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Autore: Florence    14/10/2021    1 recensioni
-Pluto, ci stai dicendo che se non riusciremo nella nostra missione la nostra esistenza futura potrebbe essere compromessa?-
-È molto complicato... quel che è certo è che la nostra realtà non esisterà più, perché nessuno può fermare la collisione con un'altra dimensione che avverrà alla prossima eclisse di luna.-
-E quindi... ? Stiamo per morire?-
-Non è così semplice, Neptune: continuamente le nostre coscienze passano tra una realtà e l'altra senza che noi ce ne accorgiamo nemmeno, questo avviene ogni volta che si incontrano dimensioni molto simili tra loro nel continuum spazio-tempo.-
-E quindi perché stavolta dovremmo preoccuparcene?-
-Perché stavolta stiamo per scontrarci con una dimensione del tutto differente dalla nostra... Dobbiamo "sistemare" gli eventi del passato di quella dimensione affinché non sia tutto perduto.-
-In sostanza, cosa dovremmo fare? Altre battaglie? Scontri epici?-
-No, niente di tutto ciò, Uranus: il vostro scopo è quello di fare innamorare Usagi Tsukino e Mamoru Chiba prima che avvenga l'eclissi di luna.-
-Parli dei nostri sovrani? E qual è il problema: quei due si amano da sempre!-
-Ne sei proprio sicura...?-
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Mamoru/Marzio, Nuovo personaggio, Outer Senshi, Usagi/Bunny | Coppie: Endymion/Serenity, Mamoru/Usagi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie, Prima serie
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Capitolo 13
Lacrime, Il tuo dolore & Torta al cioccolato



 

Usagi chiuse l’acqua nella doccia, uscì e si avvolse in un asciugamano. Raccolse i capelli, come suo solito e si ricordò di mettere un po’ di crema dopo sole sulla pelle arrossata. Soltanto quando passò con la mano sul suo decolleté, una strana sensazione pungente e dolorosa le ricordò la magia che aveva nascosto per tutto il giorno la sua cicatrice al resto del mondo. Non aveva mai usato il potere della Penna Lunare per così tante ore, sarebbe stato pericoloso, visto che era una modifica sul suo corpo e non un semplice travestimento? 

Urgeva trovare qualcuno più saggio di lei che la consigliasse.

 

-Ami, vieni qui!-, Usagi acciuffò l’amica per un polso, quando la sentì parlare oltre la porta del bagno e la trascinò dentro.

-Ho bisogno di un consiglio intelligente-, sussurrò a bassa voce, aprendo il rubinetto dell’acqua, come suo solito. Ami guardò in tralice i litri sprecati, ma per il momento tacque, vedendo Usagi particolamente in apprensione.

 

-Ami-chan… consigliami tu… pensi che possa essere pericoloso tenere su la trasformazione della Penna Lunare per tutti questi giorni? È meglio se la interrompo, almeno la sera?-

Una domanda del genere, pochi mesi prima, non sarebbe mai venuta in mente a Usagi. In effetti, sotto sotto, il suo atteggiamento era cambiato, sebbene costantemente costellato di tanti piccoli fatti che mascheravano bene la sua crescita intellettuale e morale. Non le era sfuggito come avesse usato un comportamento discreto nei confronti di Naru e Umino, idem poteva dirsi di come si era comportata con Makoto e Kenzo: già, perché quei due parevano andare molto d’accordo e avevano passato diverso tempo insieme, esclusi i momenti in cui Makoto era rimasta sola con Motoki o Usagi. 

Una volta, anni prima, Usagi aveva pensato di farsi i capelli ricci usando la Penna Lunare ed era stato solo grazie a Luna, che glielo aveva impedito, se i suoi codini non erano mai mutati in tutto quel tempo. Adesso l'idea di abusare di quello straordinario potere magico la preoccupava. La sua amica stava inequivocabilmente crescendo.

Ami ci pensò su, senza trovare una qualsiasi argomentazione valida per formulare una risposta sensata. Senza dubbio, sciogliendo la trasformazione, non avrebbe avuto alcun problema; mantenerla, invece, sarebbe stato quasi un esperimento.

-Meglio provare a tenere la trasformazione a lungo quando ci sarà presente Luna-, le rispose dunque in un sorriso e vide l’amica annuire e premere il bottone della penna. Indossava una maglia accollata, perciò dovette tirarla un po’ per scoprire la parte lesa e verificare che la cicatrice fosse tornata al suo posto.

-Sai… è strano da dire, ma… questa cicatrice mi ricorda chi sono, nonostante tutto, e mi fa pensare che le nostre battaglie non finiranno mai… In fondo non vorrei cancellarla del tutto dalla mia pelle… È il segno che in fondo anche io ho messo in gioco la mia vita per salvare il mondo, è l’unica cosa che testimoni che non sono solo una sciocca ragazzina infantile.-

Ami si trovò ad abbracciarla, stringendola a sé e accarezzandole la testa. Era difficile trattenere le lacrime di commozione di fronte a una confessione così emozionante… aveva ragione: Usagi era cresciuta e, anche se a volte si comportava ancora come una bambina, anche se aveva la tendenza ad innamorarsi di ogni bel ragazzo che passasse sulla sua strada e a volte aveva dei comportamenti eccessivi, come lo schiaffo che aveva dato a Mamoru, aveva chiara la sua missione e i rischi che avrebbe incontrato sulla sua strada.

