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Autore: Evali    24/10/2021    0 recensioni
Un villaggio isolato, un popolo spezzato in due in seguito ad una terribile calamità, due divinità da servire, adorare e rispettare in egual modo: Dio e il Diavolo.
"- Io amo gli uomini.
- E perché mai io sono andato nella foresta e nel deserto? - replica il santo. – Non fu forse perché amavo troppo gli uomini? Adesso io amo Iddio: gli uomini io non li amo. L’uomo è per me una cosa troppo imperfetta.
- È mai possibile! Questo santo vegliardo non ha ancora sentito dire nella sua foresta che Dio è morto!"
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il giudizio
 
Gli effetti dell’epidemia si riuscivano a scorgere sin da lontano.
Come un flagello, scagliatosi ovunque e su chiunque, aveva lasciato rimasugli, tracce indelebili non solo sui volti e sui corpi, ma anche sugli occhi, sugli sguardi di ogni abitante del villaggio, anche di quei pochi che avevano scampato il tremendo morbo.
Le conseguenze erano palesi e non facevano fatica ad esporsi ed ostentarsi come trofei di umano orrore: la puzza di morte, di piaghe, di fiato torbido, cumuli di vestiti, stracci e cenci sporchi di sangue e di altri liquidi corporei, l’aria pregna di paura e di turbamento.
C’era qualcosa di insano. Chiunque avesse fatto il suo ingresso a Bliaint come aveva fatto lui quella notte, si sarebbe accorto di quanta disperazione e terrore aveva circolato in quel luogo fino a qualche giorno prima.
C’era chi nascondeva tutto il dolore provato dietro sorrisi di circostanza, ricolmi di rinnovata ma temporanea speranza.
I due Signori li avevano traditi.
E per quanto nessuno di loro osasse pronunciare ad alta voce parole simili, Blake sapeva che dal primo all’ultimo abitante del suo villaggio pensava ciò.
Ma i due dèi non si potevano incolpare, perciò serviva un capro espiatorio.
Ora capiva a cosa si riferisse Ephram con quelle parole di ragguardamento.
Come facesse a saperlo, non gli interessava più, forse non gli era mai davvero interessato.
Aveva scampato per un pelo l’epidemia, ma avrebbe lottato con le unghie e con i denti anche contro un cumulo di stregoni e di monaci incalliti se ne fosse stato necessario.
Camminò tra la sporcizia generata da resti di cibo marci, da panni luridi abbandonati a terra, da cenere e resti di ossa e altri rifiuti bruciati.
Giunto dinnanzi alle due cattedrali, si rese finalmente conto di quanto la situazione fosse mutata nel giro di qualche settimana.
Poi, improvvisamente, una figura in particolare attirò la sua attenzione.
Non appena anche lei lo individuò a distanza, si paralizzò quasi.
Sgranò i grandi occhi d’ossidiana e cominciò a camminargli incontro a passo svelto, senza attendere che lui la raggiungesse.
Si mosse anch’egli velocemente verso di lei, fin quando non se la ritrovò dinnanzi.
Si fermarono a fissarsi negli occhi per qualche minuto, ognuno dei due mancante del coraggio necessario a fare qualsiasi altra cosa.
Non erano sorpresi, non erano impazienti, non erano commossi.
Erano solamente distrutti. Distrutti e sollevati come non lo erano mai stati in vita loro, di rivedere l’altro.
Blake prese le mani fredde di Judith tra le sue, stringendogliele.
Automaticamente le loro dita si sciolsero e impazienti avvolsero il corpo dell’altro, in un abbraccio più che mai sentito, lungo e accorato.
- Siete qui – disse la ragazza apparentemente senza inflessione nella voce, con il viso affondato sulla sua spalla.
- Sono qui – rispose lui, sentendo il bisogno di darle quella necessaria rassicurazione, quella risposta ovvia. - E non me ne andrò per un bel po’.
Judith accennò un sorriso in risposta, stringendolo e facendosi stringere un altro po’, in balìa del freddo invernale.
Da quando la loro amicizia si era rafforzata fino a tal punto? Da quando rivedersi dopo tanti giorni di lontananza era diventata una salvezza l’uno per l’altra?
La loro inaspettata e causale conoscenza e alleanza aveva portato a dividerli, e a ritrovarsi.
Ed ora, erano entrambi consapevoli non fosse più solamente un’alleanza.
Se ne resero conto quando presero coscienza che non avrebbero mai ammesso che la mancanza dell’altro fosse stata tanto presente.
Si staccarono quando una terza presenza attirò la loro attenzione, uscendo da una delle due cattedrali, infagottato adeguatamente sotto diversi strati di vestiti.
I segni della malattia erano ancora presenti e in fase di guarigione nel suo corpo, ma non per questo il suo sguardo risultò meno espressivo di quanto non fosse.
- Siete tornato... Siete tornato! – sussurrò esterrefatto padre Craig, restando all’entrata della cattedrale non appena lo scorse, poi urlandolo e prendendo a camminare velocemente verso la loro direzione.
Blake lo guardò con un sorriso a metà tra l’intenerito e l’amareggiato nel constatare che anche lui fosse rimasto vittima del tremendo morbo.
A quanto pare, il suo strano ospite, oramai meritevole dell’appellativo di “amico”, non era ancora tornato nella sua terra natale, restando ancorato a Bliaint.
- Padre non dovreste correre in questo modo, state ancora guarendo ... dovreste mostrare più attenzione alla vostra salute – lo mise in guardia Judith, ma lui non la sentì neanche, mentre continuava ad avvicinarsi.
- Buongiorno, padre.
Credevate che avrei smesso di tormentare le vostre giornate così facilmente? – fu la prima cosa che gli disse Blake, scaldandogli il cuore più di quanto fosse disposto ad ammettere.
- Padre, comprendo la vostra gioia, ma sono costretta a dirvi di non avvicinarvi troppo a lui: non sappiamo ancora con certezza se la malattia sia totalmente svanita e innocua in voi. Meglio non rischiare alcun contagio.
- Sì, sì, certo, avete ragione – ritornò in sè padre Craig, già proteso verso di lui per abbracciarlo, smettendo di sorridergli e riprendendo la sua razionalità. – Pretendo che mi raccontiate per filo e per segno qualsiasi cosa vi è accaduta in questo viaggio eterno.
- Non esagerate, padre. Sono stato via alcune settimane, non è stato un viaggio eterno. Anche se lo è sembrato. Eppure, a me sembra che anche qui siano accadute parecchie cose in mia assenza – rispose Blake guardandosi di nuovo intorno, ancora incredulo della desolazione trovatosi dinnanzi.
