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Autore: Jeremymarsh    06/10/2021    4 recensioni
Una volta si erano ripromessi di affrontare ogni cosa insieme, ma poi lui le aveva lasciato la mano, abbandonandola di nuovo.
Ora lei lo ha ritrovato e riportato nel Dritto, incurante delle conseguenze, ma si renderà conto che la parte più difficile deve ancora arrivare.
Ofelia e Thorn scopriranno che prima di amarsi, prima di cominciare quella vita tanto agognata, dovranno trovare il coraggio per affrontare ciò che sono diventati. Eppure nemmeno quello avrà importanza, se prima non impareranno a condividere i rimorsi e le proprie paure.
Scopriranno che l’unico modo per curare le ferite e colmare i vuoti sarà affidarsi all’altro e cominciare un nuovo viaggio insieme.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Priorità

 
 

Affermare che dopo la loro conversazione di quel giorno Ofelia si era illusa che tutto sarebbe tornato subito alla normalità sarebbe stata una bugia, ma allo stesso tempo la difficoltà di quell’impresa la lasciava più scoraggiata di quel che avrebbe mai ammesso. Era stato semplice dire a Thorn ciò che desiderava, tirare fuori il coraggio per esprimere la propria frustrazione riguardo la loro situazione, eppure a conti fatti agire le sembrava ancora troppo difficile.

Come avrebbe dovuto comportarsi? Qual era la mossa giusta? Negli ultimi giorni era rimasta di più a letto la mattina a pensarci, quasi sperando che il soffitto che continuava a fissare le fornisse la risposta giusta. Il marito non era proprio tornato a rinchiudersi in se stesso, o meglio, aveva preso a parlare leggermente in più e qualche volta si era anche offerto di aiutarla con le piccole cose, ma la distanza appariva ugualmente insormontabile. Nonostante si fosse lasciato toccare, ora sembrava evitare il suo tocco quasi come se avesse paura di lei – o per lei. Riflettendoci, era probabilmente la seconda alternativa. D’altronde Thorn aveva ammesso di aver perso il controllo dei suoi artigli già prima delle loro ultime disavventure, poteva solo immaginare che l’esperienza nel Rovescio e il ritorno nel Dritto avessero scombussolato ancora di più il suo potere famigliare.

La scoraggiava pensare che quello sarebbe stato l’ostacolo più grande da superare: se anche Thorn fosse tornato ad avere fiducia in se stesso, se anche avesse espresso il desiderio di tornare a stare con lei così com’era naturale tra marito e moglie, come avrebbero mai fatto? Poi però scuoteva la testa e cercava di essere più positiva. Non avevano forse già affrontato un intralcio simile? Avrebbe detto che l’avevano superato a pieni voti. Ricordava il periodo alla vecchia Babel, dopo aver ritrovato veramente Thorn e lasciato alle spalle vecchi rancori, come il migliore della sua vita.

Certo, ricordava bene che era stato anche uno dei più difficili perché la loro ricerca si era fatta sempre più pericolosa a mano a mano che si avvicinano all’Altro, eppure come poteva anche solo pentirsi di ciò che era successo ad entrambi se era in quel periodo che avevano finalmente lasciato cadere ogni barriera e scoperto cosa volesse dire veramente amarsi? Ci erano arrivati e Ofelia era sicura che avrebbero raggiunto quella fase un’altra volta, anche se erano diversi, anche se le loro anime sembravano più pesanti. Era solo il naturale corso della vita: si cresceva e insieme si accettavano tali cambiamenti, ci si adattava. Doveva solo ricordare di non prendere mai alla sprovvista Thorn o le conseguenze sarebbero state più gravi per la salute mentale del marito che per la sua; d’altronde non è che non avesse mai subito gli artigli di un Drago. Ma sapeva che lui non se lo sarebbe mai perdonato e si sarebbe solamente allontanato di più.