-E poi… poi mi ricorda Tuxedo Kamen…-, sussurrò sulla sua spalla Usagi, sfiorando con un dito il piccolo foro circolare. Sentiva le lacrime pungere ai lati degli occhi senza un valido motivo, era come se… stesse iniziando a dimenticarsi di lui, l’unico che le avesse mai mostrato di amarla, nonostante l’avventatezza che c’era stata tra loro e volesse rimanere aggrappata a quel dolce pensiero in ogni modo.

-Tu… lo sai cosa…-

Stava per raccontare ad Ami del bacio, ma si interruppe: non l’avrebbe compresa e avrebbe avuto la conferma di quanto lei fosse volubile e sciocchina.

-Cosa?-, chiese la ragazza, sempre carezzando i suoi capelli.

-Niente-, si liberò dall’abbraccio cercando di dissimulare la sua momentanea angoscia. Ami era sveglia e avrebbe capito che non era il caso di insistere.

-Usagi, mi spieghi perché hai aperto l’acqua?-, domandò invece, chiudendo il rubinetto.

Usagi portò una mano alla nuca, imbarazzata.

-È una cosa che… faccio sempre, a casa, perché i miei non sentano quello che faccio in bagno-, disse senza riflettere, vinta dalla sua sincerità.

-E cosa fai di così rumoroso che non vuoi venga sentito da fuori?-, Ami aveva sgranato gli occhi, mettendola nel più completo imbarazzo… in effetti la sua frase dava adito a quesiti leciti.

-Io… Ecco…. quando parlo con Luna… per esempio… oppure… che so… se… boh, sai… a volte…-, torturandosi le mani, Usagi incontrò il suo riflesso nello specchio vicino a loro: era rossa come un peperone, preda del più totale imbarazzo.

-Usa…- 

Eccolo! Lo sguardo di rimprovero di Ami! Per favore, no! Lei a quello sguardo non riusciva a resistere…

-Non dirlo a nessuno-, soffiò piano, abbassando lo sguardo.

-Promesso-, Ami le pose una mano sulla spalla, dandole forza di parlare. In fondo ce l’aveva portata lei a farle quella domanda, forse era quello che desiderava: confidarsi con qualcuna che le volesse bene e non la giudicasse.

-Io… a volte… quando non ce la faccio più… a volte mi chiudo in bagno e… piango-, confessò vergognandosi. Sicuramente l’amica l’avrebbe criticata, dicendo che solo i bambini e i perdenti piangono come degli sciocchi da soli. Invece si sentì abbracciare di nuovo, provocando un tracollo della sua condizione emotiva. Se l’abbracciava così… tutte le tensioni, tutte le paure e le cose che l’avevano ferita… se Ami faceva così, tutto spingeva per tornare a galla e lei non…

Con la mano libera, Ami aprì nuovamente il rubinetto dell’acqua, facendola schizzare ovunque.

 

-Sfogati-, sussurrò al suo orecchio e rimase stretta a lei, finché Usagi non ebbe versato fino all’ultima lacrima, senza domandarle alcuna spiegazione.

 

Dopo diverso tempo, quando la crisi passò, la scortò nella stanza che divideva con Makoto: -Riposa un po’, ci pensiamo noi a preparare la cena. Qui non ti disturberà nessuno.-

Non se lo meritava tutto quell’affetto. Se non avesse conosciuto davvero Ami, Usagi avrebbe pensato che l'avesse fatto per farsi perdonare qualcosa. Ma Ami non avrebbe mai fatto nulla contro di lei, quindi, esausta, si concedette un pisolino…


--- 


Yuichiro se ne stava zitto in cucina a pelare i daikon che Makoto avrebbe preparato per cena, ponderando, un tubero sì e l’altro no, se usare quel coltellino affilato per fare Harakiri. La lama sarebbe stata troppo corta purtroppo, quindi, dopo l’ennesimo sospiro, la lasciò cadere nel lavabo e si sciacquò le mani.

-Tieni, questo fa più male-, Makoto gli passò il lungo coltello che stava utilizzando per tagliare la carne, guardandolo con espressione grave.

Yu non trovò la cosa neanche un po’ divertente e si allontanò.

-Quanto siamo suscettibili…-, commentò la ragazza, riprendendo il suo lavoro. Aveva deciso di preparare lo Yakitori di pollo e verdure e aveva dovuto lottare non poco con Hiro e Kenzo che pretendevano ‘un goccetto’ del sakè necessario alla preparazione del piatto. Per questo li aveva spediti lontano dalla cucina.

Liquidati loro, si era presentato Yuichiro, più depresso e disperato del solito.