- Avete parlato con vostra madre? I vostri genitori sanno che siete tornato?
- Ancora no. Ho incontrato solo Ioan.
- Voi!! – cominciarono ad esclamare diverse voci tra la folla di neo-guariti usciti dalla cattedrale, indicando Blake. – Voi siete il demonio che se ne è andato e che, con la sua proibita ricerca, ha provocato questa tremenda pestilenza che ci ha decimati!
- Siete voi! Il figlio di Dun Rolland!
- Siete voi che ve ne siete andato in cerca della polvere nera per portare quel tremendo flagello qui nel nostro villaggio sacro!
- La colpa è solo vostra!
- Dovreste morire bruciato seduta stante, insieme a quella polvere portatrice di stragi!!
- A morte!!
Hinedia accorse verso la folla con il fiatone, assistendo alla tremenda scena, e dandosi immediatamente da fare per placare la massa di fedeli e monaci accaniti contro Blake.
- Vi prego, calmatevi!! Non arrivate a conclusioni affrettate e infondate!
- Ha ragione! – la sostenne Judith, ponendosi al suo fianco. – State giungendo a conclusioni assurde e senza alcuna logica!!
- Sono secoli che viviamo nella pace e nella prosperità! Sono secoli che non ci colpisce una calamità come questa!!
Intanto Blake si guardò intorno, notando che vi fossero molti meno monaci di quanto ricordasse.
- Dove sono finiti tutti i monaci del Diavolo? E perchè non sono qui anche loro per puntarmi il dito contro? - domandò a gran voce il ragazzo, interrompendo la fiumana di accuse e condanne a morte nei propri confronti.
- Vi è stata una rivolta – gli spiegò padre Craig afflitto. – Gli stregoni eremiti hanno attaccato le cattedrali e hanno ucciso tutti i monaci del Diavolo. Beitris ha preso il comando della compagnia in assenza di Ephram, scatenando una rivolta, per riprendersi i gemelli improgionati giorni prima, e per vendicarsi di tutte le morti dei suoi compagni provocate e volute dai monaci. Aveva intenzione di sterminare tutti i monaci, dal primo all’ultimo, ma l’epidemia piombata in seguito ha, in un certo qual modo, giovato sui monaci del Creatore, salvandoli. Sono gli unici superstiti e sono in pochi. Da quando l’epidemia ci ha colpiti abbiamo unito le forze e messo da parte gli screzi e i conflitti, aiutandoci a vicenda a superare la malattia – riassunse padre Craig.
- Difatti, ora che abbiamo sconfitto l’epidemia, è ora di farla pagare anche agli stregoni che hanno provocato la rivolta trasformatasi in carneficina!!! – si animò un coro di voci tra monaci del Creatore e fedeli del Creatore.
- Al rogo gli stregoni!
- Al rogo il demonio che ha portato qui la polvere nera!!
- Vi scongiuro, placatevi!! – si frappose tra loro e Blake anche padre Craig.
- Dove sono finiti gli stregoni? – domandò uno dei tanti accaniti.
- Alcuni sono ancora dentro la cattedrale, per riprendersi dagli effetti dell’epidemia!!
- Rientriamo dentro e catturiamoli!
- Catturate prima il ragazzo!
- Catturate il ragazzo!!
- Non credo sia il caso di agire in maniera tanto sconsiderata e molesta nei confronti di entrambi i nostri signori – si elevò la voce ferma e imponente di Ephram, il quale fece a sua volta il suo ingresso in scena, affiancato da un Quaglia sconvolto e impaurito dall’intera faccenda.
Lo stregone intervenne giusto un attimo prima che la folla si scagliasse su Blake.
- Che cosa intendete dire??
- Chi siete voi??
- Egli è Ephram. Colui a capo della compagnia di stregoni eremiti, scomparso anche lui, alcuni giorni dopo la scomparsa di Blake – rispose per lui Judith guardandolo con sguardo indefinibile.
A ciò, lo stregone le accennò un sorriso di ringraziamento per quella gentile presentazione.
- Nonchè colui che ha fatto condannare ingiustamente Maroine e Maringlen – aggiunse tuttavia la ragazza, facendo roteare gli occhi ad Ephram, il quale alzò le mani in segno di resa.
- D’accordo, d’accordo, ammetto le mie colpe. Mi scusero con i due topolini in seguito, avete la mia parola - le garantì, per poi rivolgersi alla folla, ancora in attesa che lui parlasse. – Quanto a voi: nella vostra ingenua avventatezza, avete mai preso in considerazione che, molto probabilmente, è stato proprio il nostro ritorno, mio e di Blake, il giovane che tanto demonizzate, a porre fine all’epidemia?
A quelle parole, tutti ammutolirono.
- Riflettete un attimo – continuò lo stregone avvicinandosi alla folla, venendo fissato con circospezione sia da Blake che da Judith. – Credete sia una semplice coincidenza che la tremenda epidemia che ha colpito Bliaint abbia avuto fine esattamente il giorno prima del nostro ritorno? Dovete sapere che io mi sono unito a Blake nella ricerca della misteriosa polvere nera.
A tali parole, padre Craig e Judith volsero lo sguardo verso Blake, tacitamente in cerca di spiegazioni.
- Credevo che aveste intrapreso il viaggio solo con Selma. Invece, di lei non c’è traccia e, al suo posto, avete fatto ritorno con Ephram – gli sussurrò padre Craig.
- Avrò modo di spiegarvi tutto in seguito – gli rispose Blake, restando concentrato sulle intenzioni di Ephram, impegnato a difenderlo brillantemente e a spada tratta.
- Alla fine... siete riusciti a trovarla..? – domandò una donna tra la folla.
- No. Ma siamo riusciti a scoprirne la composizione. Ora, Blake ha tutto il necessario per farne uso con intelligenza e giudizio, in quanto egli possiede anche tutte le conoscenze che servono per lavorarla adeguatamente e non abusarne. Il motivo che lo ha convinto a spingersi così lontano per cercarla, è tra i più nobili, potete credermi. Per quanto il mio Signore sia solo uno e lo sapete bene, io li rispetto entrambi, e posso dare la mia parola dinnanzi ad entrambi i nostri immensi signori: Blake ha intenzione di fare della polvere nera un dono e un bene per Bliaint. I signori conoscono le sue buone intenzioni e, per tale motivo, hanno fatto in modo che la loro ira si esaurisse e vi hanno liberati dall’epidemia proprio nel momento in cui  Blake ha fatto ritorno al villaggio. Invece di accusarlo, dovreste ringraziare ed inchinarvi dinnanzi a questo giovane, il vostro liberatore! – concluse impetuosamente Ephram, convincendo ogni monaco e fedele all’ascolto.