Quindi contatti improvvisi erano per il momento sconsigliati, ma cercava di apparire più positiva possibile all’esterno e aveva preso l’abitudine di sorridere più spesso. La sua goffaggine, che intralciava i suoi tentativi più maldestri di apparire sciolta e forse anche, istintivamente, più attraente agli occhi del marito, si manifestava come al solito nei tappetti che la facevano inciampare, una sciarpa che all’improvviso decideva di non volerla più aiutare nelle faccende di casa ma di strozzarla, e in uno sguardo che si faceva più rosso a causa delle lenti animate.

Forse stava impazzendo, ma aveva quasi giurato che durante una delle sue cadute imbarazzanti, aveva scorto gli angoli della bocca di Thorn piegarsi leggermente verso l’alto e gli occhi brillare di un sentimento sconosciuto. Altre volte il suo braccio lungo e svelto le aveva porto aiuto ed entrambi avevano goduto di quel contatto così spontaneo da non dare a lui nemmeno il tempo di pensare “La tocco? Mi avvicino?”.

Thorn, dal canto suo, passava sempre più tempo ad osservarla. In quei giorni era raro che stessero lontani l’uno dall’altro – anche quando Ofelia era in biblioteca a studiare per Octavio, Thorn la raggiungeva e faceva le sue ricerche – ed entrarono in routine che entrambi accettarono senza problemi. La presenza reciproca quietava lentamente i loro animi e la sera, quando si coricavano nei loro letti singoli, si rendevano conto di avere meno ansie e meno paure rispetto alla mattina. Prima di spegnere la luce si dicevano che a dispetto di quello che avevano pensato qualche ora prima, la distanza sembrava essersi accorciata inesorabilmente. Sera dopo sera era un metro in meno, una parola detta in più, uno sguardo d’intesa e un angolo curvato in su.

Mentre Ofelia si scervellava sul prossimo passo da fare e Thorn si chiedeva come poter rendere felice la moglie, entrambi non si rendevano conto che il destino stava già facendo un passo al posto loro – o meglio, quei fili con cui la Rete li aveva uniti in matrimonio si stava rammendando da soli e piano li richiamavano come due poli magnetici opposti.

 

 

 ***

 

 

Due settimane dopo, come l’ex-precorritore aveva promesso all’amica l’ultima volta che si erano visti, Octavio si presentò alla porta della casa di Lazarus e bussò il campanello per annunciare la sua presenza. Non prese nessuno alla sprovvista anche perché l’Animista si era curata di avvisare in anticipo il marito, facendo particolare attenzione al modo in cui articolava la frase per non istigare la gelosia cocente di Thorn.

Come se fosse stato un accordo non detto, ma accettato in ogni caso, appena il Visionario entrò in cucina e furono scambiati convenevoli nervosi e impacciati, Thorn lasciò ai due la loro privacy andando a rifugiarsi in biblioteca – non prima di aver lanciato un’occhiata gelida a Octavio capace di gelargli il sangue nelle vene e aver riaffermato il concetto con uno scatto improvviso e tagliente dell’orologio da taschino. Ofelia ebbe quasi paura che il naso dell’amico potesse cominciare a sanguinare da un momento all’altro quando sentì un leggero mal di testa farle visita, ma per fortuna nessun incidente ebbe luogo.

Octavio però continuò a lamentarsi dell’emicrania anche tempo dopo che Thorn ebbe lasciato la stanza. Era possibile, si chiese Ofelia? Scosse la testa e si disse che era meglio cominciare subito a discutere di cose serie; il marito di sicuro non l’avrebbe lasciata da sola per un tempo infinito.

Dopo che il tè fu preparato e i documenti consegnati, fu Octavio a rompere il ghiaccio. “Non vorrei sbagliarmi, ma oserei dire che l’aria che si respira in questa casa rispetto a due settimane fa è molto meno pesante.” Il sorriso che indossava era speranzoso e stava solo aspettando un cenno da parte dell’amica prima di continuare. Evidentemente quello che lesse negli occhi di Ofelia fu abbastanza perché poi riprese: “Tu e sir Thorn non mi siete sembrati in conflitto, né distaccati, come lo eravate durante la mia ultima visita. Ho ragione a pensare che qualcosa di positivo è successo?”

