi stare con me?!” chiese come se non avesse capito.
E allora Jensen, finalmente, si mosse e prese una posizione speculare a quella del ragazzo. Mani sul bancone e busto appena sporto verso l’altro.
“Sì!” rispose. “O per lo meno ci voglio provare!”
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Naturalmente Jared attese con ansia l’orario di visita della mattinata e quando glielo permisero entrò nella stanza di Jensen.

Il ragazzo dormiva. Il viso era ancora palesemente provato da quello che aveva passato e che stava ancora affrontando, ma da quello che gli avevano riferito alcuni infermieri, la sua infezione polmonare era ormai sotto controllo. Jared, senza fare rumore andò a sedersi ad una poltroncina poco distante dal letto di Jensen. Prese una rivista e iniziò a sfogliarla distrattamente ma facendo attenzione a non far rumore con i fogli.

Fin quando , alzando gli occhi, non si accorse che Jensen era sveglio.

Il ragazzo stava guardando verso la finestra. I suoi occhi brillavano lucidi - forse a causa della febbre ancora presente anche se meno alta - alla luce del sole che li illuminava filtrando dalle persiane semichiuse. Il suo respiro era regolare, tranquillo e non più quello spezzato di quella sera assurda in cui il fisico aveva ceduto.

“Jensen?!” lo richiamò piano Jared, temendo di spaventarlo, ma Jensen sembrò non udirlo affatto, anzi chiuse perfino di nuovo gli occhi e poi li riaprì piano. “Jensen?!” lo chiamò ancora.

E solo allora, Jensen si voltò , sorpreso, verso di lui.

Restò in silenzio, colpito da quella presenza inaspettata.

Jared gli sorrise appena, in maniera dolce.

“Mi hai chiamato tu prima?!” chiese Jensen , mettendolo meglio a fuoco.

“Sì.”

“Credevo di averlo immaginato!”

“ Non volevo spaventarti...ti eri appena svegliato.”

“Come mai sei qui?” domandò poi, Jensen.

“Sei stato male, parecchio e io volevo sapere come stavi!” rispose Jared, alzandosi e avvicinandosi al letto.

“Perchè?!” chiese ancora, stranamente.

“Senti..lo so che l’ultima volta che ci siamo visti non è andata come...”

“Jared...”

“Te l’ho detto. Io volevo...”

“Perchè?!” insistette Jensen.

“Jensen io...” cercò di non rispondere Jared.

“Perchè?!” e questa volta era una domanda precisa. Decisa.

“Perchè hai cantato per me!” rispose finalmente, Jared.

I due per un attimo restarono in silenzio. Per un attimo quello stesso identico scambio di sguardi che si erano ricambiati quando Jensen aveva finito di cantare ...per lui.

 

“Ecco che il nostro principe azzurro si è svegliato!!” fece una voce alle loro spalle. Misha. “Spero di non essermi perso il bacio!” continuò scherzando ed entrando in stanza.

“Misha, smettila!” lo riprese Jared, fulminandolo con lo sguardo.

“Sì, Misha, smettila!” si accodò anche Jensen, e arrossendo di più quando Misha notò il rossore che già li accaldava il viso.

E non era febbre.

 

Come preventivato da Sheppard l’ultima volta che andò a visitare Jensen e prendere visione della sua cartella clinica, il biondo fu dimesso circa due settimane dopo, ma con la severa raccomandazione di seguire la terapia antibiotica anche a casa e naturalmente ...assolutamente riposo.

Quella mattina lo riportò a casa Rich, anche se Jensen, che in quei giorni aveva ricevuto spesso la visita di Jared, si aspettava che fosse il ragazzo ad offrirsi di riportarlo a casa, non fosse altro per parlare di quello che era successo al bar, prima che collassasse.

Quando Rich, poggiò il borsone di Jensen sul divano, notò che l’amico era più silenzioso del normale.

“Ehi!! Mr. Meraviglia?? tutto ok?” richiamandolo con tono scherzoso.

