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Autore: Alchimista di Neve    02/10/2021    1 recensioni
{Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it}
[Dal testo]
(...) sollevò finalmente il capo scoprendo il viso, che rimaneva tuttora ignoto ai delinquenti lì presenti. Con misurata lentezza, tenendo d’occhio gli avvoltoi che passeggiavano attorno a lui, si sfilò i guanti e li ripose all’interno della saccoccia, poi lasciò cadere nuovamente le mani lungo i fianchi. Una scintilla bianca scaturì dai suoi polpastrelli non appena schioccò le dita: in un istante l’uomo che aveva avuto l’ardire di toccarlo si ritrovò avvolto in una spirale di fuoco brillante, un fuoco candido, niveo e assolutamente innaturale.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: Ascian (pumpWORD list)
[ASCIAN: cosa o persona senz'ombra]


La Fiamma Bianca
 
Sembrava vagare senza meta il giovane dalla chioma canuta, infilandosi in ogni sporco vicolo della città di Obsidia senza uno scopo palese: col cappuccio del mantello calcato sulla fronte celava il bagliore dei suoi occhi sanguigni, e i guanti sulle mani non servivano a identificarlo né come soldato di ventura né come cavaliere reale allo sbando, solo come un uomo di mondo, avvezzo a proteggere il suo corpo e – soprattutto – la sua identità.
– Bene, bene: cos’abbiamo qui? – la voce strascicata e roca di un losco individuo si fece strada verso di lui, emergendo dall’oscurità del viottolo che correva tra un postribolo e una locanda a poco prezzo. Il ragazzo incappucciato arrestò il suo cammino, imperturbato dall’arrivo dello zingaro e dei suoi compari.
– Un forestiero che si è perso, eh? Non temere, amico, se ci dai qualche spicciolo potremmo accompagnarti noi… ovunque tu debba andare, – lo schernì un altro dei malviventi nell’accerchiarlo.
Il giovane strinse i pugni, causando alle nocche di emettere un cupo suono croccante, e sotto l’ombra del cappuccio si permise di sorridere di sbieco.
– Non sapete proprio con chi avete a che fare, vero? – la sua voce calma non tradiva alcuna emozione né agitazione: si trovava a suo agio, pur circondato da nemici.
– Senti, non è il caso di fare l’eroe, – lo avvertì uno di loro, – Dacci quello che hai e forse ti lasciamo andare senza graffi. –
– Forse hai bisogno di un incoraggiamento, – il più robusto del gruppo gli diede uno spintone, facendolo così retrocedere di un paio di passi. Il suo sogghigno scemò a quel contatto sgradito; sollevò finalmente il capo scoprendo il viso, che rimaneva tuttora ignoto ai delinquenti lì presenti. Con misurata lentezza, tenendo d’occhio gli avvoltoi che passeggiavano attorno a lui, si sfilò i guanti e li ripose all’interno della saccoccia, poi lasciò cadere nuovamente le mani lungo i fianchi. Una scintilla bianca scaturì dai suoi polpastrelli non appena schioccò le dita: in un istante l’uomo che aveva avuto l’ardire di toccarlo si ritrovò avvolto in una spirale di fuoco brillante, un fuoco candido, niveo e assolutamente innaturale.
Mentre l’energumeno si dimenava, rotolandosi invano a terra tra le proprie urla nel tentativo di soffocare le fiamme, i suoi compagni presero le distanze dal giovane ammantato, improvvisamente orripilati.
– Siete tanto abituati a vivere nell’ombra che la date per scontata. –
Il ragazzo abbasso il cappuccio, rivelando completamente i suoi tratti fisionomici: il capello corto del colore e della morbidezza del cotone, le iridi scarlatte, gli zigomi in rilievo e il mento leggermente a punta non significavano niente per un reietto della società che non aveva mai partecipato a un evento regale, tuttavia il suo aspetto e i suoi poteri gridavano a gran voce la sua identità non così segreta.
Nell’osservare il compagno di scorribande a terra morire carbonizzato, uno di loro notò con disgusto e timore superstizioso che l’ombra del ragazzo era completamente irregolare sul ciottolato: il sole batteva su tutti loro indistintamente, eppure la sua era più chiara e, dopo che aveva rimosso il cappuccio, era priva di testa.
– Cazzo, questo non ha un’ombra! –
Il giovane canuto sorrise con fare paterno: – Eh no, amico. –
Schioccò le dita di entrambe le mani, e guardò con pacata esaltazione i loro corpi di carne contorcersi mentre si sgretolavano lambiti dal suo fuoco bianco. Le grida dei malcapitati lo straziavano di piacere, tanto che si vide costretto a ridurre l’intensità delle fiamme quanto bastò a non consumarli troppo in fretta, mentre la temperatura rimaneva invariata nella sua incandescenza ultraterrena.
Per certi versi trovava stimolante quella sceneggiata di dolore, soprattutto all’idea che era stato lui, con uno schiocco di dita, a sprigionare tutta quella potenza; meglio ancora, con uno schiocco di dita era stato lui a decretare il transito di cinque esseri umani dallo stato di vita allo stato di morte. Avrebbe potuto farlo con chiunque – eccetto i suoi fratelli o suo padre.
Sapeva di avere in pugno la vita di ogni singola persona di Athlos e non solo: era una delle creature più potenti del regno, e non gli serviva che un gesto per piegare tutti al suo cospetto.
Senza che nessuno se ne accorgesse, anche quel giorno il principe Adrian rientrò serenamente al castello, amareggiato solo per non aver ancora trovato ciò che stava cercando.
   
 
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