Ofelia strinse tra le sue dita metalliche la tazza di tè prima di prendere un sorso e poi parlare. “Diciamo che ho sfruttato i tuoi incoraggiamenti e ho approfittato del momento per andare a parlare con mio marito,” fu la risposta di lei. “Abbiamo avuto un’onesta conversazione poco dopo averti accompagnato alla porta e gli ho esposto un po’ i miei dubbi e problemi.”

Il sorriso si allargò ancora di più sulle labbra del Babeliano. “Ma è perfect, Ofelia! Sono molto contento per voi due, questo è un grande passo. Un grande passo, indeed. Cos’altro è successo, se posso permettermi?”

“Beh…” si mordicchiò il labbro nervosa, “ho parlato per lo più io, sai… gli ho confessato un po’ della mie paure e devo dire che è stato un po’ come liberarmi di un peso e, anche se da un lato penso ancora di aver appesantito lui, dall’altro sono davvero contenta di averlo fatto. È stato come se anche lui all’improvviso avesse capito che dobbiamo fare qualcosa e non rimanere fermi in una stanza senza mai andare avanti.”

“È un cambiamento, dear Ofelia. Nessuno ha mai detto che debba essere perfetto, ma il più delle volte è positivo perché mette in moto le piccole realtà intorno a noi e ci si inspira a fare di più e meglio.”

Lei annuì. “Non credo tu abbia tanto torto. Data la nostra situazione muoversi e cambiare è comunque meglio di restare immobili. Anche se non perfetto, questo cambiamento è il segno che qualcosa si muove e va avanti. Sono certa che sarà ancora difficile d’ora in poi, che non sarà facile per Thorn parlarmi delle sue paure ed esperienze, anche se fosse all’improvviso come ho fatto io, ma nel frattempo ho pensato che posso continuare io questo processo di… guarigione? Penso che possa farmi bene sfogarmi con lui, so che può capirmi anche se non me lo dice apertamente; ho imparato a leggere altri segni che me lo indicano e se ce ne sono nuovi, voglio impararli. Inoltre, da un lato spero che renderlo partecipe di quello che ho vissuto lo possa far sentire di nuovo più vicino a me.”

“Molto bene. E magari sulla scia delle tue confidenze potrebbe sentirsi spronato a esporti le sue paure o condividere le sue esperienze,” le disse l’amico con tono professionale, quasi stesse studiando un caso o fosse un medico che tranquillizzava il parente di un suo paziente.

Un sorriso mesto comparve sulle labbra di Ofelia. Era di Thorn che stavano parlando. Sarebbe mai arrivato a confidarle certe cose? Non si era mai aperto fino a quel punto nemmeno prima della battaglia con l’Altro. Tutto ciò che lei aveva saputo del suo passato tutt’altro che roseo era stato tramite terzi o attraverso un guanto rovinato che le aveva permesso di leggere i dadi della sua infanzia.

Lui però era sopravvissuto a quei traumi, giusto? Anche se era diventato la persona schiva e taciturna che Ofelia aveva conosciuto, non aveva lasciato che altre persone potessero governare la sua vita. Il suo compito ora fargli capire che nemmeno paure irrazionali o traumi peggiori potessero farlo. Ce l’avrebbe fatta? Sarebbe bastato anche solo condividere tutta stessa giorno per giorno, pezzo per pezzo?

Annuì solamente, dopo quell’attimo di silenzio, incapace di trovare una risposta adeguata. Dunque Octavio continuò. “Ci sarebbero anche un paio di cose tecniche di cui parlare. Tu abiti su questa arca da circa due anni, ormai, e svolgemmo già le pratiche necessarie a darti il visto, tuttavia…”

Ofelia spalancò gli occhi davanti a quell’affermazione. Pratiche, visto, residenza… Thorn. Per un momento, sommersa dai suoi problemi e dall’angoscia, aveva dimenticato che quella su cui si trovavano era New Babel. Non il Polo o Anima – arche sulle quali avevano diritto di nascita o di matrimonio per vivere – ma New Babel che, sebbene ora avesse il new che precedeva il nome, era rimasta comunque abbastanza fiscale su alcuni dettagli. Senza considerare che poi, per quanto volesse bene a Octavio, non si poteva evitare di dire che meticoloso fino alla pignoleria; era ovvio che avrebbe affrontato l’argomento prima o poi. Sciocco da parte sua dimenticarlo.

