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Autore: blackjessamine    10/10/2021    3 recensioni
[Homer Landmann (OC), Ole Nissen (OC)]
Hogwarts è casa, ma non per chi casa la sa riconoscere solamente nelle persone.
Hogwarts è casa quando gli sguardi si abbassano e restano solo tane in cui provare a saggiare i confini di un'amicizia non ancora sbocciata.
"Sa che Ole lo guarda spesso, quando lui è voltato dall'altra parte. Sa che a pranzo e a cena mangia solo quello che compare nei piatti più vicini a lui, e che non avanza mai niente, nemmeno le verdure verdi. Sa che non scrive quasi mai a casa, sa che detesta ogni tipo di lezione pratica ma non se ne lamenta mai.
Parla poco, Ole, ma quando lo fa Homer resta spiazzato, perché le sue sono le parole di chi ha tutto un mondo immenso nella testa, ma si impegna costantemente per tenerlo nascosto"
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[Storia partecipante al Writober, organizzato da Fanfiction.it]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Surya Namaskara'
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Prompt 10

Latibulum: un posto nascosto, un rifugio

 


 





 

Quando a sorridere siamo in due  (Hogwarts sa di casa)




 

Hogwarts non sa di casa.

Hogwarts è una roccaforte di magia antica, è sapere, è un costante mettere alla prova i propri limiti e scoprire che sì, ci si può spingere sempre un po' più in là.

Homer, in due mesi e mezzo, ha imparato moltissime cose: ha imparato che dare un ritmo alle giornate è fondamentale per essere produttivi, ma che rientrare in schemi costruiti da altri gli stringe un nodo sottile attorno ai polmoni. Ha mandato a memoria lezioni e scoperto un nuovo modo di confrontarsi con i professori, accrescendo conoscenze e affinando l'intuito. Ha imparato la strada per la Sala Comune e quella per raggiungere le lezioni di Astronomia, conosce i nomi di tutti i compagni di dormitorio, ha memorizzato la classificazione dei volumi che maggiormente lo interessano, in biblioteca, e sa quali gufi allungheranno docili la zampa per farsi carico delle sue lettere per casa e quali invece tenteranno di affondargli il becco nelle dita.

Ha imparato a chiacchierare con i compagni e ha scoperto di aver sempre qualcosa di interessante da dire – anche quando vorrebbe restare in silenzio, soprattutto quando vorrebbe restare in silenzio.

 

Apprendere gli viene naturale, ma la sua vita a Hogwarts è costellata anche di scoperte su se stesso: ha scoperto che la nostalgia di casa qualche volta ha il sapore ferrigno di un labbro morsicato troppo forte, e ha scoperto che alla nostalgia si sopravvive sempre. Ha capito che i quattordici anni trascorsi lontano dai coetanei non gli hanno impedito di essere una persona perdutamente socievole.

Ha capito anche, con un moto di stizza, che la vita in comune è ricca e meravigliosa solo fino a quando non si sente il bisogno di restare soli per provare a dare una direzione ai propri pensieri.

È proprio allora, quando lo spazio sembra scomparire e il silenzio diventa merce rara, che Homer capisce quanto Hogwarts non sappia di casa.

 

Casa che è il posto dove Homer si sente protetto, anche se il panorama fuori dalla finestra cambia ogni giorno.

Casa è il silenzio dopo una festa piena di gente troppo adulta perché Homer vi si possa mescolare davvero. È la penombra delle stanze dove sua madre tiene i dipinti che non vuole ancora mostrare al resto della famiglia ed è il pacato mormorio con cui suo padre discute i propri articoli nel cuore della notte.

 

Casa, qualche volta, è il modo in cui Ole non riesce a nascondere un sorriso.

Homer sa poco, pochissimo di quel ragazzino che lo lascia sedere accanto a lui durante le lezioni e si rassegna a farsi depredare di ogni oggetto di cancelleria, perché Homer si sforza, ma prepararsi la borsa con tutto il necessario per la giornata è qualcosa che non ha ancora imparato.