- Allora ... se non è colpa di Blake ... chi è stato a far adirare i nostri signori, tanto da spingerli a punirci con l’epidemia? – si elevò una voce tra la folla, nel silenzio.
- Già... non è ovvia la soluzione? – commentò un altro fedele, realizzando. – La colpa, a tal punto, ricade solo e solamente sugli stregoni eremiti che hanno scatenato la tremenda rivolta! La colpa è loro!
In quel rinnovato caos della folla, questa volta non rivolto verso di lui, Blake prese a fissare lo sguardo di Ephram, intento a guardarlo in modo indefinibile.
Fu in quel momento che comprese: egli, in qualche modo a lui sconosciuto, era riuscito a scoprire cosa stava accadendo al villaggio in loro assenza. Egli sapeva già cosa si sarebbero trovati dinnanzi, esattamente come Selma. Sapeva i rischi che correvano e gli aveva letteralmente salvato la pelle dalla furia cieca del villaggio, non senza una motivazione a spingerlo. Ephram era un uomo che non agiva mai disinteressatamente. Blake capì che lo aveva salvato perchè voleva che egli gli restituisse il favore. O meglio, che egli si sentisse costretto a restituirgli il favore, a saldare quel debito.
Ephram sapeva che Blake avesse la furbizia e il potere di salvare lui e la sua compagnia di stregoni dal crudele giudizio del popolo, se solo lo avesse voluto. Così, lo aveva messo nella condizione di volerlo, di doverglielo, per essere in pace con se stesso.
Ma una cosa che Ephram sfortunatamente non sapeva, era che, per Blake, non esistevano debiti di alcun tipo. Non aveva mai dato importanza a cose simili, agendo solamente nel suo interesse e in quello di coloro a cui teneva. Non aveva bisogno di salvargli la pelle a sua volta per sentirsi in pace con se stesso.
Eppure, quel piccolo spiraglio di coscienza sepolto dal suo orgoglio stava gridando per farsi sentire, incoraggiandolo a compiere quella buona azione per evitare altri spargimenti di sangue inutili, e perchè, in futuro, Ephram gli sarebbe sicuramente tornato utile.
A ciò, rifletté sul da farsi, e fortunatamente, Judith andò in suo aiuto inconsapevolmente. – Non riuscite a comprenderlo?? – esclamò la ragazza. – Gli stregoni sono stati plagiati dalla mentalità malata e distorta di colei che ha preso il comando in assenza di Ephram: Beitris. Lei è la causa della rivolta. È stata lei che, spinta dalla sua cieca rabbia e dalla sete di vendetta, ha guidato gli altri stregoni a compiere quelle atrocità, non lasciando loro altra scelta, e convincendoli che quello fosse il volere del loro Signore! Non incolpate tutti per il peccato di una sola persona.
- Esatto – si aggiunse a lei Blake, affiancandola e lanciando un furtivo sguardo ad Ephram. – Inoltre, pensate anche a questo: siete stati duramente decimati, sia dall’epidemia, che dai danni che ha provocato la sanguinaria rivolta di Beitris, soprattutto i monaci. Oramai siamo in pochi e rischiamo di restare sempre meno. La natalità diminuirà e, senza gli stregoni, noi servitori del Diavolo rimarremmo in molti meno rispetto ai servi del Creatore. Vi sarebbe un grande disequilibrio che non vi è mai stato prima, e che non sarebbe affatto gradito ad entrambi i signori. Senza contare che, con così pochi monaci rimasti, provocare una strage di stregoni implicherebbe istigare il malcontento e la furia delle persone care agli stregoni in questione, dunque dare loro il via libera per creare un’altra tremenda rivolta, e sterminare i pochi monaci rimasti, generando, in tal modo, l’ira incontenbile dei nostri signori, nuovamente.
- Dunque è questo che volete? – gli diede man forte Judith, anche lei evidentemente estenuata da tutti gli spargimenti di sangue a cui aveva assistito. – Volete rischiare di irritare nuovamente il Diavolo e il Creatore e di scagliarci addosso un’altra epidemia, o qualcosa di peggio? Volete che questa catena di odio continui e aumenti la rabbia che già c’è in abbondanza nei confronti del clero? In tal caso, noi servitori del Diavolo saremmo assistiti dal nostro Signore, se anch’Egli riterrà che voi monaci del Creatore abbiate commesso un così grave peccato.
- Siete disposti a rischiare tanto? – insistette Blake, alternandosi con la ragazza con invidiabile complicità. Le loro doti persuasive che li accomunavano si scatenarono e ottennero il risultato voluto.
- D’accordo, il vostro ragionamento è sensato. Tuttavia, non possiamo non punire nessuno per la rivolta provocata. Una tale tragsressione non può restare impunita – intervenne un monaco, portavoce della maggioranza.
Blake comprese di non poter far molto altro, giunti a quel punto.
Ai lupi affamati serviva un capro.
E anche se nessuno sapeva chi fosse il diretto responsabile della venuta dell’epidemia, poichè probabilmente un responsabile non c’era; per la rivolta, invece, un colpevole c’era eccome e aveva fatto di tutto per rendersi tale, quantomai indifendibile.
Blake era consapevole che non sarebbero bastate parole argute e discorsi plagianti per convincere la folla in quel caso.
Non avrebbe potuto fare nulla per salvarla.
- Colei che ha istigato la rivolta è ancora dentro la cattedrale.
- Dobbiamo catturarla e sbatterla nelle segrete, in attesa della sua esecuzione.
- Lasciate che ci parli io – si frappose tra loro Blake, facendosi spazio tra la folla. – Parlerò con lei. Poi la lascerò a voi – disse, poco prima di entrare dentro il portone della cattedrale e sparire dietro di esso.
 
- Padre nostro, sia santificato il tuo nome, sia fatta la tua volontà! Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal peccato ... – sussurrò la ragazza corvina, china di fronte all’altare del crocefisso posto al contrario, inginocchiata, con le ossa sporgenti che premevano dolorosamente sul cemento freddo, ormai magra al limiti dell’umano, a causa dell’epidemia che l’aveva colpita, forse più duramente di altri.
Ora stava meglio, stava riprendendo gradualmente le forze come tutti, ma sentiva ancora su di sè il pesante giogo del fantasma del morbo, e del senso di colpa che le premeva sul petto.
Dentro di sè, sapeva cosa l’aspettava. Ora che l’epidemia, ciò che li aveva unificati e aveva placato i conflitti laceranti, se ne era andata, il pesante giudizio del popolo nei suoi confronti l’avrebbe condannata alla peggiore delle punizioni.