Dal momento che se ne stava fisso come un componente d’arredo, Makoto decise che lo avrebbe sfruttato per appendere alla sua spalla lo strofinaccio che continuava a perdere in giro per la stanza. Non era abituata a spazi come quello, ma conosceva ormai abbastanza bene Yu per sapere che, a breve, sarebbe stato lui stesso a vuotare il sacco.

Ripulì il piano di lavoro, infilzò la carne tagliata a cubetti sugli spiedini di legno e mise il tutto in frigo, perché si freddasse un po’ prima di cuocerlo. Controllò lo stato della salsa e ne assaggiò un cucchiaino, soddisfatta.

 

-È che ogni occasione è buona per farmi notare quanto sia stata sbagliata la mia scelta: mai che facessi qualcosa di giusto! Io mi sforzo, considero tutti i pro e i contro delle situazioni, mi preoccupo per voi e lei che fa? Mi dice che sono una persona inospitale!-, come volevasi dimostrare, Yuichiro iniziò la sua lunga sfilza di lamentele, guardando fisso il frigorifero davanti a lui.

Makoto lo lasciò parlare, continuando a sistemare la cucina e iniziando a pulire le altre verdure, sfrecciando davanti a lui da destra a sinistra e da sinistra a destra, ora con un mazzo di funghi, ora con delle carote.

-Ma ci stai ferma? Mi stai facendo girare la testa!-, quasi le urlò in faccia, bloccandola per le spalle e mostrando la faccia più irritata che Makoto potesse ricordare.

-Sono efficiente-, gli rispose, scrollandosi le mani di dosso e incrociando le braccia davanti a lui.

-Avanti, il punto qual è?-, lo guardò di sottecchi e attese, vedendo il colore sbiadire dal suo viso.

-Ecco... vedi… è che…-

-Non dirmi che hai detto a Rei che non ti fidavi di loro?-, domandò allargando gli occhi e godendosi l’espressione di Yu sprofondare nella più completa disperazione. Attese trafiggendolo con sguardo inquisitore finché il ragazzo, tornando a respirare, confesso in un soffio di aver pronunciato proprio quelle parole.

Yu fissò il pavimento sotto ai suoi piedi, chiedendosi perché non si fosse già aperto per fagocitarlo e scosse la testa sconsolato. La pacca che Makoto assestò sulla sua spalla fu energica e conquistò del tutto la sua attenzione.

-Bravo-, gli disse, fissandolo nuovamente con espressione grave, -Hai fatto bene: neanche io mi fido di loro-, ammise, si voltò e tornò a lavare le verdure.

 

Senza dubbio una cosa del genere Yuichiro non se l’aspettava…

-Vuoi dire che non hai pensato anche tu ‘Oh quanto è bello quel ragazzo, voglio conoscerlo meglio’ come hanno fatto tutte le altre?-, non era possibile che Rei si fosse mostrata meno matura di Makoto, non era accettabile e lui la conosceva bene per sapere quanto fosse una ragazza seria e…

-Oh, certo che l’ho pensato! Più che ‘bello’ ho pensato… vabè, lasciamo perdere…-, un lieve rossore si diffuse sul suo volto, -Comunque il punto è che non mi sono fidata di loro e di come hanno avvicinato Usagi.-

Usagi?

 

-Veramente, a me pare che quel bellimbusto abbia guardato Rei in un modo che non mi è affatto piaciuto e…-

-Tu hai gli occhi foderati di fette di sashimi. Sei così convinto che Rei sia di tua proprietà e hai così tanto il terrore che possano portartela via che non ti sei neanche accorto di come lei sia stata forse l‘unica tra noi a non guardare neanche per un attimo quel ragazzo… Mentre io l’ho visto l’occhio che tu hai buttato sulle gambe di sua sorella! Mascalzone che non sei altro!-, iniziò a ridere, pensando che mai avrebbe immaginato di fare un discorso simile con Yuichiro Kumada.

-Ad ogni modo, lui ha guardato Usagi, Usagi ha guardato lui e Mamoru…-, si interruppe, stava parlando a vanvera e con Yu non era la stessa cosa di Motoki.

-E Mamoru…?-, Yu alzò le sopracciglia, incuriosito.

Makoto mise le mani avanti… o meglio, mise due cetrioli e un broccolo tra sé e Yuichiro e si voltò di scatto.

-Niente… Oh, Yu, è tardissimo, lasciami lavorare adesso!-

Fingere non le riusciva proprio… non le era mai riuscito, men che meno con animi limpidi come quello del ragazzo alle sue spalle.

 

Riprese ad affettare le verdure sottili sottili, in modo che cuocendole i sapori si sarebbero amalgamati per bene conferendo alla sua creazione quel tocco di magia che condiva sempre le sue ricette. Controllò che la fiamma sotto al wok fosse vivace e rimestò il tutto, sporgendosi ad annusare il profumo di stufato, a occhi chiusi. Affondò un cucchiaio nelle verdure, soffiò e lo avvicinò alle labbra, per assaggiare.