Sa che Ole lo guarda spesso, quando lui è voltato dall'altra parte. Sa che a pranzo e a cena mangia solo quello che compare nei piatti più vicini a lui, e che non avanza mai niente, nemmeno le verdure verdi. Sa che non scrive quasi mai a casa, sa che detesta ogni tipo di lezione pratica ma non se ne lamenta mai.

Parla poco, Ole, ma quando lo fa Homer resta spiazzato, perché le sue sono le parole di chi ha tutto un mondo immenso nella testa, ma si impegna costantemente per tenerlo nascosto.

 

Homer sa anche che Ole la notte dorme rannicchiato su un fianco, le coperte tirate fin sopra il mento.

Lo sa perché è già la seconda volta che Homer s'addormenta con la punta della bacchetta accesa, le gambe allungate sul cuscino di Ole. La prima volta è stato solo un caso: avevano un compito di Trasfigurazione da terminare, e il letto di Ole, con le tende del baldacchino ben tirate a nasconderli dai compagni di stanza, era parso a entrambi il posto migliore per studiare. Chissà poi, perché – perché queste tende sono un po' l'abbraccio di una madre.

Homer si era addormentato per errore, fra una correzione al proprio tema e una divagazione sul suo viaggio nell'Europa dell'est. Si era svegliato in piena notte, il suo lumos ancora in funzione, il collo dolorante per la posa innaturale tenuta contro lo schienale del letto e la sensazione  che fosse passata una vita intera. Ole era rannicchiato sul bordo del letto, avvolto nelle coperte come in un bozzolo, e Homer si era ritrovato a pensare che sì, ecco che davvero quella Sala Comune costruita per sembrare una tana imparava a sapere di casa, nel pugno con cui Ole si teneva aggrappato alla coperta.

 

Non ne parlano mai.

Non ne parla Ole, che comunque parla sempre poco – ma ogni giorno sembra dire una parola in più – e non ne parla Homer: non c'è vergogna, non da parte sua, ma solo la voglia di continuare a vivere con naturalezza quei compiti che li portano vicini sul materasso di Ole.

Perché dormire lì è più facile, anche se lo spazio è poco e qualche arto finisce sempre per informicolarsi. Perché il bozzolo di Ole è lontano da Hogwarts, dai compagni che hanno sempre qualcosa da dire e dalle strade da ricordare, dalle aspettative e dalle lettere da spedire a casa per non sentirsi troppo solo. È un bozzolo che sa di casa, è una tana, e qualche volta Homer vorrebbe addormentarcisi dentro.

Non lo fa – non ancora.

Ma resta, nascosto ai compagni e forse un po' anche a se stesso: perché lì non ha paura di ammettere che Hogwarts non sa di casa, e che restare in un luogo che non sa di casa qualche volta è difficile e qualche volta fa male.

Resta, e la mattina si sveglia sempre con i movimenti leggeri con cui Ole cerca di uscire silenziosamente dal suo bozzolo, e quando Homer gli sorride, anche Ole si ritrova a sorridere.

 

E forse Hogwarts sa di casa, se la prima cosa che riesci a fare al mattino è strappare un sorriso a qualcuno come Ole.






 

 


 

Note:

Non volevo partecipare a questo writober per un sacco di motivi diversi (primo fra tutti il fatto che con tutta la buona volontà del mondo non avrei mai avuto tempo di scrivere qualcosa ogni giorno per un mese), quindi non ho nemmeno guardato la lista dei prompt.

Però questa notte, del tutto a caso, mi sono trovata davanti a questo rifugio, e il bozzolo di Ole è tornato a chiedermi attenzioni.

È una storia proprio scritta di getto e senza alcuna pretesa, solo la voglia di mostrare un pochino cosa abbia spinto Homer ad avvicinarsi e tormentare Ole fino a convincerlo a diventare amici, appena arrivato a Hogwarts.

Mi sono lasciata andare e ho esagerato con i sentimenti, considerato quanto siano giovani e quanto poco si conoscano, a questo punto della storia? Ovviamente sì, ma onestamente va bene anche così. Questa storia è soprattutto una coccola che ho scritto per me e per non lasciar andare questi personaggi, ecco, quindi che ci siano implicazioni "dal loro futuro" mi sta comunque molto bene.

   
 
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