Cap. 5: In love with the darkness
Finally
It covers me
It makes me taste
It's sure embrace
It will gently take away
The sorrows of the day
I'm in love with the darkness of the night
I'm in love with all that's out of sight
I'm in love with the magic of the new
And the darkness loves me, too!
(“In love with the darkness” – Xandria)
Quella stessa sera,
così come aveva deciso, Tiago attese che tutti fossero andati a dormire e poi
si diresse impavido verso la stanza di Erik. La porta era socchiusa, bussò
lievemente e si affacciò sulla soglia.
“Erik? Sono Tiago,
posso entrare? Devo parlarti di una cosa molto importante” disse timidamente,
entrando senza essere stato realmente invitato e chiudendo la porta dietro di
sé.
Erik era seduto sul
letto con indosso solo una camicia leggera e i pantaloni, aveva i capelli
completamente sciolti e l’espressione a metà tra perplessa e scocciata. Quello
non era lo schiavetto spagnolo che girava sempre per la dimora regale, quello
che Bjorn aveva catturato ad Algeciras qualche anno prima? Che accidenti voleva
da lui?
Tiago si sentiva
piuttosto a disagio, soprattutto vista l’evidente ostilità di Erik; cominciava
a pensare che la sua non fosse stata poi una così grande idea, ma a quel punto
era lì e doveva arrivare fino in fondo.
“Mi dispiace
disturbarti, ma questa è davvero una cosa di cui dovevo parlarti al più presto”
riprese. “Ecco, questa mattina ti ho visto e sentito mentre salvavi la vita di
Re Harald e poi facevi un accordo con lui e volevo dirti che…”
Un lampo attraversò
gli occhi di Erik.
“Mi stavi spiando,
dunque? Per questo mi sei sempre intorno?” domandò con fare piuttosto
minaccioso. Ah, dunque Erik si era accorto della sua presenza, pensò Tiago, lui
era convinto che non sapesse neanche che esisteva e che lo considerasse un po’
come parte del mobilio della dimora!
In quel momento,
però, gli venne anche in mente che la faccenda potesse essere molto più
pericolosa di quello che aveva creduto. I testimoni oculari generalmente
facevano una brutta fine, soprattutto se non c’era nessun altro che potesse
convalidare la loro versione dei fatti…
“No, non ti stavo
spiando. Ivar e Aethelred mi hanno incaricato fin dal primo giorno di tenere d’occhio
Re Harald perché non si fidano di lui e io lo stavo appunto seguendo, perciò mi
è capitato di assistere alla scena. Comunque non è questo il problema” il
ragazzo parlava in fretta per non perdere il coraggio di dire tutto quello che
doveva e per impedire a Erik di interromperlo. “Il fatto è che non dovresti
fidarti di Re Harald, lui ha tradito molte volte Re Bjorn e sono sicuro che
vuole farlo anche adesso. Io lo so che tu sei veramente affezionato a Re Bjorn
e alla Regina Gunnhild, ho visto come ti sei occupato di loro quando avevano
bisogno di te e posso capire perché tu abbia cercato di assicurarti anche la
protezione di Re Harald, ma stare dalla sua parte può essere pericoloso e io
non voglio dover raccontare quello che ho visto a Ivar e a Aethelred…”
Erik aveva
attraversato diverse fasi mentre Tiago parlava: dapprima si era innervosito
alquanto, poi era apparso incredulo per la sfacciataggine di quel ragazzino che
si permetteva di andare nella sua stanza a dirgli cosa doveva fare, ma alla
fine sembrava quasi divertito da quella situazione assurda. Si alzò dal letto e
andò verso Tiago con un sorrisetto beffardo sulle labbra.
“Cosa ti fa pensare
che io sia disposto ad ascoltarti? Non ho certo bisogno dei consigli di uno
schiavo e tu sei anche molto arrogante nel permetterti di venire qui a dirmi
cosa devo o non devo fare” disse.
Tiago rimase di
sasso.
“Ma io… io sono
venuto prima da te perché in realtà voglio aiutarti. Volevo prima parlare con
te perché non voglio denunciarti a Ivar e Aethelred, anche se dovrei farlo… e
comunque voglio ricordarti anche che non sono più uno schiavo, Re Bjorn mi ha liberato, non ci sono più schiavi a
Kattegat!”
Erik ridacchiò, ora
sinceramente divertito, e si avvicinò ancora di più al ragazzo.
“Sei stato uno
schiavo per anni e per quanto mi riguarda lo sei ancora” tagliò corto, “per cui
non hai alcun diritto di darmi dei consigli o addirittura minacciare di
denunciarmi.”
