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Autore: JaneBee95    08/10/2021    2 recensioni
Gli amori che si vivono al liceo non finiscono mai veramente, rimane sempre qualcosa in sospeso.
Ma quando la tua vita va avanti e ti imbatti di nuovo in quelle persone che hanno scatenato quelle prime sensazioni, metti tutto in dubbio.
Si tratta di qualcosa di concreto o è solo una fantasia da ragazzini?
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Pensavo che dopo quel lunedì di fine giugno 2014 non l’avrei più rivisto, ne ero convinta.

Eravamo entrambi finalmente diplomati dopo aver condiviso cinque lunghi anni tra i banchi di un liceo classico di provincia.
Mi ero resa conto di provare qualcosa per lui quando eravamo al secondo anno, ma non so di preciso che cosa avesse scatenato questa mia cotta nei suoi confronti. Mi ricordo solo che quando ero tornata in classe, dopo che una brutta influenza mi aveva obbligata a casa per una settimana, lo guardavo con una certa attenzione. Mi preoccupavo sempre di dove fosse, lo cercavo continuamente con lo sguardo e mi sorprendevo a sbirciarlo con la coda dell’occhio durante le lezioni.
E a mano a mano che passavano i giorni, questo mio sentimento aumentava sempre di più.
Non diminuì nemmeno quando ebbi il mio primo ragazzo a diciassette anni e questa cosa mi mise molta confusione oltre a parecchi sensi di colpa.

Finito il liceo, come succede nella maggior parte dei casi, anche noi due ci allontanammo, ma non per motivi particolari. Frequentavamo compagnie diverse, scegliemmo facoltà in atenei lontani uno dall’altro e questo ci portò inevitabilmente a sentirci sempre meno spesso, fino a non sentirci più.
Ci ritrovammo tre anni dopo passando insieme qualche ora a bere qualcosa con la scusa di aggiornarci sulle nostre vite e su quello che era successo durante tutti i mesi in cui non ci eravamo visti. Quelle poche ore insieme riuscirono a far riaffiorare un po’ dell’infatuazione che era rimasta per lui dagli anni del liceo e mi bastò per rendermi conto che lui era l’unica persona dell’intera classe con cui mi trovavo ancora bene, come se stessimo trovando in una bolla dove il tempo si era fermato al 2014 e ci fossimo solo io e lui, insieme, a parlare e a guardarci negli occhi, imbarazzati, come degli adolescenti alle prese con i primi amori.

L’ultimo anno fu molto travagliato per tutta la classe: i rapporti tra noi compagni erano ridotti all’osso ed era palese che stessimo aspettando (quasi) tutti la fine della maturità per salutarci e non rivederci più. Ero venuta a sapere che l’anno precedente si era preso una cotta per una nostra compagna, che però non ricambiava, e il comportamento superficiale di lei aveva fatto sì che non si parlassero più. Considerando che eravamo a malapena poco più di una dozzina, si crearono presto dei gruppetti che ruppero ancora di più l’armonia che si era formata così a fatica durante i primi quattro anni.

Fu forse quella sera che uscimmo che mi rivelò di aver provato dei sentimenti per me proprio l’ultimo anno di superiori, senza però essersi dichiarato proprio a causa della relazione che avevo in quel momento.
Quando me lo disse quasi non volevo crederci. Iniziai a fantasticare su come sarebbe potuto essere stare insieme sul serio, come una coppia, dopo tutto quel tempo a rincorrersi senza però riuscire a prendersi.

Ma la mia fantasia rimase lì, in quel bar, quella sera.

Mi laureai a dicembre del 2017 e un paio di mesi dopo iniziai a lavorare. Nel frattempo, avevo conosciuto altri ragazzi e stavo vivendo il mio periodo wild di cui ancora oggi parlano i miei genitori tirando un sospiro di sollievo contenti che sia terminato. Ebbi modo di vivere una relazione che mi creò solo in seguito molti problemi nel relazionarmi di nuovo con persone che conoscevo da sempre e che avevo allontanato e di fiducia.

Le mie giornate si alternavano tra il lavoro in ufficio e le ripetizioni che davo a ragazzi e ragazze e andai avanti così per diversi mesi.
A ottobre dello scorso anno, proprio per aiutare una studentessa universitaria a superare degli esami di inglese, riallacciai i rapporti con la mia professoressa di inglese, con la quale passai una piacevole mattinata sorseggiando tè e chiacchierando del passato.
Non potevano mancare vari commenti sui miei vecchi compagni di scuola e fu proprio parlando di loro che mi resi conto che tra tutti quelli che avevo lasciato qualche anno prima, solo lui mi mancava e provavo un senso di nostalgia ogni volta che veniva menzionato.