“Ecco…” cominciò, “in realtà non ci avevo ancora ben pensato, Octavio, ma è un problema della massima importanza.”

Il Visionario scosse la testa, per nulla divertito e quasi a volerla riprenderla. “Ah, Ofelia, come si fa a dimenticare certe cose; ovvio che è un problema really importante. Ma non ti preoccupare, me ne occupo io, mi servono solo alcune generalità. Sir Thorn non avrà problema a ricevere un valido visto e posso testimoniare sulla sua-”

Fu interrotto dal freddo delle dita metalliche di Ofelia che si posarono sul suo braccio di scatto; era stato tutto così improvviso che neanche lei sembrò rendersene conto se non a cosa compiuta. Ritirò il braccio come se fosse scottata, le lenti, indecise tra imbarazzo e mortificazione, cominciarono a lampeggiare con diversi colori, mentre il viso di Octavio si tingeva di rosso. Sebbene quello non fosse stato proprio un contatto caldo, lo aveva comunque preso alla sprovvista. Poi, quasi ricordando che non erano soli in casa, si irrigidì e le pupille si dilatarono, sforzandosi di non guardarsi alle spalle. Non sentendo uno sguardo gelido che gli trapassava la schiena si rilassò.

Prima che il suo balbettio poté ricominciare, però, quello di Ofelia lo interruppe ancora. “N-no, aspetta. Non è questo quello che intendevo.”

“Non ti seguo,” le rispose Octavio sistemando scrupolosamente i fascicoli davanti a sé in una pila perfetta.

“Voglio dire che non avevo ancora considerato la questione della residenza. Ora, però, mi rendo conto che dobbiamo decidere quale arca sia la migliore in questo periodo delicato.”

Octavio alzò un sopracciglio, colto di sorpresa. “Vorresti dirmi che hai intenzione di ritornare ad Anima? Mi era sembrato di capire che al momento non trovassi molto in simpatia i modi un po’ invadenti e indelicati di tua madre. Con tutto il rispetto, Ofelia, ma non credo che una famiglia molto rumorosa – che, da ciò che i miei studi sulle arche mi hanno rivelato, conta tutti gli abitanti tra cugini e prozii – sia la più adatta alla tua salute né tanto meno a quella di sir Henry, ehm, Thorn che è mi è sembrata sempre una persona molto riservata.”

Ofelia non trovò le parole per ribattere. Octavio aveva ragione. Anima non sarebbe mai stata adatta al marito, nemmeno se fosse stato perfettamente in salute. Inoltre, la madre non aveva ancora saputo dell’ultimo viaggio di Ofelia attraverso gli specchi né aveva intenzione di comunicarglielo al più presto, proprio perché voleva evitare una sua intromissione. Che avrebbero combinato parenti impiccioni con il marito che non avevano mai visto ma di cui avevano solo sentito parlare – e spesso nemmeno troppo bene? No, Anima era esclusa. Ciò però significava che…

“Che mi dici del Polo? È l’arca natale di tuo marito, giusto?” la riscosse Octavio.

“Ehm… sì, sì, Thorn è del Polo, però…” si mordicchiò il labbro mentre una serie di problemi ancora più gravi di un’orda di parenti ficcanaso le affollarono la mente. Da quando Thorn non metteva piede su quell’arca gelida? Dal loro primo incontro con Dio. Ciò significava che sussisteva il problema del processo, visto che all’epoca era stato considerato autore degli omicidi. Inoltre, ora che Faruk non governava più l’arca, valeva ancora il contratto? All’epoca aveva concesso al marito un titolo nobiliare e lo aveva affrancato dallo stato di bastardo. Cercò di ricordare cosa le avesse detto la zia sull’attuale direzione del Polo, ma non le venne in mente nulla; avrebbe dovuto scriverle una lettera urgente. La situazione però non cambiava, nemmeno l’aria apparentemente più tranquilla del Polo – che però nascondeva altrettante insidie – sarebbe stata adatta.