A quel punto Tiago
cominciò davvero a pensare di aver commesso un’enorme sciocchezza.
“Guarda che, se pensi
di uccidermi, farmi a pezzi e buttarmi nella baia di Kattegat… beh, non la
passerai liscia, Ivar e Aethelred mi hanno dato questo incarico e se scompaio
capiranno subito che mi hanno fatto fuori e…”
“Ma senti un po’ che
fantasia che ha lo schiavetto spagnolo!” rise Erik. “No, non ho nessuna
intenzione di ucciderti o di farti del male, perché dovrei? Voglio solo
insegnarti a stare al tuo posto, e uno schiavo così giovane, minuto e con un
bel faccino come il tuo può essere molto, molto utile.”
Prima che Tiago
potesse rendersi conto di cosa stava accadendo, Erik lo aveva preso e
rovesciato sul letto, lo aveva bloccato e aveva iniziato a spogliarlo e a
liberarsi dei propri abiti.
“Visto che mi sei
sempre intorno, ormai avrai saputo che ho una lunga esperienza con gli schiavi
e so bene come utilizzarli al meglio secondo le loro possibilità” continuò,
mettendosi sopra il ragazzo e prendendo ad accarezzarlo e toccarlo ovunque, in
modo lento e sensuale. “Un bel ragazzino come te è perfetto come schiavo da letto ed è questo ciò che
puoi essere per me, altro che starti ad ascoltare!”
Tiago avrebbe voluto
spiegarsi, protestare ancora che non era
uno schiavo, cercare di riportare la conversazione sull’argomento che gli
premeva, ma… ma quello che Erik gli stava facendo era talmente inaspettato e
allo stesso tempo così impetuoso e irresistibile da travolgerlo completamente,
togliendogli il fiato e ogni barlume di lucidità, gettandolo in un vortice di
sensazioni ed emozioni mai provate, così potenti e devastanti da lasciarlo
sfinito, arreso, capace solo di aggrapparsi alle spalle possenti dell’uomo e di
ansimare incredulo e sconvolto.
Erik non aveva
mentito, non aveva intenzione di fare del male al ragazzo. In passato, certo,
aveva abusato dei suoi schiavi e delle sue schiave, era stato brutale e
violento con loro, ma la violenza non lo attraeva più, non vi trovava alcuna
soddisfazione. Tiago era venuto da lui spontaneamente, si era messo lui nelle sue
mani e adesso avrebbe avuto quello che, a quanto pareva, era venuto a cercarsi.
Continuò ad accarezzarlo in modo sempre più intimo, pazientemente, senza dargli
l’impressione di volersi imporre su di lui; lo toccò e lo stuzzicò a lungo fino
ad averlo completamente in sua balia, arreso e abbandonato, e solo allora si
fece strada nel suo corpo, sempre con lentezza, sempre badando a non fargli
male perché non voleva prenderlo con la forza, non voleva che si ribellasse ma
che lo desiderasse quanto lo desiderava lui. Tiago, del tutto inesperto e ormai
soggiogato da quell’uomo, gli lasciò fare tutto quello che voleva, ignorando il
dolore che sentì all’inizio e anzi stringendosi di più a lui fin quando quel
dolore non divenne un piacere sconosciuto, immenso e sconvolgente che lo
travolse e lo sopraffece, lasciandolo sfinito.
Erik, tuttavia, era rimasto colpito da quanto Tiago
gli fosse piaciuto. Era la prima volta che si sentiva così coinvolto e appagato
ed era strano, visto le innumerevoli esperienze avute in tal senso… eppure, a
parte le parentesi violente avute in gioventù e ormai cancellate, aveva
conosciuto schiave e schiavi da letto che sapevano fingere, che si concedevano
per ottenere privilegi e trattamenti migliori. Ma Tiago non era neanche questo.
Tiago era completamente inesperto e innocente e di certo non sarebbe stato
capace di simulare, gli si era completamente offerto e lo aveva accolto e
assecondato con una dolcezza e una spontaneità che non aveva mai trovato in nessuno.
Era stata un’esperienza particolarmente eccitante e soddisfacente che Erik
intendeva ripetere ancora e ancora. Aveva posseduto il ragazzo sopra il letto,
lì dove si trovava, ma decise che voleva di più e così lo prese in braccio e lo
portò con sé sotto le lenzuola, stringendoselo ancora una volta addosso,
incollandosi a lui, volendo sentire e provare tutto di quel piccolo spagnolo.