Jensen trasalì e si voltò verso l’altro, sorridendogli. “Sì, amico. Tutto ok! Ho solo voglia di un bel po’ di cibo spazzatura , un film d’azione alla tv, qualche birra e riprendermi la mia vita!” rispose aprendo il frigo e tirandone fuori una bottiglia di birra ma in quel preciso momento, Rich gli si fece vicino sfilandogli di mano la bottiglia.

“Ma cosa….” replicò stranito Jensen.

“Passino hamburger, patatine e cipolle fritte, passi il divano e la tv invece di una bella notte di riposo, ma hai fatto male i conti se pensi che io ti lasci bere questa o altro. Sei ancora sotto antibiotici, fratello!!” lo ammonì fin troppo serio Rich.

“Ma stai dicendo sul serio?!”

“Mai stato così serio...anzi, lo sono talmente tanto che non mi riconosco e mi faccio paura!!” asserì Rich, svuotando il frigo dalle altre birre e prima che Jensen potesse controbattere ancora, gli puntò l’indice contro e: “...e per ora prendo queste." precisò indicando le due bottiglie. "Ma non costringermi a svuotarti anche il mobiletto bar. So esattamente cosa hai lì sotto e in che quantità. Quindi...vedi a come ti comporti!” lo avvisò.

“Questo è uno strazio!” esclamò Jensen, sconfitto da tanta apprensione.

“Lo so!” fece Rich.

“E tu sei uno stronzo!”

“So anche questo, ma non cambierà quello che ti ho appena detto.” fece incrociando le braccia al petto, vestendosi di amichevole autorità.

Jensen lo fissò e intuendo che non l’avrebbe sfangata, si gettò sulla sua poltrona e fece un broncio accennato. “Che palle!!” esalò sconfitto.

La risata di Rich, fece comunque sorridere anche Jensen, che però, dopo pochi momenti ritornò di nuovo pensieroso.

“Ehi, Rich?”

“Non te la do una birra Jensen!” rispose d’istinto Rich sorridendo alla risata sommessa di Jensen. E poi: “Che c’è?”

“Senti...cioè non è che non ti sia grato per avermi scarrozzato fino a casa, ma è che….sì, ..insomma….”

Rich era al corrente di quello che ci sarebbe potuto essere tra Jared e Jensen, di quella fatidica discussione, della presa di coscienza "sentimentale" dell’amico d’oltre data nonché socio in affari rispetto ai sentimenti che aveva capito di provare per Jared, della decisione di esporsi pubblicamente con quella canzone e quindi capì anche quello che voleva chiedergli Jensen.

“Jensen...lui aveva un appuntamento importante in banca per rinegoziare quel nostro prestito fatto per ristrutturare il bar. Mi ha chiamato e mi ha chiesto di venirti a prendere. È solo per questo che ci sono io e non lui qui!” sembrò volerlo tranquillizzare.

“Perchè allora non lo ha detto a me!?”

“Non vuole darti tanta importanza. Il giovanotto vuole farsi desiderare e onestamente da quello che so, te lo meriti, amico mio!” lo prese in giro Rich.

Jensen, si sentì più tranquillo e poggiò rilassato la testa allo schienale. “Già!! credo davvero che dovrò penare parecchio per rimettere le cose a posto con lui!”

“Ci riuscirai, Jensen.” fece l’amico raggiungendolo alla poltrona e sedendosi sul bracciolo, porgendogli una soda che Jensen accettò senza fare storie. “Non c’è stato giorno, da quando sei finito in ospedale, che quel ragazzo non sia venuto a trovarti, anche quando eri incosciente...”

“Sul serio?!” chiese, sorpreso Jensen, guardandolo con curiosità.

“Sì, certo. Non te lo ha detto?!” e Jensen negò semplicemente col capo. “E' rimasto in corridoio aspettando di avere tue notizie quella sera e da quello che mi ha detto Misha si è spacciato per il tuo ragazzo pur di farsi dire da Sheppard le tue condizioni!” rivelò.

“Sul serio?!” ripetè con più decisione e questa volta fu Rich ad annuire semplicemente.