Octavio sembrò leggerle la risposta in viso. “Capisco. Quindi torniamo al problema principale: ti prego di farmi avere quanto prima le generalità necessarie e ti assicuro che tuo marito avrà il suo permesso entro la mia prossima visita. Al momento nessuno sa che vive in questa casa, quindi non dovete preoccuparvi di visite improvvise. In ogni caso, il fatto che siete sposati già da prima del crollo delle arche, aiuterà le pratiche; d’altro canto tu sei un abitante regolare già da due anni.”

Ofelia ancora una volta rimase senza parole e annuì interdetta. Che poteva dirgli? D’altronde erano praticamente costretti a vivere su New Babel al momento – trasferirsi in un’arca straniera senza nemmeno contatti sarebbe stato impensabile. L’amico sembrò percepire ancora una volta il suo stato d’animo; dopo esserle stata accanto per tutti quei momenti difficili aveva imparato a riconoscere certi segnali.

“Non preoccuparti, dear Ofelia; andrà tutto bene. Stai facendo la scelta giusta. Potrà sembrarti per certi versi ancora un’arca estranea, ma New Babel al momento è la vostra opzione migliore. Meglio restare dove in pochi conoscono il vostro passato – o meglio ancora, nessuno.” Raccolse un fascicolo sottile che il vento proveniente dalla finestra sulla destra aveva fatto scivolare a terra e lo inserì tra gli altri, assicurandosi che nessun margine sporgesse. “Molto bene,” riprese alzandosi di scatto, “credo di aver approfittato abbastanza della tua ospitalità. Verrò a trovarti regolarmente tra due settimane. Non preoccuparti troverò sempre il modo; non c’è bisogno di scomodarsi. Piuttosto prenditi cura di te stessa e di tuo marito.”

Le si inumidirono gli occhi a sentire quelle raccomandazioni. Nonostante i modi spesso distaccati, Octavio riusciva sempre a esprimere la propria preoccupazione e l’affetto che nutriva per l’amica; Ofelia non voleva immaginare che ne sarebbe stata di lei se non ci fosse stata lui a consigliarla e sostenerla. Inclinò il capo in segno di riconoscimento e lo accompagnò a porta.

“Grazie mille, Octavio. Rifletterò sul nostro colloquio; è stato molto illuminante.”

“Sono sempre a disposizione, really. A presto.” E così com’era arrivato, il ragazzo scomparì dalla sua vista, lasciandola da sola con le proprie ansie e il marito.

Sì, per il momento rimanere a New Babel era davvero la scelta più adatta. Nonostante potesse riportare a galla ricordi poco piacevoli, lasciava loro più respiro e gli avrebbe dato il modo di guarire nei loro tempi e senza pressioni.

Per qualche motivo, Ofelia sentiva che ne sarebbe ancora passata di acqua sotto i ponti prima che uno dei due avesse rivisto la propria arca natale e, a dirla tutta, nemmeno le dispiaceva più di tanto.

 

***

 

 

Quella volta fu Thorn a raggiungerla in cucina, quando Octavio ebbe lasciato la casa, e Ofelia ebbe l’impressione che il marito si sarebbe volentieri trasformato in un Olfattivo per potersi accertare che non fosse stata nemmeno sfiorata in posti che non competevano al Visionario. Thorn la guardò, occhi ridotti a due fessure, mento in avanti e lei poté giurare, per un secondo, di averlo visto annusare, cercando di allungare il naso adunco.

Quando si sedettero a tavola, un po’ di tempo dopo, il suo atteggiamento era tornato a essere quello di sempre, o per lo meno quello di sempre in seguito al suo ritorno dal Rovescio. Thorn aveva cercato anche di aiutarla nella preparazione dei pasti – per quanto la sua altezza e il disagio con cui cercava di assisterla fossero di intralcio – ogni volta che l’aveva vista in difficoltà. Se solo avesse guardato bene e riconosciuto il colore rossastro delle lenti di lei, Thorn avrebbe capito che era piuttosto il modo in cui si trovavano gomito a gomito in quello spazio piccolo a metterla in imbarazzo e, di conseguenza, ad aumentare la sua goffaggine. In ogni caso le sue mani assurdamente lunghe avevano evitato disastri più di una volta, molti pericolosi per la salute della moglie; lei gli offrì sorrisi timidi in segno di riconoscimento.