Lo accarezzò ancora, imparando a memoria il suo corpo minuto e liscio,
facendolo gemere e sospirare disperato e stravolto, finché non lo prese di
nuovo e ancora una volta si stupì piacevolmente di come Tiago lo assecondasse,
di come istintivamente lo cercasse e si concedesse a lui; inebriato da quel
piacere mai provato prima, Erik lo possedette ripetutamente, a volte in modo
più intenso, a volte più languido, fino ad
annullarsi totalmente insieme a lui in un’estasi assoluta. Non volle comunque
staccarsi dal giovane spagnolo nemmeno alla fine e continuò a tenerlo stretto,
incollato al suo corpo.
“Ora io… ecco… dovrei andare…” provò a dire
Tiago ad un certo punto, quando riprese quelle briciole di dignità che gli
erano rimaste e la forza per mettere in fila più di due parole.
“Ah, no, tu non vai da nessuna parte” fece
Erik, molto compiaciuto di sé e allacciandolo più stretto. “Non puoi andartene,
ora sei il mio schiavo da letto e io voglio tenerti con me tutta la notte e
averti intorno ogni volta che avrò voglia di te.”
“Cosa? Ma… ma io…” Tiago era totalmente
allibito. “Non sono il tuo schiavo, non sono di tua proprietà, Re Bjorn mi ha
liberato.”
“Va bene, Bjorn ti ha liberato, infatti tu
non sei più il suo schiavo, ora sei il mio”
ripeté Erik, che non aveva la minima intenzione di perdere ciò che aveva appena
trovato.
“Non sono lo schiavo di nessuno, io… io sono
venuto da te per mia volontà e… beh, anche tutto il resto è stato per mia
libera scelta, non perché tu mi hai costretto. Tu non hai diritti su di me, ero
anch’io che… che lo volevo” cercò di spiegare il ragazzo, per la verità
risultando ben poco convincente.
“Di tua volontà, per tua libera scelta…” Erik
parve riflettere sulle parole di Tiago. “Meglio così, allora. Visto che lo fai
così volentieri, sarai ancora più bravo nel tuo compito di schiavo da letto e
sarà molto più piacevole e soddisfacente per entrambi.”
E, tanto per dimostrare ciò che aveva appena
detto, l’uomo riprese a stringere, toccare intimamente e assaggiare il corpo
morbido e delicato del giovane spagnolo, baciandolo e mordicchiandolo sulla
pelle tenera del collo e sul petto, eccitandosi sentendo i sospiri e gli ansiti
di un Tiago sempre più confuso e stravolto. Poi lo prese di nuovo, dimenticando
ogni altra cosa mentre si spingeva dentro di lui, pieno di passione e
desiderio; Tiago, seppure stremato e stordito, lo assecondò e lo accolse per un
tempo lunghissimo, infinito, come se Erik non volesse smettere mai. Alla fine,
ormai appagato e sazio delle dolcezze che il ragazzo gli offriva con tanta spontaneità,
l’uomo si lasciò scivolare in un tranquillo riposo, stringendo il giovane in un
abbraccio possessivo, come a voler ribadire che di lì Tiago non si sarebbe
mosso, né quella notte né mai.
Il ragazzo, però, nonostante fosse esausto e
disfatto, non riuscì a prendere sonno subito. Doveva ancora metabolizzare tutto
quello che era successo e capirne il senso e la ragione, anche se probabilmente
un senso in tutto quello non c’era proprio. Di sicuro sapeva soltanto che non
avrebbe denunciato Erik per gli accordi presi con Re Harald, mai e poi mai.
Sapeva anche di non essere uno schiavo, checché ne pensasse Erik, ma di averlo
lasciato fare perché… beh, perché era rimasto colpito da lui già molto tempo
prima e in fondo, senza neanche saperlo, desiderava la stessa cosa. Il fatto
che Erik lo considerasse suo schiavo da
letto lo mortificava, ma era disposto a pagare quel prezzo pur di stare con
lui e, per darsi una sorta di giustificazione, pensò anche che, standogli
vicino, avrebbe potuto controllarlo meglio e magari riuscire a tenerlo lontano
da Harald.
Le cose continuarono
in quel modo anche nei giorni seguenti, senza che accadesse niente di
importante da segnalare salvo ciò che succedeva la notte nel letto di Erik.
Ivar e Aethelred si domandavano cosa avesse davvero in mente Harald, visto che
da Tiago non arrivavano novità e che la vita a Kattegat scorreva più o meno
come sempre.