“Cavolo se è vero!! Misha mi ha detto che Sheppard lo stava incenerendo solo con lo sguardo quando ha capito che Jared gli aveva mentito sulla vostra relazione. Comunque….morale della storia: dagli tempo, Jensen.”

“Credo di doverglielo!”

“Già!” fece battendo il collo delle loro bottiglie di acua tonica. Bevvero insieme e poi Rich gli battè una mano sulla spalla. “Ok, amico. Io vado. Chiamami se hai bisogno di qualcosa!”

“Ok! Grazie di tutto Rich!”

 

Passò qualche giorno e Jared si era fatto vivo con Jensen solo via telefono. Chiamate per lo più di cortesia: come stai?, ti serve qualcosa?, hai tutto i tuoi medicinali?

E ogni volta che Jensen lo rassicurava , Jared metteva educatamente fine alla conversazione.

E ogni volta che Jensen provava a chiedergli di passare per poter parlare, Jared riusciva diplomaticamente a trovare una scusa plausibile.

E ogni volta quel “si sta facendo desiderare” profetizzato da Rich diventava sempre più frustrante.

Jensen voleva dare a Jared tutto il tempo per rimettere a posto i suoi pensieri, ma cavolo!!, aveva davvero voglia di rivederlo al di fuori di quella stanza di ospedale in cui non avevano avuto modo di parlare sul serio. E quel “Hai cantato per me!” gli vorticava ancora nella testa, così come aveva davanti agli occhi lo sguardo dolce con cui Jared glielo aveva detto.

Ma allora perché tanta distanza?

La paura che i sentimenti del più giovane fossero mutati in quei mesi, gli bloccava lo stomaco e che Jared gli fosse stato così vicino solo perché ci teneva comunque a lui, oramai , solo come amico.

 

Qualche giorno dopo, Jensen, che stava letteralmente impazzendo a stare chiuso in casa, disse a Rich che , in mattinata, sarebbe passato al bar. Nonostante le proteste dell’amico socio, Jensen lo rassicurò che non avrebbe fatto niente di faticoso se non stare dietro al bancone e rimettere qualche bottiglia o bicchiere al loro posto.

Anche perché di mattina, la clientela era decisamente poca. Sì, servivano la colazione , ma ad occuparsene c’erano Alex e Osric - Oz, come lo chiamavano tutti – due ragazzi dell’alberghiero che recuperavano crediti lavorando lì qualche ora la mattina. Quindi Jensen faceva più che altro da baby-sitter.

“Ehi!! Cip e Ciop...sono quasi le undici. Date una ripulita lì dentro e sparite. Devo chiudere. Non ho voglia di perdere la mia licenza!” fece Jensen, ad un certo punto. L’accordo con le associazioni scolastiche era che i due non potevano stare da lui oltre le undici del mattino, pena la sospensione della licenza del bar.

“Qui è già tutto in ordine, Boss. Ti abbiamo lasciato un paio di club sandwich da urlo. Ci vediamo mercoledì, ok?!” fece Oz.

“Ciao, Mister J !” fu il saluto da parte di Alex.

“Ciao, ragazzi. E ….grazie per i panini!” fece mentre i due andavano via.

Dopo aver sentito la porta sul retro chiudersi, Jensen sentì quella del locale aprirsi. Si girò pronto ad avvisare chiunque fosse entrato che erano chiusi, ma quando alzò lo sguardo, rimase senza parole.

“Tu...tu che ci fai qui?” chiese.

Jared era di fronte a lui, con tra le mani uno scatolo che Jensen conosceva bene. Una consegna di super alcolici.

“No. Tu che ci fai qui?? dovresti stare a casa….a riposo...come ti ha ordinato Sheppard.” replicò il più giovane.

“Scusa tanto, ma...” e allargò le braccia come ad indicare quello che aveva intorno. “….se le cose non sono cambiate in queste settimane..questo dovrebbe essere ancora il mio bar e quindi ho più diritto io a chiederti cosa ci fai qui e tra l’altro con in mano la mia consegna di alcolici!”

