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Autore: heliodor    08/10/2021    0 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Non serviamo i nostri poteri

 
Il buio divenne luce accecante e il silenzio un boato assordante. La terra tremò sotto di lei e lottò per non crollare a terra.
Valya si guardò attorno, come se fosse stata scossa da un profondo sonno. Non era più nella caverna del pozzo, la schiena appoggiata alla parete e il pensiero che non riusciva a staccarsi dalla spada.
La spada, si disse.
Era nella sua mano.
La sollevò assaporandone la consistenza e il peso, perfetti come il primo giorno che l’aveva toccata, lì nella sua vecchia casa di Cambolt.
Per qualche motivo ripensare alla forgia le provocò una sensazione spiacevole alla bocca dello stomaco.
La spada, pensò di nuovo. Ho guardato nel pozzo e ha perso i suoi poteri. Cosa farò adesso? Come farò senza di lei?
Il pavimento tremò di nuovo, stavolta in modo più sommesso, come se una grande bestia dormisse sotto di esso e si fosse appena scrollata di dosso un po’ di polvere.
Dove sono? Si domandò. E Nykka dov’è?
Era accanto a lei un attimo prima e adesso era sparita. E con essa il foro del pozzo dove aveva guardato.
Dove Ros mi ha detto di guardare, si disse. Perché lui sapeva che avrei perso i poteri dicendomi di farlo. E io stupida a fidarmi di lui. Un Chernin. Un…
I suoi occhi vennero abbagliati da una luce intensa.
No, gemette, non di nuovo. Basta. Basta.
“Valya” tuonò una voce. “Valya.”
Aprì gli occhi. La luce era ancora lì ma ora poteva sopportarla. Figure danzavano sulle pareti dove le ombre venivano proiettate.
Valya strinse la spada e la sollevò, pronta a colpire.
“Valya” disse ancora la voce, ora più vicina.
“Chi sei?” chiese al buio, gli occhi che faticavano ancora a mettere a fuoco la figura che aveva di fronte.
“Sono io” disse una voce dal tono incerto.
Valya si accigliò.
“Ros.”
Strinse la spada più forte, i muscoli tesi e pronti a scattare in avanti.
È venuto a completare l’opera, si disse. Ha atteso che fossi debole e indifesa, senza la mia spada, per colpirmi.
Avanzò di un passo verso di lui.
“Valya” gemette Ros.
“Ti uccido” gridò. “Chernin.”
“Aspetta.”
Aspetterò dopo, si disse.
In quel momento desiderava solo colpirlo con la spada e colpirlo ancora e ancora e ancora finché non si fosse mosso mai più come lui aveva colpito lei quando…
Quando.
Quando mi ha colpita? Si chiese. Quando è successo?
La sua mente vacillò come sul baratro e lei fu sul punto di precipitare. Un attimo prima navigava sul mare dei ricordi sapendo quale fosse la rotta da seguire e quello successivo era in balia dei flutti, come un naufrago che era stato sbalzato fuori in piena tempesta.
Non aveva mai visto il mare né una vera tempesta e nemmeno una nave, ma aveva ascoltato i racconti di chi aveva viaggiato e aveva assistito alle piogge torrenziali che ogni tanto cadevano su Cambolt e i suoi dintorni. E una volta aveva visto un lago, quando suo padre l’aveva portata con sé per rifornirsi di materiali da un mercante che viveva a una trentina di miglia di distanza.
Ti ha colpita, disse una voce dentro di sé. Ricordi quando?
No, rispose.
Fai uno sforzo, su. Ricorda, Valya.
“Valya” disse la voce di Ros. “Stai bene?”
Ricorda, disse la voce. Colpiscilo, adesso. O non riavrai i poteri della spada.
Una mano le afferrò il polso girandolo di scatto. Lei urlò e aprì la mano lasciando cadere la spada. D’istinto si ritrasse di un passo e scalciò colpendo qualcosa. O qualcuno.