Salutai e ringraziai la mia professoressa per l’aiuto, chiusi il cancelletto di casa alle mie spalle e tirai fuori il telefono. Cercai il suo nome tra le vecchie chat e gli scrissi di nuovo, a distanza di tre anni dall’ultimo aperitivo.

Da quel giorno continuammo a scriverci e ad aggiornarci su quello che stavamo facendo, sul perché avevo deciso di ricontattarlo dopo tutto quel tempo, ma fu solo a giugno di quest’anno che riuscimmo a organizzarci per incontrarci.

Una delle caratteristiche che mi sono sempre ricordata di lui – e che ogni tanto mi faceva innervosire – era l’attesa infinita che dovevo avere per poter uscire insieme, cosa che capitava pochissime volte l’anno. Con mia sorpresa riuscire a trovare una sera che andasse bene a entrambi non richiese troppo tempo e, da quando ne parlammo, passarono un paio di settimane.
Mangiammo e bevemmo tanto (soprattutto io). Ripercorremmo vecchi aneddoti del liceo, tra quelli che ci avevano regalato un po’ i professori e un po’ i nostri compagni. Parlammo dell’università, di quello che avevamo vissuto e di ciò che avevamo fatto per arrivare quella sera a cena insieme.
Ci confidammo anche emozioni e sensazioni che non avevamo, forse, avuto il coraggio di dirci anni prima e che confessammo nonostante un velo di imbarazzo da parte di entrambi. Faticavamo a guardarci negli occhi, complice l’alcol, ripensando ai baci sfiorati, agli abbracci sognati e a quei desideri che sembravano troppo proibiti per poter essere realizzati.

In quell’istante ogni ricordo sopito si riaccese. Metti un forte temporale estivo, diversi litri di birra, un film e due poco più che ventenni da soli che pensavano solamente a come poteva essere passare una notte una con l’altro.

Accadde, inevitabilmente.

Ci confidammo paure e pensieri di quella notte che non pensavamo avremmo mai potuto dirci. Il suo timore di non essere stato all’altezza delle mie aspettative, la mia sciocca convinzione che non sarebbe mai accaduto. La nostra comune rassegnazione al fatto che avevamo vissuto – e forse stavamo ancora vivendo – una possibilità per noi due che era iniziata e finita anni prima, durante quel temporale.

Non volevo che finisse. Sapevo che una volta conclusa la serata non avrei potuto averlo per me.
Temporeggiavo, trovavo scuse per avvicinarmi a lui, per toccarlo, accarezzarlo, sfiorarlo. Ma non potevo andare oltre, avrei rischiato di rovinare quello che avevamo condiviso nell’arco delle ore precedenti. Così lo salutai abbracciandolo, con l’unico desiderio di poterlo rivedere il prima possibile.

Le nostre conversazioni non si fermarono, ma ripresero i giorni successivi, parlando del più e del meno, delle nostre giornate o, semplicemente, di quello che più ci passava per la mente. Mi chiedevo quando avrei potuto passare di nuovo del tempo con lui, poter ripetere la serata appena trascorsa, continuare a parlare per provare ancora una volta quella sensazione che mi faceva tornare una ragazzina del liceo. Tra una chiacchiera e l’altra, tra un commento e un messaggio passavano i giorni e poi le settimane. Ero convinta che alcuni sguardi e alcuni gesti di quella sera fossero solo frutto della mia immaginazione. Che sciocca, mi dicevo. Sono passati anni, come puoi ancora provare certe cose? Eppure, quel tiepido calore che sentivo ogni volta che stavo con lui si era presentato anche quella sera. Dai, sono passati anni, smettila di farti illusioni. È capitato quella volta, vi siete trovati, ma avevate vent’anni, ora è tempo di andare oltre, di superare qualsiasi cosa sia rimasta dentro di te.
Mi ripetevo queste parole tutti i giorni incessantemente, tanto che ormai era diventato un pensiero fisso che però stava in un angolino della mia testa e ogni tanto tornava a farsi sentire più forte degli altri giorni.
Continuavo le mie giornate a fare avanti e indietro dall’ufficio, a studiare la sera e a sistemare casa nei weekend. Chissà cosa stava facendo lui. Pensava a quella sera ogni tanto? Pensava a me? Queste domande iniziavano a diventare un tormento.

Basta, non posso continuare a pensarci, devo andare avanti. In fondo, lo avevamo detto anche l’ultima volta: il passato deve rimanere tale e non possiamo fare niente per cambiare le cose ed è inutile vivere ancora con i ricordi ancorati ad anni fa. La sua posizione era stata più che chiara. E allora perché a me era sembrato che ci fosse qualcosa in sospeso mentre cercavo di temporeggiare prima di salutarlo definitivamente?

La risposta non tardò ad arrivare.  
   
 
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