Solo allora Jared si rese conto che aveva ancora in mano lo scatolo. Lo poggiò a terra e si avvicinò al bancone.

“Rich aveva un impegno in banca e mi ha chiamato chiedendomi se potevo essere qui per la consegna, che avrebbe chiamato il fornitore per comunicare che avrei preso io la consegna.” spiegò.

“Ma c’ero io...perchè chiamare te?!” si chiese Jensen. “L’ho sentito ieri sera...perchè non...”

“A me lo ha chiesto tre giorni fa!” lo interruppe Jared.

“Dio!! quel tipo dimenticherebbe di respirare se non fosse automatico!” capendo che l’amico e socio aveva dimenticato di aver avvisato Jared della consegna.

“Comunque….” riprese Jared. “Perchè sei qui? Dovresti riposare ancora!” fece con tono apprensivo.

“Sì, lo so. Ma in casa stavo impazzendo e qui la cosa più pesante che ho preso e sistemato sono i bicchierini da shot. Quindi puoi stare tranquillo!” lo tranquillizzò.

Jared sospirò, arreso. Guardò di sottecchi il barista e poi…

“Come stai, Jensen?!”

Il biondo smise di fare quello che facendo, poggiò lo straccio su un ripiano sotto il bancone e si poggiò con la schiena alla parete bar che aveva alle spalle, incrociò le braccia al petto.

“Sul serio? “Come stai, Jensen?” ripetè ironico.

“Sì..insomma..” sorpreso da quel tono.

“Davvero ti interessa?!” si ritrovò a chiedere perplesso e con decisione.

“Cosa??...ma ...”

“Oh andiamo!! so che sei venuto in ospedale quando stavo male, e quando mi sono ripreso mi hai detto quella cosa...”

“Io...”

“...e in quel modo. Ma poi mi hanno dimesso e tu?!” fece sconcertato. “Tu sei letteralmente sparito. Qualche messaggio, una o due telefonate che paragonarle a telegrammi è tanto.” sembrò volerlo rimproverare. “Rich mi ha detto di darti tempo…” continuò.

“Rich?”

“Misha mi ha detto di darti spazio...”

“Lui cosa???”

“..e io? Io l’ho fatto. L’ho fatto perché sapevo di meritarmelo. Di meritarmi la tua assenza. Sono stato uno stronzo, un perfetto emerito stronzo con te e sapevo che non avevo nessuno diritto di pretendere qualcosa. Ma andiamo!! così….così è troppo!” fece frustrato.

“Troppo?!” e a questo punto era il tono di Jared ad essere mutato.

“Ci sei...e poi non ci sei. Sembra che tu ci tenga a me...e poi sparisci nel nulla. E io?..io sto dando di matto perchè ora che ho capito che...” ma si fermò incerto. “Perché vorrei...io...io vorrei….”

“Cosa vuoi Jensen!?” fece a quel punto, curioso, Jared.

“Io vorrei ….cioè...”

“Cosa vuoi?!” ripetè con più decisione, avvicinandosi ancor di più al bancone oltre cui un Jensen decisamente più nervoso che strafottente, cercava di trovare la risposta a quella domanda. “Che cosa vuoi?!”

E a quel punto , Jensen, alzò lo sguardo verso l’altro ma non si mosse dalla sua posizione.

Nella sua mente, dentro di lui, un’improvvisa quanto risoluta decisione.

“Voglio te!” disse in un solo fiato. “Voglio stare con te!” trovò il coraggio di precisare.

Gli occhi verdi fissi in quelli ambrati di Jared che lo guardavano stupiti.

Jared annullò lo spazio tra lui e il bancone. Poggiò le mani sul piano di legno levigato e strinse appena un po’.

“Tu vuoi stare con me?!” chiese come se non avesse capito.

E allora Jensen, finalmente, si mosse e prese una posizione speculare a quella del ragazzo. Mani sul bancone e busto appena sporto verso l’altro.