Non spiccicò nemmeno una parola, eppure a Ofelia sembrò che fosse già un altro piccolo passo avanti e sapeva che nelle prossime settimane avrebbe dovuto accontentarsi di piccoli gesti e una presenza che prima era stata molto più sfuggente.

Quando ebbero finito Thorn si pulì lentamente le labbra con un tovagliolo e poi si schiarì la voce. Ofelia comprese immediatamente che era quello il momento per discutere di ciò che aveva compreso durante il colloquio con Octavio – e il marito sicuramente voleva che lei placasse in qualche modo la sua gelosia.

Il silenzio che seguì fu interrotto dal solito cigolo delle dita metalliche che ormai andava di pari passo con il tic-tac nervoso dell’orologio da taschino.

Infine Ofelia parlò: “Ho dato a Octavio le tue generalità; ha detto che tra due settimane ti farà avere un permesso del tutto in regola per la tua permanenza in questa arca. Spero non ti dispiaccia se abbiamo risolto tutto senza chiamarti.” Quell’ultima parte la disse più per riempire gli spazi vuoti che per l’altro.

Lui annuì solamente. Era naturale, pensò, che prima o poi un ragazzo scrupoloso come Octavio si sarebbe preoccupato di regolarizzare la sua presenza improvvisa. Dopo tutto, lavorava pur sempre nel campo dell’amministrazione a New Babel e ricordava bene il modo meticoloso con cui si era occupato di ogni ricerca che gli aveva affidato all’epoca in cui esisteva ancora Sir Henry. Da ex-intendente, inoltre, era più che a conoscenza dei passaggi necessari a far sì che lui diventasse un abitante regolamentato.

Non l’avrebbe mai detto apertamente – né fatto capire, se era lui a dover decidere –, ma era grato al ragazzo per questo suo aiuto. Era ovvio che il lavoro che Ofelia faceva per lui le teneva la mente occupata e l’aiutava a distrarsi e ora si era preso da solo l’incarico di svolgere una pratica che richiedeva molto più di due settimane. La sua gelosia gli diceva che c’era qualcos’altro sotto – forse questo ragazzo desiderava di più oltre l’amicizia da sua moglie? – dall’altro la razionalità gli chiedeva di riflettere con calma.

Poi ricordò che il Visionario era stato anche la persona a cui Ofelia si era maggiormente appoggiata durante la sua assenza, nei periodi in cui era rimasta ferma a New Babel. La rabbia prese per un attimo il sopravvento e strinse il pugno più del necessario quando realizzò che Octavio aveva fatto quello che lui, come marito di lei, non era riuscito a fare: prendersi cura di Ofelia. Aveva proprio fallito in tutta la linea.

L’Animista percepì la tensione che aumentava nell’aria ma non osò sfiorargli la mano, per quanto avrebbe voluto, perché sapeva che Thorn al momento era così preda dei suoi pensieri da dimenticarsi il mondo esterno. Se l’avesse sfiorato ora avrebbe fatto quello contro cui l’aveva messa in guardia: l’avrebbe preso alla sprovvista. Lo guardò quindi con preoccupazione negli occhi e un sorriso triste sulle labbra, chiedendosi in che modo avrebbe potuto essergli d’aiuto.

Ecco che ancora si ritrovava senza mezzi e speranza.

Quando infine Thorn alzò il suo sguardo e incontrò quello della moglie, leggendo il sentimento in esso, si schiarì una seconda volta la voce nella speranza di dissimulare la tensione. Non ebbe molto successo.

Ofelia allora prese la palla al balzo e gli sfiorò la mano. “Va tutto bene? Ho fatto qualcosa che non dovevo?”

Lui scosse la testa. “No. È tutto a posto. Prosegui pure.” Il tono secco diceva chiaramente che non aveva intenzione di ritornare sull’argomento.