- Padre nostro, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal peccato... – gli stracci luridi che indossava, per quanto di tessuto pesante, facevano comunque passare l’aria gelida sotto di loro, facendo rabbrividire la sua pelle chiara, delicata e marchiata.
Aprì i grandi occhi di smeraldo e li rivolse verso l’alto, verso il crocefisso.
- Liberaci dal peccato!
Liberaci dal peccato! – Improvvisamente, la ragazza udì dei passi cadenzati farsi strada per il corridoio centrale della navata, avvicinarsi gradualmente a lei.
Le trasmisero calma e tranquillità, non la allarmarono.
Attese che quei passi la raggiungessero, continuando a pregare sottovoce la stessa preghiera.
Lo riconobbe, nonostante non si voltò verso di lui per guardarlo.
Si era inginocchiato accanto a lei e aveva alzato il volto verso il crocefisso, non provando nulla, se non compassione e tristezza, per la giovane donna che gli era accanto, alla quale aveva inevitabilmente voluto bene.
Blake si voltò lievemente a guardarla, osservando le sue mani lungue e ossute, ferite in diversi punti, strette e sbiancate in gesto di umile preghiera, poggiate alla fronte.
La ragazza smise di pregare e accennò un sorriso perso, abbassando lo sguardo verso le proprie ginocchia doloranti. – Hai trovato ciò che cercavi ...?
Blake ci mise un po’ a risponderle, facendo trascorrere qualche attimo di silenzio. – Sì.
- E ne hai pagato le conseguenze ...?
- Ho perso Selma.
Beitris sorrise amaramente ancor di più. – Non la considererei una grande perdita. Non mi riferivo a quello – gli disse alzando finalmente lo sguardo verso di lui e allungando la mano sul suo collo, sfiorando con le dita fredde la sua fasciatura bianca.
- Ne hai pagato le conseguenze – ripetè.
- Anche tu.
Beitris ritirò la mano, ancora coperta dei segni della malattia.
- Come ti senti? – le domandò lui.
- Sto guarendo.
- Ne sono felice.
- Ed io sono felice che tu ti sia scampato tutto questo, Blake. Almeno questo.
Il ragazzo rimase in silenzio.
- Stanno venendo a prendermi, vero? – ruppe il silenzio lei, riniziando a tremare per il freddo.
Blake, non rispose, nuovamente.
Una lacrima solitaria solcò gli zigomi alti e definiti di Beitris. – Ricordi la leggenda di Eva e del viandante...?
Blake accennò un sorriso nostalgico a tali parole. Una domanda che lei gli aveva posto più volte in passato, quando il loro legame era più stretto.
- Sì, la ricordo.
- Ricordi che ti ho sempre detto che sei più simile tu ad Eva, rispetto a tutto il nostro popolo?
- Sì.
Beitris accennò un altro sorriso rotto. – Avrei voluto essere anche io così. In cerca di conoscenza, curiosa, assetata di scoperta. Impavida – si bloccò, cominciando ad udire la folla che scalpitava fuori dalla cattedrale, poi proseguì. – Ho commesso tanti errori nel corso della mia vita. Ho ucciso un bambino innocente a sangue freddo, per prendere una maledetta mandragora. Ho ascoltato ciecamente, senza pensare, senza oppormi, un leader che agiva non sempre per il nostro bene. Ho imbrogliato, ho maledetto, ho usato la magia nera per scopi illeciti e ho aiutato altri a far uso della magia nera per provocare il male. Ho lasciato che ... – la sua voce si ruppe. – Ho lasciato che i miei due tesori preziosi venissero rapiti, maltrattati e quasi uccisi, senza muovere un dito... senza accorgermi di quanto tenessi a loro.
Ho sbagliato. Innumerevoli volte.
- Beitris – la richiamò lui, facendola voltare a guardarlo. – Tutti sbagliamo. Non esiste il giusto e lo sbagliato nella nostra realtà.
La folla scalpitò ancor di più sul portone, incontenibile e in procinto di entrare.
Gli occhi lucidi di Beitris si alzarono di nuovo verso il crocefisso. – Ancora non ci credi, vero? Non ci credi e non ci hai mai creduto... – sussurrò, tornando poi su di lui. – Fa’ attenzione.
Egli annuì, per poi togliersi il mantello pesante e porlo intorno alle spalle di Beitris per scaldarla.
Si avvicinò a lei e la guardò negli occhi lucidi.
- Chi è lei? – gli sussurrò.
- Lei chi?
- Ho indovinato. Sei stato con un’altra fanciulla durante questo viaggio. Com’era lei? – gli domandò accennandogli un sorriso, tremando tra le sue braccia e stringendogli la mano.
Blake ricambiò il sorriso malinconico e le diede un dolce bacio sulla fronte, che le provocò un brivido lungo la schiena. – Verrò a trovarti – le sussurrò, poco prima di alzarsi in piedi e di allontanarsi da lei.
Beitris strinse la sua mano tra le sue fin quando potè e la distanza che lui pose fra di loro non li divise, annuendo tremante e guardandolo dirigersi verso l’entrata della cattedrale.
In quel momento, una folla di popolani e monaci piombarono nella struttura, fiondandosi su di lei.
Quando Blake uscì dalla cattedrale, ritrovò Judith e padre Craig ad attenderlo, mentre Ephram sembrava essersi volatilizzato.
In compenso, Quaglia era rimasto lì, e gli rivolse un genuino sorriso non appena lo vide ricomparire.
- Ephram non ti ha portato con sè? – gli domandò Blake, vedendolo avvicinarglisi.
- Ma come, non te lo ricordi? Avevi detto che sarei diventato il tuo apprendista! – esclamò semioffeso, lasciando perplessi padre Craig e Judith, che già lo stavano osservando interdetti da quando era comparso a fianco di Ephram.
- Ah, giusto. Stai migliorando con la memoria e l’acquisizione di termini nuovi, Quaglia – si complimentò Blake.
- Grazie!
- Chi sarebbe il bizzarro nuovo arrivato, Blake? – gli domandò finalmente padre Craig.
- Lui è Quaglia, padre.
- Quaglia...? È davvero il suo nome?
- Certo! È il mio nome, signore. E il vostro?
- Padre Craig. Potete chiamarmi “padre”, non “signore”: sono un uomo di Dio – gli rispose padre Craig divertito dal suo strano comportamento.
- Un “uomo di Dio”? – chiese Quaglia confuso. – Blake, cosa...?