“Sì!” rispose. “O per lo meno ci voglio provare!” precisò ancora e quando vide le sopracciglia di Jared alzarsi incredule capì di aver sbagliato ancora nel parlare. Infatti…

“Provare?? credi che io voglia ancora darti lezioni di vita gay o bisessuale o qualunque cosa tu pensi di essere, dopo come è finita l’ultima volta?!” ironizzò.

“No, non ti farei mai una cosa del genere!” replicò prontamente.

Sì, prontamente. Senza esitare. Perché questa volta dentro di lui non c’era una parte che voleva e una parte che non voleva.

Questa volta tutto di lui voleva Jared.

“Ma hai appena detto che...”

“Provare, sì. Ma non perché io sia ancora confuso. So cosa voglio e so chi voglio. Ho usato la parola "provare", perché se, e so che è un grande se, ...se tu mi concederai questa possibilità, potresti essere tu quello che , dopo avermi conosciuto, potrebbe farsi venire dei dubbi.” spiegò con calma.

Jared non poteva crederci. Sapeva che sarebbe arrivato il momento di chiarirsi con Jensen, ma che l’altro avrebbe accorciato di così tante tappe il loro riavvicinamento davvero non se lo aspettava.

Calò il capo tra le spalle contratte e lo scosse appena.

Jensen vide quel gesto e nella sua mente un unico pensiero: E’ troppo tardi.

Così azzardò a chiederlo.

“A meno che non sia troppo tardi. È passato tempo dal nostro ultimo appuntamento...” disse virgolettando la parola appuntamento. “Non ti biasimerei se ci fosse qualcun altro.” fece senza riuscire a nascondere una punta di terrore in quella prospettiva.

Allora Jared, rialzò la testa e Jensen potè vedere una bellissima luce nei suoi occhi. Quella luce che sapeva già gli sarebbe mancata terribilmente.

Il più giovane si drizzò, in tutta la sua prestanza fisica.

Sembrò che stesse per parlare e invece si girò su sé stesso e si avviò all’uscita e in quel momento Jensen si sentì come si era sentito un attimo prima di perdere i sensi la sera del karaoke. Senza forze!

Non riusciva a muoversi. Non riusciva a distogliere lo sguardo da Jared. Dalla sua schiena che si faceva via via sempre più lontana man mano si avvicinava alla porta. Non riusciva a trovare il fiato o la forza di chiamarlo e convincerlo a ripensarci. A supplicarlo di dargli quella maledetta possibilità.

Quando ad un tratto vide Jared fermarsi e voltarsi piano verso di lui.

“Jared...” sussurrò.

“Da lunedì sono in ferie per una settimana. E tu devi ancora stare lontano dal bar. Staremo insieme. Parleremo. Chiariremo. Ma ti giuro , Jensen...” e gli puntò un dito contro e a quel gesto Jensen si ritrovò, istintivamente, a mettersi dritto. “Ti giuro che se te ne vieni fuori con un’altra stronzata alla “Una parte di me vuole ...una parte di me, no!”, noi due abbiamo chiuso. Non mi rivedrai mai più.”

“Niente stronzate!” promise immediatamente Jensen, come a voler dar credito al suo cambiamento.

“Ok!” fece convinto Jared. “A lunedì allora. Vengo a prenderti a casa tua verso le nove del mattino!” fece.

“Vieni...vieni a prendermi? E dove….” chiese stranito ma al tempo stesso emozionato.

“Lo vedrai lunedì.” e aprì la porta.

“Jared?” lo richiamò con la voce che tremava appena.

Jared si voltò verso di lui. Lo scrutò e il suo sguardo non era duro ma deciso in una maniera splendidamente dolce.

Non disse niente ma attese solo che Jensen parlasse.

“Abbiamo un appuntamento?” e prima che l’altro gli rispondesse: “Un appuntamento vero?”

Jared sorrise.

“Sì, Jensen, abbiamo un appuntamento vero.”

“Non vedo l’ora!” fece sorridendo felice che non riusciva però a nascondere un certo nervosismo. Ma era un nervosismo dovuto all’eccitazione e non alla paura.

“Anche io!” rispose Jared e andò via.

   
 
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