“Oh, ok, certo. Ecco… dicevo che lui si occuperà di tutto quello che ci serve. Ha detto che visto che siamo sposati da un po’ e io vivo qui da due anni, il processo sarà ancora più veloce.” Si fermò e riprese solo dopo un altro cenno del capo da parte di Thorn. “Credo che sia la soluzione migliore per noi, al momento, rimanere a New Babel. Considereremo l’idea di ritornare al Polo una volta che avremo risolto i nostri problemi.” Nell’attimo in cui ebbe pronunciato il nome dell’arca gelida, il corpo di Thorn si irrigidì, ma Ofelia proseguì comunque; si era resa conto che non c’era mai stato il tempo per rivelare al marito che non era più un bastardo.

“C’è qualcosa che avrei dovuto dirti già tempo fa…” dallo sguardo tagliente che lui le lanciò si rese conto di aver scelto per l’ennesima volta le parole sbagliate, “riguarda il contratto che avevo stipulato con Sir Faruk prima del nostro matrimonio. Ricordi?”

Il contratto. Certo, quello stupido contratto che lo aveva fatto dannare e le aveva messo ulteriormente la vita in pericolo. Come avrebbe potuto dimenticare il contratto? Che c’entrava ora? Non sapeva nemmeno che fine avessero fatto gli spiriti di famiglia dopo il crollo. Che Faruk le avesse in qualche modo creato ulteriori problemi quando lui era intrappolato in quell’altra realtà?

“Non ho mai avuto modo di dirtelo perché quando ti ho ritrovato a Babel c’erano problemi maggiori che gravavano sulle nostre spalle,” proseguì lei mentre Thorn si lasciava andare a un piccolo sospiro di sollievo. Quindi era una cosa vecchia. “All’epoca, mentre tu scappavi dalla prigione con il potere che avevi ereditato da me, io stavo ancora cercando di provare la tua innocenza. Riuscii a onorare il contratto, Thorn, questo vuol dire che Faruk ti affrancò dalla tua condizione di bastardo e ti concesse un titolo nobiliare.”

Thorn si immobilizzò. Cos’era quella storia? Tutto ciò che un tempo aveva desiderato, ciò che una volta era stato il suo scopo, si era avverato qualche anno fa e lui nemmeno lo aveva saputo. Tuttavia, ciò che lo colpì maggiormente di quel momento fu il fatto che a lui non poteva importare meno. Le sue priorità erano da tempo cambiate e se aveva avuto qualche dubbio, ora sicuro non ne aveva più. Quando era scappato dal Polo il suo obiettivo era stato salvare Ofelia, renderla libera e felice. L’amore che provava per la piccola Animista era arrivato a superare ogni altro sentimento e desiderio. Non poteva sapere che, a suo modo, Ofelia stesse cercando di fare esattamente la stessa cosa per lui.

Desiderò che la mano di lei fosse posata ancora sulla sua, così da poterla trattenere e toccare senza sbilanciarsi troppo; desiderò essere in grado di ringraziarla per ciò che aveva fatto, fare qualcosa che superasse lo sterile “Grazie” che lasciò le sue labbra. Il sorriso che lei gli rivolse, però, lo destabilizzò… che avesse ancora una volta letto la sua anima attraverso un paio di occhi freddi e incomprensibili ai più? Era lui a essere diventato un libro aperto od Ofelia ad aver imparato a leggerlo così bene?

Era quasi ironica la cosa. La moglie non era più una lettrice, eppure a quanto pare c’era ancora qualcosa che sapeva leggere con maestria.

Quando il momento si spezzò, Ofelia gli svelò il resto dei suoi piani. “Tuttavia, anche da nobile, dovrai essere sottoposto a un processo per le accuse che ti vennero rivolte all’epoca. Sono fiduciosa che ci sia nulla di cui preoccuparsi. Dovrebbe essere evidente, dopo tutto ciò che è successo e i cambiamenti a cui siamo andati incontro, che non sei il colpevole. Comunque, mi occuperò personalmente di contattare la zia Roseline per chiederle informazioni dettagliate sulla vita al Polo in questo momento; lei vive lì con tua zia e Vittoria.”

Questo non stupì più di tanto l’ex-intendente. Per quanto la signora Roseline fosse stata una donna particolarmente fastidiosa, si era rivelata comunque un’ottima compagnia per la zia.