- Non è il momento delle domande ora – lo interruppe il ragazzo.
- Dove diavolo lo avete pescato questo qui? – gli domandò allibita Judith.
- Vi spiegherò tutto. Ad ogni modo, è innocuo. Potete fidarvi – la rassicurò, poi rivolgendosi a Quaglia. – Ehi, Quaglia, lei è Arley Judith, una mia cara amica.
A ciò, l’uomo arrossì fino alla punta delle orecchie, come non gli era mai capitato prima.
Solo in quel momento comprese le parole di Ephram, riguardo le donne di Bliaint e la loro bellezza leggendaria.
La signorina Judith era indubbiamente milioni di volte più bella rispetto a Selma e a qualsiasi donna avesse visto in quella locanda e altrove, tanto da intimorirlo.
Abbassò lo sguardo e, intimidito, si fece forza e le baciò elegantemente la mano guantata, inchinandosi a lei.
A ciò, Judith sorrise intenerita, per la prima volta dopo settimane. – Non vi è bisogno di tali formalità, non preoccupatevi.
- Oh, ma io voglio mostrarvele, signorina!
I quattro vennero interrotti da alcuni popolani ritornati all’esterno della cattedrale.
- Non crederete che ci siamo dimenticati di voi, scelerata peccatrice! Anche voi e il vostro amante meritate il rogo: avete provocato l’ira dei nostri signori con il vostro atto tra i più impuri mai visti!!
- Vi ho già ripetuto più volte che il bambino che porto in grembo non appartiene ad un servo del Creatore. Quante altre volte ve lo devo ribadire per farvelo comprendere? – rispose prontamente Judith, facendo sgranare gli occhi blu di Blake a tali parole.
Un bambino ...?
Ella lo guardò come se volesse comunicargli tutto con un solo sguardo.
- Non vi crediamo! State solo cercando di salvarvi e salvare l’abominio che portate in grembo!
- Se non esiste alcun legittimo padre del bambino qui presente, che può testimoniare di esserlo, per quale motivo dovremmo fidarci delle vostre parole??
In quel momento, Blake comprese cosa volesse trasmettergli lo sguardo di Judith.
Ella si trovava in una situazione terribile al momento, persino peggio della sua.
La ragazza lo guardò ancora, a ciò lui prese prontamente la parola. – Sono io il padre. Il bambino è mio - disse mettendo a tacere ogni malalingua. - Ora che sono tornato a Bliant posso testimoniarlo.
A tal punto, non si alzò più alcuna voce dalla folla, e ognuno di loro prese la direzione che gli spettava, verso la propria abitazione.
Judith si avvicinò a Blake e gli strinse la mano, mimandogli un “grazie” in labiale.
- Lo sai che dovrai aggiornarmi a dovere su questa questione, vero? – le sussurrò lui ricambiando la stretta.
- Altrettanto vale per voi. Attenderò con ansia di rincontrarci – gli disse lei facendo cenno alla sua fasciatura sul collo.
Egli annuì. - Ora è il momento che io torni a casa. Devo ancora far sapere a mio padre e a mia madre che sono qui.
A tali parole, padre Craig si rabbuiò visibilmente, dettaglio che non sfuggì a Blake.
- C’è qualcosa che dovete dirmi, padre? È accaduto qualcosa alla mia famiglia mentre ero via?
- Dovete tornare a casa, Blake. È giunto il momento. Torniamo a casa – si limitò a dirgli il giovane prete.
A ciò, Blake si incamminò in direzione di casa sua, seguito da padre Craig e da Quaglia, ignaro di cosa si sarebbe trovato dinnanzi.
 
Quando i tre varcarono la porta di casa Rolland, era oramai pomeriggio inoltrato e il primo che trovarono ad aspettarli fu Ioan, sprizzante di energia e di salute come non lo era mai stato, in parte anche per il ritorno tanto atteso del fratello.
- Sto preparando lo stufato! – esclamò Ioan andandogli incontro pimpante.
- Lo stai preparando da solo? – gli domandò Blake incredulo.
- Mi sta aiutando nostro padre! Gli ho detto che sei tornato, sai? – il bambino non fece in tempo a terminare la frase che Rolland varcò la porta dell’atrio della casa, rimanendo pietrificato per alcuni attimi dinnanzi a suo figlio.
- Quando Christopher me lo ha detto ... non riuscivo a crederci.. il mio figliol prodigo! – esclamò l’uomo piombandogli addosso e stringendolo forte a sè.
- Anche tu mi sei mancato, papà – gli rispose Blake ricambiando la stretta.
A fissare quel bel quadretto, sul ciglio della porta, si stagliò la figura di Heloisa.
Quando Blake la vide, scorgendola da sopra la spalla di suo padre, quasi non la riconobbe: sua madre sembrava letteralmente il fantasma di se stessa, non era dimagrita particolarmente, ma le sue occhiaie viola e il volto scavato davano l’idea che non avesse chiuso occhio da giorni, i capelli folti e solitamente ricci e vivaci, ora erano spenti, totalmente increspati, tanto da somigliare ad un cespuglio di ragnatele, mentre i vestiti erano quelli che indossava solitamente la notte. Piedi e gambe nude, e una sgualcita vestaglia bianca. Null’altro. Gli occhi a metà tra lo spento e lo stralunato.
Non era da lei. Non era da lei trascurarsi in tal modo.
Sua madre era sempre stata una donna attenta alla cura della persona, alla pulizia, e all’apparire impeccabile, in ogni circostanza, persino in casa e nelle situazione più intime.
Nascose la sorpresa come meglio riuscì, mentre la vedeva avvicinarsi a lui, con quel passo incerto e tremante.
- Dove sei stato per tutto questo tempo ...? – gli domandò osservandolo attentamente da capo a piedi, studiandone ogni dettagli.
- Sei ancora più alto – constatò, nella sua voce una nota addolorata. – Devi iniziare a legarti questi capelli, sono troppo folti e sono cresciuti troppo. Sembri più adulto. Quanto è passato, Blake...? Che cosa ti è successo? – gli domandò in una fiumana di domande, avvicinando infine una mano incerta sul suo collo fasciato. Senza chiedere, nè aspettare che Blake rispondesse, iniziò a sfilargli la fasciatura.
- Mamma, è meglio di no – la ragguardò lui.
- Voglio vedere cosa ti hanno fatto – insistette con voce distorta dal pianto. – Voglio vedere cosa ti hanno fatto quelle bestie che vivono fuori da questo villaggio.
- Alma .. – la richiamò Rolland, inutilmente, volgendo a Blake uno sguardo esasperato.