 

-Se Mamoru è interessato a Usagi, è un cretino a comportarsi con lei nel modo in cui si comporta. Che bisogno ha di trattarla male e dopo essere colto dalla gelosia per un paio di occhiate che lei ha scambiato con quel tipo. Voglio dire… basterebbe essere gentile e carino e venerarla, come faccio io con Rei, no?-

 

Makoto strillò dal dolore e lasciò cadere il cucchiaio incandescente per terra: le parole di Yuichiro l’avevano colpita al punto di infilare in bocca il tutto, dimenticandosi della temperatura.

-Bevi!-, per lo meno, il ragazzo le aveva porto subito un bicchiere d’acqua gelida di frigo e aveva pulito in un batter d’occhio il pavimento.

-Ma sei matto?-, con la lingua in fiamme, Makoto apostrofò Yu brandendo un cucchiaio di legno e colpendolo sulla testa. Si era fatta male… e tutto per colpa di quelle cose che aveva detto.

-Che ho fatto, adesso?-

No, Yu proprio non capiva… per lui il mondo iniziava e finiva con Rei.

Makoto bevve un altro sorso d’acqua e si fermò a guardarlo, senza parlare. Il sorriso si allargò lentamente sul suo volto, fino a che il ragazzo non tollerò più quell’analisi dettagliata di cui era vittima e si coprì il viso con le mani.

-E basta!!!-, si lagnò, facendo ridere Makoto.

-Toglimi una curiosità-, gli domandò, tirando via le mani che gli impedivano di guardarlo negli occhi, -Come riuscivi a vivere prima di incontrare Rei?-

 

Yuichiro si grattò la testa, virando verso un rosso cardinale acceso e balbettò qualcosa, in un profondo imbarazzo che non riuscì a sostenere. Si allontanò dalla cucina, lasciando Makoto da sola e a lei parve di sentirlo dire, quando il ragazzo varcò la soglia della stanza, “Ho iniziato a vivere quando l’ho vista per la prima volta”

 

Makoto sospirò, si sedette su uno sgabello e affondò il viso nella sua mano. Non sarebbe mai riuscita a trovare qualcuno che la amasse così.


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Mamoru chiuse il getto dell’acqua e lasciò che il vapore all’interno della doccia si dissolvesse prima di uscire. Avrebbe ritardato il momento in cui si sarebbe guardato allo specchio e avrebbe avuto la conferma di quanto fosse stato stupido.

Una volta arrivati alla villa, aveva lasciato che Usagi smontasse dalla moto e corresse dentro, euforica come sempre, come sempre a lui incomprensibile. Lui, invece, si era trattenuto nel garage, con la scusa di lustrare la moto che Yuichiro gli aveva prestato; si era armato di straccio e secchio d’acqua e l’aveva fatta risplendere, nell’attesa che i suoi amici terminassero di lavarsi e vestirsi. Quindi si era infilato di soppiatto in bagno ed era rimasto a squagliarsi sotto l’acqua calda.

Tre erano le cose che non tollerava in un ragazzo: la mancanza di educazione, la mancanza di coraggio e la mancanza di buonsenso.

Quel giorno lui era stato più maleducato che mai nei confronti di quello sconosciuto a cui non aveva voluto stringere la mano, era stato un codardo a rifugiarsi in mare per evitare le battute sarcastiche dei ragazzi che avevano assistito al suo spettacolo con Usagi e, poco prima, a rinchiudersi nel garage per evitare qualsiasi ulteriore commento. Ma soprattutto si era mostrato veramente sciocco a comportarsi come aveva fatto con Usagi, evitando di rivolgerle la parola lungo il viaggio di ritorno.

Scostò le tende della doccia e prese il suo asciugamano dal gancio al quale lo aveva appeso. Si strofinò i capelli e imprecò sottovoce al contatto della spugna ruvida con la schiena bruciacchiata.

Si rivestì senza attenzione, deciso ad affrontare il toro per le corna, cioè Usagi per i codini, e uscì per riporre le sue cose in camera. 

 

Era certo che anche a Yuichiro avesse dato fastidio l’apparizione di quei due sconosciuti, nonostante ciò, lui non si era esentato dal porgere loro la mano quando erano andati via. Certo, se non lo avesse fatto, Rei lo avrebbe rimproverato, ne era sicuro… Il problema è che lui lo aveva fatto per Rei, nonostante non avrebbe voluto farlo a causa di Rei. O, meglio, a causa della infondata gelosia che aveva provato nel vedere quel tipo accanto a Rei.

Era tutto perfettamente logico: Yuichiro amava Rei in un modo che a Mamoru puzzava un po’ troppo di servilismo, quindi era plausibile che si fosse risentito per un moto di gelosia impossibile da ignorare.

 

Chiuse con uno schiocco il cassetto nel quale aveva sistemato le sue poche cose e alzò lo sguardo sullo specchio che lo fissava ingrato da sopra il cassettone.

-Ma tu perché tu sei comportato così?-, chiese alla sua immagine riflessa.

Non era certamente innamorato né di Usagi, né di alcuna altra ragazza tra le presenti! Anzi, le considerava tutte piuttosto infantili, comprese Ami e Makoto, le sole due che avrebbe salvato, ma che avevano preso a ronzare intorno a Motoki con un interesse morboso dipinto in viso.

