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Autore: Nazuhi    18/10/2021    2 recensioni
L'acqua ormai gli arrivava al polpaccio. Quanto tempo era passato? Un'ora, due? Forse meno. Decisamente meno. Saliva troppo in fretta, schiantandosi contro le sbarre della prigione e sciabordando sulla roccia umida della caverna. Piccoli mulinelli rabbiosi che gli cingevano le gambe come tentacoli di mostri marini.
***
Raccolta di 13 OS il cui filo conduttore sono gli arcani maggiori dei tarocchi. Le storie sono ambientate prima e dopo la Guerra delle 12 Case, e ciascuna vede come protagonista un Gold Saint e il suo rapporto con la morte in senso lato.
[Lievi accenni Milo/Camus e Dohko/Shion]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gold Saints
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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XI: La Giustizia – Dike di sangue

 

Shura diede le spalle al Gran Sacerdote e uscì dalle sue stanze. Gli elogi che gli aveva appena rivolto erano stilettate, molto più taglienti della sua Excalibur. Non li meritava e non lo facevano stare meglio. Niente avrebbe potuto.

Uscì dall'edificio e la brezza fredda della notte greca gli scompigliò i corti capelli scuri. Fece per sfiorarsi il volto, ma si bloccò: la mano era ancora sporca di sangue, silenzioso monito delle azioni di quella notte. Ne aveva su tutta l'armatura, sulle guance, il collo e fin sotto le unghie delle dita. Sangue di Aiolos, sangue di traditore.

Il sangue del maestro.

Un conato gli risalì in gola. Si appoggiò a una colonna e rimise il poco che aveva nello stomaco. La gola gli bruciava e la sensazione di nausea e sporco erano ancora avvinghiati al suo corpo.

Ancora odore di sangue, ancora un conato. I sensi di colpa lo punzecchiavano come mille spine acuminate, una voce suadente sussurrava al suo orecchio lodi che non meritava.

Lacrime calde che non avrebbe voluto versare colarono sul sangue rappreso che gli marchiava il volto.

«Shura?»

Shura sussultò e si affrettò ad asciugarsi bocca e occhi con il dorso della mano. Sperò che Aphrodite non l'avesse visto e si voltò per affrontarlo. In quel momento avrebbe preferito affrontare la rabbia di Aiolia invece dello sguardo preoccupato del Santo di Pisces. La rabbia la meritava, e una parte di lui la desiderava anche, ma non riusciva a dire la stessa cosa per la pietà. In fondo aveva appena assassinato il maestro.

«Stai bene?» insistette l'altro. «Sei-»

«Ricoperto di sangue» terminò Shura per lui, senza osare alzare lo sguardo. Serrò le labbra. «Sto bene, grazie.»

«Aiolos…»

«Traditore» lo corresse, gelido. «L'ho ucciso. Ho portato a termine gli ordini.»

Fece per dargli le spalle, ma Aphrodite lo bloccò per un polso. Neanche in quel momento ebbe il coraggio di alzare gli occhi e guardare il volto dell'amico, e si sentì un debole.

Piantò i denti nel labbro inferiore, nuovo sangue si mescolò a quello già versato.

«Non dovresti stare alla Dodicesima Casa?» gli chiese, rigido.

«Non se tu stai soffrendo.»

Una risata amara lasciò le sue labbra e sfiorì subito dopo. Lo guardò, abbozzò un sorriso.

«Io sto bene, non vedi?»

Aphrodite sollevò appena le sopracciglia perfette, poi un lampo di tristezza gli attraversò gli occhi.

«Io vedo solo un ragazzino coperto di sangue e in lacrime.»

«Io non…» Deglutì e gli diede le spalle. «Io non sto piangendo. I deboli piangono, io sono forte.»

Silenzio.

«Hai vomitato.»

«È stato l'odore del sangue. Ne sono ricoperto.» Shura strinse i pugni, le lacrime che stillavano già dai suoi occhi. «Ho ucciso un traditore e ho portato giustizia. Come Santo di Atena. Come…»

Tacque.

Ho ucciso il maestro.

Era troppo per lui, non poteva continuare a fingere.

Ho ucciso lo stesso uomo che mi ha insegnato a manipolare il Cosmo.

Non ne era capace.

Si accasciò sui gradini della scalinata, le mani giunte al petto squassato dai singhiozzi che ormai non riusciva più a trattenere. Perché non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione di sporco? Perché aver fatto la cosa giusta lo stava schiacciando in quel modo?

Ho ucciso un mio fratello.

«Shura?»

Le mani delicate e tiepide di Aphrodite gli sfiorarono una guancia.

«Ti prego, dimmelo, dimmi che uccidere Aiolos… Che uccidere il maestro…» Affondò le unghie nella pelle esposta del braccio. «Non ho sbagliato, vero, Dite? Per favore, dimmelo… Io ne ho bisogno…»

Aveva bisogno di sentirsi dire che aveva fatto la cosa giusta, che ubbidire agli ordini e ucciderlo non era stato un errore. Che era la volontà di Atena ad aver guidato la sua mano.

Che tutto il sangue che gli impiastricciava l'armatura e le mani, che si stava rapprendendo sotto le sue unghie e gli torturava le narici, era davvero sangue di traditore.

Le braccia esili di Aphrodite gli cinsero il busto, la sua testa gli si adagiò sulla spalla, ma la risposta non arrivò.

 

Oh Excalibur, tu che ti ergi in difesa della giustizia, ti ho portato onore questa notte?

 

  
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