Udì una voce imprecare e poi un colpo al viso. Un pugno che la fece vacillare e poi cadere in ginocchio.
“Afferrala” gridò una voce femminile. “Svelto, prima che si rialzi.”
Sentì due mani premerle sopra le spalle per farla restare giù, mentre un peso enorme veniva posato sulla sua schiena, schiacciandola.
Gridò e gemette mentre scalciava e si dimenava.
“Calmati” disse la voce di prima. “O resterai lì fino a domani.”
“Lasciami andare” gridò.
“Prima calmati, dannazione. Ros, prendi la corda. La leghiamo.”
“No” urlò. “Non voglio.”
“Lo faremo se tenterai di colpirci di nuovo” fece la voce di prima con tono imperioso.
Conosco questa voce, pensò Valya. È quella di Nykka.
La vista le si schiarì e riconobbe la sagoma di Ros che la fissava da una posizione innaturale, come se fosse alto decine di passi o in piedi sopra una collina.
Sono io che sono distesa per terra, si disse. E Nykka è sopra di me.
“Mi stai schiacciando” si lamentò. “Non ho più fiato.”
Nykka ridacchiò. “A parlare ci riesci, quindi non è vero. Sei più calma adesso?”
“Sì” gemette.
“Volevi ammazzare Ros” l’accusò la strega. “Perché?”
Valya esitò.
“L’ho sentita gridare e sono corso qui” disse lui.
“Non l’ho chiesto a te” fece Nykka. “Rispondi, Valya.”
“Non so che mi è successo” disse.
“Sei andata via e sei venuta qui. Sapevi di questo luogo?”
“No. È la prima volta che ci vengo.”
“Eppure ci seri arrivata senza esitare” l’accusò Nykka.
“Non so come ho fatto.”
“Alzati” disse Ros. “Falla respirare.”
“Soltanto se promette di stare buona” disse la strega.
“Lo prometto” si affrettò a dire Valya. “Sul mio onore.”
Nykka ridacchiò e si alzò.
Valya sentì subito il sollievo di non avere un peso sulla schiena che non la faceva respirare. Si concesse qualche istante per inspirare un paio di boccate d’aria prima di rialzarsi.
Nykka notò la spada ai suoi piedi e la scalciò lontana. “Che non ti venga in mente di prenderla” l’ammonì. “Con quella cosa maledetta in mano diventi strana. E pericolosa.”
“Ormai è inutile” disse alzandosi. “È senza poteri.” Guardò Ros. “Per colpa tua.”
“Lui non ha fatto niente, dannazione” disse Nykka. “Anzi potrebbe averci salvati tutti. Ha trovato la via per uscire di qui.”
Valya sgranò gli occhi. “L’uscita?”
Nykka annuì con vigore. “Possiamo tornare indietro e avvertire gli altri. Con un po’ di fortuna sigilleremo l’ingresso a monte e passeremo per i sotterranei senza che i rinnegati possano attaccarci.”
“Bene” disse Valya. “Torniamo subito da loro.”
“Lo faremo” disse Nykka. “Ma prima devo assicurarmi che tu non sia pericolosa per Ros e per me.”
“Non ti volevo attaccare” disse sulla difensiva.
“Però l’hai fatto. Mi hai tirato un calcio molto forte. Potevi spezzarmi una gamba.”
“Non sono così forte” disse Valya.
“È così” confermò la strega. “Non sembravi padrona di te, Valya. E avevi quella spada maledetta in mano. Perché? Che cosa ci facevi qui? Cosa stavi cercando?”
Valya scosse la testa. “Non lo so. Mi trovavo nella stanza del pozzo e poi mi sono risvegliata qui. Non so come ci sono arrivata.”
Notò che Ros stava guardando qualcosa al centro della sala, una sorta di grossa piattaforma circolare che ne occupava la parte più lontana dall’ingresso. Sopra di essa si ergeva la figura di una donna, capelli lunghi e fluenti e fisico slanciato. La sua espressione era severa e sembrava voler giudicare quelli che dovevano averla adorata in quella sala.