Motoki

Sarebbe stato tutto più semplice se fosse riuscito a essere come lui: gentile, sempre sorridente, disponibile e altruista. Praticamente il fidanzato ideale, universalmente adatto a tutte. A quelle serie, alle solari, alle lunatiche e quelle più infantili.

Scosse la testa allo specchio e spense la luce, uscendo dalla stanza. Da basso proveniva un buon odorino di stufato e non avrebbe permesso alla sua irritazione irrazionale di rovinargli la cena, né alla dispettosa presenza di Usagi Tsukino di infilargli nella testa idee balzane.

Percorse i pochi metri che separavano la sua stanza dalle scale e vide, attraverso la porta socchiusa, Ami Mizuno china sul letto nella sua stanza, che sussurrava qualcosa a qualcuno lì disteso, in maniera amorevole e gentile.

 

Il primo pensiero che attraversò la sua mente come una meteora fu che potesse trattarsi proprio di Motoki, capitolato di fronte all’intelligenza della ragazza, ma come una meteora, quell’idea sfumò, quando Ami si alzò e uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro a sé, delicatamente.

Mamoru si sentì un impiccione e si affrettò a scendere dabbasso, dove trovò il suo amico Motoki impegnato in una partita a shangai contro Rei, mentre gli altri li osservavano scommettendo su chi avrebbe vinto.  Dunque, senza dubbio Ami non stava coccolando lui.


-Hai visto Usagi?-, udì il bisbiglio di Naru rivolto ad Ami.

-È un po’ stanca, si sta riposando, scenderà per cena-, fu la risposta che informò Mamoru di chi fosse rimasto al piano di sopra.

 

Motoki si sforzava di non toccare i bastoncini di Rei, Makoto stava cucinando la cena, canticchiando in cucina, Ami aveva coccolato la sua cara amica e si era aggregata agli altri per osservare gli amici giocare, Minako, poco distante, stava facendo delle treccine ai capelli di Naru.

Usagi era da sola, chiusa in camera e lui, dopo tutto quello che aveva insinuato nei confronti di tutti i suoi amici, era e rimaneva un autentico cretino.

 

Non ci pensò due volte, forse non lo fece neanche una volta sola e semplicemente seguì l’istinto: lasciò gli amici alle loro attività e, salendo gli scalini due a due, tornò di sopra ed entrò di soppiatto nella stanza dove Usagi riposava.


La prima cosa che percepì, una volta dentro la camera in penombra, fu il profumo dolce e frizzante che lo aveva accompagnato per tutto il giorno. Poteva essere profumo di rose appena colte, ma c’erano sentori di vaniglia e fragola, misti al gelsomino notturno e alla menta. Forse era semplicemente il profumo dei fiori di ciliegio che aleggia nelle notti di primavera, o più semplicemente era l’odore della sua pelle, che non era uguale ad alcuna essenza nota e che penetrò prepotente nelle sue narici, confondendolo.

 

La seconda cosa fu il fruscio ovattato del suo respiro, lento e cadenzato e la sagoma che, in controluce, si muoveva appena.

 

La terza fu il debole battito del cuore di Usagi, ma quando fu in grado di percepirlo, grazie a quella sua capacità ignota, si rese conto di essersi avvicinato a lei in maniera eccessiva, troppo pericolosa per una semplice incursione nata dalla curiosità, e fu sopraffatto dal galoppo del proprio cuore.

 

Si rese conto di essersi chinato sulla minuta figura e di stare quasi per sfiorare la sua pelle. Lo aveva già fatto, quel giorno, e sapeva quanto fosse morbida e delicata, come un petalo.

 

Si allontanò senza fare il minimo rumore e rimase un po’ in disparte, protetto dal cono d’ombra creato dall’anta di un armadio lasciata aperta.

 

Era certo di non essere in sé… non c’era nulla di razionale in quello che stava facendo e il solo pensiero di poter essere scoperto in quella situazione fece accelerare nuovamente il suo battito.

 

Perché era lì, con quale intenzione aveva salito a corsa la rampa di scale e si era chiuso la porta della camera alle spalle? 

Voleva parlarle in privato e domandarle scusa per il suo comportamento cafone e infantile di poco prima, proponendo di sotterrare l’ascia di guerra e trascorrere quel che sarebbe rimasto della vacanza in pace. Le avrebbe voluto dire che era libera di incontrare ancora quel ragazzo biondo e confidarle che, se voleva, poteva perfino tentare di coronare il suo sogno romantico, perché Motoki era libero ormai e lei non gli era mai stata indifferente, anche se…

 

“Cosa sto facendo…?”

 

Qualsiasi fosse la sua intenzione, era stato attratto dal voyeurismo e si era soffermato a guardarla dormire, senza che il suo cervello facesse il minimo sforzo per segnalargli la situazione estremamente pericolosa in cui si stava cacciando. Decise che aveva osato abbastanza e che avrebbe pagato il fio per quel che gli era saltato in mente rinunciando a ogni futura presa in giro o frecciatina rivolta alla ragazza: gli bastava riuscire a scappare da quella stanza senza che lei si accorgesse della sua presenza.

