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Autore: elenabastet    03/10/2021    5 recensioni
Una donna ricorda una richiesta strana che ebbe nello svolgimento del suo lavoro la sera del 14 luglio 1789. Un omaggio al finale di Notre Dame de Paris di Victor Hugo.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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AMORE E DOLORE

 

Rating: tematiche non facili, lutto, morte, struggimento.

Fandom: Lady Oscar.

Note: fanfiction triste, con un omaggio al finale vero di Notre Dame di Victor Hugo. Personaggio originale oltre ai soliti.

 

 

Mi chiamo Mireille Bourier e ho fatto per anni la necrofora. Sì, ricomponevo le salme dei defunti per dare loro una sepoltura onorevole e consolare soprattutto chi restava. Avevo quindi soprattutto a che fare con chi se ne era andato per sempre da questa valle di lacrime. Era un lavoro che avevo ereditato da mio padre, che non aveva figli maschi e che quindi ha insignito me con questo ingrato compito. Ho scoperto poi nel modo più struggente che c’era almeno un’altra donna con una storia simile alla mia. Però per un po’ di anni non mi dispiacque fare questo lavoro, almeno avevo di che vivere, anche se alla lunga stare con i morti ti fa perdere il gusto per la vita.

Sistemai tanti corpi: mamme morte di parto, bambini che non avevano avuto il tempo di vivere, anziani volati in cielo serenamente, gente morta accidentalmente, annegati, anche assassinati. Ho però dimenticato tutti, tranne uno, anzi due.

Quando a Parigi scoppiò la Rivoluzione capii che avrei avuto da lavorare e che probabilmente non avrei guadagnato granché: ricordo sangue, spari, urla, orrore, che io sentivo da quella chiesa in cui mi ero ritagliata il mio spazio, dove mi portavano i morti da ricomporre. Gente massacrata, calpestata, piena di sangue.

La sera del 14 luglio non ne potevo più di morte, di pianti e di dolore. Là fuori c’era gente che festeggiava la presa della Bastiglia, anche in maniera discutibile, io ero esausta, forse era vero che non era un lavoro da donne.

Ricordo quelle tre persone che vennero verso di me: lui, un soldato della Guardia metropolitana, un omone con un certo fascino, sporco di sangue non suo, con gli occhi pieni di lacrime: era un duro, ma l’avevano spezzato. Lei, una ragazza dai lunghi capelli biondi e gli occhi tristi, avrei detto che era incinta da abbastanza tempo perché già si notasse un po’. Seppi dopo che non erano sposati. Il terzo era un uomo anziano, evidentemente un nobile anche se vestito in maniera modesta per non avere ritorsioni, con un portamento marziale distrutto in maniera definitiva.

“Vi prego, aiutateci. Due persone che ci sono care non ci sono più e vorremmo che le preparaste per il loro eterno riposo”, disse il soldato.

“Certo, è il mio lavoro”.

Andai dietro di loro e li vidi, erano due soldati sulla trentina, belli anche nella morte, uno bruno, con un occhio morto prima di lui, l’altro biondo. Erano caduti negli scontri, da quanto mi dissero uno, il bruno, il 13 e l’altro, il biondo, davanti alla Bastiglia. Anzi, dovrei dire l’altra, anche lei era una donna che come me faceva un lavoro da uomo. Le loro ferite erano mortali, soprattutto lei era stata crivellata di colpi proprio nel posto che per noi donne simboleggia la vita e l’amore, il petto. Il petto che i nostri uomini amano e il petto con cui nutriamo i nostri bambini, che atrocità. Li ripulii del sangue, piangendo per la prima volta nella mia vita, e ne avevo visti di morti.

Il soldato più giovane e la ragazza stavano vicino a me, e anche loro piangevano silenziosamente. L’uomo anziano stava in un angolo, con il volto abbassato, e capii che doveva essere parente stretto di uno dei due, cento ad uno della donna massacrata.

