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Autore: Chiara PuroLuce    11/10/2021    7 recensioni
Zaira è una pediatra, è di turno al pronto soccorso e la sua ultima paziente, Mina, è alquanto vivace e impaurita. Come fare per aiutarla? Assistete con me a questa strana visita e ve lo svelo. Una breve e simpatica storia che vi farà sorridere un pochino.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                 L’ULTIMA INCISIONE
                                  
                                                                   pumpNIGHT 2021 - Prompt 8 – Incisione
 
 
 
«Tesoro dai, è questione di un minuto.»
 
«Noooooooo!» Urlò con tutte le sue forze la piccola Mina.
 
«Sarà tutto finito ancora prima che tu possa dire cioccolatino» provò ancora sua madre cercando di calmarla «e poi andiamo a mangiarci un bel gelato come premio. Lo vuoi?»
 
«Noooooooo!» Urlò ancora la figlia.
 
«Ma come, rifiuti un gelato? Magari uno a tre gusti» intervengo io «I miei preferiti sono cioccolato, limone e amarena e i tuoi?»
 
«Pistacchio, fragola e biscotto.»
 
«Gnammm, buongustaia. La tua mamma sarà felice di comprarti un cono gigante con questi giusti… vero mamma di Mina?» Chiedo alla donna che annuisce. «Ma questo accadrà solo se adesso stai ferma per qualche minutino, così io posso aiutarti a guarire. Allora, ci stai?»
 
La bambina di otto anni mi guarda a lungo prima di annuire con le lacrime agli occhi, ma almeno ha smesso di urlare.
Intendiamoci, amo il mio lavoro, ma a volte è così stressante che dovrei fare un tagliando perpetuo alle terme per riprendermi a fine turno.
Mi presento, mi chiamo Zaira e sono una pediatra e oggi sono stata di turno al pronto soccorso. Nella sala delle medicazioni lievi. Ultimamente staziono sempre qui quando scendo nel girone infernale come noi medici chiamiamo il piano terra. Date le mie condizioni non faccio altro che stare seduta e medicare, medicare e stare seduta o qui o nel mio ufficio in reparto. La giornata tranquilla è finita quando questa piccola peste bionda e combattiva che risponde al nome di Mina, è piombata qua con la sua mamma e non ha mai – mai, mai, mai – smesso di urlare. Mi stupisco che abbia ancora la voce.
Non è che stesse così male, in realtà due giorni fa si era infettata un piede camminando sul bagnasciuga scalza finendo sopra un riccio di mare. La sua collega l’aveva visitata, le aveva tolto le spine e disinfettato la ferita, ma non era bastato. Ora, era necessario incidere la zona per fare uscire l’infezione che aveva iniziato a formarsi. Il problema era che Mina non collaborava.
Poverina, aveva ragione. Al suo posto anche lei avrebbe urlato dalla paura. Doveva distrarla e poi agire in fretta e tutto senza perdere il sorriso e la concentrazione allo stesso tempo. Dopotutto era il primario di pediatria ed era molto apprezzata dai colleghi per la sua pazienza e dolcezza con i bambini.
 
«Mina, io posso davvero guarirti il piede, ma per farlo devo usare un piccolo strumento e farti un tagliettino talmente invisibile che neanche con la lente d’ingrandimento riuscirai a vederlo.»
 
«E… e con cosa lo fai?» Mi chiese titubante.
 
«Con questo» le dissi mostrandole un bisturi «ma non ti farà male perché prima ti disinfetto il piede con del cotone e una medicina speciale che ti farà passare anche il dolore.»
 
«Davveeerooo? Oh, va bene allora, perché sai, mi fa tanto male e non riesco neanche a camminare.»
 
«E vedrai che tra qualche giorno, invece, potrai di nuovo correre in spiaggia, ma solo se mi prometti che terrai le ciabattine. Mi stai simpatica Mina, ma non voglio rivederti qua per un’altra ferita. Allora, affare fatto?»
 
E quando Mina annuì, con più convinzione questa volta, feci quanto detto senza che lei emettesse un suono. Le feci una piccola incisione sulla pianta del piede e subito l’infezione uscì copiosa, essendo la zona bella grossa e arrossata. Disinfettai tutto, applicai una pomata antibiotica che diedi alla madre da gestire nei giorni successivi e le diedi un piccolo lecca lecca colorato come premio che lei prese, raggiante.
 
«Ecco, tutto a posto. Hai sentito dolore?»
 
«No, niente. Grazie dottoressa» mi dice lei con un largo sorriso, imitata da una madre ora visibilmente più tranquilla.
 
«Ora ti metto una bella benda colorata e ti mando a casa. Sei stata bravissima. Ti piace il rosa?» E quando lei annuisce con entusiasmo le dico facendola ridere. «Bene, perché ce l’ho solo di quel colore la benda. Tieni il piede ancora un po’ alzato e poi abbiamo finito.»
 
Dieci minuti dopo, Mina fu dimessa e la calma tornò nel pronto soccorso. Mi dirigo subito nella saletta comune per bermi del buon tè caldo, ne ho proprio bisogno e lì trovo la mia collega preferita, nonché migliore amica.
 
«Wow, l’ennesimo miracolo di Madre Zaira» mi prende in giro Anna. «L’intero reparto ti ringrazia dal profondo del cuore e dei timpani di tutti.»
 
«Bè, vorrei vedere te con un’infezione da manuale al piede» le dico sorridendo «altro che miracolo. Ringrazia piuttosto santo anestetico. E smettetela tutti di chiamarmi così. Per colpa vostra mio marito continua a prendermi in giro dicendomi che dovrebbero mettere il mio Santo sul calendario. E tutto perché quando è passato a prendermi il giorno che ero senza auto, vi ha sentito salutarmi con quell’appellativo. Ha detto che provvederà a chiamare il Vaticano per farlo aggiungere anche se sono ancora viva. E dire che ero riuscita a nasconderglielo così bene fino ad allora. E badate che questo è successo nove anni fa, da quel momento in casa sono Santa Zaira.»
 
A quel punto lei e i miei altri due colleghi, che nel frattempo ci hanno raggiunti per una pausa veloce, sono scoppiati a ridere.
Sono sposata con Paolo da undici anni e ormai qui lo conoscono tutti e sono stati testimoni del nostro primissimo incontro quando – il suo primo giorno di lavoro da noi come paramedico dell’ambulanza – trasportò un bambino con una spalla lussata, una gamba rotta con l’osso visibile e diverse ecchimosi sul viso. Fu amore a prima vista, per entrambi. Abbiamo turni differenti, il che va benissimo per la nostra famiglia che ormai comprende due figli e un terzo in arrivo tra tre mesi. Oggi è il mio ultimo giorno di lavoro prima della maternità e ho concluso in bellezza.
Saluto i colleghi e torno al lavoro. Le due ore successive passano senza ulteriori problemi e in men che non si dica, mi ritrovo Paolo che bussa alla porta dell’ufficio. È venuto a prendermi come sempre da qualche tempo. Dice che preferisce non fare correre rischi inutili al volante a entrambi e devo mettere che avere un’autista personale non mi dispiace.
Do’ un ultimo sguardo all’ambiente che non rivedrò per diversi mesi, abbraccio i colleghi che incrocio, invito a cena Anna col marito per la settimana successiva, prendo Paolo per mano e andiamo a casa.
   
 
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