Mosse un passo in direzione della porta, implorando ogni ordine di divinità affinché impedisse al pavimento di scricchiolare o ai cardini di cigolare e trattenne il respiro, appoggiando il piede su cui faceva peso a terra.

Un altro passo verso la porta, un altro chilometro più lontano dalla assurda situazione in cui si era cacciato.

Ancora uno…

 

Sentì un sospiro e con la coda dell’occhio, ormai avvezzo all’oscurità, vide la ragazza rigirarsi e cambiare posizione. Allora fu più forte la curiosità di fermarsi a guardarla che la necessità di scomparire.

 

Usagi si era rannicchiata in posizione fetale su un fianco, mostrando solo allora chiaramente che non indossava né pantaloni né gonne sotto l’ampia maglia dallo scollo a barca. Le gambe lisce e lunghe stavano piegate e le ginocchia sfioravano le sue braccia. Una ciocca di capelli era scivolata dalla sua spalla ed era caduta giù dal materasso, pendendo come un ramo di salice d’oro.

 

In quella stanza faceva troppo caldo, eppure Mamoru non riusciva a determinarne la fonte, perché era troppo concentrato nel trattenere il respiro e rimanere immobile.

 

E poi, d’un tratto, vide la fronte della ragazza corrugarsi e dalle labbra le uscì un debole lamento che si infiltrò tra gli strati più vischiosi del suo animo e perforò la scorza che ricopriva il suo cuore.

 

Lottò con se stesso per non prendere la sua mano, che aveva iniziato a stringere in maniera quasi convulsa la coperta sotto di sé; si avvicinò ancora e rimase in silenzio, guardando i suoi muscoli contrarsi e udendo deboli gemiti spezzarle il respiro.

La figura distesa si chiuse ancor più su se stessa, si lamentò più forte, quasi volesse parlare, ma le mancassero le parole, dopo si mosse di scatto, tornando supina. Puntò i talloni sul letto e, come se provasse un profondo dolore, portò velocemente la mano al petto, stringendo la stoffa della maglia, accartocciandosi su quel punto.

 

Il respiro di Usagi si fece più veloce, gli ansiti più evidenti, tanto che li avrebbe potuti udire anche qualcuno che fosse stato oltre il legno spesso della porta, una lacrima sfuggì alle palpebre serrate e scivolò sul suo viso, sparendo tra i capelli.

Infine urlò.

 

Fu un urlo breve e non troppo rumoroso, probabilmente nessuno la udì dal piano di sotto, ma fu sufficiente per gelare il sangue nelle vene di Mamoru, che si trovò senza ricordare di essersi spostato vicino a lei, in ginocchio a fianco del letto. Voleva aiutarla… ma stava accadendo la stessa cosa della notte che avevano passato sul traghetto… come poteva svegliarla senza spaventarla ancora di più, come…?

La mano stretta alla maglia si spostò, come se volesse strappare la stoffa, tirò e tutto il corpo della ragazza tremò, contraendosi allo spasmo per un istante.

Quindi ricadde distesa, la mano abbandonata sul seno sinistro, le gambe rilassate in posizione scomposta, il viso stanco, ma nuovamente rilassato. 

La spalla scoperta.

 

E allora Mamoru la vide e il suo cuore perse un colpo, per travolgerlo con il suo ritmo impazzito un istante dopo.

 

Non si curò di fare piano e si sollevò di scatto, correndo verso la porta, la aprì, uscì dalla stanza, la richiuse e si appoggiò con la schiena al legno chiaro.

Doveva calmarsi e rallentare il suo cuore agitato.

Doveva calmarsi e convincersi di aver avuto un’allucinazione, perché non poteva essere vero quello che aveva appena visto: Usagi Tsukino aveva davvero una cicatrice simile a un foro di proiettile sulla sua spalla sinistra.

Usagi Tsukino era stata ferita da qualcosa di appuntito e tagliente.

Usagi Tsukino, per un istante durato un’eternità, gli era aveva ricordato Sailor Moon sanguinante per il colpo che lui le aveva inferto.

 

Si staccò dalla porta e scese lentamente le scale.

Usagi Tsukino nascondeva un segreto e lui lo avrebbe scoperto ad ogni costo.


--- 

 

-Uff… la tua amica mi ha stracciato-, Motoki, sottraendosi al giubilo di Rei, entrò di soppiatto in cucina, trovando Makoto. La ragazza portò una mano al cuore, un po’ per lo spavento, un po’ senza un vero motivo: sentì le guance avvampare e si concentrò sui suoi spiedini di pollo.

Aveva osservato per un po’ la partita tra lui e Rei, dopo era tornata a lavoro, la sua tranquillità velata da una non meglio specificata sensazione che si era aggrappata alla bocca del suo stomaco, lasciandole addosso un malessere strano che la voce di Motoki aveva appena fatto sparire.