“Ho pensato quindi che non sarebbe proprio il momento adatto a spostarci. Andare ad Anima, invece, è altrettanto fuori discussione; hai avuto modo di toccare con mano quanto può essere invadente la mia famiglia.”

Gli angoli delle labbra di Thorn si incurvarono, andando a formare una smorfia. “Hai fatto bene, Ofelia. Studiando la cosa razionalmente, credo anch’io tu abbia preso la decisione giusta per entrambi.” La guardò fisso negli occhi e quello sguardo fu così intenso che a lei sembrò che il mondo sparisse per un momento, che fossero catapultati in un universo parallelo esistente solo per loro. “Ti ringrazio,” concluse e a quel punto marito e moglie furono consapevoli che c’era molto più di un semplice grazie dietro quelle due parole, non per una cosa così banale.

Le lenti di Ofelia si colorarono improvvisamente di un rosso acceso, quasi abbagliante, così intenso che credette di dover essere costretta a rimuoverle ma poi, un secondo dopo, tornarono quelle di sempre. Thorn era convinto che quello non era il solito rosso, Ofelia non era per nulla imbarazzata; il sorriso radioso che le illuminò il viso mentre lo guardava sembrò confermare la sua ipotesi.

Era davvero, d’improvviso, così felice come gli sembrava, si chiese mentre afferrava l’orologio da taschino con la mano destra per darsi un po’ di contegno. Cosa aveva fatto lui per renderla tanto entusiasta? Cosa aveva detto? Thorn non se lo spiegava. Sapeva solo che avrebbe fatto di tutto per rivedere quel sorriso più spesso, che quello era davvero il suo unico scopo – nessuna eredità, titolo nobiliare od orgoglio intatto.

Schiuse leggermente le labbra, annaspando improvvisamente per un po’ di aria, mentre cercava una spiegazione razionale a quel momento e studiava ogni particolare di quel viso luminoso con minuzia. Ofelia così sorridente sarebbe rimasta ingranata nella sua mente anche se non avesse avuto una memoria da Storico.

Se riusciva ancora a renderla felice, non era tutto perso. Thorn non aveva perduto il suo scopo: si era perso, aveva smarrito la via, ma l’obiettivo era sempre stato lì davanti a lui, ora più chiaro che mai.

E nemmeno Ofelia sapeva spiegarsi razionalmente cosa le aveva fatto scoppiare il cuore, cos’era che d’un tratto la riempiva d’orgoglio e le faceva capire ancora una volta che il suo posto sarebbe stato sempre accanto a Thorn. Lui l’aveva solo ringraziata e pure quanto ci aveva letto dietro quelle due parole, quanto aveva letto in quel suo sguardo penetrante. Se, per ogni giorno passato in compagnia del marito, avesse sempre avuto la possibilità di scrutargli l’anima attraverso uno sguardo, avrebbe sacrificato altre mille volte parte della sua e le dita da lettrice.

Ofelia era Ofelia.

Ofelia non era più una lettrice ma ora sapeva di essere sempre rimasta la moglie di Thorn, anche quando arrancava alla ricerca di se stessa, disperata.

Gli prese la mano libera tra le sue e, mantenendo il contatto visivo, rispose: “No, io ringrazio te, Thorn.”








 


N/A: Salve a tutti! 
Eccoci alla fine del quinto capitolo e, tra quelli finora scritti, anche se non sono tanti, mi è piaciuto particolarmente. 
Non so se forse l'ultima parte vi è sembrata un po' confusa o se avete colto tutto ciò che Ofelia e Thorn provano, ma non volevo essere troppo specifica o dettagliata. D'altronde le emozioni non sono mai nulla di razionale e gli stessi protagonisti fanno fatica a dare un nome - o spiegazione - a quello che provano volta per volta, soprattutto in una situazione come la loro. Se qualcosa non è chiara, comunque, non esitate a dirmelo!

Ritorna anche Octavio che come personaggio mi sta piacendo sempre di più, soprattutto nel ruolo che gli ho dato. 

Detto questo, grazie per seguirmi ancora, lasciarmi i vostri pensieri o anche solo incoraggiarmi a continuare. A presto! 💞
   
 
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