A ciò, il ragazzo la lasciò fare, osservando il suo volto nel momento in cui i suoi occhi si posarono sull’imponente e lungo taglio non ancora del tutto cicatrizzato che circondava il suo collo.
Heloisa barcollò facendo due passi indietro, mentre delle calde lacrime le rigarono le guance e il palmo della mano le copriva la bocca aperta.
- Ti avevo detto di non farlo – le disse lui con calma.
- Chi è stato...? Che ti è successo...?
- Heloisa – tentò anche padre Craig.
- Voglio sapere chi è stato!! – esclamò stralunata la donna, riavvicinandosi al suo primogenito con impeto selvaggio.
Blake ricambiò il suo sguardo in silenzio, impiegando qualche attimo prima di rispondere. – Perchè ti stai comportando in questo modo?
- Tu mi farai morire ... mi farai morire!!
- È da giorni che va avanti così – lo informò il piccolo Ioan, preoccupato.
- Zitti! Non parlate come se non ci fossi! E tu, quando pensavi di dirmi che diventerai padre?? – riprese Heloisa lasciandolo interdetto.
- Quella è solo una menzogna che ho dovuto dire per proteggere Judith. Il villaggio deve continuare a crederlo fin quando non si saranno calmate le acque – le rispose, vedendola alterarsi inspiegabilmente ancora di più.
- Tu mi stai mentendo!! Tu mi menti sempre! Come tutti!!
Ma tu ... tu più di qualsiasi altro!
Sai, ho pregato! Ho pregato il nostro Signore onnipotente, gli ho chiesto di aiutarmi a comportarmi con saggezza!
Dopo la tua partenza non sapevo che cosa fare... ho creduto il peggio, e poi sono anche venuta a conoscenza della gravidanza di quella ragazza..
Io mi prenderò cura di quel bambino! Voi non ne siete in grado! Sei stato un incosciente, un ingenuo, un irresponsabile.
- Ora stai esagerando – la riprese di nuovo Rolland con severità questa volta, mentre Blake continuava a guardarla con sguardo neutro, ascoltando i suoi deliri con una calma che padre Craig trovò a dir poco ammirevole.
- E poi ... come se non bastasse ... è tornata.
- Di chi parli? – domandò Blake.
- Non chiederlo! Non azzardarti a chiederlo, Even! Lei non può vederti! Non può vedere nessuno di noi! Lo so, lo sento che è tornata. È tornata solo per portare discordia e farmi del male! È tornata per portarmi via tutto quello che ho, la vita che mi sono costruita tanto duramente! È tornata per rovinarmi! Per vedermi morire ai suoi piedi, come ha sempre voluto! Per appropriarsi di tutto ciò che è mio!!
- Di chi stai parlando? – insistette il ragazzo.
- Di nessuno!! Non deve interessarti!! – gli urlò contro, dritto in faccia, per poi scoppiare in lacrime. – Blake, promettimi che non la incontrerai! Devi promettermelo!
- Non so di chi tu stia parlando, ma te lo prometto.
All’inizio ella parve rincuorarsi, ma poi divenne nuovamente una furia vacante. - Vattene via di qui! Se devi andartene di nuovo e recarmi ancora tanto dolore, vattene via ora!!
Blake le si allontanò, sentendola protestare, per avvicinarsi a suo padre, il quale se ne stava fermo, incapace di agire in qualsiasi modo. – Da quanto è in questo stato..?
Rolland negò con la testa, scostando lo sguardo, non sapendo cosa rispondere.
Blake lo continuò a guardare confuso. – Non sei stato capace di fare nulla. Come sempre – disse tagliente. – La vedi in che stato è, papà?
- Non ho potere, Blake – gli rispose arreso l’uomo. – Non ho mai avuto potere su di lei. Ce l’hai tu. E ce l’ha Ioan. Non io.
- Troppo facile lavarsene le mani così, non credi?
- Prima era più tranquilla. La tua vicinanza la porta a reagire cento volte peggio, che il Signore mi sia testimone.
- Che il Signore sia testimone anche della tua inguaribile inettitudine.
- Che cosa hai detto ...?
- Blake, vi prego – interruppe la nascente discussione tra padre e figlio il giovane prete, avvicinandosi con cautela. – Vostro padre non ha colpe. Abbiamo tentato di parlare con Heloisa, ma non c’è verso. Sembra che, da quando si è convinta che al villaggio sia riapparsa una certa presenza, il suo umore sia divenuto incontrollabile. Tanto che neanche la guarigione di Ioan e il vostro ritorno paiono influire su di lei.
Blake lo guardò per qualche secondo, in silenzio, mentre padre Craig tratteneva ancora lo sguardo basso.
Il ragazzo sospirò, per poi voltarsi verso Quaglia, il quale era rimasto in silenzio tutto il tempo, immobile, ad osservare la scena allibito. – Benvenuto a casa mia – gli disse il ragazzo, con sarcasmo pungente, mentre Rolland a sua volta si accorgeva della nuova presenza.
- Hai portato un ospite, Blake – ribadì l’ovvio Rolland. – Perdonate la terribile accoglienza, spero non vi siate spaventato.
- Oh niente affatto! – si affrettò a rispondere Quaglia con voce tremante, facendo uno sforzo sovrumano nel mentire.
- Purtroppo stiamo già ospitando padre Craig, perciò non abbiamo altre camere per gli ospiti libere – disse Rolland desolato. – Dovrete accontentarvi della poltrona nell’atrio.
- Va benissimo, signore!
- Che ragazzo educato – si sorprese Rolland.
Heloisa, calmatasi notevolmente e sembrando quasi un’altra persona, si riavvicinò a Blake. – Even, tesoro, vieni a letto, ti accompagno in camera tua, sarai stanco dopo il lungo viaggio sostenuto – gli disse prendendogli il braccio, cercando di trascinarlo con sè. – Ti ho sistemato la tua stanza impeccabilmente mentre eri via. Le lenzuola sono immacolate e profumate, senza la minima piega, sui mobili non vi è neanche un granello di polvere. È tutto perfetto.
- Mamma, ti sei accorta che abbiamo un ospite? – le domandò resistendole.
- Non mi importa nulla dell’ospite – gli rispose senza voltarsi a guardare Quaglia nemmeno una volta. – Mi importa solo di mio figlio, che è tornato a casa dopo tanto tempo che lo aspettavamo con ansia.
L’alto livello della sua lunaticità preoccupò il ragazzo, il quale restò tranquillo dinnanzi a lei, cercando di non agitarla. – Va bene, mamma. Vado a riposarmi.
- Blake, non te ne andrai più, vero..?
- No, non me ne andrò.