-Forse perché Rei non si è distratta ripensando a una certa signorina misteriosa dagli occhi color del mare e l’auto in panne? Che cosa avrebbe detto la tua Reika se ti avesse visto?-, si morse la lingua nel momento stesso in cui pronunciò la frase e non poté fare nulla per tornare indietro, se non agitare il mestolo di legno a mo’ di vecchia casalinga dispensatrice di consigli e voltarsi dall’altra parte. A quel punto sì che avrebbe voluto confondersi con la purea di fagioli rossi che aveva preparato…

Motoki non le rispose, cosa che, dopo svariati istanti di imbarazzo, la spinse a girarsi verso di lui. Lo trovò seduto su uno sgabello, la testa affondata nelle mani, lo sguardo perso davanti a sé. 

Stupida che non era altra! Gli aveva ricordato Reika… chissà quanto soffriva per la sua lontananza… Si fosse trovata lei in una situazione del genere, sarebbe stata ore a sospirare e sospirare, immaginando di trovarsi accanto a…

 

-Reika mi ha lasciato.-

 

Makoto pensò di non aver capito bene. Motoki doveva aver detto qualcosa del tipo “Reika mi ha parlato”, oppure “Lei lo ha accettato” oppure…

 

-È successo un mese fa. Pensavo fosse un periodo di pausa, E invece… è finita…-

 

No che non aveva capito male! Motoki aveva davvero detto quello che lei aveva finto di non capire! Motoki era quindi… libero?

L’attimo di euforia iniziale fu stracciato dal vedere il ragazzo affondare sempre di più con la testa nelle mani. I gomiti gli scivolavano sul piano liscio di marmo del bancone della cucina e la sua schiena si incurvava sempre di più.

Perché ne aveva parlato proprio a lei? Che cosa doveva fare per… Oh, Signore… Motoki stava soffrendo in silenzio da tutto quel tempo, e lei… Lei non era certamente quella adatta a dire o fare qualcosa per consolare proprio lui per essere stato lasciato da… Oh Signore!!!

 

Il suo corpo si mosse da solo:  era così abituata a vivere in cucina e a considerarla il suo nido, il posto dove affogare i dispiaceri e creare nuova felicità, che le venne naturale compiere il gesto che fece. Era una delle cose più dolci che ricordasse della sua mamma, prima che quel dannato aereo se la portasse via, insieme al suo papà e alla sua infanzia. Era il modo che lei usava sempre per far tornare il sorriso sul musetto corrucciato della piccola Makoto, sempre in lotta con il mondo e i compagni di scuola.

Si avvicinò decisa a lui, lo punzecchiò su una spalla per ottenere la sua attenzione e lo afferrò per una mano, trascinandolo verso la parte opposta della stanza. 

 

-Guarda-, gli disse in tono cospirativo e aprì uno sportello, rivelando una torta al cioccolato perfettamente guarnita.

-L’ho fatta stamattina all’alba: volevo fare una sorpresa alle ragazze, servendola dopo cena-, gli spiegò estraendola con attenzione dalla credenza. –Non è una semplice torta al cioccolato, ha un cuore di marmellata di lamponi, per contrastare l’amaro del cacao che ho usato-, disse con orgoglio sistemandola sul bancone, sfiorando i fiori di cioccolato fondente che aveva preparato lei stessa, usando una tecnica particolare che aveva imparato in tv, guardando una trasmissione in cui partecipavano grandi cuochi intercontinentali. Un giorno le sarebbe piaciuto diventare come loro, oppure… oppure aprire una piccola pasticceria tutta sua, ma quello era un sogno che solo una maga avrebbe potuto realizzare…

Allungò una mano verso il cassetto alle loro spalle, quasi senza guardare e afferrò un coltello.

-Ecco-, disse affondando la lama nella sua creazione e tagliando una grossa fetta, senza ascoltare le proteste di Motoki, -È per te-

Con movimenti rapidissimi e sicuri prese un piattino dal mobile sotto al bancone e vi adagiò la fetta tagliata.

-Visto che sono in ritardo con la preparazione della cena, ti consiglio di bloccare l’appetito con questa. Ah, falla sparire prima che ti scopra Usagi o qualcun altro di poco raccomandabile-, gli sorrise, guardando la sua espressione imbarazzata e mortificata al tempo stesso.

-Perché lo hai fatto?-, domandò Motoki prima di portare alla bocca il primo boccone, -Ci avevi perso tanto tempo e sarebbe stato giusto portarla in tavolo intera. Invece l’hai… uccisa-, si sentiva più inopportuno di un bambino, viziato come un principino e…

-Perché hai lasciato vincere Rei a Shangai, in modo che le torni tutta l’esuberanza di sempre e Yuichiro si accorga che, se vuole avere una chance con lei, deve seguire il tuo esempio e darsi da fare-, gli sorrise e affondò il dito nella marmellata di lamponi che stava iniziando a colare dalla torta.

-Mmmm…-, socchiuse gli occhi, godendosi quella dolcissima sensazione e non si accorse del gesto del ragazzo.