“Si amavano troppo, non potevano vivere separati. Lei ha scelto di raggiungere il suo lui non appena ha potuto”, disse la ragazza. Il soldato annuiva. L’uomo anziano si piegò a metà, quasi in ginocchio, senza più lacrime.

Dopo averli puliti e sistemati, mi fu fatta una richiesta che mi lasciò perplessa.

“Potete metterli in modo che siano abbracciati per l’eternità?”, mi chiese il soldato, con le lacrime agli occhi.

“Ma ormai sono rigidi, e poi non è una cosa accettata dalla morale...”, non avevo mai sentito una cosa del genere, ma quando mai?

“Fatelo, vi prego”, disse la ragazza abbassando la testa. Ma da dove venivano questi? C’erano certe regole da seguire.

“Ascoltate: loro devono rimanere abbracciati per l’eternità, il loro era un grande amore, solo che il destino si è accanito, vi supplico, fatelo!”, disse ancora il soldato.

“Vi prego”, intervenne l’uomo anziano, “voglio che mia figlia riposi per sempre tra le braccia dell’uomo che l’ha amata per tutta la vita e che anche lei amava, ho distrutto le loro vite, devo loro che sia fatto almeno questo”.

“Se credete nella vita eterna sapete che sono insieme adesso”, dissi io, rivolta a tutti e tre.

“Ma ci sarà un’altra vita?”, disse la ragazza.

“Nell’incertezza, fateli abbracciare in questa da qui a per sempre”, disse il soldato.

“Fatelo, meritano felicità eterna”, disse l’anziano. E io, che avevo sempre cercato di mantenere un certo distacco nella vita, crollai e feci come mi avevano detto. Lo feci per loro tre, seppi dopo chi erano e che legami avevano con i due amanti morti, ma anche per i due innamorati, per credere per un attimo che qui e altrove ci fosse una speranza per loro.

Erano morti da un po’, ma non erano rigidi, sembravano ancora caldi, ma forse era solo perché era estate. Riuscii a metterli abbracciati, come una coppia di persone vive, che ha appena fatto l’amore e sta lì a parlarsi, sognando un futuro che loro non ebbero mai. Appoggiai la testa di lei al petto di lui, feci cingere con le braccia lei da lui, misi le mani di lei sulle braccia di lui e riuscìi anche ad unire le loro gambe.

Non avevo mai fatto una cosa del genere, non fu facile, anche perché la feci piangendo tutte le mie lacrime. Nello stesso tempo, il soldato e la ragazza, che seppi chiamarsi Alain e Rosalie, mi raccontarono la storia di quei due meravigliosi amanti, la storia di Oscar e André. L’identità dell’anziano l’avevo intuita e anche il legame di parentela, lui non disse più niente, tranne che un

“Perdonatemi tutti e due” quando io terminai il mio lavoro.

Li ricomposi insieme in quell’abbraccio nella bara e so che sono andati nel luogo dove riposano in eterno così. Non lo seppi da Alain e Rosalie che non ho mai più visto.

Tempo dopo, dopo aver cambiato lavoro e aver iniziato ad occuparmi di vita, a far nascere i bambini, andai ad assistere una donna incinta che stava per partorire alla Conciergerie e lì incontrai l’uomo anziano, il padre di Oscar, ormai sapevo chi era. Lui era in attesa dell’esecuzione per aver aiutato a scappare la regina.

“Voi siete la donna che ha permesso a mia figlia di riposare per sempre abbracciata al suo amore, vero? Mi ricordo di voi, ancora grazie, adesso lei rimarrà tra le braccia del suo adorato André per l’eternità”.

Quei due amanti sfortunati sono rimasti nel mio cuore per sempre, a differenza di loro sono diventata vecchia: in loro ho visto la promessa che l’amore eterno esiste e dura anche oltre la morte.

 

 

Nota: nel romanzo Notre Dame de Paris Quasimodo va a morire abbracciato alla sua Esmeralda e rimane con lei per sempre. Lo so, è tristissimo ma è struggente.

 

  
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