A ciò, Heloisa sorrise, poggiandosi una mano sul cuore. – Sia ringraziato il Signore. Ora devi riprenderti. E... Blake – lo richiamò, prima di vederlo chiudersi la porta della sua camera dietro le spalle. – Dico davvero: che ti è successo al collo? Voglio saperlo, ti prego – disse col tono più allarmato che le avesse mai udito.
- Te lo dirò, mamma. Ma ora è tardi, va’ a riposare anche tu. Domani sarà un giorno migliore.
 
L’uomo varcò le soglie del villaggio in tarda serata in groppa al suo cavallo, stretto nei suoi abiti sin troppo leggeri per il clima di Bliaint, e con una mappa tra le mani.
Dopo la lunga traversata affrontata, giunse dinnanzi alla cattedrale dei servi del Creatore, come era indicato nella mappa, e come suggeritogli dal suo amico monaco, che aveva avuto modo di conoscere solamente tramite scambio epistolare, anni addietro.
Bussò sul grande portone, in attesa che qualcuno gli aprisse, stringendosi infreddolito negli abiti di seta e guardandosi intorno nel buio pesto. Da dove proveniva lui, a quell’ora del giorno, con il sole appena tramontato, il cielo si mostrava di un azzurro lievemente scurito.
Invece, lì a Bliaint sembrava quasi notte fonda.
Dopo qualche minuto di troppo padre Cliamon aprì il portone, facendolo entrare.
Il monaco osservò l’esuberante mercante proveniente dall’Est dinnanzi a lui: un uomo dai capelli scuri e sottili, sistemati indietro in uno strano modo sicuramente tipico del luogo da cui proveniva, gli occhi allungati e scuri come la pece, la pelle caramellata e lucida, come fosse oliata, la statura alta, il corpo slanciato e molto magro, i vestiti di seta di un vivace color pesca, e i lineamenti estremamente spigolosi e ossuti, molto particolari. Padre Cliamon se lo immaginava diversamente.
Anche l’uomo dinnanzi a sè lo osservò a sua volta, con un sorrisino quasi strafottente ad ornargli il viso. - Perdonate mia poca padronanza di lingua comune. Devo dire che voci che ho sentito sono vere: trovo vostro aspetto ripugnante. Però ne ho visti di peggio.
Padre Cliamon, in difficoltà sulla risposta da dargli dinnanzi a tanta sfacciatezza, sorrise forzatamente. – Credo sia il complimento migliore che abbia mai ricevuto sul mio aspetto, signor Göil. Spero di aver pronunciato bene il vostro nome. Ci siamo spesso scritti per lettera, ma l’approccio dal vivo è totalmente diverso.
- A volte persone si rivelano diverse da come ci si aspetta, Cliamon.
- “Padre” Cliamon, se permettete. È l’appellativo usato qui per gli uomini di dio.
- Giusto, vostri due dèi! Non sono stessi dèi a cui credo io.
- Si tratta di rispetto – insistette il monaco cercando di non perdere la pazienza, sorprendendosi di quanto fosse diverso e notevolemente più irritante, rispetto a come apparisse per lettera.
- Ad ogni modo... perchè avete messo tanto ad aprire? Questo posto mette brividi là fuori.
- Ero occupato a discutere di alcune faccende con gli altri monaci sopravvissuti alla rivolta, perdonate l’attesa. Dovete aver fatto un lunghissimo ed estenuante viaggio per giungere qui.
- Ho fatto viaggio in barca durato due settimane. Ho bisogno di riposo e di ristoro. Avete luogo in cui divertirsi qui? – disse facendo un allusione non troppo velata.
Il suo sguardo già languido non prometteva nulla di buono, considerando le rigidi leggi di Bliaint a cui quell’uomo non era neanche lontanamente avvezzo.
- Che ne dite se ci dirigiamo subito verso l’unica motivazione che vi ha spinto ad intraprendere questo tortuoso e lunghissimo viaggio, signor Göil? Per lettera, sembravate molto impaziente di fare la conoscienza dei due piccoli servitori del Diavolo. Ho bisogno che li portiate via di qui il prima possibile. Vi è una terribile minaccia che grava sulle loro spalle.
- Vostra collaboratrice che mi ha contattato con voi, dov’è?
- Judith sta riposando al momento. Non vorrei svegliarla, ma se avete intenzione di rimanere uno o due giorni qui, ella avrà tutto il tempo di salutare i gemelli prima della partenza.
- Me li farete vedere ora? – domandò il mercante, palesando una strana emozione nel volto.
In quel momento padre Cliamon si domandò se avessero fatto bene a rivolgersi a lui per portare via i gemelli dalle grinfie di Myriam. Cominciò a nutrire dei seri dubbi, ma preferì aspettare, per testarlo ancora.
Non avrebbe mai lasciato Maringlen e Maroine nelle mani di un uomo inaffidabile e dalle intenzioni poco chiare. Forse si era lasciato prendere dalla fretta, fidandosi troppo velocemente, un errore assolutamente non da lui.
Padre Cliamon lo condusse nelle proprie stanze. Nel grande letto in mezzo alla stanza illuminata solo da due candele ancora accese, dormivano beatamente appisolati  e vicini Maroine e Maringlen.
Il mercante sgranò gli occhi nel guardarli. Occhi nei quali comparve una scintilla sinistra che non piacque per niente a padre Cliamon.
- Sono più belli di quanto credessi... – sussurrò lo sconosciuto avvicinandosi piano a loro, per non svegliarli e osservarli più da vicino. – Sono persino più belli di quanto mi avete narrato... io non credevo..
- Tutti i servi del Diavolo sono molto belli, signor Göil – rispose serafico padre Cliamon. – Non destano particolare stupore qui a Bliaint.
- Da dove vengo io scolpirebbero statue a loro immagine invece – disse incantato, sfiorando i soffici capelli chiari e sparsi sul cuscino, di una Maroine beatamente addormentata. – Quanti anni?
- Dodici.
- Sono piccoli. E ancora androgini – disse l’uomo sorridendo, ancor più soddisfatto.
- Perdonate, signor Göil – intervenne padre Cliamon cercando di contenere l’irritazione. – Credevo che per lettera ci fossimo accordati per portare via i gemelli nel vostro paese natale e trovare loro un’occupazione degna e stabile, che non li esponesse a rischi – sottolineò Cliamon, vedendo il mercante scoppiare in una fragorosa risata un secondo dopo e alzarsi dal letto, spostandosi dall’altro lato per osservare anche l’altro gemello assopito. Gli spostò i capelli che gli coprivano il viso e restò a guardarlo. – Sono completamente identici ...