-Oh!-, esclamò quando sentì la mano di Motoki sulla sua. Fece per ritrarla, neanche si fosse scottata, ma il ragazzo glielo impedì, trattenendola. Makoto sentì tutti i più piccoli nervi del suo corpo mettersi sull’attenti, mentre un brivido inopportuno a quell’ora della sera aveva grattato lungo la schiena e convogliato tutta la sua tensione in mezzo alla pancia. Oh Signore…

 

-Sei unica, Makoto-, le parole di Motoki, dolci come il miele, scivolarono lente e balsamiche sulla sua anima, sanarono la sensazione di fastidio lungo la schiena e alleviarono un po’ il groppo alla gola. Non poterono nulla per quella sensazione che continuava a spostarsi sempre più in basso, dallo stomaco, più giù, più giù.

Con un bel sorriso che odorava di calma dopo l’acquazzone, Motoki portò le mani alle sue spalle e si avvicinò, fino a posare un bacio sul centro della sua fronte.

-Vado ad apparecchiare-, comunicò un istante dopo, lasciandola pietrificata e si dileguò in salotto.

 

Makoto si lasciò cadere seduta sullo sgabello e, senza pensarci, infilò ancora un dito nella torta e ne staccò un pezzetto irregolare, con cui saziò quella strana sensazione che le stava facendo girare la testa e vacillare le gambe.

 

Un istante dopo, quello che chiamava sesto senso sailor formicolò alla sua nuca e, senza rifletterci troppo, si precipitò fuori dalla cucina, correndo come un fulmine al piano di sopra.

 

Usagi era in pericolo…


--- 

 

Hiro la stava abbracciando! Non era possibile una cosa simile, non a lei, non lì!!!

Gli avrebbe tirato uno schiaffo come aveva fatto Usagi con Mamoru, gli avrebbe fatto capire che non ci si comportava così con lei dopo averle preferito un’altra e…

 

E se fosse stato il modo per farle capire che invece avrebbe preferito stare con lei?

 

-Grazie-, la voce di Hiro sorpassò la musica a volume altissimo che qualcuno aveva messo su e giunse appiccicosa al suo orecchio, le labbra del ragazzo la sfiorarono e lei seppe di essere divenuta paonazza.

Puntò le mani sul petto di Hiro -oh, quanti muscoli…- e si sforzò di fare la faccia più irritata della storia: -Si può sapere che ti è preso?-, ringhiò contro di lui, facendo saettare lo sguardo a destra e sinistra, per scongiurare eventuali occhi indiscreti.

-Hai battuto il fratello di Kenzo a Shangai… grazie! Tu non hai idea di quanti anni sono che Motoki ce la mena con la storia che a sei anni ha sconfitto quattro volte di fila loro cugino più grande! Finalmente hai abbattuto un mito!-

 

Ah.

Era dovuta a quella cosa l’esplosiva effusione di Hiro?

Non poteva crederci… cioè, era… 

-Si vede che le ragazze che vi siete portate dietro sono più intelligenti e furbe di quello che credevate: io so fare ben altro che saper giocare a Shangai, Makoto cucina egregiamente, Ami ha un cervello che potrebbe contenere entrambi i vostri, Minako è un’ottima giocatrice di pallavolo e Naru e Usagi…-

 

Che dire di loro? Si morse la lingua, perché si stava infilando su un sentiero scivoloso…

 

-Insomma, siamo tutte fortissime… eppure voi avete apprezzato di più le gambe di quella sconosciuta, che noi!-

Ecco, l’aveva detto. Non le era andato giù il modo con cui avevano spogliato con gli occhi quella Michiru, neanche fosse stata una dea scesa sulla terra da una dimensione di angeli!

Si voltò e decise di andare da Yuichiro: almeno lui, anche se era una lagna perpetua, sapeva come risollevare il suo ego.

-Io ti apprezzo molto, Rei-, sentì dire alle sue spalle, -E apprezzo anche le tue gambe, se è per questo, ma mi piacerebbe poterti apprezzare più da vici…-

 

Non ascoltò quelle parole blasfeme, perché era letteralmente scappata dalla stanza. Come… come… Accidenti, quel ragazzo le aveva appena detto che la trovava carina e che… ACCIDENTI!

 

Non avrebbe mai pensato che l’unica cosa di cui sarebbe stata capace fosse scappare. In un istante le fu chiara la situazione: era stata lei ad accalappiare Mamoru, una vita prima, per questo era interessata a lui. Invece non degnava di uno sguardo Yuichiro, che faceva di tutto per piacerle… perché non era stata lei a iniziare la cosa.

Sul treno e al mare aveva scherzato con Hiro e Kenzo, pensando che fossero due bei ragazzi e che avrebbero potuto interessarle per qualcosa di più di una partita a carte o un tuffo in acqua, ma, quando uno di loro si era proposto, lei era scappata.

 

Entrò come un treno nella sala da pranzo, travolgendo il povero Yu che fece cadere per terra tutte le posate che stava mettendo in tavola. Aveva bisogno di chiarire una cosa con Minako, innanzitutto e dopo…

 

Usagi!

 

Qualcosa scattò nella sua testa e ogni pensiero si dileguò.

Cosa ti sta succedendo, Usagi?

   
 
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