Adorata? Si chiese Valya. Perché ho pensato che l’adorassero?
Nykka sospirò. “Ne riparleremo una volta tornati di sopra. Prendete le vostre cose e rimettiamoci in marcia.”
“Un attimo” disse Ros. “È accaduta anche un’altra cosa.”
Valya si accigliò.
“Prima di arrivare qui c’è stato un terremoto. E Valya ha urlato qualcosa.”
“Non me lo ricordo” disse. “Ero qui al centro, il pavimento tremava. O forse ero io a tremare. Era tutto buio e poi sei arrivato tu.”
Ros si arrampicò fino alla figura scolpita nella pietra. Era alta una ventina di passi e, guardandola meglio, notò che qualcosa si irradiava dalla sua testa.
“È una corona?” chiese affascinata.
Ros si piegò in due come se stesse osservando qualcosa da vicino. “Forse era una regina.”
“Chernin” disse Nykka. “Dobbiamo tornare di sopra.”
“Ci metterò poco” rispose. “Devo copiare questi simboli.”
“Lasciali perdere.”
“Potrebbe essere l’unica occasione che avremo per studiarli.”
Nykka sbuffò e le rivolse un’occhiata preoccupata. “Stai bene, Valya?”
Annuì con vigore.
“Volevi uccidere Ros. E non sai come sei arrivata qui sotto.”
“Sto bene. Ora.”
Nykka annuì. “La spada la tengo io, d’accordo?”
“Per quello che vale adesso…”
“Non ci tenevi alla spada di tuo padre?”
“Senza i poteri è solo un pezzo di metallo inutile” disse con noncuranza.
“Sono così importanti quei poteri?” le domandò la strega.
“I tuoi poteri non sono importanti per te? Non sono la cosa che conta di più?”
Nykka sgranò gli occhi. “Certo che no. Io non sono i miei poteri, Valya Keltel. Mi limito a usarli quando mi servono.”
“Solo perché sono deboli” disse di botto.
Si pentì subito di quelle parole e arrossì.
“Ti chiedo scusa” disse imbarazzata.
Nykka scosse la testa. “Non sono offesa e hai ragione. Sono deboli. Patetici, se confrontati con quelli di Zane o di Yuldra. O persino di Astryn.” Sbuffò. “Ma non importa quanto sono forti. Sai qual è la prima cosa che ci insegnano quando entriamo nel circolo?”
Scosse la testa.
“A non fare affidamento sui nostri poteri. Il primo anno li devi usare solo se la tua guida te lo ordina o vieni punito.”
“Mi sembra assurdo” disse. “Scusa di nuovo.”
Nykka sorrise. “Ammetto che possa sembrare assurdo, ma il motivo è molto semplice. Se facessimo solo affidamento sui nostri poteri, saremmo molto limitati come combattenti. Non sappiamo fare tutto, non abbiamo un potere per ogni ostacolo che potremmo incontrare. Per questo motivo impariamo a combattere con la spada, a tirare con l’arco, ad accendere un fuoco o costruire una trappola. Non siamo i servitori dei nostri poteri, non viviamo per poterli usare. Sono i nostri poteri a servire noi, quando ne abbiamo bisogno”
Valya si accigliò. “Ma la mia spada…”
“La tua spada è una spada” disse Nykka. “E nelle mani giuste, farà il suo lavoro di spada. Non serve che sia magica o maledetta. Se sei brava lo sarà anche lei.”
La strega si chinò per raccogliere la spada. “E la tua ed è anche di ottima fattura. Se proprio vuoi separartene, posso darti la mia, visto che la uso pochissimo.”
Nykka afferrò l’elsa con la mano e sgranò gli occhi. Un attimo dopo saltò all’indietro gridando.

 
  
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