- Sto aspettando una risposta, signor Göil – ripetè Cliamon spazientito.
- Vostra ingenuità mi diverte molto! Davvero credevate avrei sprecato queste due preziose perle relegandoli a lavorare in bottega?? – disse ridendo ancora. – Mi pagherebbero montagne di pepite d’oro per avere anche solo uno di loro due! Soprattutto se dicessi che vengono da Bliaint! Mi renderanno ricco per il resto della vita!
- Non vi azzardate a toccarli! – esclamò padre Cliamon facendo per avvicinarsi a lui, ma si bloccò nel momento in cui il mercante tirò fuori da un lembo del suo vestito di seta una strana e affilatissima daga, e la puntò a velocità quasi inumana sul collo di Maringlen.
- Altrimenti...? Cosa farete, monaco...?
A ciò, prima che padre Claimon ebbe modo di rendersi conto di cosa stesse accadendo, Maroine si rigirò svelta nel letto, e si scagliò dritta sul collo del mercante con ira incontrollata, pugnalandogli la gola con un vecchio pugnale che teneva nascosto sotto il cuscino.
La stanza del monaco si riempì del sangue del mercante urlante, con il pugnale conficcato in gola, e una ragazzina rabbiosa sopra di lui.
Quando il signor Göil esalò l’ultimo respiro, Maroine si voltò a guardare padre Cliamon, quasi tutta coperta di sangue, con uno sguardo a metà tra l’inorridito, il colpevole e il furioso.
- Volevi farci portare via da un uomo simile?!
- Non lo avrei mai permesso, Maroine! Non sapevo quali fossero le sue vere intenzioni! Se eri sveglio, hai potuto sentirlo anche tu! – le disse, osservando poi il letto macchiato e le pareti schizzate di sangue. - Dobbiamo ripuliare tutto qui. Dobbiamo portare via il corpo al più presto... questa rimane pur sempre la casa del Signore.
Solo a quel punto, Maringlen si svegliò dal suo sonno, totalmente inconsapevole e ancora per metà addormentato. Puntò un veloce sguardo su sua sorella in piedi accanto a lui e sussurrò: - Maroine ... che fai in piedi? Sei guarito da poco dalla malattia... non dovresti fare sforzi... – le disse non facendo caso al sangue che la macchiava e al corpo riverso a terra sotto di lei.
- Ben svegliato, vostra maestà! – esclamò lei dandogli uno schiaffo nella spalla per svegliarlo adeguatamente. - Questo verme qui a terra ti ha puntato una lama sulla gola e tu neanche ti sei svegliato! Incredibile! Non devi aver dormito per giorni interi per avere un sonno così profondo. Chissà cosa sarebbe successo se non ci fossi stato io qui! Non voglio neanche immaginarlo ...
Solo in quel momento Maringlen sembrò svegliarsi completamente e rendersi conto dell’accaduto, mettendosi seduto sul letto, osservando prima il cadavere riverso a terra, poi sua sorella, poi padre Cliamon.
- Lui era la nostra unica occasione per andarcene di qui! – fu la prima cosa che disse il gemello.
- Stai scherzando spero! Quest’uomo aveva intenzione di venderci alla peggiore feccia della sua terra natale per arricchirsi a sproposito!
A ciò, Maringlen si zittì, posando poi lo sguardo su padre Cliamon. – E adesso? Come faremo ad andarcene di qui prima che Myriam perda la pazienza? – gli domandò, in attesa di ricevere una risposta soddisfacente da lui.
Trascorsero infiniti attimi di silenzio, in cui padre Cliamon si scervellò per trovare una soluzione.
- Judith ... – esalò ricordando. – Judith aveva studiato le rotte delle navi che partono dal porto del villaggio più vicino a Bliaint, per ogni evenienza, nel caso, appunto, in cui l’opzione del mercante dell’Est non fosse più praticabile! Il porto è a tre giorni di cammino da qui, e, se non ricordo male, lei mi aveva detto che non dovreste attraversare altri villaggi, oltre quello che ospita il porto, in quanto si tratta di una strada di collina semideserta e senza apparenti pericoli.
- E cosa dovremmo fare, una volta giunti al porto..?
- Per i giovani ragazzini maschi è molto facile entrare a far parte della ciurma come mozzi, iniziando dalle mansioni più umili. Dovreste fare sempre molta attenzione nel passare inosservati e non destare l’attenzione, ma siete molto bravi nei travestimenti, giusto? Potrebbe essere una valida alternativa. Nessuno vi farà del male se entrerete stabilmente a far parte della ciurma e viaggerete in mare. I pericoli vi sarebbero in ogni caso, ragazzi, ma sarebbe la soluzione migliore per far scampare a morte certa uno di voi due – disse il monaco, guardandoli con sguardo accorato.
- Potremmo non avere abbastanza tempo... – esalò Maringlen immerso nei suoi pensieri. – Myriam scoprirebbe subito l’inganno e ci inseguirebbe, per uccidere uno di noi. Tre giorni di cammino sono troppi.
- Non dire sciocchezze, Ira – cercò di tranquillizzarlo Maroine. – Vedrai che ce la faremo. Partiremo domani stesso.
- Non possiamo partire già domani, Maroine: tu stai guarendo, la tua salute non è ancora stabile, devi rimanere a riposo.
- Ma ...
- Ci penseremo domani – li interruppe padre Cliamon riportandoli all’ordine. – Ora dobbiamo pulire la stanza e portare via il corpo. Aiutatemi, svelti.
- Padre! – lo richiamò Maringlen prima di mettersi all’opera, con un’insana idea a balenargli già in mente.
- Sì?
- Myriam sa che Maroine sta guarendo dalla malattia?
- Non credo. Non la vedo da due giorni, da prima che Maroine iniziasse a stare meglio, così come il resto del villaggio. Perchè me lo chiedi?
- No, nulla.
Per tutta la durata di tempo che impiegarono a sistemare il misfatto appena avvenuto in quella stanza, Maringlen ebbe quel pensiero fisso, inchiodato nella mente.
Tanto che, non appena ebbero terminato, si diresse furtivamente verso la stanza di Judith.
La ragazza addormentata venne svegliata dal persistente bussare alla porta. Si alzò in piedi, accese una candela e andò ad aprire, incerta su chi potesse essere.
- Ehi.. cosa ci fai qui? – chiese incuriosita al fanciullo biondo con lo sguardo più che mai determinato, dinnanzi alla sua porta.
- Ho urgente bisogno dell’aiuto del tuo amico, il ragazzo della polvere nera.
 
 
 
 
   
 
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