“Tu credi davvero che
Harald sia disposto ad aspettare pazientemente che sia la gente di Kattegat a
incoronarlo Re al posto di Bjorn?” domandò qualche giorno dopo Aethelred al suo
compagno. “Non lo faranno mai! I cittadini di Kattegat hanno una fiducia
illimitata in Bjorn e, comunque, non darebbero mai la corona ad uno che non è
un figlio di Ragnar.”
“A dirla tutta, io
sono un figlio di Ragnar, eppure sono convinto che quella corona non me la
ridarebbero, ne ho combinate troppe quando ero Re e mi sono fatto un sacco di
nemici” rifletté Ivar. “Comunque penso che tu abbia ragione, a Kattegat Bjorn
La Corazza è una leggenda, chissà poi
perché, e nessuno con il cervello a posto vorrebbe Harald al suo posto.
Harald, ma scherziamo?”
“Non dimentichiamo,
poi, che Harald è riuscito a sconfiggere Bjorn alle elezioni come Re dei Norreni
soltanto perché ha comprato buona parte dei voti” aggiunse Aethelred. “Qui,
però, non ha neanche questa possibilità perché la gente lo conosce bene e non
crederebbe mai alle sue promesse. Allora cosa pensi che voglia fare, credi che
stia radunando un esercito da qualche parte e che muoverà guerra alla città?”
“Nemmeno lui è tanto
pazzo da fare una cosa simile” ribatté categorico Ivar. “Sa fin troppo bene
che, se osasse attaccare Bjorn e Kattegat, mezza Norvegia si ribellerebbe e
accorrerebbe in nostro aiuto. Nessuno, a parte lui stesso, lo considera
veramente il Re di tutti i Norreni!”
C’era una strana atmosfera a Kattegat in quel periodo,
dunque. Non accadeva niente, ma come spesso succede in questi casi, e ancora di
più nel mondo vichingo, si trattava soltanto della quiete che precedeva una
tempesta senza precedenti.
Un pomeriggio, inaspettatamente, Harald fece chiamare
Ivar nelle sue stanze, raccomandandogli di non dire niente a Aethelred di quell’incontro.
Il giovane vichingo non era tanto contento di dover nascondere qualcosa al suo
compagno, ma alla fine decise di accontentare Harald pensando che, con ogni
probabilità, il Re dei Norreni lo riteneva ancora un traditore, un farabutto
capace di pugnalare alle spalle i suoi fratelli e che gli avrebbe proposto un
piano per eliminare Bjorn o qualcosa di simile. Ivar pregustava già la faccia
delusa di Harald quando gli avesse detto che non era più l’Ivar di un tempo e
che sarebbe stato ben felice, piuttosto, di denunciare lui a Bjorn per la sua cospirazione (sebbene nemmeno Bjorn godesse
precisamente delle sue simpatie). Invece, ancora una volta, Re Harald colse
Ivar alla sprovvista e la proposta che gli fece lo mandò veramente in crisi.
“Ivar, voglio parlare con te perché so bene che, tra
tutti, sei il miglior stratega e il più abile nel pianificare battaglie e razzie”
gli disse. “Vivendo qui per tutto questo tempo mi sono reso conto che non me ne
importa niente della corona di Kattegat, che in realtà neanche essere Re dei
Norreni mi fa sentire soddisfatto. Quello che desidero veramente è il brivido
della battaglia, il fascino del rischio, le emozioni che provavo quando ero più
giovane e lottavo per ottenere il potere e la ricchezza. Siamo Vichinghi, non è
nella nostra natura vivere tranquilli in un Regno prospero e pacifico.”
“Bene, allora cosa intendi fare? Vuoi partire anche tu
per esplorare terre lontane come ha fatto Ubbe, di cui non abbiamo più avuto
notizie?” domandò Ivar. “Parti pure, magari finisce anche che vi incontrate…
piuttosto, perché hai bisogno di me per questo?”
“Non è mia intenzione fare l’esploratore” replicò
Harald con un sogghigno. “Io sono un guerriero, voglio razziare, uccidere,
conquistare terre e proprio per questo ho bisogno di te.”
Quello che Harald disse poi lasciò Ivar totalmente
senza fiato.
“Voglio tornare in Wessex e riconquistare tutte le colonie
della Northumbria prima che quel monaco mancato di Re Alfred possa riunirle
sotto la sua malferma corona” dichiarò. “Voglio riaffermare il dominio vichingo
su quelle colonie una volta per tutte. Tu sei disposto a venire con me e a
combattere al mio fianco per la gloria dei nostri dei e per l’affermazione del
vero spirito vichingo?”
Fine
capitolo quinto